Il sacerdozio, epifania dell’amore del Cuore di Gesù.
Vista la situazione grave di apostasia in cui verte – non tutto – il Clero, come anche i religiosi-sacerdoti (per non parlare di noi laici spesso “istruiti” da sacerdoti incompetenti), consigliamo la meditazione tratta dal libro di Giovanni Paolo II sul Mistero del Sacerdozio, con un bellissimo riferimento a delle Litanie che, a quanto pare, non solo non vengono più insegnate nei seminari, ma che sono quasi del tutto scomparse. Giovanni Paolo II ci invita e ci sollecita a riscoprirle.
Non posso fare a meno, in questa mia testimonianza, di andare oltre il ricordo degli eventi e delle persone, per fissare lo sguardo più in profondità, quasi per scrutare il mistero che da cinquant’anni mi accompagna e mi avvolge.
Che significa essere sacerdote? Secondo San Paolo significa soprattutto essere amministratore dei misteri di Dio: «Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele» (1 Cor 4, 1-2). Il termine «amministratore» non può essere sostituito con nessun altro. Esso è radicato profondamente nel Vangelo: si ricordi la parabola sull’amministratore fedele e su quello infedele (cfr Lc 12, 41-48). L’amministratore non è il proprietario, ma colui al quale il proprietario affida i suoi beni, affinché li gestisca con giustizia e responsabilità. Proprio così il sacerdote riceve da Cristo i beni della salvezza, per distribuirli nel modo dovuto tra le persone alle quali viene inviato. Si tratta dei beni della fede. Il sacerdote, pertanto, è uomo della parola di Dio, uomo del sacramento, uomo del «mistero della fede». Attraverso la fede egli accede ai beni invisibili che costituiscono l’eredità della Redenzione del mondo operata dal Figlio di Dio. Nessuno può ritenersi «proprietario» di questi beni. Tutti ne siamo destinatari. In forza, però, di ciò che Cristo ha stabilito, il sacerdote ha il compito di amministrarli.
Admirabile commercium!
La vocazione sacerdotale è un mistero. E il mistero di un «meraviglioso scambio» — admirabile commercium — tra Dio e l’uomo. Questi dona a Cristo la sua umanità, perché Egli se ne possa servire come strumento di salvezza, quasi facendo di quest’uomo un altro se stesso. Se non si coglie il mistero di questo «scambio», non si riesce a capire come possa avvenire che un giovane, ascoltando la parola «Seguimi!», giunga a rinunciare a tutto per Cristo, nella certezza che per questa strada la sua personalità umana si realizzerà pienamente.
C’è al mondo una realizzazione della nostra umanità che sia più grande del poter ripresentare ogni giorno in persona Christi il Sacrificio redentivo, lo stesso che Cristo consumò sulla croce? In questo Sacrificio, da una parte è presente nel modo più profondo lo stesso Mistero trinitario, dall’altra è come «ricapitolato» tutto l’universo creato (cfr Ef 1, 10). Anche per offrire «sull’altare della terra intera il lavoro e la sofferenza del mondo», secondo una bella espressione di Teilhard de Chardin, si compie l’Eucaristia. Ecco perché, nel ringraziamento dopo la Santa Messa, si recita anche il Cantico dei tre giovani dell’Antico Testamento: Benedicite omnia opera Domini Domino… In effetti, nell’Eucaristia tutte le creature visibili e invisibili, e in particolare l’uomo, benedicono Dio come Creatore e Padre, lo benedicono con le parole e l’azione di Cristo, Figlio di Dio.
Sacerdote ed Eucaristia
«Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli (…) Nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Lc 10, 21-22). Queste parole del Vangelo di San Luca, introducendoci nell’intimo del mistero di Cristo, ci consentono di accostarci anche al mistero dell’Eucaristia. In essa il Figlio consostanziale al Padre, Colui che soltanto il Padre conosce, Gli offre in sacrificio se stesso per l’umanità e per l’intera creazione. Nell’Eucaristia Cristo restituisce al Padre tutto ciò che da Lui proviene. Si realizza così un profondo mistero di giustizia della creatura verso il Creatore. Bisogna che l’uomo renda onore al Creatore offrendo, con atto di ringraziamento e di lode, tutto ciò che da Lui ha ricevuto. L’uomo non può smarrire il senso di questo debito, che egli soltanto, tra tutte le altre realtà terrestri, può riconoscere e saldare come creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Nello stesso tempo, dati i suoi limiti di creatura e il peccato che lo segna, l’uomo non sarebbe capace di compiere questo atto di giustizia verso il Creatore, se Cristo stesso, Figlio consostanziale al Padre e vero uomo, non intraprendesse questa iniziativa eucaristica.
Il sacerdozio, fin dalle sue radici, è il sacerdozio di Cristo. E Lui che offre a Dio Padre il sacrificio di se stesso, della sua carne e del suo sangue, e con il suo sacrificio giustifica agli occhi del Padre tutta l’umanità e indirettamente tutto il creato. Il sacerdote, celebrando ogni giorno l’Eucaristia, scende nel cuore di questo mistero. Per questo la celebrazione dell’Eucaristia non può non essere, per lui, il momento più importante della giornata, il centro della sua vita.
Durante la Santa Messa, dopo la transustanziazione, il sacerdote pronuncia le parole: Mysterium fidei, Mistero della fede! Sono parole che si riferiscono, ovviamente, all’Eucaristia. In qualche modo, tuttavia, esse concernono anche il sacerdozio. Non esiste Eucaristia senza sacerdozio, come non esiste sacerdozio senza Eucaristia. Non soltanto il sacerdozio ministeriale è legato strettamente all’Eucaristia; anche il sacerdozio comune di tutti i battezzati si radica in tale mistero. Alle parole del celebrante i fedeli rispondono: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». Nella partecipazione al Sacrificio eucaristico i fedeli diventano testimoni di Cristo crocifisso e risorto, impegnandosi a vivere quella sua triplice missione — sacerdotale, profetica e regale — di cui sono investiti fin dal Battesimo, come ha ricordato il Concilio Vaticano II.
Il sacerdote, quale amministratore dei «misteri di Dio», è al servizio del sacerdozio comune dei fedeli. E lui che, annunziando la Parola e celebrando i sacramenti, specie l’Eucaristia, rende sempre più consapevole tutto il popolo di Dio della sua partecipazione al sacerdozio di Cristo, e contemporaneamente lo spinge a realizzarla pienamente. Quando, dopo la transustanziazione, risuonano le parole: Mysterium fidei, tutti sono invitati a rendersi conto della particolare densità esistenziale di questo annuncio, in riferimento al mistero di Cristo, dell’Eucaristia, del Sacerdozio.
Non trae forse di qui la sua motivazione più profonda la stessa vocazione sacerdotale? Una motivazione che è già tutta presente al momento dell’Ordinazione, ma che attende di essere interiorizzata e approfondita nell’arco dell’intera esistenza. Solo così il sacerdote può scoprire in profondità la grande ricchezza che gli è stata affidata. A cinquant’anni dall’Ordinazione, posso dire che ogni giorno di più in quel Mysterium fidei si ritrova il senso del proprio sacerdozio. E lì la misura del dono che esso costituisce, e lì è pure la misura della risposta che questo dono richiede. Il dono è sempre più grande! Ed è bello che sia così. E bello che un uomo non possa mai dire di aver risposto pienamente al dono. E un dono ed è anche un compito: sempre! Avere consapevolezza di questo è fondamentale per vivere appieno il proprio sacerdozio.
Cristo, Sacerdote e Vittima
La verità sul sacerdozio di Cristo mi ha parlato sempre con straordinaria eloquenza attraverso le Litanie che si usava recitare nel seminario di Cracovia, in particolare alla vigilia dell’Ordinazione presbiterale. Alludo alle Litanie a Cristo Sacerdote e Vittima. Quali pensieri profondi esse suscitavano in me! Nel sacrificio della Croce, ripresentato e attualizzato in ogni Eucaristia, Cristo offre se stesso per la salvezza del mondo. Le invocazioni litaniche passano in rassegna i vari aspetti del mistero. Esse mi tornano alla memoria con il simbolismo evocatore delle immagini bibliche di cui sono intessute.
Me le ritrovo sulle labbra nella lingua latina in cui le ho recitate durante il seminario e poi tante volte negli anni successivi:
Iesu, Sacerdos et Victima,
Iesu, Sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech, …
Iesu, Pontifex ex hominibus assumpte,
Iesu, Pontifex pro hominibus constitute, …
Iesu, Pontifex futurorum bonorum, …
Iesu, Pontifex fidelis et misericors, …
Iesu, Pontifex qui dilexisti nos et lavisti nos a peccatis in sanguine tuo, …
Iesu, Pontifex qui tradidisti temetipsum Deo oblationem et hostiam, …
Iesu, Hostia sancta et immaculata, …
Iesu, Hostia in qua habemus fiduciam et accessum ad Deum, …
Iesu, Hostia vivens in saecula saeculorum…*
Quale ricchezza teologica in queste espressioni! Sono litanie profondamente radicate nella Sacra Scrittura, soprattutto nella Lettera agli Ebrei. Basti rileggerne questo brano: «Cristo (…) come sommo sacerdote dei beni futuri (…) entrò una volta per sempre nel santuario non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli (…) sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, il quale con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?» (Eb 9, 11-14). Cristo è sacerdote perché Redentore del mondo. Nel mistero della Redenzione si inscrive il sacerdozio di tutti i presbiteri. Questa verità sulla Redenzione e sul Redentore si è radicata nel centro stesso della mia coscienza, mi ha accompagnato per tutti questi anni, ha impregnato tutte le mie esperienze pastorali, mi ha svelato contenuti sempre nuovi.
In questi cinquant’anni di vita sacerdotale mi sono reso conto che la Redenzione, prezzo che doveva essere pagato per il peccato, porta con sé anche una rinnovata scoperta, quasi una «nuova creazione», di tutto ciò che è stato creato: la riscoperta dell’uomo come persona, dell’uomo creato da Dio maschio e femmina, la riscoperta, nella loro verità profonda, di tutte le opere dell’uomo, della sua cultura e civiltà, di tutte le sue conquiste e attuazioni creative.
Dopo l’elezione a Papa, il mio primo impulso spirituale fu di volgermi verso Cristo Redentore. Ne nacque l’Enciclica Redemptor Hominis. Riflettendo su tutto questo processo, vedo sempre meglio lo stretto legame tra il messaggio di questa Enciclica e tutto ciò che si iscrive nell’animo dell’uomo mediante la partecipazione al sacerdozio di Cristo.
* Il testo completo delle Litanie è riportato in Appendice.
IX — ESSERE SACERDOTE OGGI
Cinquant’anni di sacerdozio non sono pochi. Quante cose sono avvenute in questo mezzo secolo di storia! Si sono affacciati alla ribalta nuovi problemi, nuovi stili di vita, nuove sfide. Viene spontaneo chiedersi: cosa comporta essere sacerdote oggi, in questo scenario in grande movimento, mentre si va verso il terzo Millennio?
Non v’è dubbio che il sacerdote, con tutta la Chiesa, cammina col proprio tempo, e si fa ascoltatore attento e benevolo, ma insieme critico e vigile, di quanto matura nella storia. Il Concilio ha mostrato come sia possibile e doveroso un autentico rinnovamento, nella piena fedeltà alla Parola di Dio ed alla Tradizione. Ma al di là del dovuto rinnovamento pastorale, sono convinto che il sacerdote non deve avere alcun timore di essere «fuori tempo», perché l’«oggi» umano di ogni sacerdote è inserito nell’«oggi» del Cristo Redentore. Il più grande compito per ogni sacerdote e in ogni tempo è ritrovare di giorno in giorno questo suo «oggi» sacerdotale nell’«oggi» di Cristo, in quell’«oggi» del quale parla la Lettera agli Ebrei. Questo «oggi» di Cristo è immerso in tutta la storia — nel passato e nel futuro del mondo, di ogni uomo e di ogni sacerdote. «Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e sempre» (Eb 13, 8). Quindi, se siamo immersi con il nostro umano, sacerdotale «oggi» nell’«oggi» di Gesù Cristo, non esiste il pericolo che si diventi di «ieri», arretrati… Cristo è la misura di tutti i tempi. Nel suo divino-umano, sacerdotale «oggi», si risolve alla radice tutta l’antinomia — una volta così discussa — tra il «tradizionalismo» e il «progressismo».
Le attese profonde dell’uomo
Se si analizzano le attese che l’uomo contemporaneo ha nei confronti del sacerdote, si vedrà che, nel fondo, c’è in lui una sola, grande attesa: egli ha sete di Cristo. Il resto — ciò che serve sul piano economico, sociale, politico — lo può chiedere a tanti altri. Al sacerdote chiede Cristo! E da lui ha diritto di attenderselo innanzitutto mediante l’annuncio della Parola. I presbiteri — insegna il Concilio — «hanno come primo dovere quello di annunziare a tutti il Vangelo di Dio» (Presbyterorum ordinis, 4). Ma l’annuncio mira a far sì che l’uomo incontri Gesù, specie nel mistero eucaristico, cuore pulsante della Chiesa e della vita sacerdotale. E un misterioso, formidabile potere quello che il sacerdote ha nei confronti del Corpo eucaristico di Cristo. In base ad esso egli diventa l’amministratore del bene più grande della Redenzione, perché dona agli uomini il Redentore in persona. Celebrare l’Eucaristia è la funzione più sublime e più sacra di ogni presbitero. E per me, fin dai primi anni del sacerdozio, la celebrazione dell’Eucaristia è stata non soltanto il dovere più sacro, ma soprattutto il bisogno più profondo dell’anima.
Ministro della misericordia
Come amministratore del sacramento della Riconciliazione, il sacerdote adempie il mandato trasmesso da Cristo agli Apostoli dopo la sua risurrezione: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 22-23). Il sacerdote è testimone e strumento della misericordia divina! Come è importante il servizio del confessionale nella sua vita! Proprio nel confessionale la sua paternità spirituale si realizza nel modo più pieno. Proprio nel confessionale ogni sacerdote diventa testimone dei grandi miracoli che la misericordia divina opera nell’anima che accetta la grazia della conversione. E necessario però che ogni sacerdote al servizio dei fratelli nel confessionale sappia fare egli stesso esperienza di questa misericordia di Dio, attraverso la propria regolare confessione e la direzione spirituale.
Amministratore dei misteri divini, il sacerdote è uno speciale testimone dell’Invisibile nel mondo. E infatti amministratore di beni invisibili e incommensurabili, che appartengono all’ordine spirituale e soprannaturale.
Un uomo a contatto con Dio
Quale amministratore di simili beni, il sacerdote, è in permanente, particolare contatto con la santità di Dio. «Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo! I cieli e la terra sono pieni della tua gloria». La maestà di Dio è la maestà della santità. Nel sacerdozio l’uomo è come innalzato alla sfera di questa santità, in qualche modo arriva alle altezze alle quali fu una volta introdotto il profeta Isaia. E proprio di quella visione profetica si fa eco la liturgia eucaristica: Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus Sabaoth. Pleni sunt caeli et terra gloria tua. Hosanna in excelsis.
Contemporaneamente il sacerdote vive ogni giorno, in continuazione, la discesa di questa santità di Dio verso l’uomo: Benedictus qui venit in nomine Domini. Con queste parole le folle di Gerusalemme salutavano Cristo che arrivava in città per consumare il sacrificio per la redenzione del mondo. La santità trascendente, in qualche modo «fuori del mondo», diventa in Cristo la santità «dentro il mondo». Diventa la santità del Mistero pasquale.
Chiamato alla santità
A costante contatto con la santità di Dio, il sacerdote deve lui stesso diventare santo. E il medesimo suo ministero ad impegnarlo in una scelta di vita ispirata al radicalismo evangelico. Questo spiega la specifica necessità, in lui, dello spirito dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. In questo orizzonte si comprende anche la speciale convenienza del celibato. Da qui il particolare bisogno di preghiera nella sua vita: la preghiera sorge dalla santità di Dio e nello stesso tempo è la risposta a questa santità. Ho scritto una volta: «La preghiera crea il sacerdote e il sacerdote si crea attraverso la preghiera». Sì, il sacerdote dev’essere innanzitutto uomo di preghiera, convinto che il tempo dedicato all’incontro intimo con Dio è sempre il meglio impiegato, perché oltre che a lui giova anche al suo lavoro apostolico.
Se il Concilio Vaticano II parla della universale vocazione alla santità, nel caso del sacerdote bisogna parlare di una speciale vocazione alla santità. Cristo ha bisogno di sacerdoti santi! Il mondo di oggi reclama sacerdoti santi! Soltanto un sacerdote santo può diventare, in un mondo sempre più secolarizzato, un testimone trasparente di Cristo e del suo Vangelo. Soltanto così il sacerdote può diventare guida degli uomini e maestro di santità. Gli uomini, soprattutto i giovani, aspettano una tale guida. Il sacerdote può essere guida e maestro nella misura in cui diventa un autentico testimone!
La cura animarum
Nella mia ormai lunga esperienza, tra tante situazioni diverse, mi sono confermato nella convinzione che soltanto dal terreno della santità sacerdotale può crescere una pastorale efficace, una vera «cura animarum». Il segreto più vero degli autentici successi pastorali non sta nei mezzi materiali, ed ancor meno nei «mezzi ricchi». I frutti duraturi degli sforzi pastorali nascono dalla santità del sacerdote. Questo è il fondamento! Naturalmente sono indispensabili la formazione, lo studio, l’aggiornamento; una preparazione insomma adeguata, che renda capaci di cogliere le urgenze e di definire le priorità pastorali. Si potrebbe tuttavia asserire che le priorità dipendono anche dalle circostanze, e ogni sacerdote è chiamato a precisarle e a viverle d’intesa col suo Vescovo e in armonia con gli orientamenti della Chiesa universale. Nella mia vita ho individuato queste priorità nell’apostolato dei laici, in special modo nella pastorale familiare — campo nel quale gli stessi laici mi hanno aiutato tanto —, nella cura per i giovani e nel dialogo intenso con il mondo della scienza e della cultura. Tutto questo si è rispecchiato nella mia attività scientifica e letteraria. E nato così lo studio «Amore e responsabilità» e, tra l’altro, un’opera letteraria: «La bottega dell’orefice» con il sottotitolo: Meditazioni sul sacramento del matrimonio.
Una ineludibile priorità oggi è costituita dall’attenzione preferenziale per i poveri, gli emarginati, gli immigrati. Per essi il sacerdote deve essere veramente un «padre». Indispensabili sono certo anche i mezzi materiali, come quelli che ci offre la tecnologia moderna. Il segreto tuttavia rimane sempre la santità di vita del sacerdote che s’esprime nella preghiera e nella meditazione, nello spirito di sacrificio e nell’ardore missionario. Quando ripercorro con il pensiero gli anni del mio servizio pastorale come sacerdote e come vescovo, mi convinco sempre più di quanto ciò sia vero e fondamentale.
Ho già accennato che, per essere autentica guida della comunità, vero amministratore dei misteri di Dio, il sacerdote è chiamato ad essere anche uomo della parola di Dio, generoso ed infaticabile evangelizzatore. Oggi se ne vede ancor più l’urgenza di fronte ai compiti immensi della «nuova evangelizzazione».
Dopo tanti anni di ministero della Parola, che specie da Papa mi hanno visto pellegrino in tutti gli angoli del mondo, non posso fare a meno di dedicare ancora qualche considerazione a questa dimensione della vita sacerdotale. Una dimensione esigente, giacché gli uomini di oggi si aspettano dal sacerdote, prima che la parola «annunciata», la parola «vissuta». Il presbitero deve «vivere della Parola». Al tempo stesso, però, egli si sforzerà di essere anche preparato intellettualmente per conoscerla a fondo ed annunciarla efficacemente.
Nella nostra epoca caratterizzata da un alto grado di specializzazione in quasi tutti i settori della vita, la formazione intellettuale è quanto mai importante. Essa rende possibile intraprendere un dialogo intenso e creativo con il pensiero contemporaneo. Gli studi umanistici e filosofici e la conoscenza della teologia sono le strade per giungere a tale formazione intellettuale, che dovrà poi essere approfondita per tutta la vita. Lo studio, per essere autenticamente formativo, ha bisogno di essere costantemente affiancato dalla preghiera, dalla meditazione, dall’implorazione dei doni dello Spirito Santo: la sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio. San Tommaso d’Aquino spiega in che modo, con i doni dello Spirito Santo, tutto l’organismo spirituale dell’uomo venga sensibilizzato alla luce di Dio, alla luce della conoscenza e anche all’ispirazione dell’amore. La preghiera per i doni dello Spirito Santo mi ha accompagnato fin dalla giovinezza e le sono tuttora fedele.
Approfondimento scientifico
Ma certamente, come insegna lo stesso San Tommaso, la «scienza infusa», che è frutto di speciale intervento dello Spirito Santo, non esonera dal dovere di procurarsi la «scienza acquisita».
Per quanto mi concerne, come già ho detto, subito dopo l’ordinazione sacerdotale fui inviato a Roma a perfezionare gli studi. Più tardi, per volontà del mio Vescovo, dovetti occuparmi di scienza come professore di etica alla Facoltà Teologica di Cracovia e all’Università Cattolica di Lublino. Frutto di questi studi fu il dottorato su San Giovanni della Croce e poi la tesi per la libera docenza su Max Scheler: specificamente, sul contributo che il suo sistema etico di tipo fenomenologico può dare alla formazione della teologia morale. A questo lavoro di ricerca devo veramente molto. Sulla mia precedente formazione aristotelico-tomista si innestava così il metodo fenomenologico, cosa che mi ha permesso di intraprendere numerose prove creative in questo campo. Penso soprattutto al libro «Persona e atto». In questo modo mi sono inserito nella corrente contemporanea del personalismo filosofico, studio che non è stato privo di frutti pastorali. Spesso constato che molte delle riflessioni maturate in questi studi mi aiutano durante gli incontri con singole persone e durante gli incontri con le folle dei fedeli in occasione dei viaggi apostolici. Questa formazione nell’orizzonte culturale del personalismo mi ha dato una più profonda consapevolezza di quanto ciascuno sia persona unica e irripetibile, e ritengo tale consapevolezza molto importante per ogni sacerdote.
Il dialogo con il pensiero contemporaneo
Grazie ad incontri e discussioni con naturalisti, fisici, biologi ed anche storici ho imparato ad apprezzare l’importanza delle altre branche del sapere riguardanti le discipline scientifiche, alle quali pure è dato di poter giungere alla verità sotto angolature diverse. Bisogna quindi che lo splendore della verità — Veritatis splendor — le accompagni continuamente, permettendo agli uomini di incontrarsi, di scambiarsi le riflessioni e di arricchirsi reciprocamente. Ho portato con me da Cracovia a Roma la tradizione di periodici incontri interdisciplinari, che si svolgono regolarmente nel periodo estivo a Castel Gandolfo. Cerco di essere fedele a questa buona consuetudine.
«Labia sacerdotum scientiam custodiant…» (cfr Ml 2, 7). Mi piace richiamare queste parole del profeta Malachia, riprese dalle Litanie a Cristo Sacerdote e Vittima, perché hanno una sorta di valore programmatico per chi è chiamato ad essere ministro della Parola. Egli deve essere davverouomo di scienza nel senso più alto e religioso di questo termine. Deve avere e trasmettere quella «scienza di Dio» che non è solo un deposito di verità dottrinali, ma esperienza personale e viva del Mistero, nel senso indicato dal Vangelo di Giovanni nella grande preghiera sacerdotale: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17, 3).
X — Ai Fratelli nel sacerdozio
Concludendo questa testimonianza sulla mia vocazione sacerdotale, desidero rivolgermi a tutti i Fratelli nel sacerdozio: a tutti senza eccezione! Lo faccio con le parole di San Pietro: «Fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai» (2 Pt 1, 10). Amate il vostro sacerdozio! Siate fedeli fino alla fine! Sappiate vedere in esso quel tesoro evangelico per il quale vale la pena di donare tutto (cfr Mt 13, 44).
In modo particolare mi rivolgo a quelli tra voi che vivono un periodo di difficoltà o addirittura di crisi della loro vocazione. Vorrei che questa mia testimonianza personale — testimonianza di sacerdote e Vescovo di Roma, che festeggia il giubileo d’oro dell’Ordinazione — fosse per voi aiuto e invito alla fedeltà. Ho scritto queste parole pensando a ognuno di voi, ognuno di voi abbracciando con la preghiera.
Pupilla oculi
Ho pensato anche a tanti giovani seminaristi che si preparano al sacerdozio. Quante volte un vescovo torna con il pensiero e con il cuore al seminario! Esso è il primo oggetto delle sue preoccupazioni. Si suol dire che il seminario costituisce per un vescovo la «pupilla dell’occhio». L’uomo difende la pupilla del suo occhio, perché essa gli consente di vedere. Così, in qualche modo, il vescovo vede la sua Chiesa attraverso il seminario, giacché dalle vocazioni sacerdotali dipende tanta parte della vita ecclesiale. La grazia di numerose e sante vocazioni sacerdotali gli permette di guardare con fiducia al futuro della sua missione.
Lo dico sulla base dei molti anni della mia esperienza episcopale. Sono divenuto vescovo dopo dodici anni dall’Ordinazione sacerdotale: buona parte di questo cinquantennio è stata segnata proprio dalla preoccupazione per le vocazioni. Grande è la gioia del vescovo quando il Signore dona vocazioni alla sua Chiesa; la loro assenza invece provoca preoccupazione e inquietudine. Il Signore Gesù ha paragonato questa preoccupazione a quella del mietitore: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!» (Mt 9, 37).
Deo gratias!
Non posso chiudere queste riflessioni, nell’anno del mio giubileo d’oro sacerdotale, senza esprimere al Signore della messe la più profonda gratitudine per il dono della vocazione, per la grazia del sacerdozio, per le vocazioni sacerdotali in tutto il mondo. Lo faccio in unione con tutti i vescovi, che condividono la stessa preoccupazione per le vocazioni e vivono la stessa gioia quando il loro numero aumenta. Grazie a Dio, è in via di superamento una certa crisi delle vocazioni sacerdotali nella Chiesa.
Ogni nuovo sacerdote porta con sé una benedizione speciale: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore». In ciascun sacerdote infatti è Cristo stesso che viene. Se San Cipriano ha detto che il cristiano è un «altro Cristo» — Christianus alter Christus — a maggior ragione si può dire: Sacerdos alter Christus.
Voglia Iddio tener desta nei sacerdoti la coscienza grata ed operosa del dono ricevuto e suscitare in molti giovani una risposta pronta e generosa alla sua chiamata a spendersi senza riserve per la causa del Vangelo. Ne trarranno vantaggio gli uomini e le donne del nostro tempo, così bisognosi di senso e di speranza. Ne gioirà la Comunità cristiana, che potrà guardare con fiducia alle incognite e alle sfide del terzo Millennio, ormai alle porte.
La Vergine Maria accolga come un omaggio filiale questa mia testimonianza, a gloria della Santa Trinità. La renda feconda nel cuore dei fratelli nel sacerdozio e di tanti figli della Chiesa. Ne faccia un seme di fraternità anche per quanti, pur non condividendo la stessa fede, mi fanno spesso dono del loro ascolto e del loro dialogo sincero.
APPENDICE
Litanie di Nostro Signore Gesù Cristo Sacerdote e Vittima
Kyrie, eleison Kyrie, eleison
Christe, eleison Christe, eleison
Kyrie, eleison Kyrie, eleison
Christe, audi nos Christe, audi nos
Christe, exaudi nos Christe, exaudi nos
Pater de cælis, Deus, miserere nobis
Fili, Redemptor mundi, Deus, miserere nobis
Spiritus Sancte, Deus, miserere nobis
Sancta Trinitas, unus Deus, miserere nobis
Iesu, Sacerdos et Victima, miserere nobis
Iesu, Sacerdos in æternum
secundum ordinem Melchisedech, miserere nobis
Iesu, Sacerdos quem misit Deus
evangelizare pauperibus, miserere nobis
Iesu, Sacerdos qui in novissima cena
formam sacrificii perennis instituisti, miserere nobis
Iesu, Sacerdos semper vivens
ad interpellandum pro nobis, miserere nobis
Iesu, Pontifex quem Pater unxit
Spiritu Sancto et virtute, miserere nobis
Iesu, Pontifex ex hominibus assumpte, miserere nobis
Iesu, Pontifex pro hominibus
constitute, miserere nobis
Iesu, Pontifex confessionis nostræ, miserere nobis
Iesu, Pontifex amplioris
præ Moysi gloriæ, miserere nobis
Iesu, Pontifex tabernaculi veri, miserere nobis
Iesu, Pontifex futurorum bonorum, miserere nobis
Iesu, Pontifex sancte,
innocens et impollute, miserere nobis
Iesu, Pontifex fidelis et misericors, miserere nobis
Iesu, Pontifex Dei et animarum
zelo succense, miserere nobis
Iesu, Pontifex in æternum perfecte, miserere nobis
Iesu, Pontifex qui per proprium
sanguinem cælos penetrasti, miserere nobis
Iesu, Pontifex qui nobis
viam novam initiasti, miserere nobis
Iesu, Pontifex qui dilexisti nos
et lavisti nos a peccatis in sanguine tuo, miserere nobis
Iesu, Pontifex qui tradidisti temetipsum
Deo oblationem et hostiam, miserere nobis
Iesu, Hostia Dei et hominum, miserere nobis
Iesu, Hostia sancta et immaculata, miserere nobis
Iesu, Hostia placabilis, miserere nobis
Iesu, Hostia pacifica, miserere nobis
Iesu, Hostia propitiationis et laudis, miserere nobis
Iesu, Hostia reconciliationis et pacis, miserere nobis
Iesu, Hostia in qua habemus fiduciam
et accessum ad Deum, miserere nobis
Iesu, Hostia vivens in sæcula
sæculorum, miserere nobis
Propitius esto! parce nobis, Iesu
Propitius esto! exaudi nos, Iesu
A temerario in clerum ingressu, libera nos, Iesu
A peccato sacrilegii, libera nos, Iesu
A spiritu incontinentiæ, libera nos, Iesu
A turpi quæstu, libera nos, Iesu
Ab omni simoniæ labe, libera nos, Iesu
Ab indigna opum ecclesiasticarum
dispensatione, libera nos, Iesu
Ab amore mundi eiusque vanitatum, libera nos, Iesu
Ab indigna Mysteriorum tuorum
celebratione, libera nos, Iesu
Per æternum sacerdotium tuum, libera nos, Iesu
Per sanctam unctionem, qua a Deo Patre
in sacerdotem constitutus es, libera nos, Iesu
Per sacerdotalem spiritum tuum, libera nos, Iesu
Per ministerium illud, quo Patrem tuum
super terram clarificasti, libera nos, Iesu
Per cruentam tui ipsius immolationem
semel in cruce factam, libera nos, Iesu
Per illud idem sacrificium
in altari quotidie renovatum, libera nos, Iesu
Per divinam illam potestatem, quam in
sacerdotibus tuis invisibiliter exerces, libera nos, Iesu
Ut universum ordinem sacerdotalem
in sancta religione conservare
digneris, Te rogamus, audi nos
Ut pastores secundum cor tuum populo tuo
providere digneris, Te rogamus, audi nos
Ut illos spiritus sacerdotii tui implere
digneris, Te rogamus, audi nos
Ut labia sacerdotum scientiam custodiant, Te rogamus, audi nos
Ut in messem tuam operarios fideles mittere
digneris, Te rogamus, audi nos
Ut fideles mysteriorum tuorum dispensatores
multiplicare digneris, Te rogamus, audi nos
Ut eis perseverantem in tua voluntate
famulatum tribuere digneris, Te rogamus, audi nos
Ut eis in ministerio mansuetudinem,
in actione sollertiam et in oratione
constantiam concedere digneris, Te rogamus, audi nos
Ut per eos sanctissimi Sacramenti
cultum ubique promovere digneris, Te rogamus, audi nos
Ut qui tibi bene ministraverunt,
in gaudium tuum suscipere digneris, Te rogamus, audi nos
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis, Domine
Iesu, Sacerdos, audi nos
Iesu, Sacerdos, exaudi nos
Oremus
Ecclesiæ tuæ, Deus, sanctificator et custos, suscita in ea per Spiritum tuum idoneos et fideles sanctorum mysteriorum dispensatores, ut eorum ministerio et exemplo christiana plebs in viam salutis te protegente dirigatur. Per Christum Dominum nostrum. Amen.
Deus, qui ministrantibus et ieiunantibus discipulis segregari iussisti Saulum et Barnabam in opus ad quod assumpseras eos, adesto nunc Ecclesiæ tuæ oranti, et tu, qui omnium corda nosti, ostende quos elegeris in ministerium. Per Christum Dominum nostrum.
Amen.
Pubblicato nel 1996 in occasione del suo Giubileo sacerdotale, Dono e Mistero rappresenta una parte essenziale della vita di Papa Giovanni Paolo II. E’ infatti la storia di un uomo che risponde alla chiamata di Dio: la vocazione sacerdotale. Seguendolo dagli anni dell’università, subito interrotta a causa della guerra, lo troviamo poi operaio nella fabbrica Solvay. Seguiamo la sua passione per il teatro, viviamo nella Polonia dell’occupazione gli anni del seminario clandestino… Lungo un cammino fatto di incontri, il mistero prende forma fino a condurlo lontano dalla sua terra, per prendere il posto che fu di Pietro. E’ questa sì l’autobiografia di un prete, ma è soprattutto la storia di un uomo di fronte a Dio e ai suoi fratelli, pagine lungo le quali il mistero e il dono della fede prendono forma, attraverso il dialogo ininterrotto con la realtà.
+ Sia lodato Gesù Cristo — sempre sia lodato.