Piccola premessa: a quanti ci stanno condividendo dubbi e domande sulla data della Natività della Beata Vergine Maria, offriamo quanto segue proprio per chiudere, una volta per tutte, ogni dubbio e perplessità. Non date ascolto a presunte apparizioni che pretendono porsi al di sopra della Chiesa con la stessa Tradizione, ricordiamo le parole e il monito di San Paolo: “Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!” (Gal.1,8-10)
Seppur consapevoli che non esiste alcun “dogma” sulla data della nascita della Beata Vergine Maria (ricordiamo che il dogma non lo fanno i veggenti ma la Chiesa), la scelta dell’8 settembre, accettata da duemila anni da tutta la Chiesa sia Latina quanto Orientale, non è stata scelta a caso…
La ragione principale per cui si è scelta questa data è che essa coincide con la festa della dedicazione della Basilica di Sant’Anna a Gerusalemme, costruita nel IV secolo d.C. nel luogo in cui un tempo sorgeva la casa dei genitori di Maria. Proprio qui ancora oggi ogni anno l’8 settembre i Francescani della Custodia di Terra Santa, dall’inizio del secolo XIII, festeggiano la nascita della Beata Vergine Maria. Nata come festa in Oriente, la Natività di Maria venne poi introdotta anche in Occidente dal papa Sergio I nel VII secolo d.C.
Il 5 agosto si festeggia, invece, la Madonna della Neve, che apparve la notte del 4 agosto del 352 d.C.
Là viveva nella Città Eterna un nobile, Giovanni e la sua moglie, che malgrado non avessero figli, erano stati benedetti con tanti beni divini. Scelsero la Madre di Dio come erede della loro fortuna e, su suggerimento di Papa Liberio, pregarono che Lei potesse far loro sapere come farlo con un segno particolare.
E quale sarebbe il segno che Giovanni e sua moglie avevano richiesto?
Che “La neve coprirà la cresta della collina”.
Per quanto incredibile o impossibile, la neve cadde davvero, quell’agosto sul colle Esquilino, e qui, fedeli alla promessa fatta, Giovanni e sua moglie fecero costruire quella che sarebbe divenuta la Basilica di Santa Maria Maggiore. La neve era caduta in un particolare disposizione, mostrando la traccia della futura chiesa.
La chiesa costruita da Giovanni e sua moglie in onore della Madonna della Neve, restaurata e ampliata in vari momenti era conosciuta con diversi nomi: la Basilica di Liberio, Santa Maria del Presepe (perché custodisce le reliquie della Presepe di Cristo); infine Santa Maria Maggiore, per distinguerla dalle tante altre chiese romane dedicate alla Madre di Dio; Maggiore, significa più grande. Dentro si trova un’immagine riverita come Madonna della Neve o Salus Populi Romani, che si ritiene sia stata prodotta da San Luca Apostolo.
La bianca coltre di quella notte di agosto simboleggia Maria, la Tuttapura proclamata qualche anno prima dal primo dogma mariano, la Theotokos e, le sue benedizioni e grazie, sono promesse numerose e varie come i fiocchi di neve cadenti. Si legga anche qui: Ratzinger ci accompagna nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
La Chiesa, perciò, riconosce come data della Natività di Maria l’8 settembre, e proprio perché la devozione a Maria Bambina esisteva dai tempi antichi, nel 1572 Carlo Borromeo consacrò il Duomo di Milano, in fase di completamento, proprio a Maria Nascente.
Sempre a Milano nel 1720 nasce la devozione a Maria Bambina, legata a un piccolo simulacro in cera che raffigurava la Madonna neonata protagonista di una guarigione miracolosa, donato dalla monaca francescana Suor Chiara Isabella Fornari alle suore Cappuccine di Santa Maria degli Angeli. Ancora oggi le sorelle della congregazione Suore di Carità di Lovere a Milano, sono chiamate suore di Maria Bambina. Ma sono tanti i racconti che si possono riportare legati all’8 settembre, di Santi che hanno ricevuto dalla Beata Vergine Maria Nascente infinite Grazie, miracoli e prodigi in questo giorno benedetto.
Chiunque modifica, anche nelle date, a proprio piacimento questa – ed altre – Memorie Liturgiche, senza l’approvazione della Chiesa, commette una grave disobbedienza, genera confusione nel popolo di Dio seminando zizzania, lo disorienta ed insinua scredito alla santa Tradizione.
*** 𝟴 𝗦𝗘𝗧𝗧𝗘𝗠𝗕𝗥𝗘: 𝗡𝗔𝗧𝗜𝗩𝗜𝗧𝗔’ 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗕𝗘𝗔𝗧𝗔 𝗩𝗘𝗥𝗚𝗜𝗡𝗘 𝗠𝗔𝗥𝗜𝗔 ***
“𝙄𝙡 𝙜𝙞𝙤𝙧𝙣𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙉𝙖𝙩𝙞𝙫𝙞𝙩𝙖̀ 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙈𝙖𝙙𝙧𝙚 𝙙𝙞 𝘿𝙞𝙤 𝙚̀ 𝙢𝙤𝙩𝙞𝙫𝙤 𝙙𝙞 𝙜𝙞𝙤𝙞𝙖 𝙥𝙚𝙧 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙤 𝙞𝙡 𝙘𝙧𝙚𝙖𝙩𝙤. 𝙇𝙖 𝙑𝙚𝙧𝙜𝙞𝙣𝙚 𝙚̀ 𝙞𝙡 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙞𝙤 𝙫𝙞𝙫𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝘿𝙞𝙤 𝙫𝙞𝙫𝙚𝙣𝙩𝙚, 𝙘𝙤𝙡𝙚𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙘𝙤𝙣 𝙡𝙖 𝙨𝙪𝙖 𝙣𝙖𝙨𝙘𝙞𝙩𝙖 𝙝𝙖 𝙖𝙥𝙚𝙧𝙩𝙤 𝙡𝙚 𝙥𝙤𝙧𝙩𝙚 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙨𝙖𝙡𝙫𝙚𝙯𝙯𝙖 𝙖 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙞.” – 𝘋𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘓𝘪𝘵𝘶𝘳𝘨𝘪𝘢 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘖𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰 (𝘜𝘧𝘧𝘪𝘤𝘪𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘓𝘦𝘵𝘵𝘶𝘳𝘦, 𝘖𝘮𝘦𝘭𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘴𝘢𝘯𝘵’𝘈𝘯𝘥𝘳𝘦𝘢 𝘥𝘪 𝘊𝘳𝘦𝘵𝘢, 𝘷𝘦𝘴𝘤𝘰𝘷𝘰)
8 SETTEMBRE
NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA
Giorno di gioia.
Esultante di gioia, oggi la Chiesa ci fa dire con ragione: “La tua nascita, o Vergine Madre di Dio, fu per il mondo intero messaggio di consolazione e di gioia, perché da te è sorto il sole di giustizia, Cristo nostro Dio, che ci ha liberati dalla maledizione per darci la benedizione e, vincitore della morte, ci ha assicurato la vita eterna” (Antifona dei secondi Vespri).
La nascita di un bambino porta gioia nella casa ai genitori, che pure ne ignorano l’avvenire e, se la Chiesa il 24 giugno ci dice che quel giorno è un giorno di gioia, perché la nascita del Battista ci fa sperare la nascita di Colui del quale egli viene a preparare la strada, la nascita di Colei che sarà la Madre del Redentore non porterà gioia a tutti coloro che attendono la salvezza e la vita?
Sappiamo dal Vangelo che la nascita del Battista fu motivo di gioia per i suoi genitori, per il villaggio di Ain Karim e per le borgate vicine. Nulla invece sappiamo della nascita di Maria; ma, se tale nascita passò inosservata per molti, se Gerusalemme restò davanti ad essa esteriormente indifferente, sappiamo tuttavia che il giorno di tale nascita resterà un giorno di incomparabile gioia non solo per una città o per un popolo, ma per tutto il mondo e per tutti i secoli.
Gioia del cielo.
È gioia in cielo per la Santissima Trinità; gioia del Padre, che si rallegra per la nascita della sua prediletta, che egli farà partecipe della sua paternità; gioia del Figlio, che contempla la soprannaturale bellezza di Colei che diventerà sua Madre, alla quale egli chiederà in prestito la carne per riscattare il mondo; gioia dello Spirito Santo di cui Maria è il santuario immacolato e la cooperatrice nell’opera della concezione e dell’incarnazione del Verbo.
È gioia per gli Angeli: Essi vedono che questa fanciulla è la meraviglia delle meraviglie dell’Onnipotente; in Lei Dio ha spiegato la sua sapienza, la sua potenza, il suo amore più che in tutte le altre creature; egli ha fatto di Maria lo specchio purissimo in cui si riflettono tutte le sue perfezioni; essi comprendono che Maria, da sola, dà al suo creatore più onore e più gloria che tutte le loro gerarchie insieme e già la salutano come regina, gloria dei cieli, ornamento del mondo celeste e del mondo terrestre (Giovanni il Geometra, Annunciazione, 37, PG 106, c. 845).
Gioia nel limbo.
San Giovanni Damasceno pensa che anche le anime trattenute nel limbo abbiano conosciuto questa nascita felicissima e che Adamo ed Eva, con una gioia mai più provata dopo la loro caduta nel paradiso terrestre, abbiano gridato: “Sii benedetta, o figlia, che il Signore ci promise il giorno della nostra caduta: da noi hai ricevuto un corpo mortale e ci restituisci la veste dell’immortalità. Tu ci richiami alla nostra prima dimora; noi abbiamo chiusa la porta del paradiso e tu restituisci libero il sentiero che porta all’albero della vita” (Dormitio Virginis: PG 96, c. 733).
Altri scrittori antichi ci presentano i patriarchi e i profeti, che da lontano avevano annunziata e benedetta la venuta di Maria, intenti a salutare il compimento dei loro oracoli divini (Giacomo il Monaco, Natività di Maria: PG 127, c. 573).
Gioia sulla terra.
Fu anche gioia sulla terra. Senza temerità, possiamo con i santi pensare che Dio diede alle anime “che attendevano allora la redenzione d’Israele” (Lc 2,38) una allegrezza straordinaria, una gioia grave e religiosa, che si insinuò nei loro cuori, e intimamente le convinse, senza spiegare come, che l’ora della salvezza del mondo era ormai prossima.
Ma gioia particolare in questo senso ebbero i felici genitori, i santi Gioacchino e Anna. Essi contemplarono rapiti la radiosa, piccola bambina, loro donata nella vecchiaia, contro tutte le speranze. Forse essi si chiesero se non era uno degli anelli della linea benedetta dalla quale doveva uscire il Re, che avrebbe ristabilito il trono di Davide e salvato Israele e il loro ringraziamento salì fervido al Signore, che essi sentivano presente nella loro umile casa.
“O coppia felice, esclama san Giovanni Damasceno, tutta la creazione ha un debito verso di voi, perché per mezzo vostro ha offerto a Dio il più prezioso dei doni, la Madre ammirabile, che, sola, di lui era degna. Benedetto il tuo seno, o Anna, perché ha portato colei che nel suo seno porterà il Verbo eterno, colui che nulla può contenere e che porterà agli uomini la rigenerazione. O terra da principio infeconda e sterile, dalla quale è sorta una terra dotata di fecondità meravigliosa, che sta per produrre la spiga, che nutrirà tutti gli uomini! Beate le vostre mammelle, perché hanno allattato colei, che allatterà il Verbo di Dio, nutrice di Colui che nutre il mondo… ” (Sulla Natività, PG 96, c. 664-668).
Maria causa della nostra gioia.
La nascita di Maria è dunque causa di gioia e la gioia è sentimento che oggi tutto assorbe e tutto penetra. La Chiesa desidera che noi entriamo in questa gioia che straripa e trionfa. Ci invita a questa gioia in tutto l’Ufficio e ci fa cantare, fino dall’invitatorio di Mattutino: “È la nascita di Maria, facciamole festa, adoriamo Cristo, suo figlio, nostro Signore”. E poco dopo ci fa aggiungere: “Celebriamo con tenera divozione la nascita della beata Vergine Maria, perché interceda presso Gesù Cristo. Con allegrezza e tenera divozione, celebriamo la nascita dì Maria” (Responsorio del Mattutino).
La Chiesa ci invita alla gioia perché Maria è la Madre della divina grazia e, nel pensiero divino, già la Madre del Verbo incarnato. Le parole grazia e gioia hanno in greco una stessa radice, vanno sempre a fianco e si richiamano a vicenda: Maria, essendo piena di grazia, è anche piena di gioia per sé e per noi. La Liturgia ci mostra in questa graziosa bambina appena nata la Madre di Gesù, tanto Maria è inseparabile dal Figlio, che è nata solo per lui, per essere sua Madre e per divenire madre nostra, dandoci la vera vita, la vita della grazia. Tutte le preghiere della Messa acclamano la maternità della Vergine Maria quasi per dire che la Chiesa non può separare la sua nascita da quella dell’Emmanuele.
Il luogo di nascita di Maria.
Dove nacque la Santissima Vergine? Un’antica e costante tradizione indica come luogo di nascita Gerusalemme, là ove è la chiesa di S. Anna, presso la piscina Probatica. Là “nell’ovile paterno, dice san Giovanni Damasceno, è nata colei, da cui ha voluto nascere l’Agnello di Dio”. Là più tardi furono sepolti i santi Gioacchino e Anna e le loro tombe furono scoperte dai Padri Bianchi il 18 marzo 1889, presso la grotta della Natività. Là fu costruita nel secolo IX una chiesa e le monache benedettine vi si stabilirono dopo l’arrivo in Palestina dei Crociati e vi restarono fino al secolo XV. Poi una scuola mussulmana sostituì il monastero e, solo in seguito alla guerra di Crimea, il sultano Abd-ul-Medjid donò la chiesa e la piscina probatica alla Francia, che era entrata vittoriosa a Sebastopoli il giorno 8 settembre 1855.
Origine della festa.
La festa della Natività sorse in Oriente. La Vita di Papa Sergio (687-701) la elenca fra le quattro feste della Santa Vergine esistenti a quel tempo e sappiamo inoltre che l’imperatore Maurizio (582-602) ne aveva prescritta la celebrazione con le altre tre dell’Annunziazione, della Purificazione e dell’Assunta. San Bonifacio introdusse la festa in Germania. Una graziosa leggenda attribuisce al vescovo di Angers, Maurilio, l’istituzione della festa e forse veramente egli introdusse nella sua diocesi una festa, per realizzare il desiderio della Vergine, che gli era apparsa nelle praterie del Marillais verso l’anno 430, e di qui il nome di Nostra Signora Angevina o festa dell’Angevina, che ancora le dà, nella regione occidentale, il popolo cristiano.
Chartres da parte sua rivendica al vescovo Fulberto (1028) una parte preponderante nella diffusione della festa in tutta la Francia.
Il re Roberto il Pio (o il suo seguito) diede le note ai tre bei Responsori Solem iustitiae, Stirps Iesse, Ad nutum Domini, nei quali Fulberto celebra il sorgere della stella misteriosa, che doveva generare il sole, il virgulto sorto dal ceppo di Jesse che doveva portare il fiore divino sul quale riposerà lo Spirito Santo, la onnipotenza che dalla Giudea produce Maria, come una rosa dalle spine.
Nel 1245, durante la terza sessione del primo Concilio di Lione, Innocenzo IV stabilì per tutta la Chiesa l’Ottava della Natività della Beata Vergine Maria (oggi soppressa) compiendo il voto emesso da lui e dai Cardinali durante la vacanza di diciannove mesi, causata dagli intrighi dell’imperatore Federico II alla morte di Celestino IV e terminata con l’elezione di Sinibaldo Fieschi col nome di Innocenzo.
Nel 1377, il grande Gregorio XI, il Papa, che aveva spezzate le catene di Avignone, completò gli onori resi alla Vergine nascente con l’aggiunta della vigilia alla solennità, ma o perché non espresse al riguardo che un desiderio o per altre cause, le intenzioni del Pontefice non ebbero seguito che per qualche tempo negli anni torbidi, che seguirono la sua morte.
La pace.
Quale frutto di questa festa, imploriamo con la Chiesa (Colletta del giorno) la pace, che nei nostri tempi sventurati pare allontanarsi sempre di più. La Madonna nacque nel secondo dei tre periodi di pace universale segnalati sotto Augusto, il terzo dei quali segnò l’avvento del Principe stesso della pace.
Mentre si chiudeva il tempio di Giano, l’olio misterioso sgorgava dal suolo a Roma nel luogo dove doveva sorgere il primo santuario della Madre di Dio, si moltiplicavano i presagi per il mondo in attesa e il poeta cantava: “Finalmente giunge l’ultima era preannunziata dalla Sibilla, si apre la serie dei secoli nuovi, ecco la Vergine” (Virgilio, Egloga IV).
In Giudea, lo scettro era stato tolto a Giuda (Gen 49,10) ma anche colui, che se ne era impadronito, proseguì la splendida restaurazione, che doveva permettere al secondo Tempio di ricevere fra le sue mura l’Arca santa del nuovo Testamento.
È il mese sabbatico, primo mese dell’anno civile e settimo del ciclo sacro Tisri, in cui comincia il riposo stabilito ad ogni settennio, cioè l’anno santo giubilare (Lv 25,9), il mese più ricco di gioia con la Neomenia solenne, annunziata da suoni di tromba e da canti (ivi 23; Nm 29; Sal 80), la festa dei Tabernacoli e il ricordo della dedicazione del primo Tempio sotto Salomone.
In cielo il sole è uscito dal segno del Leone ed entra in quello della Vergine. Sulla terra due oscuri discendenti di Davide, Gioacchino e Anna, ringraziano Dio, che ha benedetto la loro unione, per molto tempo infeconda.
MESSA
La Chiesa intona alla Madre di Dio il bel canto del Sedulio. Come l’Altissimo, essa vede Maria già Madre, così come realmente lo è nella predestinazione avanti i secoli. E Maria risponde al saluto col canto dalla Sposa, il salmo epitalamico, che mai si adattò così bene ad un’anima come a quella di Maria, fin da questo primo giorno.
EPISTOLA (Pr 8,32-35). – Il Signore mi possedette all’inizio delle sue opere, fin da principio, avanti la creazione. “Ab aeterno” fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra: non erano ancora gli abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti delle acque rigurgitavano, non ancora le montagne s’eran fermate sulla grave mole. Prima delle colline io ero partorita. Egli non aveva fatto ancora né la terra, né i fiumi, né i cardini del mondo. Quando preparava i cieli io ero presente, quando con legge inviolabile chiuse sotto la volta l’abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al mare i suoi confini e dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra, io ero con lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia, scherzavo dinanzi a lui continuamente; scherzavo nell’universo: è mia delizia stare coi figli degli uomini. Or dunque, figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Ascoltate i miei avvisi per diventare saggi, non li ricusate. Beato l’uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno alla mia porta, e aspetta all’ingresso della mia casa. Chi troverà me avrà trovato la vita, e riceverà dal Signore la salute.
La predestinazione di Maria.
Presso la culla dei principi si suole pronosticare un avvenire grandioso, facendo loro un’aureola della gloria degli avi. La Chiesa oggi fa questo e meglio di questo. Col Vangelo ci ricorderà la nascita temporale del Messia e di colei, che oggi nasce perché egli possa nascere, ma prima ci mette in evidenza, e per il Figlio e per la Madre, la genesi in Dio con un passo dei Proverbi, e dice: Io era prima che i monti, prima che la terra, io era presente quando egli preparava i cieli. La nostra debole umanità, essendo soggetta al tempo, percepisce le cose nelle evoluzioni successive, ma Dio le considera fuori del tempo in cui le ha poste per la manifestazione della sua gloria. Per Dio il principio di ogni opera è la ragione che la determina. L’Altissimo, che egli domina nella sua eternità, nell’ordine di mutua dipendenza, agendo al di fuori di sé, agì soltanto per rivelare se stesso mediante il Verbo fatto carne, divenuto figlio di una Madre creata, pur essendo figlio del Creatore. L’Uomo-Dio come fine, Maria come mezzo: tale è l’oggetto dell’eterna risoluzione di Dio, la ragione d’essere del mondo, la concezione fondamentale nella quale tutto il resto sarà solo accessorio e dipendente.
O Signora che ti degni chiamarci figli, siamo felici che in te la bontà eguagli la grandezza! Felice l’umanità, che vegliava, da tanti secoli, nella tua attesa e finalmente ti incontra, perché con te è la salvezza e la vita.
VANGELO (Mt 1,1-16). – Libro della generazione di Gesù Cristo, figlio di David, figlio di Abramo, Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i fratelli di lui. Giuda ebbe Fares e Zara da Tamar; Fares generò Esron, Esron generò Aram. Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson; Naasson generò Salmon. Salmon ebbe Booz da Raab; Booz ebbe Obed da Rut, Obed generò Iesse e Iesse generò David, il re. E il re David ebbe Salomone da quella che era stata di Uria. Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asa. Asa generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Joatam, Joatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia. Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amon, Amon generò Giosia, Giosia generò Geconia e i di lui fratelli al tempo dell’esilio di Babilonia. E dopo l’esilio di Babilonia Geconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabel. Zorobabel generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor. Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazar, Eleazar generò Matan, Matan generò Giacobbe. Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù chiamato il Cristo.
Il Mistero di Maria.
Maria, dalla quale è nato Gesù: qui è tutto il mistero della Madonna, il titolo costitutivo, come abbiamo veduto, del suo essere di natura e di grazia; come Gesù dovendo nascere da Maria figlia della donna (Gal 4,4) e figlia di Dio (Rm 7,3-4), era dal principio ragione nascosta della creazione il cui mistero si sarebbe rivelato solo alla pienezza dei tempi (Ef 3,9). Opera unica questa della quale il profeta, nella sua estasi diceva: Farai conoscere, o Dio, nella pienezza degli anni l’opera tua; verrà il Santo dalla montagna oscura; i poli del mondo si curvano sotto il passo della sua eternità (Ab 3,3-6). La montagna donde deve venire il Santo, l’Eterno, il Dominatore del mondo, quando sarà il tempo, è la Beata Vergine, che l’Altissimo coprirà della sua ombra (Lc 1,35) e l’altezza della quale, già alla nascita, sorpassò tutte le altezze del cielo e della terra.
I tempi sono dunque compiuti. Dal momento in cui l’eterna Trinità uscì dal suo riposo per creare cielo e terra (Gen 1,1) tutte le generazioni del cielo e della terra, come dice la scrittura (ivi 2,4) erano in travaglio dal giorno che dona al Figlio di Dio la Madre attesa. Parallelamente alla linea, che scende da Abramo e da Davide al Messia, tutte le genealogie umane preparavano a Maria la generazione dei figli adottivi che Gesù, figlio di Maria, si sceglierà per fratelli.
Preghiera a Maria Bambina.
- + Finalmente, o Maria, il mondo ti possiede! La tua nascita gli rivela il segreto del suo destino, il segreto d’amore che lo chiamò dal nulla, perché diventasse l’abitazione di Dio al di sotto dei cieli.
Ma qual è dunque il mistero di questa debole umanità, che, inferiore agli Angeli per natura, è tuttavia chiamata a dare loro un Re e una Regina?
Il Re l’adorano neonato fra le vostre braccia, la Regina la riveriscono oggi nella culla insieme con gli angeli. Astri del mattino, questi nobili spiriti davano inizio alle manifestazioni dell’Onnipotenza e lodavano l’Altissimo (Gb 38,7), ma il loro sguardo non scoprì mai meraviglia pari a quella che li fa ora esultare: Dio, riflesso in modo più puro sotto i veli del corpo fragile di una bambina di un giorno che nella forza e nello splendore dei nove cori; Dio, conquistato egli stesso da tanta debolezza, unita per grazia sua a tanto amore che egli ne fa il suo capolavoro, manifestando in essa suo Figlio.
Regina degli Angeli, tu sei anche nostra Regina, ricevici per manifestare fede e omaggio. In questo giorno in cui il primo slancio della tua anima santissima fu per il Signore, il primo sorriso degli occhi per i genitori che ti misero al mondo; si degni la beata Anna ammetterci a baciare in ginocchio le tue mani benedette, già pronte alle divine larghezze delle quali sono predestinate dispensatrici. E intanto cresci, dolcissima bambina, si irrobustiscano i tuoi piedi, per schiacciare il capo al serpente, prendano forza le tue braccia, per portare il tesoro del mondo; l’angelo e l’uomo, tutta la natura; Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, sono in attesa del momento solenne in cui Gabriele potrà spiccare il volo dal cielo per salutarti piena di grazia e portarti il messaggio d’amore.
da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1056-1063 – qui fonte originale che ringraziamo.
ATTENZIONE…. USARE IL TERMINE “COMPLEANNO” è teologicamente e dottrinalmente sbagliato!!! La Chiesa pesa bene i termini che usa e se ha usato il termine NATIVITA’ da ben duemila anni, un motivo c’è 😉
Non si usa dire “Buon Compleanno” per la Natività della Vergine Maria perché è una festa liturgica dal contenuto teologico che ci porta A MEDITARE sull’unico COMPIMENTO E CONCEPIMENTO VERGINALE ED IMMACOLATO di una creatura, Maria la Santa Madre di Dio, non un compleanno nel senso mondano.
Invece, si onora la Madre di Dio con un culto che va oltre il semplice festeggiamento della persona, concentrandosi sulla sua figura come modello eterno e fonte di grazia, in quanto è MEDIATRICE, AUSILIATRICE, RIFUGIO, AVVOCATA E RIPARATRICE, come descritto dalla Chiesa intera..
Nella festa della Natività della Madre di Dio onoriamo principalmente la venuta di Dio stesso tra gli uomini, non è perciò un “compleanno” come lo si festeggia tra di noi e per noi stessi..
Il significato pieno della festa odierna, della nascita purissima di Maria che ci porta subito al suo Concepimento Immacolato, comprende l’incarnazione del Verbo, rimanda ad esso.
Il nostro compleanno, NO! Non si tratta di celebrare un evento umano, ma l’inizio di una missione divina e la maternità della Madre di Dio.
Infatti, Maria – Concepita senza peccato originale – nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre di Dio, di Gesù Cristo.
Dal primo momento della sua vita, dunque, Lei viene a noi non solo per se stessa, ma con un’esistenza per Dio, totalmente per Lui.
Di fronte alla Natività di Maria siamo invitati ad interrogarci: anche noi, come Maria, e in virtù del Battesimo e degli altri Sacramenti, viviamo la nostra esistenza seguendo la nostra propria vocazione al progetto di Dio, a servizio della Sua Incarnazione?
Fare gli “auguri di buon compleanno” alla Beata Vergine Maria, significa mettere in secondo piano tutto questo e ridurre il tutto ad una sorta di festeggiamenti in chiave mondana ed orizzontale, privando Maria stessa di quella GIOIA di cui invece vive: L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
La celebrazione della Natività di Maria nella corte papale
Alcuni passaggi del testo “Maria nel culto cattolico” (Marietti, Torino-Roma, 1933) del Sacerdote Emilio Campana, Dottore in Filosofia e Teologia, Professore di Dogmatica nel Seminario e Canonico Teologo della Cattedrale di Lugano.
La più antica menzione della nostra festa per la Chiesa Romana ricorre nella vita del papa Sergio I, morto verso il 700. Parlando di lui Anastasio Bibliotecario ci dà fra altro la seguente notizia: «Stabilì che nei giorni dell’Annunciazione del Signore, della Natività e Dormizione della Santa Madre di Dio sempre Vergine, e di S. Simeone che i Greci chiamano Ipapante, il popolo vada in processione da S. Adriano a S. Maria» …
Su quella processione che ebbe inizio da Sergio I leggiamo nel Schuster le seguenti informazioni: «Adunato il clero ed il popolo romano nell’antica Curia senatoriale, prima che sfilasse il corteo, si cantava come il 2 febbraio l’introito Exsurge, Domine, colla dossologia. Come conclusione della preghiera, il Papa recitava la seguente colletta: Supplicationem servorum tuorum, Deus miserator, exaudi; ut, qui in Nativitate Dei Genitricis et Virginis congregamur, ejus intercessionibus a te de instantibus periculis eruamur. Per eumdem. Quindi a piedi scalzi la processione si dirigeva verso il colle Esquilino, passando per le Carine, il foro di Nerva, il foro Traiano, le terme di Traiano, sino ai titoli d’Eudossia e di santa Prassede. Quando il corteo si appressava alla basilica Liberiana, s’intonava la litania, che teneva oggi il luogo dell’introito e del seguente Kyrie … Giusta Cencio Camerario, nel secolo XIII, quest’oggi ancora si portavano in processione le diciotto icone Mariane appartenenti ad altrettante chiese Diaconali. Il Papa si scalzava a S. Adriano, ma durante il percorso teneva in piedi un paio di pantofole, che però abbandonava nuovamente sulle soglie di S. Maria Maggiore. Appena il corteo entrava nella basilica, si intonava il Te Deum, e la schola dei mappulari e dei cubicolari con acqua calda lavava i piedi del Pontefice, il quale poscia si preparava a celebrare il solenne Sacrificio» …
Ciò che dà rilievo e distinzione ad una festa religiosa è indubbiamente l’ottava da cui è seguita. Ed anche la Natività ebbe la sua … però divenne obbligatoria per tutta la Chiesa solo nel 1241, e Durando ci narra in quali circostanze e per quali ragioni. Era allora adunato il Conclave per l’elezione del Papa. Ma Federico II voleva ostacolare la libertà dei Cardinali. Questi per ottenere protezione dal Cielo contro la persecuzione dell’empio Imperatore, fecero voto di consacrare l’Ottava per la Natività. L’elezione poté infatti effettuarsi, ma Celestino IV nominato Papa, morì poco dopo e non ebbe tempo di dar compimento al voto del Sacro Collegio. Vi pensò però il suo immediato successore Innocenzo IV. E dopo d’allora l’Ottava entrò definitivamente nella liturgia universale.
Dopo l’Ottava la vigilia. Questa fu prescritta, da Gregorio XI (m. 1378), il quale per di più volle che fosse con digiuno. Alcuni però con Benedetto XIV vogliono che il digiuno non fosse di obbligo, ma solo di consiglio: di fatto andò presto in disuso, tranne a Roma dove fu sempre osservato, ma più per spontanea consuetudine che non per obbligo riconosciuto.
Sisto V fece ancora di più. Ordinò che per la Natività si tenesse cappella papale in S. Maria del Popolo. Lo fece colla Costituzione Egregia del 13 febbraio 1586. E il cerimoniere di allora Paolo Aleona nel suo Diario, ci fa sapere che per la prima volta che si celebrò in quella Cappella, la Messa, venne cantata dal card. Castrucci. Dopo Sisto V, morto nel 1590, quella solenne funzione per più di mezzo secolo cadde in disuso, finché venne ripresa da Alessandro VII nel 1666, in ringraziamento alla Vergine dalla quale riconosceva, la grazia di aver liberata Roma dalla peste, e fu sempre mantenuta finché Roma rimase sotto il dominio temporale dei Papi. Il Papa vi si recava a cavallo in treno di mezza gala, ed i Cardinali con due vetture di gala ed il seguito in gran livrea. L’ultima volta che si ebbe quella così solenne celebrazione in Roma, fu l’8 settembre del 1870. Fu l’ultima grande manifestazione religiosa del popolo romano, a cui assistette il Pontefice.
La Natività di Maria in un Discorso di Sant’Andrea dI Creta
Una delle prime attestazioni della festa della Natività della Vergine Madre di Dio Maria è contenuta nelle opere di sant’Andrea, vescovo di Creta (650-740). Eccone un brano:
«Il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell’uomo assunto dal Verbo, rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana. La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci venne elargito. La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l’incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio. La beata Vergine Maria ci fa godere di un duplice beneficio: ci innalza alla conoscenza della verità, e ci libera dal dominio della lettera, esonerandoci dal suo servizio. In che modo e a quale condizione? L’ombra della notte si ritira all’appressarsi della luce del giorno, e la grazia ci reca la libertà in luogo della schiavitù della legge. La presente festa è come una pietra di confine fra il Nuovo e l’Antico Testamento. Mostra come ai simboli e alle figure succeda la verità e come alla prima alleanza succeda la nuova. Tutta la creazione dunque canti di gioia, esulti e partecipi alla letizia di questo giorno. Angeli e uomini si uniscano insieme per prender parte all’odierna liturgia. Insieme la festeggino coloro che vivono sulla terra e quelli che si trovano nei cieli. Questo infatti è il giorno in cui il Creatore dell’universo ha costruito il suo tempio, oggi il giorno in cui, per un progetto stupendo, la creatura diventa la dimora prescelta del Creatore».
🔵 “Come aurora che sorge”. La Natività di Maria nell’insegnamento del padre Roschini
🔵 La celebrazione della Natività di Maria nella corte papale
🔵 Preghiera per la Natività di Maria
🔵 Schuster, Liber Sacramentorum – La Natività di Maria
🔵 8 settembre: Natività di Maria. Una nuova immagine del Suo albero genealogico
il “compleanno di Maria” già condannato da Leone XIII
Ora, senza voler entrare nel merito delle apparizioni bosniache[2], è curioso che riguardo la data di nascita della Vergine Santissima, nello specifico dell’anno, si sia pronunziato un Romano Pontefice tra i più dotti che la Provvidenza abbia donato alla Chiesa: Leone XIII (1878-1903).
Correva l’anno 1882: un un sacerdote romano promosse l’idea che l’8 settembre 1885 sarebbe ricorso il XIX centenario della nascita della Madre di Dio. L’idea fu accolta con favore e fervore da rinomati periodici cattolici tanto che nel 1883 fu umiliata alla Sede Apostolica la richiesta che il suddetto centenario venisse celebrato con tutte le solennità del caso. Questa pia richiesta era basata su fonti dell’antichità cristiana e suffragata da molti Cardinali, Vescovi, Teologi e altre personalità insigni della cattolicità del tempo. Leone XIII affidò la questione alla Sacra Congregazione dei Riti, la quale il 1° giugno 1884 si espresse in termini sfavorevoli. Riportiamo la lettera col decreto inviata a tutti i Vescovi dell’Orbe dal Cardinale Prefetto, Domenico Bartolini[3].
Il Cardinal Ludovico Haynald, Eminentissimo Vescovo della Chiesa Metropolitana di Colocsa e di Bacs nel Regno d’Ungheria, con umili preghiere, sulla base del parere di alcuni teologi esperti di storia ecclesiastica, che consigliano di celebrare il diciannovesimo secolo dalla nascita della gloriosa Vergine e Madre di Dio Maria nell’anno 1885, ha chiesto al Santissimo Signor nostro Papa Leone XIII di stabilire una speciale festa da celebrare con rito solenne in tutto il mondo cattolico, l’otto settembre dello stesso anno, in occasione di questo lietissimo evento. A questa richiesta si sono associati molti altri Prelati, tra cui alcuni Eminentissimi Cardinali; vi hanno aderito anche molti uomini di chiesa illustri per dignità, e laici distinti per la loro religiosità: tutti mossi dal fervente desiderio di opporre un nuovo onore di culto alle offese e alle bestemmie con cui l’eccelsa Signora viene oggi attaccata dalla potestà delle tenebre, e di implorarla con più insistenza, in un’occasione così propizia, affinché si faccia mediatrice della pace che desideriamo presso Dio, e dispensatrice delle grazie celesti. Il Santissimo Signore, dopo aver considerato la gravità della questione, l’ha affidata a una speciale Congregazione di Eminentissimi Cardinali preposti alla tutela dei Sacri Riti. Riunitasi in Vaticano il 31 del mese di maggio appena trascorso, la Congregazione ha innanzitutto riscontrato in questo tema un ostacolo finora insolubile, dovuto alla mancanza di una conoscenza certa, che sarebbe assolutamente necessaria, dell’anno esatto della nascita della Vergine; dato che tutti gli eruditi, sia antichi che recenti, e gli stessi sostenitori delle celebrazioni centenarie, ritengono che il tempo della nascita della beatissima Madre di Dio non possa essere definito con certezza storica. Infatti, i documenti che vengono maggiormente citati, vale a dire il frammento di una lettera di Evodio, primo Vescovo di Antiochia dopo San Pietro, secondo cui la beata Vergine avrebbe partorito la luce di questo mondo all’età di quindici anni; e il Chronicon Paschale, da cui si dedurrebbe che la nascita di Maria sia avvenuta al massimo undici anni prima della nascita di Cristo: questi, oltre a non essere coerenti tra loro, vengono facilmente confutati come apocrifi, o di autorità del tutto dubbia, da tutti i critici di migliore reputazione, che portano valide ragioni. Per questo motivo, essi negano senza esitazione che si debba dare credito a una questione su cui le Sacre Scritture, gli antichi Padri, e i sicuri monumenti della storia ecclesiastica e della sacra antichità non hanno tramandato assolutamente nulla. Con la sua consueta saggezza, lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XIV scrive a questo proposito: «Forse qualcuno si stupirà che non trattiamo della nascita della beata Vergine; ma poiché il testo sacro tace del tutto su di essa, abbiamo ritenuto opportuno tacere anche noi su una questione del tutto incerta, sulla quale, volendo scriverne molti, sembrano aver attinto da fonti torbide, come il Protoevangelo, che viene falsamente attribuito a San Giacomo, dal libro della Nascita della Vergine che erroneamente è attribuito a San Giacomo fratello del nostro Signore Gesù Cristo, e da alcuni a Cirillo d’Alessandria …. dalla fantasiosa lettera di S. Evodio ecc.» (De festis B. M. V. lib. II, cap. IX). È stato inoltre stabilito che l’usanza invalsa di celebrare le sacre commemorazioni centenarie non è del tutto adatta al caso presente. Poiché, come attestano gli stessi sostenitori delle celebrazioni centenarie, la festa richiesta verrebbe introdotta per la prima volta in questo diciannovesimo secolo, come qualcosa di nuovo nella Chiesa di Dio, e che non era stato neppure pensato in tutti i secoli passati dall’insigne pietà e devozione dei nostri antenati verso l’inclita Madre di Dio, o di certo era a loro inusitato. In verità, si deve ritenere che sia cresciuto con una ragione teologica e liturgica abbastanza congrua che le solennità secolari, che non vengono negate agli altri santi che regnano con Cristo, non si celebrino per quanto riguarda gli atti e i misteri più importanti della vita della Beata Vergine, cioè per la Natività, l’Annunciazione, l’Assunzione, e così via per gli altri. Poiché la Chiesa onora la Regina del cielo e Signora degli Angeli con una venerazione più eminente rispetto agli altri santi, alla quale, in quanto Madre di Dio … è dovuta. .. non una generica dulia, ma l’hyperdulia (S. Tommaso, 3a parte, quest. 25, art. 5). Pertanto, con una solenne commemorazione più che secolare, la Chiesa celebra le ricorrenti solennità dei suoi misteri con la stessa eccellenza di culto e lo stesso tributo d’onore; mentre del resto il culto della Madre di Dio nella Chiesa è chiaramente quotidiano, e quasi non limitato da alcuna misura di tempo. Questi pochi punti, anche solo appena accennati, mostrano a sufficienza la prudenza della Sacra Congregazione, che, dopo aver esaminato attentamente ogni cosa riguardo al dubbio proposto: «È opportuno celebrare il prossimo anno 1885 in tutto il mondo la commemorazione centenaria della Natività della Beata Maria Vergine?», ha risposto all’unanimità: non è opportuno.
Il decreto continua prescrivendo uno speciale triduo per la festa della Natività e con la concessione di indulgenze ai partecipanti.
Questo responso romano ci dice che se Leone XIII e la Santa Chiesa non hanno ritenuto opportuno avallare come certa e storica la data dell’8 settembre del 15 a.C. come giorno natale di Maria Santissima, tantomeno è prudente ritenere e bandire come certa la data del 5 agosto dello stesso anno riferita da un rivelazione privata alla quale, secondo il constante magistero pontificio, “non dobbiamo né possiamo prestare un assenso di fede cattolica, ma solo di fede umana secondo le regole di prudenza … [tanto che] uno [può], salva l’integrità della fede cattolica, non prestare il suo assenso alla rivelazioni private e non prenderle in considerazione”[4].
In ultimo, per dovere di cronaca, va ricordato che la recente nota “La Regina della Pace” del Dicastero per la Dottrina della Fede, ha bollato come “di improbabile origine soprannaturale”, spiegabili “unicamente a partire dai desideri personali dei presunti veggenti” nonché “fuorvianti” alcuni fra i messaggi che la “Gospa” avrebbe consegnati ai veggenti. E fa il seguente esempio:
«Il 5 agosto prossimo si celebri il secondo millennio della mia nascita […]. Vi chiedo di prepararvi intensamente con tre giorni […]. In questi giorni non lavorate» (01.08.1984).
È ragionevole che i fedeli, facendo uso della prudenza e del buon senso, non prendano sul serio o non diano retta a questi dettagli. [5]
- L’intera vicenda è riferita nei dettagli da p. Livio Fanzaga nel suo blog, a cui si rimanda. ↩︎
- Si rimanda alla sezione Medjugorie del nostro blog. ↩︎
- La Scienza e la Fede, vol. XXXIV, serie IV, Napoli, 1884, pp. 135-137. ↩︎
- Preziosi ammonimenti di Benedetto XIV sulle rivelazioni private. ↩︎
- “La Regina della Pace”. Nota circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje, n. 30 ↩︎
Un discorso di S. Tommaso di Villanova sulla Natività di Maria
San Tommaso da Villanova (1486-1555), dell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino e Arcivescovo metropolita di Valencia è chiamato il “San Bernardo di Spagna” per la sua profonda devozione alla Vergine Santissima e per l’accurato approfondimento del dogma mariano. Morì provvidenzialmente l’8 settembre, nel giorno in cui la Chiesa celebra la Natività della Madre di Dio, a cui tra l’altro dedicò vari discorsi. Da uno di questi caviamo il seguente passo.
Sta scritto “La mia lingua è stata resa penna di scriba che scrive veloce” (Ps. XLIV). Chi è codesta lingua? Rifletti sulle parole del Vangelo: “Noi siete voi che parlate, ma lo Spirito Santo che parla in voi” (Matth. X) e su quelle contenute nel Simbolo: “Credo nello Spirito Santo che è Signore e ha parlato per mezzo dei Profeti”. Questa lingua è stata fatta penna che effigia e forma nell’utero della Vergine. “Scenderà su di te lo Spirito Santo” (Luc. I), “che scrive veloce”. E quanto veloce! In un solo istante fu formato il corpo [di Cristo], dotato di organi e animato, pieno di grazia e sapienza e gloria, com’è ora in cielo. Non conosce fatiche e indugi la grazia dello Spirito Santo! O preclara scrittura, o bellissimo carattere, in cui sta nascosto il Verbo eterno! O scritto egregio, che ora viene proposto alla lettura di tutti i mortali! Scritto “in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio” (Colos. II)! Quanto sia bella questa scrittura lo dice il verso che segue: “Sei bello, sulle tue labbra è diffusa la grazia” (Ps. XLIV).
Questa scrittura tanto bella su che papiro è stata scritta? Senz’altro in una pergamena vergine purissima, senza macchia o neo di peccato. Onde bene e appropriatamente può esser detta “Libro della generazione di Gesù Cristo” (Matth. I). Ottima comparazione. Leggi due ottime comparazioni della Vergine nella Scrittura. La prima è quella per cui la si paragona al vello: “Scenderà la pioggia sul vello” (Ps. LXXI). La spiega Girolamo. Poiché il vello, generato dalla carne, non ha i vizi della carne, allo stesso modo la Vergine, sebbene sia di carne, è senza macchia e concupiscenza. In questo vello silenziosamente si infuse quella rugiada di Dio che è il Verbo eterno, “mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose” (Sap. XVIII). Nella totalità di lei si riversò lo Spirito Santo. La tinse con porpora eccellente affinché da lei avesse origine la porpora del Re, cioè la sacratissima Carne di Cristo. Buona comparazione, ma non inferiore a codesta, per cui si paragona la Vergine alla pergamena purissima, in qui e da cui fu scritto il Verbo eterno. Onde si può interpretare con riferimento alla Vergine quella lamina della tiara del Sommo Sacerdote (ebraico), che, fatta di oro purissimo, si poneva sulla fronte del Pontefice al di sopra di tutti gli altri ornamenti, in cui era scritti: “Santo del Signore” (Exod. XXVIII).
Questa Vergine tutta aurea, tutta divina, è collocata al disopra dei tutti gli ornamenti sacerdotali, al di sopra delle dodici pietre, al di sopra della tunica talare, al di sopra del razionale e dell’omerale, sulla fronte del Pontefice; ossia è posta al di sopra di tutti gli Apostoli, di tutti i Martiri, di tutti i Dottori, di tutti i Patriarchi, di tutti i Profeti, che in quelle vesti sono indicati. Così infatti ella dice: “Io ho avuto il primato su ogni popolo e su ogni nazione” (Eccli. XXIV). In quest’opera misteriosa dello Spirito Santo fu scolpito il Santo del Signore, di cui l’Angelo disse: “Ciò che è nato in lei è dallo Spirito Santo” (Matth. I). E pertanto giustamente è posta al di sopra di tutti i Santi. O Donna mirabile, nel cui utero fu formato il Verbo, nascosto dall’eternità nel seno del Padre! Celebriamo la Natività di questa Vergine. O con quanto gaudio e riverenza dobbiamo celebrare il giorno natalizio di sì gran Regina, per la quale tutti siamo rinati all’eterna felicità!
S. Thomae a Villanova … conciones, Tomus secundus, Mediolani, MDCCLX, cc. 382-383.
🔵La Natività di Maria in un Discorso di Sant’Andrea dI Creta
🔵“Come aurora che sorge”. La Natività di Maria nell’insegnamento del padre Roschini
🔵La celebrazione della Natività di Maria nella corte papale
🔵Preghiera per la Natività di Maria
🔵Schuster, Liber Sacramentorum – La Natività di Maria
🔵8 settembre: Natività di Maria. Una nuova immagine del Suo albero genealogico
Il giorno della Natività della Vergine Maria non è un compleanno come tanti altri. Celebrando il compleanno di una grande personalità della storia pensiamo ad una vita passata, pensiamo a cose passate, a fatti compiuti da tale personalità e all’eredità da essa lasciata.
Pensiamo, in una parola, a cose di questo mondo. Con la Madre di Dio non è così. Maria non parla di se stessa. Dal primo momento della vita lei è totalmente trasparente per Dio, è come un’icona raggiante della bontà divina. Maria, con la totalità della sua persona, è un messaggio vivo di Dio per noi. Perciò Maria non appartiene al passato, Maria è contemporanea a noi tutti, a tutte le generazioni. Con la sua disponibilità alla volontà di Dio ha quasi trasferito, consegnato il tempo umano della sua propria vita nelle mani di Dio e, così, ha unito il tempo umano con il tempo divino. Con il suo presente permanente, perciò, Maria trascende la storia ed è presente sempre nella storia, presente con noi.
Maria impersona il messaggio vivo di Dio. Ma cosa ci dice di più precisamente la vita di Maria oggi, nel giorno della sua nascita? Mi sembra che proprio il santuario di Loreto, costruito attorno alla Casa terrena di Maria, costruito attorno alla Casa di Nazareth, possa aiutarci a capire meglio il messaggio della vita della Madonna. Queste pareti conservano per noi il ricordo del momento nel quale l’angelo venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, il ricordo della sua risposta: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Questa Casa umile è una testimonianza concreta, palpabile dell’avvenimento più grande della nostra storia che è l’incarnazione del Figlio di Dio.
Il Verbo si è fatto carne. Maria, la serva di Dio, è divenuta la “porta” per la quale Dio è potuto entrare in questo mondo. Anzi, non solo la “porta”, è divenuta “dimora”del Signore, “casa vivente”, dove ha abitato realmente il Creatore del mondo. Maria ha offerto la sua carne perché il Figlio di Dio diventasse come noi. E qui ci viene in mente la parola con la quale secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita umana dicendo al Padre: “Non hai voluto né sacrifici né offerta, un corpo invece mi hai preparato […]. Allora io ho detto: ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà” (Ebr 10, 5-7).
La serva del Signore dice proprio la stessa cosa: mi hai preparato un corpo, ecco io vengo. In questa coincidenza della parola del Figlio con la parola della Madre si toccano, anzi si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa “casa vivente” del Signore, “tempio” dove abita l’Altissimo. E qui sopraggiunge un’altra considerazione: dove abita Dio, tutti noi siamo “a casa”; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono stranieri. Così è anche con la Casa di Maria e con la vita stessa di lei: è aperta per tutti noi. La madre di Cristo è anche la nostra Madre, di tutti quanti sono divenuti corpo di Cristo e costituiscono la famiglia di Cristo Gesù. Essi sono con Cristo e con la Madre, costituiscono la “sacra famiglia” di Dio.
Maria ci ha aperto la sua vita e la sua Casa perché, aprendosi a Dio, si è aperta a tutti noi e ci offre la sua Casa come Casa comune dell’unica famiglia di Dio. Possiamo dire: dove c’è Maria c’è la Casa; dove c’è Dio, siamo tutti “a casa”. La fede ci dà una casa in questo mondo, ci riunisce in una unica famiglia. Qui però nasce una domanda seria: la fede ci dice che siamo tutti fratelli e sorelle di Cristo, quindi un’unica famiglia; noi dobbiamo chiederci se questo è vero, se siamo realmente un’unica famiglia e, se non è vero, perché non è vero, perché le opposizioni, le lotte, l’egoismo lacerante?
La Casa di Nazareth non è una reliquia del passato, essa ci parla nel presente e ci provoca a un esame di coscienza. Dobbiamo domandarci se siamo realmente aperti anche noi al Signore, se vogliamo offrirgli la nostra vita perché sia una dimora per lui; oppure se abbiamo un po’ di paura della presenza del Signore, se abbiamo paura che essa possa limitare la nostra dignità, se vogliamo forse riservarci una parte della nostra vita che vorremmo appartenesse solo a noi e non fosse conosciuta da Dio, che non dovrebbe avvicinarsi ad essa.
Mi sembra che questa Casa di Nazareth conservi, anche sotto questo punto di vista, un simbolismo molto prezioso. Come sapete, questa Casa ha solo tre pareti: è una Casa aperta, dunque, è come un invito, è come un abbraccio aperto. Essa, cosi, ci dice: aprite anche voi le vostre case, le vostre famiglie, la vostra vita alla presenza del Signore.
Questa Casa sia aperta alla famiglia di Dio, a tutti i figli di Dio, ai fratelli e alle sorelle di Cristo! Lasciamoci sfidare, accettiamo la parola della Madre che ci dice: venite, venite nella mia Casa e diventate anche voi, ogni giorno della vostra vita, realmente dimora del Signore.
Questa Casa diventa così come una famiglia aperta, nella quale tutti i figli di Dio, tutte le creature di Dio sono anche fratelli e sorelle nostri. Maria, dunque, è “casa vivente” del Signore; la Casa di Nazareth è casa comune di tutti noi, perché, dove abita Dio tutti siamo “a casa”.
Questa Casa nazaretana nasconde un altro messaggio. Finora abbiamo detto che Dio non è un Dio astratto, puramente spirituale, lontano da noi: Dio si è legato alla terra, Dio ha una storia comune con noi, una storia palpabile, visibile, qui, in questi segni della sua storia e soprattutto nella Santa Chiesa e nei sacramenti.
La fede ci fa “abitare” ma ci fa anche “camminare”. Anche su questo punto la Casa nazaretana conserva un insegnamento importante. Quando i crociati hanno trasferito le pietre della Casa nazaretana dalla Terra Santa qui sulla terra italiana, hanno fissato il nuovo posto della Casa sacra su una strada. È una casa – mi sembra – molto strana, perché casa e strada sembrano escludersi: o casa o strada, vogliamo dire. Ma proprio così si esprime il messaggio vero di questa Casa, che non è una casa privata di una persona, di una famiglia, di una stirpe, ma sta sulla via di noi tutti: è una Casa aperta di noi tutti. La stessa Casa ci fa “abitare” e ci fa “camminare”.
La vita stessa è la casa della famiglia di Dio che è in pellegrinaggio con Dio, verso Dio, verso la casa definitiva e verso la “città nuova”. E qui possiamo essere ancora più concreti.
Tutti i santuari, i grandi santuari del mondo, hanno offerto sempre a persone di nazioni diverse, di razze, di professioni diverse questa esperienza preziosa della casa nuova della famiglia comune di tutti i figli di Dio. Questa esperienza della casa però presuppone l’esperienza di un cammino, l’esperienza del pellegrinaggio. Il pellegrinaggio è una dimensione fondamentale dell’esistenza cristiana.
Solo camminando, pellegrinando possiamo superare le frontiere delle nazioni, delle professioni, delle razze. Possiamo diventare uniti solo andando insieme verso Dio. Il significato di questo gemellaggio tra Loreto e Altötting si inserisce in questa realtà: ci dice lo stesso che dobbiamo andare insieme, dobbiamo divenire pellegrini dell’eterno, dobbiamo alzarci sempre di nuovo verso Dio, verso la pace divina, verso l’unità con Dio e la sua unica famiglia.
(Card. Joseph Ratzinger – dall’Omelia tenuta l’8 settembre 1991 a Loreto)
