Era il Natale del 1969. Joseph Ratzinger, allora giovane professore universitario, insegnava a Ratisbona. In l’occasione della festa fece cinque trasmissioni alla radio bavarese sul Natale e sulla Chiesa. Che furono stampate in alcune lingue, anche in italiano: Fede e futuro (Queriniana, 1971), un libro ormai da tempo esaurito.
Da poco la contestazione era esplosa in Germania ed egli ne sintetizzò prevedendo le conseguenze sconvolgenti. Entusiasta del Vaticano II, aveva collaborato alla rivista Concilium dei vescovi progressisti.
Ben presto capì che la Chiesa di Küng e di Schillebeeckx correva gravi pericoli e insieme con altri teologi moderati le contrappose la rivista Communio. Nelle cinque trasmissioni tenute per Natale alla Radio bavarese dette un giudizio profetico sulla nuova situazione e sulle difficoltà della Chiesa.
Ratzinger comprende che la svolta nel Ventesimo secolo è diversa e assai più radicale di tutte le altre svolte storiche, alle quali la chiesa è sopravvissuta e per reazione si è anche cambiata in meglio: il rinascimento, l’illuminismo, la rivoluzione francese.
La contestazione, che negli anni Sessanta ha colpito tutte le nazioni occidentali e cristiane è stata diversa perché ha cancellato, purtroppo senza saperli sostituire, i valori cristiano-liberali dell’Europa. Il liberalismo, che aveva al suo fondamento la tradizione cristiana (dignità dell’uomo, diritti naturali), era divenuto relativismo e nichilismo.
Il matrimonio e la famiglia furono relativizzati: «La sessualità e la procreazione sono state separate dal matrimonio; ogni forma di sessualità è equivalente e la sessualità è stata banalizzata; l’omosessualità non è solo lecita, ma diviene un aspetto della liberazione dell’uomo». La vera definizione della cultura attuale, uscita dalla contestazione, è nichilismo. Come capì Jacques Prévert con la nota invocazione: «Padre nostro, che sei nei cieli, restaci!»
Purtroppo la cultura cattolica non seppe reagire adeguatamente, forse pensava che si trattasse di episodi provvisori che sarebbero stati ben presto dimenticati. Invece Ratzinger previse con realismo cosa sarebbe accaduto: «Il futuro della Chiesa non risiederà in coloro che non fanno altro che adattarsi al momento presente, scegliendo la strada più semplice, l’elusione della passione della fede, dichiarandola falsa e obsoleta, tirannica e legalistica».
L’ultima trasmissione, nel giorno di Natale, collega una previsione di forte pessimismo con una speranza soprannaturale:
- «Siamo dentro una profonda crisi della Chiesa. Che diventerà sempre più piccola e dovrà ripartire dagli inizi. Non le serviranno più molti degli edifici eretti dalla fede del passato e il numero dei suoi fedeli diminuirà. Diventerà un insieme di piccoli gruppi. Purtroppo gli uomini vivranno in un mondo totalmente programmato in una solitudine indicibile.
- Perso il senso di Dio, sentiranno l’orrore della loro povertà. Si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili, la sua vera crisi è appena cominciata. Perderà i privilegi sociali, poco male, ma insieme non apparirà più a molti come la casa dell’uomo dove trovare una speranza per la vita e dopo la morte. Tuttavia la Chiesa avrà ancora il suo futuro che, come sempre, verrà rimodellato dai santi».
Anche da noi il cinquantenario della rivoluzione del 1968 è stato ricordato poco e superficialmente. Coloro che vi vedono un salto in avanti per l’uomo e per i suoi diritti, lo considerano come un evento progressivo e benefico, che non aveva bisogno di essere commemorato, tanto ha ormai permeato di sé tutto: famiglia, scuola, cultura, media, coscienza popolare. Essi sanno che gran parte della società attuale ne è figlia e che le novità della nostra epoca sono nate dalla distruzione della tradizione umanistico-cristiana effettuata dai contestatori.
Stupisce, tuttavia, che la cultura cattolica, o meglio quegli «scampoli» che ancora ne rimangono, abbia osservato nei confronti del cinquantenario della più grande rivoluzione mai accaduta nel nostro paese un silenzio quasi totale. Certo favorito dal clima di buonismo e di apertura incondizionata introdotto e imposto da papa Bergoglio. Solo pochi cattolici anticonformisti (come Accame e Veneziani, De Mattei e Socci) hanno sottolineato i disastri di quegli anni e di quelli seguenti. Che nelle sue trasmissioni del Natale 1969 Ratzinger non ancora papa aveva perfettamente intuito: il Sessantotto era stato una «cesura storica» e aveva prodotto «la crisi della cultura dell’Occidente».
LA PROFEZIA DI RATZINGER SUL FUTURO DELLA CHIESA – testo integrale – i grassetti sono nostri.
“Il futuro della Chiesa può risiedere e risiederà in coloro le cui radici sono profonde e che vivono nella pienezza pura della loro fede. Non risiederà in coloro che non fanno altro che adattarsi al momento presente o in quelli che si limitano a criticare gli altri e assumono di essere metri di giudizio infallibili, né in coloro che prendono la strada più semplice, che eludono la passione della fede, dichiarandola falsa e obsoleta, tirannica e legalistica, tutto ciò che esige qualcosa dagli uomini, li ferisce e li obbliga a sacrificarsi.
Per dirla in modo più positivo: il futuro della Chiesa, ancora una volta come sempre, verrà rimodellato dai santi, ovvero dagli uomini le cui menti sono più profonde degli slogan del giorno, che vedono più di quello che vedono gli altri, perché la loro vita abbraccia una realtà più ampia.
La generosità, che rende gli uomini liberi, si raggiunge solo attraverso la pazienza di piccoli atti quotidiani di negazione di sé. Con questa passione quotidiana, che rivela all’uomo in quanti modi è schiavizzato dal suo ego, da questa passione quotidiana e solo da questa, gli occhi umani vengono aperti lentamente. L’uomo vede solo nella misura di quello che ha vissuto e sofferto. Se oggi non siamo più molto capaci di diventare consapevoli di Dio, è perché troviamo molto semplice evadere, sfuggire alle profondità del nostro essere attraverso il senso narcotico di questo o quel piacere. In questo modo, le nostre profondità interiori ci rimangono precluse. Se è vero che un uomo può vedere solo col cuore, allora quanto siamo ciechi!
In che modo tutto questo influisce sul problema che stiamo esaminando? Significa che tutto il parlare di coloro che profetizzano una Chiesa senza Dio e senza fede sono solo chiacchiere vane. Non abbiamo bisogno di una Chiesa che celebra il culto dell’azione nelle preghiere politiche. È del tutto superfluo. E quindi si distruggerà. Ciò che rimarrà sarà la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa che crede nel Dio che è diventato uomo e ci promette la vita dopo la morte.
Il tipo di sacerdote che non è altro che un operatore sociale può essere sostituito dallo psicoterapeuta e da altri specialisti, ma il sacerdote che non è uno specialista, che non sta sugli spalti a guardare il gioco, a dare consigli ufficiali, ma si mette in nome di Dio a disposizione dell’uomo, che lo accompagna nei suoi dolori, nelle sue gioie, nelle sue speranze e nelle sue paure, un sacerdote di questo tipo sarà sicuramente necessario in futuro.
Facciamo un altro passo. Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali. Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. In molte congregazioni più piccole o in gruppi sociali autosufficienti, l’assistenza pastorale verrà normalmente fornita in questo modo. Accanto a questo, il ministero sacerdotale a tempo pieno sarà indispensabile come in precedenza.
Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.
- Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settaria e la caparbietà pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo.Il processo sarà lungo e faticoso, come lo è stata la strada dal falso progressismo alla vigilia della Rivoluzione Francese – quando un vescovo poteva essere ritenuto furbo se si prendeva gioco dei dogmi e insinuava addirittura che l’esistenza di Dio non fosse affatto certa – al rinnovamento del XIX secolo. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza.
Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto.
A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte.
La Chiesa cattolica sopravvivrà nonostante uomini e donne, non necessariamente a causa loro, e comunque abbiamo ancora la nostra parte da fare. Dobbiamo pregare e coltivare la generosità, la negazione di sé, la fedeltà, la devozione sacramentale e una vita centrata in Cristo.”
(Da una una trasmissione alla radio tedesca nel 1969, nel 1971 il testo venne diffuso un libro intitolato Fede e Futuro edito da Queriniana)