L’inferiorità morale della sinistra. Editoriale di Carlo Manetti

Quella spocchia, quell’arroganza che si nota nella quasi totalità degli esponenti della sinistra, è proprio dovuta a questo: si sentono come “posseduti” dalla “grazia” di essere di sinistra. Questo automaticamente li rende buoni senza loro sforzo. Anzi, nelle concezioni più estremiste, al di là delle loro male azioni. Perché la sinistra è di per sé strumento di salvezza. Qui si può vedere anche che il comunismo sia come una religione atea.

Trascrizione del video editoriale di Carlo Manetti, direttore di Europa Cristiana, pubblicato nel canale YouTube di Europa Cristiana il 25 dicembre 2022.

L’editoriale di quest’oggi è dedicato al concetto di superiorità morale della sinistra.

Sembra quasi di voler “sparare sulla Croce rossa” dopo lo scandalo della corruzione — o presunta tale — da parte del Qatar di alcuni parlamentari, o ex parlamenti, del Partito socialista europeo, o persone comunque vicine al mondo sindacale della Sinistra europea.

Il problema che si pone è più profondo.

La presunta superiorità morale della sinistra affonda le sue radici nel concetto di doppia morale di Vladimir Il’ič Ul’janov, in arte Nikolaj Lenin (1870-1924), il “padre” della rivoluzione russa. Egli affermava che il medesimo atto, se compiuto da un reazionario è un crimine, se compiuto da un rivoluzionario è un meritorio atto politico. Faceva l’esempio lui stesso dell’omicidio.

Questo principio si basava sull’assunto filosofico che la moralità non è tanto in capo alla persona — e ovviamente conseguente alle azioni della persona —, ma in capo al principio, all’idea che la persona serve.

Quindi l’adesione ad un principio, ad un’idea, ad una collocazione politica presunta buona; e la bontà della stessa ideologia politica è asserita al di là di ogni ragionevole dimostrazione, per il fatto stesso che è una morale rivoluzionaria, quindi essa stessa mette in discussione quella che i rivoluzionari chiamano la morale tradizionale, vale a dire la moralità.

Visto che i principi morali discendono dalla natura umana — quindi sono immortali esattamente come la natura, perciò non possono mutare —, l’idea stessa di una morale rivoluzionaria è un’idea eversiva della morale, quindi, in quanto tale, immorale, anti-etica.

Questo capovolgimento dei principi di fondo ha delle conseguenze che in Italia sono state meglio specificate da Enrico Berlinguer (1922-1984), il quale da questo principio faceva conseguire l’oggettiva maggiore moralità economica degli esponenti del Partito comunista italiano, rispetto a quelli degli altri partiti, in particolar modo la Democrazia cristiana.

Il principio da lui affermato più volte era che i membri degli altri partiti, gli esponenti degli altri partiti sono ladri, rubano; gli esponenti del Partito comunista non sono ladri e non rubano, hanno un’etica economica superiore per il fatto stesso che sono membri del Partito comunista. Quindi avendo abbracciato l’idea comunista questo li rende automaticamente etici e buoni.

La dimostrazione è che gli altri — diceva Berlinguer — rubano, noi non rubiamo. E, per avvalorare questo, ha fatto rinunciare, agli iscritti al suo partito, a molte posizioni di sottogoverno per, come lui stesso diceva, non indurli in tentazione. Se l’occasione fa l’uomo ladro — diceva — noi abbiamo avuto le nostre occasioni, ma vi abbiamo rinunciato per non divenire ladri.

Quindi già in questo principio si può vedere la contraddizione logica tipica della visione marxista. E non solo marxista. È tipica delle visioni illuminista e volontarista.

L’occasione fa l’uomo ladro. Quindi i comunisti non sono ontologicamente migliori, perché di fronte alla tentazione rischierebbero di cadere come tutti gli altri. Questo è banale. A questo punto gli togliamo l’occasione. Ma questo li rende — ecco il corto circuito logico — ontologicamente superiori, ontologicamente più morali, ontologicamente etici, faro di moralità, rispetto a coloro che non abbracciano il comunismo.

Questa visione è rimasta. Ed è il cardine della visione etico-politica della sinistra.

E tutta quella spocchia, quell’arroganza che si nota nella quasi totalità degli esponenti della sinistra, è proprio dovuta a questo: si sentono come “posseduti” dalla “grazia” di essere di sinistra. Questo automaticamente li rende buoni senza loro sforzo. Anzi, nelle concezioni più estremiste, al di là delle loro male azioni. Perché la Sinistra è di per sé strumento di salvezza.

Qui si può vedere anche che il comunismo sia come una religione atea, avendo un riflesso anche operativo e politico, in questo senso.

Questa visione, che è rigidamente materialista, elimina ogni dimensione personale e spirituale della morale. Quindi la moralità diviene adesione ai principi rivoluzionari (ai principi progressisti, ai diritti dell’uomo, ecc…).

Questo è il caso, per esempio, della famiglia dell’on. Soumahoro. Da questo punto di vista, il caso è ancora più eclatante del cosiddetto Qatargate.

Ma questa concezione elimina tutto il lavoro di ascesi spirituale necessario a comportarsi bene. Elimina la fatica agli adempimenti dei propri doveri di stato, ai propri doveri etici.

Poiché — sostiene tale visione della sinistra — tutto ciò che ha una dimensione spirituale non solo sarebbe inutile, ma sarebbe addirittura dannoso alla moralità della persona.

La storia è, come sempre, impietosa ed è incaricata di dimostrare che questo, fattualmente, è un falso.

Primo perché i più grandi crimini della storia sono stati fatti da aderenti a ideologie di sinistra, in cui ovviamente annoveriamo anche l’ideologia del Partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi.

L’esaltazione del crimine a fini politici è tipico della sinistra.

È inutile che si citi Macchiavelli[1]. Già Macchiavelli — ovviamente visto nella sua epoca, quella dell’evoluzione del pensiero — appartiene a quell’umanesimo — e Rinascimento — che si pone come superamento della morale tradizionale. Quindi, di fatto, in questo specifico caso, Macchiavelli è leninista o, se preferite, pre-berlingueriano.

Il Cattolicesimo sostiene esattamente il contrario.

Mi permetto di segnale il seguente brano del Vangelo di San Giovanni.

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena. Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?”. Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. (Gv 12, 1-6)

Il commento dell’Evangelista è di uno spietato realismo.

Quando sentite esaltare non la carità fraterna nei confronti dei bisognosi — quindi la carità fatta dalla persona a proprie spese, dalla propria fatica, impiegando il proprio denaro, il proprio tempo, la propria vita, a sovvenire i bisogni delle singole persone —, ma sentite teorizzare la più equa distribuzione del denaro, sentite teorizzare l’idea di un’imposizione della carità come giustizia distributiva — come giustamente dice l’evangelista San Giovanni — ci troviamo di fronte a dei ladri.

Ci troviamo di fronte a coloro che antepongono la “carità” alla giustizia. Quest’eliminare l’elemento di giustizia — e l’elemento di spiritualità —  porta all’avallo di diffusione di idee malvage e perverse.

Dunque, di fatto, le idee di sinistra, l’adesione alle idee di sinistra, sia nel versante marxista che in quello liberal-capitalista — pensate ai radicali, tanto per fare un esempio di segno liberale —, porta inevitabilmente a produrre una mentalità e una cultura che generano immoralità. Perché tolgono dalla persona la responsabilità morale dei propri atti.

Quando la persona è sollevata dalla responsabilità delle proprie azioni, tende in maniera, direi, pressoché automatica — salvo che riassuma da sé la propria responsabilità sui propri atti —, a comportarsi come desidera e non come deve.

Ecco che la sinistra, lungi dall’essere moralmente superiore, è moralmente inferiore. È ontologicamente corruttrice dell’etica all’interno della persona solo con la diffusione dei propri principi.

[1] Il fine giustifica i mezzi  (cfr. Principe, cap. XVIII).