Il 2 novembre 1954 Pio XII rivolse una solenne allocuzione latina ai Cardinali e Vescovi intervenuti alla solenne proclamazione della Regalità di Maria fatta nella Patriarcale il giorno precedente. Ne riportiamo il passaggio relativo all’ordine sacerdotale in quanto serve a illuminare le menti e a correggere errori, abusi sul concetto stesso della “concelebrazione dei laici”… Ringraziamo il sito di RS per il testo.
Il compito proprio e specifico del sacerdote è sempre stato ed è quello di «sacrificare», cosicché, laddove non vi sia una potestà propriamente e veramente definita di sacrificare, non si trova neppure un sacerdozio propriamente e veramente appellabile. Questo stesso concetto si applica in modo chiaro e perfetto al sacerdote della Nuova Legge. La sua potestà e funzione principale è offrire l’unico e altissimo sacrificio di Cristo Signore, Sommo ed Eterno Sacerdote, che il divino Redentore ha offerto in modo cruento sulla croce e ha anticipato in modo incruento nell’Ultima Cena, volendo che fosse continuamente ripetuto, ordinando ai suoi Apostoli: «Fate questo in memoria di me» (Luca 22, 19).
È Cristo stesso, dunque, che ha fatto e costituito sacerdoti gli Apostoli, non tutti i fedeli, e a loro ha dato la potestà di sacrificare. Dell’eccelso dovere e dell’azione di sacrificare del Nuovo Testamento, ha insegnato il Concilio di Trento: «In questo sacrificio divino, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si offrì una volta in modo cruento sull’altare della croce … Una sola e identica è infatti la vittima, e lo stesso è colui che ora offre per il ministero dei sacerdoti, colui che allora offrì se stesso sulla croce, diversa essendo soltanto la modalità dell’offerta» (Sessione XXII, cap. 2 – Denzinger n. 940).
Pertanto, il sacerdote celebrante, agendo in persona di Cristo, sacrifica, e lui solo; non il popolo, non i chierici, e nemmeno i sacerdoti che assistono con devozione e religiosità alle sacre funzioni; sebbene tutti costoro possano e abbiano alcune parti attive nel sacrificio[1]. «Tuttavia, il fatto che i fedeli partecipino al Sacrificio eucaristico, non per questo – così abbiamo ammonito nella Nostra Lettera enciclica sulla sacra Liturgia, che si intitola Mediator Dei» (Acta Ap. Sedis, vol. 39, 1947, pag. 553) – godono anche della potestà sacerdotale». Sappiamo bene, Venerabili Fratelli, che ciò che abbiamo detto è a voi ben noto; ciononostante, abbiamo ritenuto opportuno ricordarlo, poiché costituisce quasi il fondamento e la ragione di ciò che stiamo per dire. Non mancano, infatti, coloro che non smettono di rivendicare una vera potestà di sacrificare nel sacrificio della Messa a tutti coloro che vi assistono con devozione, anche ai laici. Contro costoro è necessario che separiamo la verità dall’errore, eliminando ogni ambiguità[2].
Già sette anni fa, con la stessa Lettera enciclica, abbiamo riprovato l’errore di coloro che non hanno esitato a dichiarare che il comando di Cristo «Fate questo in memoria di me», «riguarda direttamente l’intera Chiesa dei fedeli; e che da ciò, solo in seguito, è derivato il sacerdozio gerarchico. Perciò sostengono che il popolo goda di una vera potestà sacerdotale, mentre il sacerdote agisce soltanto in virtù di un mandato delegato dalla comunità. Per questa ragione ritengono che il Sacrificio eucaristico sia una vera e propria “concelebrazione”, e reputano più opportuno che i sacerdoti “concelebrino” insieme al popolo che vi assiste, piuttosto che offrano il Sacrificio privatamente in assenza del popolo». Nella stessa occasione abbiamo anche richiamato alla memoria in che senso si possa dire che il sacerdote celebrante «agisce in vece del popolo»; proprio perché, «egli agisce in persona di Nostro Signore Gesù Cristo, in quanto Capo di tutte le membra, e offre se stesso per esse; perciò (il sacerdote) si accosta all’altare come ministro di Cristo, inferiore a Cristo, ma superiore al popolo. Il popolo, al contrario, poiché non assume in alcun modo la persona del divino Redentore, né è mediatore tra se stesso e Dio, non può in alcun modo godere del diritto sacerdotale» (Acta Ap. Sedis 1947, pagg. 553 e 554) …
Deve essere respinta come un errore di opinione l’affermazione che in questi nostri tempi non solo viene fatta e diffusa dai laici, ma a volte anche da alcuni teologi e sacerdoti, , che la celebrazione di una singola Messa, a cui assistono con ossequio religioso cento sacerdoti, sia la stessa cosa di cento Messe celebrate da cento sacerdoti. Non è affatto così [3]. Per quanto riguarda l’offerta del sacrificio eucaristico, tante sono le azioni di Cristo Sommo Sacerdote, quanti sono i sacerdoti celebranti, e non certo quante sono le azioni dei sacerdoti che ascoltano con devozione la Messa di un vescovo o di un sacerdote celebrante; costoro, infatti, quando partecipano alla sacra funzione, non assumono e non agiscono in persona di Cristo che sacrifica, ma sono da paragonare ai fedeli laici che assistono al sacrificio.
D’altra parte, non si deve negare o mettere in dubbio che i fedeli abbiano un certo «sacerdozio», né si deve sminuire o svalutare questo. Infatti, il Principe degli Apostoli nella sua prima Epistola, rivolgendosi ai fedeli, usa queste parole: «Voi, invece, siete stirpe eletta, sacerdozio regale, gente santa, popolo che Dio si è acquistato» (1 Pt 2, 9); e poco prima afferma che ai fedeli appartiene «un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo» (l. c. 2, 5). Ma, qualunque sia il vero e pieno significato di questo titolo onorifico, si deve tenere fermo che questo «sacerdozio» comune a tutti i fedeli, sebbene profondo e misterioso, differisce non solo per grado, ma anche per essenza dal sacerdozio propriamente e veramente detto, che si basa sulla potestà di compiere, agendo in persona di Cristo Sommo Sacerdote, lo stesso sacrificio di Cristo[4].
- L’attribuzione di potestà sacerdotali strettamente intese è propria del Novus Ordo Missae, il cui testo esplicativo (l’Institutio) affermare che il soggetto agente nella celebrazione eucaristica è il popolo che si raduna in assemblea. Per maggiori dettaglia vedi: “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae“, “Institutio Generalis Missalis Romani“, “La Cena del Signore o Messa”. La definizione della messa nuova riveduta ma non corretta” ↩︎
- Il Sommo Pontefice intende qui condannare alcune tesi di Karl Rahner. ↩︎
- Anche qui il Sommo Pontefice intende condannare alcune tesi di Karl Rahner. ↩︎
- La costituzione conciliare Lumen gentium confonde questo sacerdozio onorifico dei fedeli col sacerdozio vero e proprio dei preti: «Lumen gentium del Vaticano II sulla Chiesa, nel suo n° 10, spiega che “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo” … Il sacerdozio comune vi è presentato come essenzialmente diverso dal sacerdozio ministeriale, ma questa differenza non è più designata come quella che esiste tra un sacerdozio spirituale e uno “vero e proprio”» (abbé Jean-Michel Gleize FSSPX, Il Messale di Paolo VI: per quale sacerdozio?) ↩︎
