La Messa è una cum Papa… o con Gesù Cristo nella Presenza reale?

Cari Amici, senza voler tirare in ballo nessuno (non siamo “contro” nessuno, ma non si può tacere la Veritas della Chiesa), vogliamo  – in quanto Cooperatori della Verità – offrire del materiale sul quale riflettere e spiegare perché affermiamo che la Santa Messa (anche quella detta Paolo VI, se ben fatta senza abusi liturgici) è valida se, nel famoso Canone durante la Consacrazione, si afferma “in comunione con il nostro Papa Francesco…“.

Per una lettura completa dell’argomento, affrontato molto bene da Don Curzio Nitoglia, rimandiamo a questo link che riporteremo comunque a fine articolo, integralmente. Così come riporteremo a fondo, anche l’articolo di Don Alfredo Maria Morselli e del Domenicano Padre Angelo Bellon.

Già dal titolo comprenderete bene dove vogliamo arrivare dal momento che, tutta la questione, ruota attorno non solo al “sensus fidei”, ma anche attorno alla ragione retta, alla coscienza retta. Noi riteniamo, infatti, che rinchiudere la questione su “Bergoglio NON è il papa…”, come rinchiuderla sulla questione del “papa eretico“, ci conduce in un vicolo cieco, vedi qui, in una trappola diabolica che non aiuterà certamente ad affrontare serenamente l’argomento, si legga anche qui.

QUI UN VIDEO che spiega la questione anche attraverso le Preghiere Eucaristiche del Canone:


Don Curzio Nitoglia conclude con questo ragionamento il suo intervento sul quale siamo d’accordo:

  • “Non vi è dunque nessun peccato nel nominare nel Canon Missae il nome del Papa ritenuto, ma non provato, decaduto dal Pontificato perché ammesso e non concesso che non  sia membro della Chiesa per eventuale indegnità o eresia, ne resta il Capo e il fondamento visibile quanto al governo. Quindi è lecito celebrare e assistere alla Messa “una cum” senza commettere alcun peccato mortale.
  • Un battezzato scellerato per vita immorale o per mancanza di fede, ma  eletto canonicamente Papa non è più membro vivo o tout court della Chiesa, però ne resta il Capo (anche se indegno) quanto al potere di giurisdizione. Quindi la governa visibilmente e lo si deve nominare nel Canone della Messa senza per questo macchiarsi di peccato e sporcare la Chiesa, che è Santa quanto alla sua natura (Corpo Mistico di Cristo), al suo fine (il Cielo),  alla sua origine (Dio)  e ai suoi mezzi (Sacramenti, Magistero infallibile e Leggi), ma è composta di membri santi e peccatori per divina volontà. Il Papa come membro può essere un peccatore anche contro la fede, ipoteticamente potrebbe essere considerato “eretico”, ma solo in maniera puramente investigativa o  dubitativa, come quando S. Tommaso d’Aquino si chiede in forma fittiziamente dubitativa “An Deus sit / Se Dio esista” (S. Th., I, q. 2, a. 3), tuttavia in entrambe i casi resterebbe Capo visibile (anche se indegno) della Chiesa quanto al governo di Essa.
  • Ora privare oggi, in questo mondo infernale, i fedeli della Messa tradizionale perché viene celebrata nominando nel Canone il nome del Papa regnante è un azzardo scellerato, che espone la maggior parte dei fedeli al rischio prossimo di non poter vivere in stato di grazia abitualmente, privandoli di tutti Sacramenti amministrati “una cum”.
  • I fedeli possono andare ad ogni Messa tradizionale (celebrata anche non “una cum”). Infatti è il Ministro che  risponde a Dio delle sue scelte, mentre il fedele deve solo rispondere se ha osservato o meno il 3° Comandamento: “Ricordati di santificare le feste”….”

In ragione di ciò, e a tutto il ragionamento fatto da Don Nitoglia che invitiamo a leggere integralmente altrimenti rischiate di non capire nulla, e che condividiamo, non possiamo non affrontare i fatti anche da un punto di vista – se preferite – più semplice, più catechetico e alla portata di tutti.

Noi riteniamo che tutti questi fattori come la questione del “papa eretico; Francesco non è il papa… oppure  l’una cum…“, sono strumenti diabolici atti ad incastrarci in quelle discussioni “perniciose” per le quali lo stesso Apostolo ci aveva messo in guardia. Sono vicoli ciechi che non portano da nessuna parte, sono strumenti di divisione e per questo inefficaci. Perché affermiamo questo? Perché riteniamo che la Santa Messa è assai superiore alla questione dell’ “una cum…“.

Una Messa o è valida o non lo è! Che cosa la rende valida o non valida? Di certo non dipende dall’ “una cum…” ma se il sacerdote che celebra pronunci correttamente le parole della Consacrazione, se usa tutti gli strumenti (elementi) stabiliti dalla Chiesa, insieme alla formula e alle intenzioni e, naturalmente, se il sacerdote è stato validamente ordinato. La questione fu già risolta ai tempi dell’eretico vescovo Donato, la cui eresia imponeva che la Messa fosse valida solo se il sacerdote celebrante era santo (il donatismo), il ché implicherebbe anche un sacerdote, un vescovo o un papa eretico.

Una Messa o è valida o non lo è! Che cosa la rende valida o non valida? Se la Messa dipendesse così, esclusivamente dalla santità del sacerdote e,  di conseguenza, da quel “una cum…“, non ci sarebbe più la libertà della GRAZIA di potersi esprimere e manifestarsi, perché dipenderebbe dallo stato personale in cui un sacerdote, un vescovo e un papa, venissero a trovarsi… In poche parole, ribalteremo noi stessi tutto il fluire della Grazia non più dall’Alto verso il basso, ma al contrario dal basso verso l’alto. Insomma, una Messa  i cui benefici verrebbero gestiti da noi, aspetto questo che la Chiesa ha sempre combattuto. In tal senso – l’una cum– non può inficiare la VALIDITA’ della Messa, neppure se ci trovassimo davanti ad un papa eretico.

Infine, a motivo di un sano ragionamento, vogliamo sottolineare come il dogma dell’infallibilità papale sia stato fortemente STRUMENTALIZZATO nel nostro tempo, di come questa strumentalizzazione ci ha condotti, oggi, a questa grave confusione a causa di una IDOLATRIA VERSO IL CULTO DELLA FIGURA DEL PONTEFICE.

Attenzione, non riteniamo un errore il dogma dell’infallibilità petrina, ma di come questo sia stato ABUSATO a tal punto da aver portato i Pontefici, a partire da Paolo VI quando tolse l’uso della tiara…. AD UNA ARBITRARIA INFALLIBILITA’ PERSONALE, ossia, “ad personam“…. si legga qui. Non a caso sono cinquant’anni che assistiamo a Pontificati “ad personam”, la cui infallibilità non si fonda più sulla DOTTRINA ma – lentamente ed inesorabilmente lo vediamo oggi – siano andati a fondarsi SULLE PERSONALI OPINIONI, sulla propria immagine di Chiesa, su un governo personale di una propria chiesa…. si legga anche qui: Come la Chiesa cadde nelle mani dei Modernisti.

Per comprendere ciò proponiamo la lettura, con riflessione e meditazione, della Bolla Pontificia di papa Paolo IV, la Cum ex apostolatus officio, vedi qui. Bolla che gode, fuor di ogni  dubbio, dell’infallibilità papale e che lo stesso Papa stabilisce valida in perpetuo, anche se i Modernisti e i progressisti, oggi, dubitano di certa validità “perpetua”. Ad ogni modo ciò che è importante per noi riflettere, è quanto e come la spiega il professor Roberto de Mattei, qui:La storia della Chiesa, anche nei momenti di più aspro scontro interno è più complessa di quanto molti possono credere. Il Concilio di Trento, che è un monumento della fede cattolica, fu inaugurato e poi chiuso da un personaggio gravemente sospetto di eresia luterana…”.

Tutto questo per arrivare a ragionare – ragionevolmente – con voi sul fatto che la validità della Santa Messa non può essere LIMITATA alle dispute o alle discussioni sulla figura di un Pontefice… e quando affermiamo che il dogma dell’infallibilità papale è stato strumentalizzato a tal punto da fare del Papa una sorta di superman dai poteri indiscutibili, intendiamo proprio questo RIBALTAMENTO della SACRALITA’ che dalla Messa, dal Culto a Dio, si è riversata oggi sulla figura del Papa.. tanto da arrivare a stabilire in essa, nella sua figura, la validità della Messa. E allora: la Messa, la Liturgia, è DI GESU’ CRISTO o è di un Papa? E’ valida in rapporto al Cristo o alle intenzioni dottrinali di un papa? Un Pontefice è semmai IL CUSTODE di una Liturgia che è stata consegnata dal Cristo alla Sua Chiesa e non il contrario.

A ragione di ciò vogliamo ricordare a tutti noi come, in passato, spesso la gente, il gregge, persino clero e vescovi, non sapevano neppure chi Papa regnasse…. oppure credevano regnasse un Papa mentre questi era morto e ne avevano già eletto il successore…. Insomma, il Papa in passato non era affatto “idolatrato” e neppure al centro dell’attenzione, come avviene oggi. L’insistenza e l’insistere sulla sua persona riguardavano esclusivamente L’UFFICIO PETRINO e quindi la vera dottrina sul papato, il famoso “ex cathedra”, il pronunciarsi IN DIFESA DELLA DOTTRINA.

La Messa, la validità del Culto o la sua invalidità dipendono da altri fattori, indipendentemente dalla santità o dal grado di eresia raggiunto dal Papa regnante, decaduto o meno, validamente eletto o meno. Facciamo un esempio concreto: abbiamo avuto Sede Vacante molto lunghe, una dal 1268, fino al 1271; un’altra dal 1292 al 1294; dal 1314 al 1316, dal 1415 al 1417… cosa dovremo pensare, che tutte le Messe in questi periodi non furono accolte, o non erano valide perché NON c’era IL “CUM PAPA NOSTRO..” ? Per questo sollecitiamo tutti a non cadere in queste trappole, in questi vicoli ciechi, che il demonio usa volentieri e proficuamente PER DIVIDERE e continuare a portare la confusione.

Si legga anche qui: Permissione Divina e: quando un atto è valido ma illecito?

ANDARE O NON ANDARE A MESSA “una cum… papa Francesco”? SI’, se la Messa è validamente celebrata! Se il sacerdote è validamente ordinato e si attiene alle Rubriche ed alle Norme della CELEBRAZIONE, interamente. La Messa è invalida solo se il sacerdote celebrante modifica le parole della Consacrazione; non usa gli elementi stabiliti dalla Chiesa (non da “un Papa”, ma DALLA CHIESA); VALIDA, MA ILLECITA, si parla di abusi, se il sacerdote inserisse o arbitrariamente inventasse i contenuti nel rito…. LA MESSA E’ POI PROFANATA quando infatti, essa è valida ma, appunto, profanata dagli abusi o da introduzioni protestantiche, o quando si vuole imporre la comunione ai non cattolici…. qui subentra L’INVALIDITA’ per i NON cattolici (e per i cattolici in grave stato di peccato) anche la profanazione ed  il sacrilegio, discorso che affronteremo, ed approfondiremo in un altro intervento.

E’ naturale che poi noi, nel nostro piccolo, CONSIGLIAMO di cercare la Messa nel rito antico…. perchè questa, nei gesti e nelle Letture… è più conformata e ben radicata ALLA SANA TRADIZIONE da ben duemila anni. Ma lo diciamo non perché si possa ritenere che la “nuova messa” non sia valida, o non sia valida perchè si celebra “una cum papa Francesco“, ma semplicemente perchè, la Messa di sempre, offre una più reale e sostanziosa dottrina sul Culto a Dio che è SACRIFICIO E NON MENSA… è Croce di espiazione e di propiziazione e non il ricettacolo dell’esibizione dei fedeli, o del sacerdote, o le osterie delle caritas, o le pizzerie dei vari Movimenti…. che rendono sempre più DUBBIE, davvero, la validità delle messe moderne.

Laudetur Jesus Christus

Inseriamo ora il testo integrale di Don Curzio Nitoglia che invitiamo a leggere attentamente ed approfonditamente.

IL PROBLEMA DELL’UNA CUM

Secondo S. Tommaso, Gaetano, Bañez, Billuart e Garrigou-Lagrange

di Don Curzio Nitoglia

Padre Domingo Bañez

L’eminente teologo domenicano Domingo Bañez (1), commentando la Somma Teologica dell’Aquinate (In IIam-IIae, q. 1, a. 10) e riprendendo l’ipotesi del suo confratello il cardinal Tommaso de Vio detto il Gaetano (2) (De comparatione auctoritatis Papae et Concilii, Roma, Angelicum, 1936, ed. a cura di Vincent Pollet, cc. 18-19), spiega che, se, per pura ipotesi investigativa, il Papa cadesse in eresia, resterebbe Papa. Infatti la mancanza della grazia santificante lo separerebbe dall’anima della Chiesa e  la mancanza di fede dal corpo di essa, ma la giurisdizione visibile del Pontefice romano non ne verrebbe scalfita poiché essa riguarda il governo visibile della Chiesa, che è una società visibile e non può essere privata  dell’autorità visibile che la governa a motivo della mancanza di grazia o di fede, i quali sono abiti soprannaturali invisibili (3).

Quindi, secondo il Bañez (e il Gaetano alla scuola di S. Tommaso (4)) il Papa (ipoteticamente) eretico non sarebbe membro vivo della Chiesa per mancanza di grazia, non farebbe più parte del corpo della Chiesa per errore contro la fede, ma ne sarebbe Capo visibile in atto quanto al governo o alla giurisdizione: “Il Papa non è Capo della Chiesa in ragione della santità o della fede perché non è così che può governare i membri della Chiesa, ma è Capo di essa in ragione dell’ufficio ministeriale, che lo rende atto a dirigere e governare la Chiesa mediante il governo esterno e visibile tramite la gerarchia ecclesiastica, che è visibile  e palpabile. Quindi secondo l’influsso spirituale della grazia e della fede non è membro della Chiesa di Cristo, se non le ha; invece secondo il potere di governare e dirigere la Chiesa ne è il Capo visibile in atto” (In IIam-IIae, q. 1, a. 10, Venezia, 1587, coll. 194-196) (5).

Charles-René Billuart

Il Billuart (6) (1685-1757) nel suo De Incarnatione (dissert. IX, a. II, § 2, obiez. 2) riprende la tesi del Bañez e insegna che “il capo governa e il membro riceve la vita della grazia. Quindi, se il Papa cadesse in eresia, manterrebbe ancora la giurisdizione con la quale governerebbe la Chiesa, ma non riceverebbe più l’influsso della grazia santificante e della fede da Cristo Capo invisibile della Chiesa e dunque non  sarebbe membro di Cristo e della Chiesa. Ora in un corpo fisico chi non è membro fisico non può esserne capo fisico, ma in un corpo morale o in una società la testa morale può sussistere senza essere membro morale di essa. Infatti un corpo fisico senza vita non sussiste e un capo fisico morto non governa il corpo fisico, mentre il capo morale di una società o corpo morale lo governa anche senza la vita spirituale o la fede” (cfr. Ch.-R. Billuart, Cursus theologiae, III pars, Venezia, 1787, pp. 66; II-II pars, Brescia, 1838, pp. 33-34, 123 e 125).

Padre Garrigou-Lagrange

Recentemente anche uno dei più grandi teologi del Novecento, padre Reginaldo Garrigou-Lagrange (7), nel suo trattato De Christo Salvatore (Torino, Marietti, 1946, p. 232), commentando San Tommaso (S. Th., III, qq. 1-90) e riprendendo la dottrina dei due Dottori domenicani controriformistici citati sopra, specifica che un Papa (ipoteticamente) eretico occulto resterebbe membro della Chiesa in potenza, ma non in atto, e manterrebbe la giurisdizione tramite la quale governa visibilmente la Chiesa. L’eretico pubblico invece, non sarebbe più membro della Chiesa neppure in potenza, come insegna il Bañez, ma manterrebbe il governo visibile della Chiesa. Quindi è pacifico per la sana e la più alta teologia della prima, seconda e terza scolastica (S. Tommaso, Gaetano, Bañez e Garrigou-Lagrange) che, ammesso e non concesso che il Papa cada in eresia, manterrebbe egualmente la giurisdizione e resterebbe Capo della Chiesa, pur cessando di esserne membro.

Se si trattasse di una testa fisica ciò sarebbe impossibile, ma è possibile se si tratta di un Capo morale e per di più secondario, ossia del Vicario visibile di Cristo invisibile asceso in Cielo e Capo principale della Chiesa.

La ragione è che la testa fisica di un corpo non può influire e comandare i membri del suo corpo, se ne viene separata fisicamente non ricevendo più la vita dall’anima separata dal suo capo e dal suo corpo (per esempio Tizio viene decapitato e muore, la sua anima lascia il suo corpo e la sua testa non ne dirige più, tramite il cervello, tutti gli organi), mentre un Capo morale di una società o di un ente morale (temporale come lo Stato o spirituale come la Chiesa) può esercitare la giurisdizione sull’ente morale anche se è separato per l’errore contro la fede o per il peccato dalla Chiesa (8) e dall’influsso vitale interno e soprannaturale di  Cristo. Ciò, pur essendo anormale ed eccezionale, è possibile (9).

Il sedevacantismo e la questione della Messa “una cum”

Si risolve così la famosa e spinosa questione della Messa celebrata “una cum Pontifice nostro N.” (Paulo VI-Francisco I). Infatti siccome il Papa ipoteticamente eretico non sarebbe membro vivo della Chiesa per mancanza di grazia, non farebbe parte del corpo della Chiesa per errore contro la fede, ma ne sarebbe Capo visibile quanto al governo o alla giurisdizione, secondo la migliore teologia tomistica dall’Aquinate († 1274), passando per i teologi controriformistici (XVI secolo) e per il Billuart (XVIII secolo) sino a padre Garrigou-Lagrange († 1964), allora è del tutto lecito citare nel Canone della Messa il Papa (eventualmente) eretico, che non è membro della Chiesa, ma che quanto al potere di giurisdizione ne è il Capo, dicendo, come recita il Canone:

“In primis, quae tibi offerimus pro Ecclesia tua sancta catholica: quam pacificare, custodire, adunare et regere digneris toto orbe terrarum: una cum famulo tuo Papa nostro N. et Antistite nostro N./ In primo luogo ti offriamo questi doni per la tua santa Chiesa cattolica affinché ti degni pacificarla, custodirla, riunirla e governarla in tutto il mondo insieme con [una cum] il tuo servo il nostro Papa N., e con il nostro Vescovo N.” (10).

In breve si chiede di pacificare, custodire… la Chiesa assieme al Papa e al Vescovo del luogo ove si celebra.

Conclusione

  • Non vi è dunque nessun peccato nel nominare nel Canon Missae il nome del Papa ritenuto, ma non provato, decaduto dal Pontificato perché ammesso e non concesso che non  sia membro della Chiesa per eventuale indegnità o eresia, ne resta il Capo e il fondamento visibile quanto al governo. Quindi è lecito celebrare e assistere alla Messa “una cum” senza commettere alcun peccato mortale.

Un battezzato scellerato per vita immorale o per mancanza di fede, ma  eletto canonicamente Papa non è più membro vivo o tout court della Chiesa, però ne resta il Capo (anche se indegno) quanto al potere di giurisdizione. Quindi la governa visibilmente e lo si deve nominare nel Canone della Messa senza per questo macchiarsi di peccato e sporcare la Chiesa, che è Santa quanto alla sua natura (Corpo Mistico di Cristo), al suo fine (il Cielo),  alla sua origine (Dio)  e ai suoi mezzi (Sacramenti, Magistero infallibile e Leggi), ma è composta di membri santi e peccatori per divina volontà. Il Papa come membro può essere un peccatore anche contro la fede, ipoteticamente potrebbe essere considerato “eretico”, ma solo in maniera puramente investigativa o  dubitativa, come quando S. Tommaso d’Aquino si chiede in forma fittiziamente dubitativa “An Deus sit / Se Dio esista” (S. Th., I, q. 2, a. 3), tuttavia in entrambe i casi resterebbe Capo visibile (anche se indegno) della Chiesa quanto al governo di Essa.

Ora privare oggi, in questo mondo infernale, i fedeli della Messa tradizionale perché viene celebrata nominando nel Canone il nome del Papa regnante è un azzardo scellerato, che espone la maggior parte dei fedeli al rischio prossimo di non poter vivere in stato di grazia abitualmente, privandoli di tutti Sacramenti amministrati “una cum”.

I fedeli possono andare ad ogni Messa tradizionale (celebrata anche non “una cum”). Infatti è il Ministro che  risponde a Dio delle sue scelte, mentre il fedele deve solo rispondere se ha osservato o meno il 3° Comandamento: “Ricordati di santificare le feste”.

Non dimentichiamo mai l’insegnamento dell’Angelico secondo cui “Dio non abbandona mai la sua Chiesa al punto da non poter trovare ministri sufficienti per le necessità del popolo” (S. Th., Suppl., q. 36, a. 4, ad 1).

Ora, se gli unici Sacramenti leciti fossero quelli amministrati non “una cum”, i ministri cattolici sarebbero forse un centinaio su un miliardo e mezzo di fedeli cattolici. Quindi sarebbero totalmente insufficienti per le necessità del popolo.

NOTE

1 – Nato a Valladolid il 29 febbraio 1528 e morto a Medina del Campo il 21 ottobre del 1604. Discepolo di Domingo Soto e di Melchior Cano all’Università di Salamanca, ove scrisse profondi commenti alla Somma Teologica dell’Aquinate e insegnò per molti anni acquistando fama di profondo interprete di S. Tommaso d’Aquino. Il suo nome è legato indelebilmente alla celebre controversia sul concorso divino, sulla pre-mozione fisica, sulla grazia efficace e la predestinazione al Cielo ante praevisa merita sostenuta da lui e dal suo Ordine nel 1582-1588 contro Ludovico Molina (Cuenca 1536-Madrid, 1600) e i Gesuiti. Fu uomo di vita austera e di profonda pietà e per vari anni il confessore di S. Teresa d’Avila e dell’imperatore Filippo II.  cfr. U. Viglino, voce Bañez,  in Enciclopedia Cattolica; C. Giacon, La seconda scolastica, Milano, Bocca, 1946, vol. II.

2 – Teologo, cardinale e Maestro generale dei Domenicani, nato a Gaeta il 2 febbraio 1468, morto a Roma il 10 ottobre 1533, riposa nella Basilica di S. Maria sopra Minerva a fianco del Ferrariensis ( Ferrara, 1474 – Rennes 1528) o Francesco de’ Silvestri da  Ferrara, il grande commentatore della Summa contra Gentiles di Tommaso d’Aquino. Tommaso de Vio fu un lavoratore infaticabile e scrisse numerosissime opere di filosofia,  teologia e di esegesi, ma la sua fama più duratura resta legata al classico commento della Summa Theologiae di S. Tommaso d’Aquino, composto dal 1507 al 1520, la cui maggiore edizione è quella Leonina in 13 volumi, iniziata nel 1882 per volere di Leone XIII. Cfr. U. Degli Innocenti, voce De Vio Tommaso, in Enciclopedia Cattolica; C. Giacon, La seconda scolastica, Milano, Bocca, 1946, vol. II.

3 – “Qualunque sia la forma di governo, ciò che importa  anzitutto è che ci sia un governo, altrimenti una società non sta in piedi. Quindi l’esistenza di un governo è giustificata dall’ordine intrinseco che pone e conserva i rapporti tra gli uomini, i quali devono vivere e vivono di fatto in società. Ora il governo di una società complessa, com’è la società civile o lo Stato nazionale [e a maggior ragione la società spirituale universale che è la Chiesa, ndr], deve essere forte, cioè capace di tenere sotto di sé e dirigere tutte le attività delle famiglie e degli altri organismi che possono svolgersi entro la società suddetta” (F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, vol. I, p. 753, voce “Governo”).

4 – III Sent., d. 25, q. 1, a. 2, ad 5; S. Th., II-II, q. 14, a. 2, arg. 4;  II-II, q. 1, a. 10; II-II, q. 10, a. 5, ad 3; II-II, q. 1, a. 7, arg. 2; II-II, q. 2, a. 6, ad 3;  II-II, q. 1, a. 9, sed contra.

5 – È interessante notare che Domingo Bañez (In IIam-IIae, q. 1, a. 10, Venezia, 1587, col. 196) trattando questo problema fa un’analogia tra il Re e il Papa, tra lo Stato e la Chiesa, analogia negata da alcuni che si improvvisano teologi e dichiarano il Papa decaduto dal Papato.

6 – Nato a Revin sulla Mosa nelle Ardenne l’8 gennaio 1685, morto ivi il 20 gennaio 1757. La sua opera principale è la Summa Sancti Thomae hodiernis Academiarum moribus accommodata (19 voll., Liegi, 1746-51), cui fece seguire il Supplementum cursus Theologiae (Liegi, postumo 1759). Il Billuart stesso  fece un compendio delle due opere intitolato Summa Summae Sancti Thomae sive compendium Theologiae (6 voll., Liegi, 1754). Difese la dottrina tomistica sulla premozione fisica, la predestinazione e la grazia efficace. Egli fu il teologo più stimato del suo tempo specialmente nel XIX secolo. Anche ai nostri giorni la sua Summa è uno dei manuali più consultati per l’assoluta fedeltà al tomismo, la chiarezza dell’esposizione e la precisione del linguaggio. Cfr. P. Mandonnet, voce Billuart, in D. Th. C., vol. II, coll. 890-892.

7 – Nato ad Auch in Francia nel 1877 e morto a Roma nella Clinica S. Domenico in piazza Sassari il 15 febbraio 1964. Nel 1909 iniziò l’insegnamento della teologia dogmatica alla Pontificia Università dei Domenicani chiamata Angelicum in Roma sino al 1960. “Nella prima metà del XX secolo e soprattutto durante il Pontificato di Pio XII fu il teologo più ascoltato dalla Curia romana. Preciso, chiaro, metodico e profondo, seppe mettere al servizio della teologia meglio di qualsiasi altro la filosofia neotomistica” (B. Mondin, Dizionario enciclopedico di filosofia, teologia e morale, Milano, Massimo, II ed., 1994, p. 362). Garrigou-Lagrange “è stato il più eminente e influente teologo cattolico della prima metà del XX secolo, colui che dopo la crisi modernista ha saputo meglio d’ogni altro operare una solida sintesi tra il dato rivelato e il realismo filosofico di S. Tommaso. L’edificio che egli ha costruito con lo strumento della filosofia tomistica è di enorme portata; è ammirevole oltre che per la sua grandiosità anche per la solidità d’ogni sua parte. È il classico edificio della teologia classica post-tridentina” (B. Mondin, Dizionario dei Teologi, Bologna, ESD, 1992, p. 255). Cfr. I. Colosio, Il padre Maestro Reginaldo Garrigou-Lagrange, l’uomo di studio, in “Rivista di ascetica e mistica”, 1965, pp. 52-68.

8 – Giovanni Hus (1369-1415) riteneva, come i Donatisti, che i sacerdoti privi della grazia santificante non conferiscono i Sacramenti validamente (DS, 1208). Egli estendeva questo principio anche al potere che riguarda il governo o la giurisdizione della Chiesa. In breve, secondo Hus, un Papa che non segue S. Pietro nei buoni costumi e nella confessione della fede, non è Papa, successore di Pietro, ma è vicario di Giuda Iscariota (DS, 1212-1213); se il Papa è cattivo o infedele, allora, al pari di Giuda, è un demonio, un ladro, destinato all’eterna rovina, e non è Capo di una Santa Chiesa Militante, non essendo neppure membro di questa (DS, 1220). Secondo Hus ciò vale per tutti i Cardinali e i Vescovi ed anche per i titolari dei poteri civili: “nessuno è pubblica autorità civile sin da che è in stato di peccato mortale” (DS, 1230). Cfr. G. Perini, I Sacramenti, Bologna, ESD, 1999,  II vol., Battesimo, Confermazione, Eucarestia, pp. 87-88; A. M. Lanz, voce Hus, in Enciclopedia Cattolica. .

9 – Non è assolutamente o metafisicamente possibile anche per miracolo solo ciò che ripugna (per esempio che un triangolo, restando tale, abbia quattro angoli); è fisicamente possibile per miracolo che un peso  lasciato nel vuoto non cada a terra se Dio sospende le leggi naturali; invece è moralmente possibile che una madre odi e uccida suo figlio andando eccezionalmente e anormalmente contro l’inclinazione naturale.

10 – Questa è la traduzione esatta delle parole del Canone. Si veda G. Campanini – G. Carboni, Vocabolario Latino-Italiano, Italiano-Latino, Torino, Paravia, 1961, VI ed., p. 158, voce “Cum”: “preposizione con l’ablativo indicante compagnia. […]. Una cum, insieme”. I sedevacantisti pretendono che esse significhino: “…la tua santa Chiesa cattolica che fa una sola cosa con il tuo servo il nostro Papa N.”. Ora anche se così fosse  e si dicesse, nel Canone della Messa, che la Chiesa e il Papa sono una sola cosa perché il Papa ne è il Fondamento e il Capo visibile, alla luce di quanto insegnato dai teologi citati  sopra non vi sarebbe nessun inconveniente. Quindi può essere nominato al Canon Missae anche secondo questa traduzione inesatta senza commettere nessun peccato.


Ringraziamo Don Alfredo Maria Morselli per questi chiarimenti, noi cerchiamo di farne tesoro 

Se il tuo parroco cambia le parole della consacrazione

di Don Alfredo Morselli
In questo momento della storia della Chiesa, sono saltati – nel cervello di molti – tutti i freni che il buon senso pone alla stupidità. Tra Comunioni sacrileghe, liturgie inter-confessionali, assoluzioni a chi non ha il proposito di cambiar vita, caricature della Misericordia, beatificazioni di eresiarchi, caccia ai cosiddetti “nemici del Papa”… – e la lista è ancora lunga –, adesso è esplosa anche la funesta moda della formula della consacrazione eucaristica mutata ad libitum del celebrante.
Tanti buoni fedeli sono allarmati: “La S. Comunione che ricevo è il vero Corpo di Cristo?”; “Ma avviene la Transustanziazione?” “Una siffatta Messa è valida?”
Poiché stanno circolando sul WEB dichiarazioni allarmanti circa il valore della consacrazione eucaristica con le parole della consacrazione stoltamente cambiate, è opportuno ricordare alcuni princípi della buona teologia sacramentaria.

A) Spiegazione dei termini

Sacramento “valido”:

un sacramento è celebrato validamente quando è compiuto in modo tale da essere un “segno di cosa sacra che santifica l’uomo”; in altre parole il mistero (perdono dei peccati, rigenerazione in Cristo etc.) accade, succede, si realizza.


Sacramento “illecito”: 

un sacramento è celebrato illecitamente quando la celebrazione viene svolta disobbedendo alle norme liturgiche.
Quindi un sacramento può essere celebrato:

1) validamente e lecitamente
2) validamente e illecitamente
3) invalidamente e illecitamente
(non può esserci un sacramento celebrato lecitamente in modo invalido)

B) La celebrazione eucaristica
L’essenziale della forma dell’Eucarestia, ciò che è necessario per la validità, sono le parole “Questo è il mio Corpo – Questo è il mio Sangue”
Es.: se in un campo di concentramento un sacerdote ha pochi secondi per celebrare la S. Messa, per non farsi vedere dai carcerieri, e se ha una briciola di pane e una goccia di vino, può dire solo queste parole e celebra validamente la S Messa.
Se invece un sacerdote cambia arbitrariamente – senza un motivo gravissimo – le parole prescritte dal Messale, ma lascia sostanzialmente intatta la forma, la S Messa è celebrata in modo gravemente illecito ma è valida.
Se il sacerdote non crede nella transustanziazione per ignoranza o perché subisce la pressione dei cosiddetti “teologi”, ma ha nel cuore l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, la S Messa è valida, ma illecita.
Se un sacerdote coscientemente non vuole fare ciò che fa la Chiesa, anche se usa le parole giuste, non c’è la S. Messa.
Tra “stolto, improvvido” ed “eretico formale” c’è una enorme differenza.
Gesù, agente principale in ogni celebrazione sacramentale, può agire per mezzo di un prete ingenuo, maldestro o sprovveduto, ma non può agire in chi coscientemente e volontariamente si oppone all’azione sacramentale così come si svolge nella Chiesa.
C) Suggerimenti pratici
In ogni caso è bene cercare una S. Messa celebrata da un bravo sacerdote.
Se il sacerdote non altera l’essenziale, in particolare se lascia intatta la copula “è”, in mancanza di meglio (e se non ci sono altri fatti gravi) si può assistere alla S. Messa, dissociandosi interiormente dalla disobbedienza del sacerdote.
Se c’è la possibilità di andare a Messa dove viene detta bene, bisogna andare lì, onde evitare la cooperazione formale (= rendersi oggettivamente complici) a un atto di culto illecito.
In questa situazione ecclesiale, rimane il dovere di studiare al meglio il Catechismo della Chiesa Cattolica (non nell’edizione commentata da autori neo-modernisti).

Rimane il dovere di completare a casa il catechismo ai propri bambini, supplendo alle lacune e correggendo gli errori: nei casi più gravi, ritirare i bambini dal catechismo e portarli in altra parrocchia.

Inoltre, anche se le speranze umane sono alquanto ridotte, è opportuno avvisare il Vescovo, secondo quanto suggerisce l’istruzione Redemptionis Sacramentum, § 184:

Ogni cattolico, sia Sacerdote sia Diacono sia fedele laico, ha il diritto di sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano o l’Ordinario competente a quegli equiparato dal diritto o alla Sede Apostolica in virtù del primato del Romano Pontefice. È bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto possibile, presentata dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con spirito di verità e carità”.

Qualcuno potrebbe dire che i Vescovi intervengono con decisione solo se un parroco osa celebrare la S. Messa in latino, oppure se fa una predica contro il peccato di omosessualità, oppure se si rifiuta di dare la S. Comunione in mano; ma se un prete cambia suo arbitrio le parole della consacrazione… sciocchezzuole

Ricordiamoci allora quanto ci dice il santo profeta Ezechiele: “…se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato” (Ez. 3,19).

E soprattutto, non dobbiamo meravigliarci se gli empi, i tiepidi, i carrieristi e i traditori fanno la loro parte: facciamo noi bene la nostra, e meglio facciamo, prima finisce la notte.



Parlando sempre della questione liturgica e del pensiero dottrinale protestante, insinuatosi nella Chiesa: Ratzinger Joseph, La trasmissione della fede, terza Conferenza a Notre-Dame 1982, affermava:

“Quando ciò avvenisse, sistematicamente, all’interno stesso della Chiesa, dovremo allora seriamente preoccuparci se un pensiero simile giungesse a toccare la liturgia, perché metterebbe senza dubbio in discussione la validità del dogma della transustanziazione e di tutta la dottrina della Grazia e della salvezza, da parte dei sacerdoti che, celebrando nelle proprie comunità, non fossero più controllati in ciò che dicono e compiono, laddove i vescovi non garantissero più quella vigilanza necessaria affinché la messa conservi tutta la sua validità…”


CHIESA DI OGNI LUOGO E DI OGNI TEMPO

Celebrazione in comunione con il Papa

del cardinale Joseph Ratzinger

(Predica in occasione della domenica per il Papa, 10 luglio 1977, nella Chiesa di San Michele a Monaco di Baviera)

Nella preghiera fondamentale della Chiesa, nell’Eucarestia, il cuore della sua vita non solo si esprime, ma si compie giorno per giorno.
L’Eucarestia ha nel più profondo di sè a che fare solo con Cristo.
Egli prega per noi, pone la sua preghiera sulle nostre labbra, poichè solo lui sa dire: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.
Ci attira dentro la sua vita, nell’atto dell’amore eterno, in cui egli si affida al Padre, così che noi, insieme con lui, consegniamo a nostra volta noi stessi al Padre e, in questo modo, riceviamo in dono proprio Gesù Cristo. L’Eucarestia è quindi sacrificio: affidarsi a Dio in Gesù Cristo e ricevere così in dono il suo amore.
Cristo è lui che dà ed è, allo stesso tempo, il dono: per mezzo di lui, con lui e in lui noi celebriamo l’Eucarestia.
In essa è continuamente presente e vero ciò che dice l’epistola di oggi: Cristo è il capo della Chiesa, che egli acquista mediante il suo sangue.
Allo stesso tempo, in ogni celebrazione eucaristica, seguendo un’antichissima tradizione, diciamo: noi celebriamo insieme al nostro Papa…
Cristo si dà nell’Eucarestia ed è presente tutto intero, in ogni luogo e, per questo, è dovunque presente, là dove viene celebrata l’Eucarestia, il mistero tutto intero della Chiesa.
Ma Cristo è anche in ogni luogo un’unica persona e, per questo, non lo si può ricevere contro gli altri, senza gli altri.
Proprio perchè nell’Eucarestia c’è il Cristo tutto intero, inseparato ed inseparabile, proprio per questo si rende ragione dell’Eucarestia solo se essa è celebrata con tutta la Chiesa.
Noi abbiamo Cristo solo se lo abbiamo insieme con gli altri.
Poichè l’Eucarestia ha a che fare solo con Cristo, essa è il Sacramento della Chiesa.
E per questa stessa ragione essa può essere accostata solo nell’unità con tutta la Chiesa e con la sua Autorità.
Per questo la preghiera per il Papa fa parte del canone eucaristico, della celebrazione eucaristica.
La comunione con lui è la comunione con il tutto, senza la quale non vi è comunione con Cristo.
La preghiera cristiana e l’atto di fede implicano l’ingresso nella totalità, il superamento del proprio limite.
La liturgia non è l’iniziativa organizzativa di un club o di un gruppo di amici; la riceviamo nella totalità e dobbiamo celebrarla a partire da questa totalità e in riferimento ad essa.
Solo allora la nostra fede e la nostra preghiera si pongono in maniera adeguata, quando vivono continuamente in questo atto di superamento di sè, di autoespropriazione, che arriva alla Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi: è questa l’essenza della dimensione cattolica.
Si tratta proprio di questo, quando andiamo al di là della nostra piccola realtà, stabilendo un legame con il Papa ed entrando così nella Chiesa di tutti i popoli.

Da Joseph Ratzinger, “Il Dio vicino. L’eucaristia cuore della vita cristiana”, San Paolo Edizioni 2008 (Pag. 127-128)


INFINE… ecco la risposta del domenicano Padre Angelo Bellon dal sito AmiciDomenicani:

Quali sono le condizioni perché la Messa sia valida

Reverendo Padre Bellon,
già altre volte le ho scritto e la ringrazia ancora per le sue risposte, sia pubbliche che private.
Stavolta le scrivo perché ho letto con molto interesse e gratificazione la sua risposta qui. Ciò che vorrei chiederle è quanto segue.
So bene che laddove il sacerdote celebrante mancasse di dottrina resterebbe a supplire, soprattutto per noi fedeli inconsapevoli, la Grazia di Stato, la Fede della Chiesa giacché il rito della Messa non è opera umana o di un pontefice di turno, o del celebrante. Ma laddove si stanno modificando gli stessi pensieri della Chiesa sull’Eucaristia, sulla Divina Presenza, sacerdoti che affermano un pensiero non più dottrinalmente cattolico durante la Messa e sulla Messa, queste messe sono valide, sì o no? Se un fedele se ne rendesse conto è bene per lui andare altrove?
Mons. Luigi Negri nel Natale scorso scrisse pubblicamente su La Bussola che il sacerdote che a Torino aveva messo in dubbio il “Credo” modificandone addirittura il testo, aveva inficiato la validità di quella messa perché era andato proprio a modificare il pensiero della Chiesa in materia dottrinale.
Lo stesso Benedetto XVI allora cardinale e prefetto della CdF, parlando della questione liturgica e del pensiero dottrinale protestante, insinuatosi nella Chiesa: su La trasmissione della fede, terza Conferenza a Notre-Dame 1982, affermava:
“Quando ciò avvenisse, sistematicamente, all’interno stesso della Chiesa, dovremo allora seriamente preoccuparci se un pensiero simile giungesse a toccare la liturgia, perché metterebbe senza dubbio in discussione la validità del dogma della transustanziazione e di tutta la dottrina della Grazia e della salvezza, da parte dei sacerdoti che, celebrando nelle proprie comunità, non fossero più controllati in ciò che dicono e compiono, laddove i vescovi non garantissero più quella vigilanza necessaria affinché la messa conservi tutta la sua validità…”
Sono interventi pubblicati, non le metterò i link, si trovano in rete.
Alla luce di ciò vorrei chiederle, a questo punto: quando è valida la Messa, e quando non lo è più?
Molti sacerdoti rispondono in modo confuso, si distingue sempre il fatto che non debbano cambiare “solo” le parole di consacrazione, ma riguardo al pensiero della Chiesa sembrerebbe bastare l’intenzione che se anche perversa non invaliderebbe la Messa. Ma se così fosse perché la liturgia protestante non fu accolta dalla Chiesa? Non giunse a negare, appunto, la Presenza Reale e il pensiero dottrinale della Chiesa sulla liturgia?
In ragione di ciò come vanno interpretate quelle parole dell’allora Ratzinger?
Ho sentito con le mie orecchie, ma anche di persone che registrano in diretta coi cellulari le stravaganze, addirittura, del canone della messa, prima e dopo la Consacrazione in cui le parole vengono cambiate, cambiando proprio il senso della fede dottrinale insegnata dalla Chiesa. Un esempio devo portarlo, mi perdoni: in una parrocchia del nord Italia un sacerdote ha aggiunto (tutto registrato in originale e reso pubblico in rete), nel canone di Consacrazione queste parole:
“Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli *”ed alle sue discepole”*, e disse… (..) Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli *”ed alle sue discepole”* e disse…”
Dopo la consacrazione ha detto: “Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo  *”riunisca tutte le religioni”* in un solo corpo….” è valida questa consacrazione?
La ringrazio per la risposta che vorrà darmi, perché sulla validità di certe messe, comincio davvero a nutrire molti dubbi e di stravaganze ce ne sono tante, come i sacerdoti che stanno usando la materia non valida per la messa, come la pagnotta appena sfornata dal fornaio invece dell’ostia fatta con le dovute regole.
Prego per lei e per questo prezioso servizio che porta avanti, a noi poveri fedeli e approfitto dell’occasione per farle gli auguri una buona e Santa Pasqua.


Carissima,
1. poiché sono molte le risposte che do in privato ai vari visitatori che mi domandano se le Messe cui partecipano sono valide perché i loro sacerdoti non stanno alla disciplina liturgica, colgo l’occasione per dire quali sono le condizioni perché la Messa sia valida.
Potrei dire che essenzialmente sono quattro.
Quattro perché sono quattro gli elementi (le cause) che costituiscono un sacramento: la materia, la forma, il ministro, l’intenzione.

2. Da parte della materia per la validità del sacramento si richiede che il pane sia di frumento e il vino di uva di vite.
Il pane deve essere “triticeo”, cioè di frumento. Gesù stesso si è paragonato al “chicco di grano” (Gv 12,24).
La Chiesa latina usa pane azzimo, non lievitato, perché Gesù ha usato pane azzimo. Infatti ha istituito l’Eucaristia nel giorno in cui nelle case non doveva esserci nulla di fermentato (Es 12,15).
Tuttavia trasgredire questa norma non inficia la validità della consacrazione perché rimane sempre pane.
Il vino deve essere di uva perché così ha fatto Gesù nell’ultima cena (“Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite” Mt 26,29) e anche perché Egli stesso si è paragonato alla vite (“Io sono la vite, voi i tralci” Gv 15,1s).

3. Da parte della forma si richiede che siano proferite le parole che indicano ciò che viene attuato, e cioè la presenza del Corpo e del Sangue del Signore.
Esse, nella loro essenzialità, sono le seguenti: “Questo è il mio Corpo” e “Questo è il calice del mio Sangue”.

4. Da parte del ministro si richiede che abbia ricevuto validamente l’Ordine sacro del presbiterato.
Infatti solo chi ha ricevuto validamente l’Ordine sacro fruisce di quel potere divino che da Cristo è stato trasmesso agli Apostoli e da questi senza interruzione è giunto fino ai nostri Vescovi e Sacerdoti garantendo così la successione apostolica.

5. La quarta condizione è l’intenzione di consacrare e cioè di celebrare la Messa.

6. Se ci sono queste quattro condizioni la Messa è valida, anche se il ministro fosse eretico, scismatico, sospeso a divinis, ridotto allo stato laicale…

7. Venendo a quanto hai scritto devo dire che la sostituzione del  Credo o la sua omissione volontaria non inficia la validità della Messa.
Essa infatti sarebbe valida anche se il prete fosse eretico. A motivo del carattere indelebile che gli è stato conferito, nessuno gli può togliere il potere di consacrare, neanche il papa.
Questi, o anche il Vescovo,  lo può privare dell’autorizzazione di celebrare, può sospenderlo e proibirgli di celebrare.
Ma se il prete disobbediente celebra, quantunque pecchi gravemente, la consacrazione rimane valida.

8. Il Card. Ratzinger nello stralcio della conferenza che hai citato non parla direttamente degli abusi liturgici, ma del pensiero che li può accompagnare.
E dice che questo, se non viene corretto, può portare a mettere in discussione “la validità del dogma della transustanziazione e di tutta la dottrina della Grazia e della salvezza”.

9. In riferimento al prete del nord Italia di cui parli, bisogna dire che  nella prima aggiunta (e alle sue discepole) si mostra ridicolo, oltre che infedele al dato scritturistico, perché nel Vangelo di Matteo si legge: “Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo»” (Mt 26,26).
I discepoli di cui si parla sono gli Apostoli, come si evince chiaramente dal Vangelo di Luca: “Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo…” (Lc 22,14.19).
È chiaro che Gesù ha dato il suo corpo per tutti, anche per le donne.
Ma il potere di celebrare l’Eucaristia l’ha conferito quella sera ai soli Apostoli.

10. Ugualmente anche l’altra espressione “lo Spirito Santo  *”riunisca tutte le religioni”* in un solo corpo….” è equivoca e, come forse quel prete lascia intendere, anche erronea perché lascia intendere una confederazione di religioni.
Ebbene, desiderare che tutti gli uomini costituiscano un solo corpo è il desiderio di Cristo stesso: “E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10,16).
Ma dalle parole del Signore è evidente che diventeranno un solo gregge  quando ascolteranno la sua voce.
E cioè quando, tralasciando gli errori, aderiranno al Vangelo.
Allora Lui, il Cristo, sarà il “solo pastore”.

11. Tuttavia queste due innovazioni, per quanto scorrette, non inficiano la validità della Messa, perché non hanno corroso i quattro elementi che costituiscono i Sacramenti: materia, forma, ministro e intenzione.

12. Rimane lecito e in alcuni casi anche raccomandabile partecipare all’Eucaristia là dove non vi sono abusi, anche se temporaneamente si deve lasciare la propria comunità.

Ti ringrazio di avermi dato la possibilità di esporre in maniera organica la dottrina della Chiesa.
Ti auguro ogni bene. Soprattutto una felice e Santa Pasqua.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


e ancora:

Sto seguendo delle catechesi che sostengono che il vero Papa sia Benedetto XVI e pertanto che la messa “una cum Papa Francisco” sia invalida

Caro Padre Angelo,
grazie delle sue risposte. Oggi le scrivo perché sto seguendo delle catechesi che sostengono che il vero Papa sia Benedetto XVI e pertanto che la messa “una cum Papa Francisco” sia invalida.
In altre parole non c’è lo Spirito Santo e quindi le specie del pane e del vino non transustanziano. Lo Spirito Santo assiste invece la messa officiata “una cum Benedicto XVI”.
Inoltre, Francesco è palesemente eretico per motivi che non sto qui a spiegare, che lei conosce meglio di me (due per tutte: comunione ai protestanti e ai divorziati risposati).
Dunque, secondo San Tommaso d’Aquino, il fedele ha il dovere di non partecipare alla messa in unione con un eretico.
Io, che da tempo nutro grande dubbio nei confronti di questo Papa, sono rimasto convinto a tal punto da queste affermazioni che non vado più a messa.
Padre, alla luce di tutto questo le chiedo: dove sta la verità?
Grazie, e che Dio la benedica per la sua missione, preghi per me.


Carissimo,
1. la Messa è valida in forza delle parole consacratorie e non in forza dell’una cum (insime col Papa).
Gli ortodossi non sono una cum Papa nostro (insime col nostro Papa), eppure la loro celebrazione è valida.

2. In proposito san Tommaso ricorda quanto disse sant’Ambrogio: “La consacrazione viene fatta con le parole e le affermazioni del Signore Gesù. Infatti con tutte le altre parole si loda Dio, si supplica per il popolo, per i re, per tutti gli altri.
Ma quando compie il venerabile sacramento, il sacerdote non si serve più delle proprie espressioni, bensì delle parole di Cristo.
Perciò è la parola di Cristo che compie questo sacramento” (De Sacramentis, 4,4).

3. Inoltre afferma che “la forma (vale a dire ciò che costituisce il sacramento, n.d.r.) di questo sacramento differisce in due maniere dalle forme degli altri sacramenti.
Primo, nel fatto che le forme degli altri sacramenti esprimono l’uso della materia: p. es., battezzare o confermare; mentre la forma di questo sacramento esprime solo la consacrazione della materia, che consiste nella transustanziazione, e cioè con le espressioni: “Questo è il mio corpo”, e “Questo è il calice del mio sangue”.
Secondo, perché le forme degli altri sacramenti vengono proferite dal ministro in persona propria, sia in atto di fare, come quando si dice: “Io ti battezzo” o “Io ti confermo”; sia in atto di comandare, come quando nel sacramento dell’ordine si dice: “Ricevi il potere…”; sia in atto d’intercedere, come nel sacramento dell’estrema unzione: “Per questa unzione e per la nostra intercessione…”.
Al contrario la forma di questo sacramento viene proferita in persona di Cristo stesso che parla (direttamente): in modo da far intendere che il ministro nella celebrazione di questo sacramento non fa nient’altro che proferire le parole di Cristo” (Somma teologica, III, 78, 1).

4. Se il sacerdote è in peccato (e può essere in peccato perché non è in comunione col Papa) consacra validamente.
San Tommaso cita Pascasio Radberto (confuso questa volta con sant’Agostino) il quale dice: “Nella Chiesa cattolica riguardo al mistero del corpo e del sangue del Signore un buon sacerdote non fa niente di più di un sacerdote cattivo: perché il mistero si compie non secondo i meriti del consacrante, ma per la parola del Creatore e per la virtù dello Spirito Santo” (De corpore et sanguine Domini, 12).

5. Poi aggiunge: “Il sacerdote consacra questo sacramento non per virtù propria, ma quale ministro di Cristo.
Ora, uno non cessa di essere ministro di Cristo per il fatto che è cattivo; perché il Signore possiede ministri o servi buoni e cattivi. Nel Vangelo infatti il Signore si domanda “Qual è mai quel servo fedele e prudente, ecc.?”; e poi aggiunge: “Se quel servo cattivo dice dentro di sé, ecc.”. E l’Apostolo scrive: “Ci considerino come ministri di Cristo”; e tuttavia dice più sotto: “Non ho coscienza di alcun mancamento, ma non per questo mi sento giustificato”. Egli dunque era certo di essere ministro di Cristo, sebbene non fosse certo di essere giusto.
Uno può dunque essere ministro di Cristo, senza essere giusto.
E ciò mette in risalto l’eccellenza di Cristo, perché a lui come a vero Dio servono non solo le cose buone, ma anche quelle cattive, che la sua provvidenza indirizza alla propria gloria.
È chiaro dunque che i sacerdoti, anche se non sono buoni, ma peccatori, sono in grado di consacrare l’Eucaristia” (Somma teologica, III, 82, 5).

6. È grave l’affermazione che fai secondo la quale il Papa sarebbe eretico.
Ho qui davanti a me la Somma teologica di San Tommaso e leggo queste sue precise parole: “Perciò la frase riferita di Innocenzo II esprime più un’opinione che una sentenza definitiva” (Somma teologica, III, 78, 1, ad 1).
Anche in papa Francesco, come in ogni altro Papa, va distinto il tenore delle affermazioni: “Alcune esprimono più un’opinione che una sentenza definitiva”.

7. Pertanto riprendi ad andare a Messa e ad offrire insieme con il sacerdote il sacrificio di Cristo per la vita del mondo.
Cerca la cosa più importante, che è quella di vivere in grazia di Dio.
Pensa invece che andando dietro ad un’affermazione erronea tralasci deliberatamente la partecipazione alla Messa.
E che compiendo un peccato grave ti esponi a molti mali.

Ti assicuro la mia preghiera, ti auguro una fruttuosa preparazione al Santo Natale e ti benedico.
Padre Angelo

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SI LEGGA ANCHE QUI: Non condivido il pensiero del Papa, posso fare comunque la Comunione?


CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

Prot. N. 320/17

Lettera circolare ai Vescovi
sul pane e il vino per l’Eucaristia

1. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per incarico del Santo Padre Francesco, si rivolge ai Vescovi diocesani (e ai loro equiparati a norma del diritto) per ricordare che ad essi, anzitutto, spetta provvedere degnamente a quanto occorre per la celebrazione della Cena del Signore (cf. Lc 22,8.13). Al Vescovo, primo dispensatore dei misteri di Dio, moderatore, promotore e custode della vita liturgica nella Chiesa a lui affidata (cf. CIC can. 835 §1), compete di vigilare sulla qualità del pane e del vino destinati all’Eucaristia e, quindi, su coloro che li preparano. Allo scopo di essere d’aiuto, si richiamano le disposizioni esistenti e si suggeriscono alcune indicazioni pratiche.

2. Mentre finora sono state, in genere, alcune comunità religiose a prendersi cura di confezionare il pane e il vino per la celebrazione dell’Eucarestia, oggi questi si vendono anche nei supermercati, in altri negozi e tramite internet. Per non lasciare dubbi circa la validità della materia eucaristica, questo Dicastero suggerisce agli Ordinari di dare indicazioni in merito, ad esempio garantendo la materia eucaristica mediante appositi certificati.

L’Ordinario è tenuto a ricordare ai sacerdoti, in particolare ai parroci e ai rettori delle chiese, la loro responsabilità nel verificare chi provvede il pane e il vino per la celebrazione e l’idoneità della materia.

Spetta inoltre all’Ordinario informare e richiamare al rispetto assoluto delle norme i produttori di vino e di pane per l’Eucaristia.

3. Le norme circa la materia eucaristica, indicate nel can. 924 del CIC e ai numeri 319 – 323 dell’Institutio generalis Missalis Romani, sono già state spiegate nell’Istruzione Redemptionis Sacramentum di questa Congregazione (25 marzo 2004):

a) «Il pane utilizzato nella celebrazione del santo Sacrificio eucaristico deve essere azzimo, esclusivamente di frumento e preparato di recente, in modo che non ci sia alcun rischio di decomposizione. Ne consegue, dunque, che quello preparato con altra materia, anche se cereale, o quello a cui sia stata mescolata materia diversa dal frumento, in quantità tale da non potersi dire, secondo la comune estimazione, pane di frumento, non costituisce materia valida per la celebrazione del sacrificio e del sacramento eucaristico. È un grave abuso introdurre nella confezione del pane dell’Eucaristia altre sostanze, come frutta, zucchero o miele. Va da sé che le ostie devono essere confezionate da persone che non soltanto si distinguano per onestà, ma siano anche esperte nel prepararle e fornite di strumenti adeguati» (n. 48).

b) «Il vino utilizzato nella celebrazione del santo Sacrificio eucaristico deve essere naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee. […] Con la massima cura si badi che il vino destinato all’Eucaristia sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto. È assolutamente vietato usare del vino, sulla cui genuinità e provenienza ci sia dubbio: la Chiesa esige, infatti, certezza rispetto alle condizioni necessarie per la validità dei sacramenti. Non si ammetta, poi, nessun pretesto a favore di altre bevande di qualsiasi genere, che non costituiscono materia valida» (n. 50).

4. La Congregazione per la Dottrina della Fede, nella Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica (24 luglio 2003, Prot. N. 89/78 – 17498), ha reso noto le norme riguardanti le persone che, per diverse e gravi motivazioni, non possono assumere pane normalmente confezionato o vino normalmente fermentato:

a) «Le ostie completamente prive di glutine sono materia invalida per l’Eucaristia. Sono materia valida le ostie parzialmente prive di glutine e tali che sia in esse presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane» (A. 1-2).

b) «Il mosto, cioè il succo d’uva, sia fresco sia conservato sospendendone la fermentazione tramite procedure che non ne alterino la natura (ad es. congelamento), è materia valida per l’Eucaristia» (A. 3).

c) «Gli Ordinari sono competenti a concedere la licenza di usare pane a basso tenore di glutine o mosto come materia dell’Eucaristia a favore di un singolo fedele o di un sacerdote. La licenza può essere concessa abitualmente, finché duri la situazione che ne ha motivato la concessione» (C. 1).

5. La medesima Congregazione ha inoltre deciso che la materia eucaristica confezionata con organismi geneticamente modificati può essere considerata materia valida (cf. Lettera al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 9 dicembre 2013, Prot. N. 89/78 – 44897).

6. Quanti confezionano il pane e producono il vino per la celebrazione devono nutrire la coscienza che la loro opera è orientata al Sacrificio Eucaristico e ciò domanda loro onestà, responsabilità e competenza.

7. Al fine dell’osservanza delle norme generali, gli Ordinari possono utilmente accordarsi a livello di Conferenza Episcopale, dando indicazioni concrete. Attesa la complessità di situazioni e circostanze, come il venir meno del rispetto per l’ambito del sacro, si avverte la necessità pratica che, per incarico dell’Autorità competente, vi sia chi effettivamente garantisca la genuinità della materia eucaristica da parte dei produttori come della sua conveniente distribuzione e vendita.

Si suggerisce, ad esempio, che una Conferenza Episcopale possa incaricare una o più Congregazioni religiose oppure altro Ente in grado, di compiere le necessarie verifiche sulla produzione, conservazione e vendita del pane e del vino per l’Eucaristia in un dato Paese e in altri Paesi in cui vengano esportati. Si raccomanda anche che il pane e il vino destinati all’Eucaristia abbiano un conveniente trattamento nei luoghi di vendita.

Dalla sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 15 giugno 2017, solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo.

Robert Card. Sarah
Prefetto

+ Arthur Roche
Arcivescovo Segretario


e se non bastasse, si ascolti Padre Nicholas Gruner, in risposte date nel 2012, in tempi, diremo non sospetti, quando rispose su che cosa è uno scisma, l’apostasia, l’eresia e di conseguenza, la validità di una Messa o meno….

qui è spiegato perché la Messa “una cum Francesco” è assolutamente valida, e partecipare alle celebrazioni non è associarsi ad alcuna eresia! (Simona Marino)

___ 0000 1 UNA CUM 1

Il liturgista Finotti spiega perchè non avrebbe senso prendere il Corpo di Cristo quando si è in disaccordo con un qualsiasi Successore di Pietro

Una nostra lettrice ci chiede: «Quando non ci si sente in comunione con il Papa, perché non credo in ciò che dice e non lo riconosco come degno successore di Pietro, ha valore comunque andare a Messa? E sopratutto qual è il valore della comunione ecclesiale qualora io non mi sentissi, pur da cristiana cattolica credente e praticante “cum Petro et sub Petro“? Posso prenderla lo stesso?».

Comunione “necessaria”

Il liturgista don Enrico Finotti, liturgista e curatore della rivista Liturgia Culmen et Fons, premette ad Aleteia: «La celebrazione legittima e fruttuosa del Sacrificio eucaristico richiede necessariamente la comunione con la fede di Pietro, che è trasmessa di generazione in generazione, fino alla fine dei secoli, dalla professione di fede dei suoi Successori, i Vescovi di Roma».

Per questo la tradizione liturgica – orientale e occidentale – «prevede che nella Prece eucaristica (Canone) vi sia l’esplicita menzione del nome del Papa: … in comunione con il nostro papa N. …» .

“Potestà suprema”

Questa comunione di fede, evidenzia l’esperto di liturgia, «non è un accessorio esterno al contenuto della fede». Finotti cita la lettera “Communionis notio”  (28 maggio 1992) della Congregazione per la Dottrina della Fede, al n.13: pertanto, «dobbiamo vedere il ministero del Successore di Pietro, non solo come un servizio “globale” che raggiunge ogni Chiesa particolare dall’”esterno”, ma come già appartenente all’essenza di ogni Chiesa particolare dal “di dentro”».

Infatti, il ministero del Primato comporta essenzialmente una potestà veramente episcopale, non solo suprema, piena ed universale, ma anche immediata, su tutti, sia Pastori che altri fedeli (59). 

Dogma di fede

Dunque la comunione di fede con il Successore di Pietro non è né «facoltativa», e neppure «un semplice strumento disciplinare per esprimere e rinsaldare l’unità, ma è un elemento costitutivo e interiore, che pervade dal di dentro il tessuto e la trama del dogma: crediamo, non secondo le interpretazioni soggettive proprie di ciascuno, ma ciò che è conforme a quello che la Chiesa – semper et ubique – professa, e che Pietro assicura e garantisce per una speciale grazia a lui conferita dal Signore in modo esclusivo».

Indefettibile e infallibile 

In Pietro e nei suoi Successori «la fede non ha, né mai potrà avere deficienze: … questa Sede di Pietro rimane sempre immune da ogni errore…, afferma il Concilio Ecumenico Vaticano I» (Pastor Aeternus, cap. IV).

La solidità della fede di Pietro possiede «le stesse prerogative dogmatiche della Chiesa, essendo Pietro il fondamento visibile sul quale è edificata la Chiesa di Dio». Su di esso, infatti, poggia la forza e la solidità di tutta la Chiesa (Pastor Aeternus, Prologo). Per questo la professione di fede dei Romani Pontefici è «indefettibile, ossia non verrà mai meno, ed è infallibile, ossia assicurerà sempre l’integrità e la retta interpretazione del dogma della fede».

Le verità rivelate

Inoltre la fede di Pietro non è «quella di questo o di quel Papa», ma la fede del Papa «in quanto tale, presente ed operante nell’intera successione dei Sommi Pontefici, come un unico, coerente e coeso esercizio magisteriale, che si estende nei secoli sotto l’indissolubile assistenza dello Spirito Santo. L’analogia della fede – prosegue Finotti – che si applica all’insieme delle verità rivelate, le quali, in contesti diversi, mantengono una coerenza interiore sostanziale, si deve applicare anche al magistero dei Papi nell’arco dei secoli, dal quale risulta l’unità e la continuità del dogma della fede, da essi custodito e proclamato con l’assistenza della grazia soprannaturale».

La lezione di Newman

JOHN HENRY NEWMAN

CNS | Courtesy of The Catholic Church of England and Wales

Su questi principi dogmatici, ragiona il curatore di Culmen et Fons, si deve anche opportunamente distinguere «la persona umana dei Pontefici, dagli atti specifici del loro magistero petrino».

In questa prospettiva potrebbe essere «illuminante» una considerazione del beato cardinale Newman, scritta nel contesto del dibattito relativo all’infallibilità papale al tempo del Concilio Ecumenico Vaticano I.

I limiti della infallibilità

«Il Papa – sosteneva il cardinale Newman – parla ex cathedra, cioè infallibilmente quand’egli parla: primo, come maestro universale; secondo, in nome e con l’autorità degli apostoli; terzo, su un punto o materia di fede o di morale; quarto, con l’intenzione di obbligare ogni membro della Chiesa ad accettare e a credere alla sua decisione. Naturalmente – aggiunge – queste condizioni pongono una grande restrizione al campo della sua infallibilità. Per questo Billuart (teologo domenicano, n.d.r.), parlando del Papa scrive: “Quando esprime la propria opinione personale, il Pontefice non è infallibile né in una conversazione, né in una discussione, né quando interpreta la Bibbia o i Padri, né allorché consulta o esprime le sue ragioni su un punto da lui definito, né quando risponde alle lettere né nelle deliberazioni private”».

L’operato del Papa

Come per il ministero di ogni sacerdote, ordinato validamente, l’azione divina della grazia, mediante i sacramenti celebrati in modo valido, «opera infallibilmente nell’anima dei fedeli, anche al di là del grado di santità o di peccato personali del ministro sacro, così nei Romani Pontefici il loro ministero petrino, esercitato nelle condizioni di validità stabilite, opera infallibilmente in ordine alla custodia della retta fede, al di là dello stato di santità o di peccato, di preparazione culturale, di formazione umana e di abilitazione più o meno eccellente all’esercizio pastorale, come si evince dalla storia secolare del papato».

Tuttavia, precisa Finotti, «l’intuito dei fedeli ha sempre ritenuto che non è di secondaria importanza la santità personale dei ministri sacri e in modo speciale quella dei Romani Pontefici. Per questo la Chiesa ha sempre pregato con insistenza e intensità per il Papa».

Il senso di quel “pregate per me”

Il liturgista, proprio nel suo volume “Vaticano II, 50 anni dopo” (ed. Fede&Cultura, 2012), aveva sollevato la questione: «Per questo il Sommo Pontefice, chiunque sia, è la sicura norma prossima della fede, costituito da Dio, e tutti i figli della Chiesa hanno la mirabile grazia di poter trovare in Lui la salda roccia, che è Cristo, in ogni tempo, in ogni frangente e soprattutto nelle tempeste e nelle notti tumultuose del mondo. Ma, come sempre la Chiesa ha fatto, è necessario che una preghiera incessante salga a Dio per Pietro (At 12,5), affinché il suo ministero, non solo sia valido, come non può che essere in un Pontefice legittimo, ma anche quanto più possibile fruttuoso per tutta la Chiesa».

Infatti, conclude Finotti, «come riceviamo con sicura certezza i santi Sacramenti dal ministero autentico dei sacerdoti e tuttavia preghiamo per loro, affinché crescendo in santità, li amministrino alla maniera dei Santi, così tutti i giorni nel divin Sacrificio la Chiesa prega per il Papa, non perché dubiti sul venir meno della validità dei suoi atti autentici, ma perché, sempre più pervaso della santità di nostro Signore Gesù Cristo, come è chiamato nel protocollo – Sua Santità – usato nel rivolgersi a Lui, sia pienamente il Vicario in tutto aderente al Cuore del divin Maestro».

«Credo che il papa Francesco intenda proprio questo, quando insistentemente raccomanda a tutti: “Pregate per me”».

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