“Sento nell’anima mia il coraggio di un crociato”. La buona Battaglia di santa Teresina di Lisieux

Pio XI raccomanda al vescovo di Bayeux: «Dite e fate dire che si è resa un po’ troppo insipida la spiritualità di Teresa. Com’è maschia e virile, invece! Santa Teresa di Gesù Bambino, di cui tutta la dottrina predica la rinuncia, è un grand’uomo».

La vita di Santa Teresa di Lisieux , o Santa Teresa del Bambino Gesù e della Sacra Faccia (del Volto Santo), con questo suo nome di religiosa e come la gente ama chiamarla, o preferisce chiamarla, segna nella storia della Chiesa un nuovo modo di approcciarsi e di vivere la Fede. Non è mai esistito, per la Santa, la paura di un “Dio duro e vendicatore”, quanto piuttosto il vero “Dio misericordioso e giusto Giudice delle Anime“, mettendo al centro della propria esperienza l’amore puro e totale di Gesù e a Gesù, quale il fine ultimo per tutta l’esistenza sia terrena quanto eterna. Un amore puro, infantile (evangelicamente inteso) e totale, come ha lasciato scritto nei libri “Infanzia spirituale” e “Storia di un’anima”, che potrete scaricare qui in pdf. La sua vita è stata breve, ma piena di dedizione e offerta “gradita a Dio”.

La vicenda umana e spirituale di Teresina di Lisieux è una delle più paradossali della storia della Chiesa che la festeggia il 1° ottobre. Morta quasi sconosciuta a 25 anni, nel monastero di Lisieux, da dove non si mosse per tutta la vita, è venerata a livello mondiale. Dottore della Chiesa, patrona delle missioni, protettrice dei malati di Aids e di altre malattie infettive… lei che scelse la clausura e morì giovanissima di tubercolosi.
A cosa si deve la fama mondiale di santa Teresina, dunque?
Sicuramente al fatto che ella ha lasciato le sue memorie, riflessioni, crisi spirituali raccolte nel diari pubblicati dalla sorella Pauline, diventata madre Agnese dopo la sua morte. Storia di un’anima, pubblicata per la prima volta nel 1898, non è solo un testo religioso ma raccoglie poesie, opere teatrali, lettere e preghiere che raccontano l’itinerario spirituale di un’anima eccelsa, a dispetto dell’umiltà e del nascondimento della sua vita terrena.
Entrata nelle carmelitane di Lisieux con il nome di suor Teresa del Bambin Gesù del Volto Santo, scoprì che l’ambiente monastico non solo non era quello che si aspettava ma le era ostile, pieno di brutture, poco spirituale. E lei in un certo senso riforma, partendo da se stessa, quell’ambiente.

Teresina è nata ad Alençon, in Francia, il 2 gennaio 1873. E’ stata battezzata con il nome di Maria Francesca Martin e da allora destinata al servizio religioso, così come le sua quattro sorelle. I genitori, quando erano giovani, sognavano di servire Dio (sono oggi Beati). Ma circostanze speciali glielo hanno impedito e la madre ha promesso al Signore che avrebbe compiuto il suo ruolo di genitore sulla terra, purché le figlie avessero percorso il cammino della fede e della consacrazione. E così è stato.

Ancora bambina, la piccola Francesca Maria, vedeva le sorelle più grandi, una a una, che si consacravano a Dio fino ad arrivare il suo turno. Ma la volontà di seguirle era tanta che non volle nemmeno aspettare l’età giusta. A quindici anni è riuscita ad avere il permesso speciale per entrare nel Carmelo, a Lisieux. La quattordicenne Teresa Martin, infatti, spicca nel pellegrinaggio francese, giunto a Roma a fine 1887 per il giubileo sacerdotale di Leone XIII. Ma, nell’udienza pontificia a tutto il gruppo, sbigottisce i prelati chiedendo direttamente al Papa di poter entrare in monastero subito, prima dei 18 anni. Cauta è la risposta di Leone XIII; ma dopo quattro mesi Teresa entra nel Carmelo di Lisieux

Lei stessa ha scritto che, per servire Gesù, desiderava essere cavaliere delle crociate, sacerdote, apostolo, evangelista, martire…Ma nel percepire che l’amore supremo era la fonte di tutte queste missioni, ha messo nelle sue mani la sua vita. La sua opera non ha fruttificato per l’azione evangelizzatrice o attività creativa, ma al contrario, in preghiera, sacrifici, prove, penitenze e immolazioni, santificando la sua quotidianità come carmelitana, monaca di clausura. Questo vissuto è stato messo per iscritto giorno dopo giorno , per poi essere pubblicato, diventando un libro di riferimento per i religiosi, per i laici ma anche per l’elite di teologi, filosofi e pensatori del secolo XX.

Teresina ha passato i suoi ultimi anni consumata da una terribile tubercolosi, che, non è riuscita a sopraffare, scalfire, la pazienza amorevole nei disegni del Supremo Amore. E’ morta il 1° ottobre del 1897 all’età di venticinque anni, dopo aver promesso una pioggia di rose sulla Terra quando sarebbe morta. Questa pioggia cade ancora su di noi, attraverso quantità incalcolabile e di grazie e miracoli raggiunti attraverso il suo intervento a favore dei suoi devoti.

Teresa di Lisieux è stata beatificata nel 1923 e canonizzata nel 1925 da Papa Pio XI (qui il testo dell’Omelia del Pontefice). Lei , che durante tutta la sua vita ha avuto un grande desiderio di evangelizzare e ha offerto la sua vita per la causa missionaria, è stata proclamata, dopo due anni, dallo stesso pontefice , come “patrona speciale di tutti i missionari, uomini e donne, e delle missioni esistenti in tutto l’universo, avendo lo stesso titolo di San Francesco Xavier”. Pio XI raccomanda al vescovo di Bayeux: «Dite e fate dire che si è resa un po’ troppo insipida la spiritualità di Teresa. Com’è maschia e virile, invece! Santa Teresa di Gesù Bambino, di cui tutta la dottrina predica la rinuncia, è un grand’uomo». Questa “grande santa dei tempi moderni “ è stata proclamata dottore della Chiesa da Papa Giovanni Paolo II nel 1997.

La “teologia della piccola via” e i “paradossidi questa grande Santa, li troviamo raccolti in poche frasi riportate nel libro Storia di un anima:

149 – Lo so bene, il Signore non ha bisogno di nessuno per far l’opera sua, ma come permette a un giardiniere abile di coltivare piante rare e delicate, e gli dà le cognizioni necessarie per far ciò, riservando a sé la cura di fecondarle, così Gesù vuole essere aiutato nella sua divina cultura delle anime. Che cosa accadrebbe se un giardiniere maldestro non innestasse bene i suoi arbusti? Se non sapesse riconoscere la natura di ciascuno e volesse far sbocciare delle rose sopra un pesco? Farebbe morir l’albero che tuttavia era buono e atto a produrre frutti. Così bisogna sapere riconoscere fin dall’infanzia ciò che il buon Dio chiede alle anime, e assecondare l’azione della sua grazia, senza mai precorrerla né rallentarla.

250 – O Amato! questa grazia era soltanto il preludio di grazie più grandi, delle quali mi volevi colmare; lascia, mio unico Amore, che te le ricordi oggi… oggi sesto anniversario della nostra unione. Perdonami Gesù se sragiono volendo ridire i miei desideri, le mie speranze che raggiungono l’infini-to, perdonami e guarisci l’anima mia dandole ciò che spera! Essere tua Sposa, Gesù, essere carmelitana, essere, per l’unione con te, madre delle anime, tutto questo dovrebbe bastarmi… Non è così. Senza dubbio, questi tre privilegi sono ben la mia vocazione, carmelitana, sposa e madre, tuttavia io sento in me altre vocazioni, sento la vocazione del guerriero, del sacerdote, dell’apostolo, del dottore, del martire; finalmente sento il bisogno, il desiderio di compiere per te, Gesù, tutte le opere più eroiche. Sento nell’anima mia il coraggio di un crociato, di uno zuavo pontificio, vorrei morire sopra un campo di battaglia per la difesa della Chiesa…
251 – Sento la vocazione del sacerdote.
Con quale amore, Gesù, ti porterei nelle mie mani quando, alla mia voce, discenderesti dal Cielo! Con quale amore ti darei alle anime! Ma, pur desiderando di essere sacerdote, ammiro e invidio l’umiltà di san Francesco d’Assisi, e sento la vocazione d’imitarlo, rifiutando la dignità sublime del sacerdozio. Gesù! Amore mio, vita mia, come conciliare questi contrasti? Come attuare i desideri della mia povera piccola anima? Nonostante la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i profeti, i dottori, ho la vocazione di essere apostolo. Vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome, e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa, ma, o Amato, una sola missione non mi basterebbe, vorrei al tempo stesso annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo, e fino nelle isole più remote. Vorrei essere missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo, ed esserlo fino alla consumazione dei secoli. Ma vorrei soprattutto, amato mio Salvatore, vorrei versare il mio sangue per te, fino all’ultima goccia…

252 – Il martirio, questo è il sogno della mia giovinezza, questo sogno è cresciuto con me nel chiostro del Carmelo. Ma anche qui, sento che il mio sogno è una follia, perché non saprei limitarmi a desiderare un solo martirio. Per soddisfarmi li vorrei tutti… Come te, Sposo mio adorato, vorrei essere flagellata e crocifissa, vorrei morire scorticata come san Bartolomeo, come san Giovanni vorrei essere immersa nell’olio bollente, vorrei subire tutti i supplizi inflitti ai martiri. Con sant’Agnese e santa Cecilia, vorrei presentare il collo alla spada, come Giovanna d’Arco, la mia cara sorella, vorrei mormorare sul rogo il tuo nome, Gesù… Pensando ai tormenti che verranno inflitti ai cristiani nel tempo dell’anticristo, trasalisco, e vorrei per me quei tormenti… Gesù, Gesù, se volessi scrivere tutti i miei desideri, dovrei prendere il tuo libro di vita, lì sono narrate le azioni di tutti i Santi, e quelle azioni vorrei averle compiute per te. Gesù mio, che cosa risponderai a tutte le mie follie? Esiste un’anima più piccola, più incapace della mia? Eppure, proprio per la mia debolezza, ti sei compiaciuto, Signore, di colmare i miei piccoli desideri infantili, e vuoi oggi colmare altri desideri più grandi che l’universo…

253 – Durante l’orazione, i miei desideri mi facevano soffrire un vero martirio: aprii le epistole di san Paolo per cercare una risposta. I capitoli XII e XIII della prima epistola ai Corinzi mi caddero sotto gli occhi. Lessi, nel primo, che tutti non possono essere apostoli, profeti, dottori, ecc.; che la Chiesa è composta di diverse membra, e che l’occhio non potrebbe essere al tempo stesso anche la mano. La risposta era chiara, ma non colmava il mio desiderio, non mi dava la pace. Come Maddalena chinandosi sempre sulla tomba vuota finì per trovare ciò che cercava, così, abbassandomi fino alle profondità del mio nulla, m’innalzai tanto in alto che riuscii a raggiungere il mio scopo. Senza scoraggiarmi, continuai la lettura, e trovai sollievo in questa frase: «Cercate con ardore i doni più perfetti, ma vi mostrerò una via ancor più perfetta». E l’Apostolo spiega come i doni più perfetti sono nulla senza l’Amore. La Carità è la via per eccellenza che conduce sicuramente a Dio.
254 – Finalmente avevo trovato il riposo. Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in alcuno dei membri descritti da san Paolo, o piuttosto volevo riconoscermi in tutti. La Carità mi dette la chiave della mia vocazione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l’organo più necessario, più nobile di tutti non le manca, capii che la Chiesa ha un cuore, e che questo cuore arde d’amore. Capii che l’amore solo fa agire le membra della Chiesa, che, se l’amore si spegnesse, gli apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, in una parola che è eterno. Allora, nell’eccesso della mia gioia delirante, esclamai: Gesù, Amore mio, la mia vocazione l’ho trovata finalmente, la mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto, Dio mio, me l’avete dato voi! Nel cuore della Chiesa mia Madre, io sarò l’amore. Così, sarò tutto… e il mio sogno sarà attuato!

255 – Perché parlare di gioia delirante? No, questa espressione non è giusta, è piuttosto la pace, la serenità del navigatore il quale scorge il faro del suo porto. Oh, faro luminoso dell’amore, so come arrivare a te, ho trovato il segreto per impadronirmi della tua fiamma! Sono soltanto una bimba, incapace, debole, eppure la mia debolezza stessa mi dà l’audacia di offrirmi come vittima al tuo amore, Gesù! In altri tempi le ostie senza macchia erano le sole gradi-te al Dio forte e potente. Per soddisfare la giustizia divina occorrevano vittime perfette, ma alla legge del timore è suc-ceduta la legge dell’amore, e l’Amore mi ha scelta per olocausto, me, creatura debole e imperfetta. Questa scelta non è degna dell’amore?… Sì, affinché l’amore sia soddisfatto piena-mente, bisogna che si abbassi, che si abbassi fino al niente, per trasformare in fuoco questo niente…

256 – Gesù, lo so bene, l’amore si paga soltanto con l’amore, perciò ho cercato, ho trovato sollievo rendendoti amore per amore. «Usate le ricchezze che rendono ingiusti, per farvi degli amici i quali vi ricevano nei tabernacoli eterni». Ecco, Signore, il consiglio che tu dai ai tuoi discepoli dopo aver detto loro che «i figli delle tenebre sono più abili nelle loro faccende che i figli della luce». Figlia della luce, ho capito che i miei desideri di esser tutto, di far mie tutte le vocazioni, sono ricchezze che potrebbero rendermi ingiusta, allora le ho usate per farmi degli amici. Ricordando la preghiera di Eliseo al padre suo Elia quando osò chiedergli il suo duplice spirito, mi sono presentata dinanzi agli Angeli e ai Santi, e ho detto loro: «Sono la creatura più piccola, conosco la mia miseria e la mia debolezza, ma so anche quanto piaccia ai cuori nobili, generosi, far del bene, perciò, vi supplico, beati abitanti del cielo, vi supplico di adottarmi come figlia; tutta vostra sarà la gloria che mi farete acquistare, ma degnatevi di esaudire la mia preghiera, è temeraria, lo so, tuttavia oso chiedervi di ottenermi il vostro duplice amore.

257 – Gesù, non posso approfondire la mia supplica, temerei di rimanere schiacciata sotto il peso dei miei desideri audaci. La mia scusa è che sono una bambina, i bimbi non riflettono alla portata delle loro parole, eppure i loro genitori, quando si trovano sopra un trono, se possiedono tesori immen-si, non esitano a contentare i desideri dei piccoli esseri che amano quanto se stessi. Per far loro piacere commettono follie, arrivano alla debolezza! Ebbene, io sono la figlia della Chiesa, e la Chiesa è Regina, poiché è tua Sposa, divino Re dei re. Non a ricchezze e a gloria (si trattasse anche della gloria del Cielo) ambisce il cuore del bambino. La gloria, capisce che è, per diritto, dei suoi fratelli, gli Angeli e i Santi. La gloria di lui sarà il riflesso di quella che si irradierà dalla fronte di sua Madre. Quello che chiede, è l’amore, sa una cosa sola, amarti, Gesù! Gli sono interdette le opere clamorose, non può predicare il Vangelo, non può versare il suo sangue; ma che importa, i suoi fratelli lavorano al suo posto, e lui, bimbo piccolo, sta li, proprio vicino al trono del Re e della Regina, ama per i suoi fratelli i quali combattono. Ma in quale modo testimonierà il suo amore, poiché l’amore si prova con le opere? Ebbene, il fanciullo getterà fiori, profumerà il trono reale, canterà con la sua voce argentina il cantico dell’amore…

258 – Sì, Amato, la mia vita si consumerà così. Non ho altri mezzi per provarti il mio amore, se non gettar dei fiori, cioè non lasciar sfuggire alcun piccolo sacrificio, alcuna premura, alcuna parola, e profittare di tutte le cose piccole, e farlo per amore… Voglio soffrire per amore e perfino gioire per amore, così getterò fiori davanti al tuo trono; non ne incontrerò uno senza sfogliarlo per te… poi, gettando fiori, canterò (sarebbe possibile piangere compiendo un’azione di tanta gioia?), canterò, anche quando dovrò cogliere i miei fiori in mezzo alle spine, e il canto sarà tanto più melodioso quanto più le spine saranno lunghe e pungenti.
Gesù, a che ti serviranno i miei fiori e i miei canti? Lo so bene, questa pioggia profumata, questi petali fragili senz’alcun valore, questi canti d’amore del cuore piccolo tra i piccoli, ti saranno cari, questi nulla ti faranno piacere, faranno sorridere la Chiesa trionfante, ella raccoglierà i miei fiori sfogliati per amore, e facendoli passare per le tue mani divine, Gesù, questa Chiesa del Cielo vorrà giocare col suo bimbo piccolo, e getterà anch’essa quei fiori i quali avranno acquisito, sotto il tuo tocco divino, un valore infinito, e li getterà sulla Chiesa dolorante per spegnere le fiamme di essa, li getterà sulla Chiesa militante per farle avere la vittoria!

259 – Gesù mio, ti amo, amo la Chiesa mia Madre, mi ricordo che «il minimo moto di amor puro le è più utile che non tutte le altre opere riunite insieme», ma l’amore puro esiste nel mio cuore? I miei desideri immensi non sono un sogno, una follia? Ah, se così fosse, Gesù, illuminami. Tu Io sai, io cerco la verità: se i miei desideri sono temerari, falli sparire, perché questi desideri sono per me il martirio più grande… Eppure lo sento, Gesù, dopo aver sospirato verso le regioni più alte dell’amore, se dovessi non raggiungerle un giorno, avrei gustato più dolcezze nel mio martirio, nella mia follia, di quanta non ne godrei in mezzo alle gioie della patria, a meno che, per mezzo di un miracolo, tu non mi tolga il ricordo delle mie speranze terrestri. Allora lasciami godere, durante il mio esilio, le delizie dell’amore! Lasciami assaporare le dolci amarezze del mio martirio! Gesù, Gesù, se è tanto delizioso il desiderio di amarti, che sarà possederti, godere del tuo amore?


«Non stupisce quindi che nella santa suora si sia realizzato quanto disse Cristo: «Chiunque si farà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli» [Mt.18,4]. Alla benevolenza divina piacque infatti arricchirla con il dono di una sapienza pressoché singolare. Avendo attinto largamente la vera dottrina della fede dall’istruzione del Catechismo, l’ascetica dall’aureo libro dell’Imitazione di Cristo e la mistica dai volumi del suo Padre Giovanni della Croce, alimentando inoltre la sua mente e il suo cuore nell’assidua lettura delle Sacre Scritture, lo Spirito di verità le comunicò e manifestò ciò che suole nascondere « ai sapienti ed ai prudenti » e rivelare « ai piccoli »; infatti, ella — secondo la testimonianza del Nostro Predecessore — fu dotata di tanta scienza delle cose celesti da indicare agli altri la via certa della salvezza.
E da questa partecipazione così doviziosa della divina luce e della divina grazia divampò in Teresa un incendio così grande di carità che, portandola continuamente quasi fuori dal corpo, infine la consumò, tanto che, poco prima di lasciare la vita, poté candidamente dichiarare che «non aveva dato a Dio nient’altro che amore». Risulta parimenti che per questa forza di ardente carità, nella giovane di Lisieux esistettero il proposito e l’impegno « di lavorare per amore di Gesù, unicamente per piacergli, per consolare il suo Sacratissimo Cuore e per promuovere la salvezza eterna delle anime, le quali poi amassero Cristo per sempre »: che ciò ella abbia cominciato a fare e ad ottenere appena giunse nella patria celeste si comprende facilmente da quella mistica pioggia di rose, che per divina concessione, come da viva aveva ingenuamente promesso, ha già sparso in terra e continua a spargere.

Perciò, Venerabili Fratelli e diletti Figli, vivamente desideriamo che tutti i cristiani si rendano degni di partecipare a questa larghissima effusione di grazie, patrocinata dalla piccola Teresa; ma molto più vivamente desideriamo che guardino a lei con diligenza per imitarla, comportandosi come fanciulli, perché, se non saranno tali, secondo quanto dice Cristo, verranno esclusi dal regno dei cieli. Se da tutti verrà percorsa questa via dell’infanzia spirituale, tutti vedranno quanto facilmente si potrà realizzare quella correzione della società umana che abbiamo proposto fin dagl’inizi del Nostro Pontificato e soprattutto indicendo il Giubileo Massimo.
Perciò facciamo Nostra quella preghiera con cui la nuova santa Teresa del Bambino Gesù, concluse la sua preziosa autobiografia: «Ti supplichiamo, o buon Gesù, di riguardare al grande numero delle piccole anime e di sceglierti sulla terra una legione di vittime, che siano degne della tua carità». Così sia.»
(Benedictus Deus – Omelia di Pio XI – per la Canonizzazione di santa Teresina, 17 maggio 1925)


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