Gabriel Garcia Moreno, l’ultimo (o l’unico?) politico cattolico

La politica è l’arte del compromesso, mentre invece il battezzato non può cedere ai compromessi; quindi anche in politica il cattolico è chiamato all’eroismo — alla santità —, se non vuole farsi strumento, suo malgrado, del male. L’ultimo esempio (o unico?) che abbiamo avuto in tal senso è stato quello di Gabriel Garcia Moreno.

Alcune realtà pro-life del mondo cattolico sono rimaste deluse da questo governo e dalla maggioranza parlamentare che lo sostiene perché — al di là di qualche iniziativa personale di alcuni parlamentari — nulla è stato fatto in difesa della vita nascente, anzi.

Pur comprendo la delusione, noi non lo siamo perché mai ci siamo illusi. L’attuale maggioranza di governo di destra è certamente preferibile alla sinistra, ma non ne è migliore, cattolicamente parlando. La destra di questa colazione è contraria all’ideologia genderista, non vede la Chiesa come un nemico e riconosce il patrimonio culturale cattolico in Italia, ma rimane una destra liberal-conservatrice, che non s’ispira affatto ai principi non negoziabili della Dottrina sociale della Chiesa.

Non dimentichiamo, inoltre, che in politica non ci sono cattolici — nonostante qualche lodevole ma irrilevante eccezione — che abbiano come scopo del loro impegno politico l’edificazione della società cristiana, venendo quasi tutti dalla “scuola” della Democrazia cristiana, partito che amava definirsi, seppur composto da cattolici praticanti (o bigotti?), fieramente aconfessionale.

Stando così le cose, c’è da meravigliarsi che tra le priorità — per un usare un linguaggio politico — di questo governo non vi siano i principi non negoziabili? Strano sarebbe stato il contrario. Noi cattolici purtroppo siamo costretti, ogni volta che andiamo a votare, a “turarci il naso”.

Del resto, la politica è l’arte del compromesso, mentre invece il battezzato non può cedere ai compromessi; quindi anche in politica il cattolico è chiamato all’eroismo — alla santità —, se non vuole farsi strumento, suo malgrado, del male.

Quale cattolico in politica oggi è disposto a rischiare il proprio buon nome[1] o persino la propria vita in nome della regalità sociale di Cristo?

Qualcuno c’è stato, ma nell’800 e non in Italia. Stiamo parlando di Gabriel Garcia Moreno, ecuadoriano, l’ultimo vero cattolico in politica che rimase fedele al Battesimo, forse addirittura l’unico.

Gabriel Gregorio García y Moreno y Morán de Buitrón nacque a Santiago de Guayaquil, Ecuador, il 24 dicembre 1821, da un padre e una madre che gli trasmisero una profonda fede cattolica, venendo da entrambi da famiglie veramente legate alla Chiesa.

Il giovane Gabriel fin dalla tenera età dimostrò una straordinaria pietà e devozione, tanto che ricevette i sacramenti della Confermazione e della Comunione giovanissimo, disciplina non usuale fino alla riforma del papa San Pio X.

Amante dello studio, dell’orazione, del silenzio e dei sacramenti, pensò di diventare sacerdote, ma dopo aver ricevuto la tonsura e gli ordini minori, il padre spirituale e il confessore lo convinsero a rimanere laico e a lottare per l’edificazione della società cristiana nel suo Paese.

Dom Gabriel obbedì e, dopo aver completato gli studi di teologia, divenne avvocato e giornalista, opponendosi al governo in carica all’epoca, che era di stampo liberal-massico e dichiaratamente anticattolico.

In quel periodo conobbe la donna che, nel 1846, sarebbe diventata la sua prima moglie, Rosa Ascázubi y Matheu (1809-1865), che condivideva con lui una sincera fede cattolica. La coppia ovviamente educò i figli seconda la Dottrina di Santa Romana Chiesa. La famiglia recitava tutti i giorni il Santo Rosario e ogni domenica non mancava mai alla Santa Messa, al termine della quale, mentre i bambini andavano alla lezione di catechismo, i coniugi Garcia Moreno rimanevano in adorazione del Santissimo Sacramento. Donna Rosa morì prematuramente nel 1865. Dom Gabriel si risposò l’anno dopo con María Ana del Alcázar y Ascázubi (1837-1902), anche lei donna di profonda pietà cristiana.

La vita di dom Gabriel non è stata facile; per la sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa fu costantemente minacciato e perseguitato dalla potente massoneria anglosassone, la quale dopo essersi impossessata della maggioranza dei territori nordamericani, finanziava i partiti liberali dell’America Latina per “estirpare” la “superstizione” cattolica.

Inoltre, ebbe in tutto sei figli, tre dei quali morirono prematuramente.

Nonostante questi dolori e queste disavventure, la sua battaglia politica in Ecuador in difesa della regalità sociale di Cristo proseguiva, ed egli, a furor di popolo, fu eletto presidente della repubblica per due mandati, seppur non consecutivi (1859-1865 e 1869-1875).

Durante la sua presidenza, volle combattere l’apostasia e la corruzione, togliendo alla massoneria l’alfabetizzazione della popolazione, lasciando che fossero le famiglie e le scuole cattolica, aiutate anche dal governo, ad occuparsi dell’istruzione dei fanciulli e degli adolescenti.

Nel 1862 dom Gabriel si recò dal nunzio apostolico in Ecuador per proporre un concordato con la Santa Sede. Posò un foglio bianco già firmato sulla scrivania del Nunzio dicendo: «Il Santo Padre Pio IX scriva quello che vuole». Qual concordato, conclusosi il 24 settembre dello stesso anno, fu il miglior che la Sede Apostolica abbia avuto.

Con la nuova costituzione, la religione cattolica divenne religione di stato — tutte le altri religioni venivano tollerate, garantendo libertà di culto, — e divenne proibito iscriversi alle società segrete.

Nel 1870, dopo la presa di Porta Pia, dom Gabriel fu l’unico capo di stato ad esprimere solidarietà a papa Pio IX e l’Ecuador, finché lui fu presidente, non riconobbe il nuovo stato italiano.

Durante gli anni della presidenza, pur ricevendo varie minacce di morte, non volle mai la scorta, primo perché non voleva che altri rischiassero le proprie vite per la sua, secondo perché sapeva che la massoneria aveva infiltrati anche nella polizia.

Ciò che “decretò” la sua condanna a morte da parte della massoneria fu però l’atto solenne di consacrazione dell’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù, fattasi nell’ottobre del 1873 dall’arcivescovo di Quito, e fortissimamente voluta da dom Gabriel. L’Ecuador divenne così la “Repubblica dell’Ecuador e del Sacro Cuore”.

Il 6 agosto del 1875, festa della Trasfigurazione del Signore, Gabriel Marcia Moreno, mentre usciva dalla cattedrale di Quito dopo la Santa Messa, fu colpito a morte da un sicario massonico, il quale gridò: “Muori, carnefice della libertà!”. Dom Gabriel ebbe però la forza di dire, prima di spirare, questa frase: «Dios no muere! (Dio non nuore!)».

La vedova e i figli ricevettero una lettera di cordoglio da parte del beato Pio IX.

Dom Gabriel, ovviamente, ebbe fama di santità anche in vita. Tutt’oggi in Ecuador si parla di lui come del “presidente santo”. Negli anni ’50 del XX secolo la diocesi di Quito aprì il processo diocesano di beatificazione, con approvazione della Santa Sede. Ma negli anni ’70, la Santa Sede bloccò tutto. Il pontefice regnante, Paolo VI — canonizzato da Francesco —, sosteneva la “democrazia cristiana” dell’amico e mentore Jacques Maritaian (1882-1973), quindi aveva in mente un altro tipo di santo cattolico in politica.

Ma Gabriel Marcia Moreno ha avuto il riconoscimento della sua santità dal Cielo, addirittura circa 200 anni prima della sua nascita!

A Quito infatti, dal 1582 al 1634 ci furono le apparizioni mariane di Nostra Signora del Buon Successo, approvate definitivamente dalla Chiesa. Alla veggente, la venerabile Madre Mariana de Jesús Torres (1563-1635) — il cui convento si trovava vicino alla cattedrale —, la Beata Vergina Maria chiese di offrirsi vittima per «il mondo criminale del XX secolo», e gli annunciò che nel XIX l’Ecuador avrebbe avuto «un presidente veramente cristiano, un uomo di carattere, al quale il Signore concederà la palma del martirio sulla piazza antistante a questo mio convento; egli consacrerà la Repubblica al Divino Cuore del mio amatissimo Figlio e questa consacrazione sosterrà la Religione cattolica negli anni successivi, che saranno funesti per la Chiesa» (apparizione del 16 gennaio 1599). Tutto si è avverato.

Gabriel Gregorio García y Moreno y Morán de Buitrón è dunque l’esempio di santo cattolico in politica che il Cielo ci ha donato. Preghiamo affinché un giorno anche la Chiesa militante ne riconosca la santità come ha già fatto la Chiesa trionfante persino secoli prima la sua vita terrena.

1] in Occidente, seguendo l’insegnamento di Antonio Gramsci, il nemico va “ucciso” non fisicamente, ma moralmente col linciaggio mediatico e/o giudiziario.