Oggi si fa un gran parlare di questa pratica, sovente gettata nel dimenticatoio. A causa (e forse è un bene se la usiamo correttamente) delle recenti affermazioni, gravissime, del cardinale Kasper (1) e di assurde proposte che si stanno avanzando per l’uso di questa pratica, a tal punto da volerla persino sacramentalizzare (2), riteniamo utile ed opportuno avanzare con questo articolo, che ci risvegli nella verità e ci aiuti a comprendere come sfruttare al meglio questa pratica, evitando gli abusi.
Partiamo da un piccolo excursus storico.
La Comunione spirituale si sviluppa all’interno della Chiesa attraverso le parole di Gesù stesso: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21) e “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
RICORDIAMO ANCHE QUESTO: Comunione alla mano? E’ protestante, ecco le prove.
Gli Apostoli hanno inteso che davvero ci si poteva unire personalmente al Signore dall’interno del proprio cuore. Perciò san Pietro scriveva: “adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” (1 Pt 3,15) (3)
I Santi Padri e Dottori come san Bonaventura, per esempio, insegnano che svanita la “presenza corporale” del Signore assunta attraverso l’Eucaristia, sacramentalmente, resta la sua presenza spirituale e di grazia, in noi.
Così specifica Giovanni Paolo II: “Proprio per questo è opportuno coltivare nell’animo il costante desiderio del Sacramento eucaristico. È nata di qui la pratica della «comunione spirituale», felicemente invalsa da secoli nella Chiesa e raccomandata da Santi maestri di vita spirituale. Santa Teresa di Gesù scriveva: «Quando non vi comunicate e non partecipate alla messa, potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa… Così in voi si imprime molto dell’amore di nostro Signore »” (4).
E dice ancora: “L’integrità dei vincoli invisibili è un preciso dovere morale del cristiano che vuole partecipare pienamente all’Eucaristia comunicando al corpo e al sangue di Cristo. A questo dovere lo richiama lo stesso Apostolo con l’ammonizione: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice» (1 Cor 11, 28). San Giovanni Crisostomo, con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».73
- In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione».74 Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale».75
L’Eucaristia e la Penitenza sono due sacramenti strettamente legati. Se l’Eucaristia rende presente il Sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa che da essa deriva un’esigenza continua di conversione, di risposta personale all’esortazione che san Paolo rivolgeva ai cristiani di Corinto: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20). Se poi il cristiano ha sulla coscienza il peso di un peccato grave, allora l’itinerario di penitenza attraverso il sacramento della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena partecipazione al Sacrificio eucaristico.
Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza. Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto».76
38.La comunione ecclesiale, come ho già ricordato, è anche visibile, e si esprime nei vincoli elencati dallo stesso Concilio allorché insegna: «Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integra la sua struttura e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e nel suo organismo visibile sono uniti con Cristo – che la dirige mediante il Sommo Pontefice e i Vescovi – dai vincoli della professione di fede, dei Sacramenti, del governo ecclesiastico e della comunione».77
L’Eucaristia, essendo la suprema manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa, esige di essere celebrata in un contesto di integrità dei legami anche esterni di comunione. In modo speciale, poiché essa è «come la consumazione della vita spirituale e il fine di tutti i Sacramenti», [78] richiede che siano reali i vincoli della comunione nei Sacramenti, particolarmente nel Battesimo e nell’Ordine sacerdotale. Non è possibile dare la comunione alla persona che non sia battezzata o che rifiuti l’integra verità di fede sul Mistero eucaristico. Cristo è la verità e rende testimonianza alla verità (cfr Gv 14, 6; 18, 37); il Sacramento del suo corpo e del suo sangue non consente finzioni….” (5)
La Comunione spirituale, molto raccomandata dal Concilio di Trento, suppone, è evidente e come ha spiegato sopra Giovanni Paolo II, la fede nella Presenza Reale di Gesù nei Tabernacoli; comporta il desiderio della Comunione Sacramentale; e di conseguenza comporta comunque sia uno “stato di grazia” almeno di desiderio in attesa di risolvere ogni pendenza nella Confessione e con una conversione attiva, cioè, assumendo uno stato di vita che rifletta tutti e dieci i Comandamenti; esige il ringraziamento per il dono ricevuto da Gesù in attesa di poterLo ricevere sacramentalmente.
La Preghiera
La formula conosciuta e diffusasi nella Chiesa è di Sant’Alfonso Maria de Liguori che così dice: “Gesù mio, credo che voi siete realmente nel Santissimo Sacramento. Vi amo sopra ogni cosa. Vi desidero nell’anima mia. Giacché ora non posso ricevervi sacramentalmente, venite almeno spiritualmente nel mio cuore… (pausa). Come già venuto, Vi abbraccio e tutto mi unisco a Voi. Non permettete che io mi abbia mai a separare da voi”.
E vi si aggiunge la comunione alla Preghiera della Chiesa: “Eterno Padre vi offro il Corpo e il Sangue del vostro amatissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo: in espiazione dei nostri peccati, per la conversione dei peccatori, in suffragio delle Anime del Purgatorio e per le necessità della Santa Chiesa, in modo particolare per la santificazione del Papa, dei Vescovi e di tutti i Sacerdoti. Così sia.”; si fa sosta silenziosa e si conclude dicendo un Pater Noster, Ave Maria e Gloria Patri.
Così come è consigliabile farsi accompagnare dalla potente Avvocata che abbiamo presso Gesù, la Sua Madre: “O Maria, preparami a ricevere degnamente Gesù. Tu vedi come è ridotta l’anima mia; Tu conosci fino in fondo la mia miseria, ma a chi altri potrei rivolgermi se non a Te affinchè Tu possa spianare la strada ostruita dai miei peccati? Ti invoco quale mia Avvocata presso il Tuo dilettissimo Figlio. Non abbandonarmi proprio ora che ho maggiormente bisogno di essere salvato/a dal precipizio in cui mi trovo. Portami il Tuo amatissimo Gesù! Brucia Madre mia ogni mio mal pensiero, brucia tutto ciò che vedi di indegno dentro di me; abbatti ogni ostacolo che mi separa dal Tuo dolcissimo Figlio”.
Si può pregare con le parole ufficiali della Chiesa: «Adoro te devote, latens Deitas… Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi, che sotto queste figure veramente ti celi: a te il mio cuore si sottomette interamente, poiché, nel contemplarti, viene meno. La vista, il tatto e il gusto si ingannano a tuo riguardo, soltanto alla parola si crede con sicurezza. Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio: nulla è più vero della sua parola di verità».
O la bellissima preghiera di sant’Ignazio da farsi anche con la Comunione sacramentale:
Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, esaudiscimi.
Fra le tue piaghe ascondimi.
Non permettere ch’io mi separi da te.
Dal nemico maligno difendimi.
Nell’ora della morte chiamami.
E comanda che io venga a te.
Affinché ti lodi con i tuoi santi nei secoli eterni.
Così sia.
Preghiera dell’Angelo a Fatima
”Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del Suo Sacratissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori.”
(1Pater, Ave e Gloria…)
ATTENZIONE: la Comunione spirituale, fatta con queste intenzioni e con il degno proposito di correggere il proprio stile di vita conformandolo ai Comandamenti, produce gli stessi effetti della Comunione Sacramentale, ma non la sostituiscono! In fondo, compito proprio di questa pia pratica, è quel ricondurci a quella innocenza iniziale con la quale ci accostammo per la prima volta alla Prima Comunione.
Diceva san Padre Pio che non è importante la quantità di Comunioni sacramentali ricevute, ma la qualità e di essere vigili che la condizione di peccatori non sia stata tale da averci meritato la condanna anziché la grazia. E così diceva che se la nostra condizione rischiasse davvero di nuocerci, è meglio desiderare la Comunione anziché prenderla con superbia, tornando ai primordi della nostra innocenza fanciullesca quando ricevemmo il Divin Sacramento in stato di grazia.
Quanto sia preziosa la Comunione spirituale lo disse Gesù stesso a Santa Margherita Maria Alacoque, molto assidua nel mandare i suoi desideri di fiamma a chiamare Gesù nel Tabernacolo. Una volta le disse: “Mi è talmente caro il desiderio di un’anima di ricevermi, che lo mi precipito in essa ogni volta che mi chiama con i suoi desideri più puri”.
Quanto sia stata amata dai Santi la Comunione spirituale non ci vuol molto a intuirlo. La Comunione spirituale soddisfa almeno in parte a quell’ansia ardente di essere sempre “uno” con chi si ama. Gesù stesso ha detto: “Rimanete in Me e io rimarrò in voi” (Giov. 15, 4). E la Comunione spirituale aiuta a restare uniti a Gesù, sebbene lontani dalla sua dimora. Altro mezzo non c’è per placare gli aneliti di amore che consumano i cuori dei Santi. “Come una cerva anela ai corsi delle acque, così la mia anima anela a Te, o Dio” (Salm. 41, 2): è il gemito amoroso dei Santi. “O Sposo mio diletto – esclama S. Caterina da Genova – io desidero talmente la gioia di stare con Te, che, mi pare, se fossi morta risusciterei per riceverti nella Comunione”. In sostanza, la Comunione spirituale deve spingere il fedele a ricevere poi Gesù Sacramentalmente Vivo e vero, presente, nell’Ostia Santa, in profondo stato di grazia, dopo appunto la santa Confessione e il proponimento di non più peccare.
La situazione di degrado etico e morale a cui abbiamo fatto cenno all’inizio, al contrario, spinge ad una equiparazione (un termine così oggi di moda, sic!) tra le due pratiche, finendo per voler sostituire la Comunione spirituale con quella sacramentale per chi è impossibilitato a riceverla, si veda il caso appunto dei “divorziati-risposati”, lasciando questi nel loro stato peccaminoso e, peggio ancora, finendo per legittimare la loro situazione irregolare.
Del resto è Gesù stesso che dice: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui (..) Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole…” (Gv. 14,21-26)
Il Santo Curato d’Ars racconta due episodi significativi.
Il primo relativo ad una moglie disperata per la morte del marito, ma ancor più angosciata perché l’uomo non aveva mai voluto pregare con lei, né andare in chiesa, non frequentava i Sacramenti da quando fece la Prima Comunione. Il Santo ebbe un sogno che gli rivelò che mentre la moglie diceva il rosario, spesse volte, il burbero marito, ripeteva mentalmente le Ave Maria, specialmente in quel “prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”, come esprimendo un desiderio inconscio, fino a farlo in modo abituale, ma senza mai dare a vederlo alla moglie. E per questo si era salvato l’anima!
Il secondo relativo ad un altro uomo che, lontano dalla vita sacramentale, aveva però un amore fanciullesco verso la Madre di Dio per la quale curava e portava i fiori all’edicola lungo la strada. Questo gli bastò per salvarsi l’anima. E diceva allora il Curato: vedete quanto ci è utile coltivare i buoni pensieri e almeno desiderare di essere in qualche modo salvati? La condizione è l’amore gratuito ed incondizionato!
Scrive sant’Alfonso Maria de’ Liguori nel suo Visite al Santissimo Sacramento e a Maria santissima a proposito della Comunione spirituale: «La Comunione spirituale consiste, secondo san Tommaso d’Aquino, in un desiderio ardente di ricevere Gesù sacramentato ed in un abbraccio amoroso come già fosse ricevuto. Quanto poi siano gradite a Dio queste comunioni spirituali e quante grazie egli per mezzo loro dispensi, il Signore lo diede ad intendere a quella sua serva suor Paola Maresca fondatrice del monastero di Santa Caterina da Siena in Napoli, quando le fece vedere, come si narra nella sua vita, due vasi preziosi, uno d’oro e l’altro d’argento; e le disse che in quello d’oro Egli conservava le sue Comunioni sacramentali, e in quello d’argento le sue Comunioni spirituali. Sopra tutto basta sapere che il santo Concilio di Trento molto loda la Comunione spirituale ed anima i fedeli a praticarla. Perciò tutte le anime divote sogliono spesso praticare questo santo esercizio della Comunione spirituale. Si esorta dunque chi desidera avanzarsi nell’amore di Gesù Cristo fare la Comunione spirituale almeno una volta in ogni visita al Santissimo Sacramento ed in ogni Messa che si sente».
La Comunione spirituale è un esercizio dell’Anima che vuole tendere al perfezionamento, che ama Gesù sopra ogni cosa “e lo desidera” molto più dei suoi affetti umani e terreni. La Comunione sacramentale è e rimane aspirazione e desiderio di ogni uomo che vuole concretizzare questo desiderio. Scrive infatti san Tommaso d’Aquino: «Tuttavia non è inutile la Comunione sacramentale; perché questa produce l’effetto del Sacramento più perfettamente del solo desiderio» (6)
È per questo che la grandezza di questa pia pratica si è così diffusa nel popolo di Dio! Essa può essere fatta in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, e tutte le volte che si vuole, anzi, i Santi la consigliano e la raccomandano almeno dieci volte al giorno. Efficace perché può essere fatta persino se caduti nel peccato mortale a patto che, vi sia già acceso il desiderio di voler ricevere Gesù, per una autentica conversione, il “piacere a Dio” e non agli uomini, per accedere ad una santa confessione e con l’ardente desiderio di abbandonare ogni fora di peccato e voler procedere nella perfezione della grazia. Sarebbe del resto incoerente “pretendere” che Gesù venga ad abitare in un cuore che non ha alcuna intenzione di progredire nella salvezza, e la sola via della salvezza è la conversione!
Il n° 1650 del CCC dice: “Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo («Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza”.
Il successivo completa il testo: “1651. Nei confronti dei cristiani che vivono in questa situazione e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i loro figli, i sacerdoti e tutta la comunità devono dare prova di una attenta sollecitudine affinché essi non si considerino come separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati: «Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il Sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio”.
Il Catechismo riassume la dottrina della Chiesa di lunga data, e tiene anche conto dei vari dibattiti avviati nel corso degli ultimi decenni.
A questo pensiero ci conduce l’altro prezioso Documento di Giovanni Paolo II, laddove spiega: “La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi…”. (7)
Facciamo notare una frase imponente di Giovanni Paolo per giustificare quanto dice:
«La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura».
Questa affermazione chiude ogni dibattito sulla validità della Dottrina, ma senza dubbio tiene le porte aperte per come comprenderla sempre meglio, per come metterla in pratica, come affrontare i tanti drammi di oggi. Ecco come la Comunione spirituale può essere utile e può aiutare tutti noi a compiere passi in avanti verso Gesù, verso l’autentica conversione.
Sia lodato Gesù Cristo + sempre sia lodato.
Note
1) si legga qui: DIVORZIATI RISPOSATI E I SACRAMENTI cardinale De Paolis
e qui: Le gravi affermazioni scismatiche del cardinale Kasper
2) si legga la discussione approfondita da Sandro Magister
3) si veda la saggia risposta di Amici Domenicani.
4) Giovanni Paolo II Enciclica Ecclesia de Eucharistia cap.4
5) ibidem sopra
6) San Tommaso d’Aquino Summa Theologiae, III, q. 80, art. 1, ad 3.
7) Giovanni Paolo II – Familiaris Consortio
RICORDA CHE:
La Comunione spirituale.
Allorquando un’anima ama davvero il divin Salvatore, trova che non le basta di riceverlo nel suo cuore una volta sola al giorno; le ore che la separano dal momento della comunione le sembrano lunghe e malinconiche, e sospirando continuamente dietro al suo diletto cerca nella comunione spirituale un ingegnoso compenso al suo amore.
«Se il mio Confessore non mi avesse insegnata questa maniera di comunione, io non avrei potuto vivere», diceva la beata Angela della Croce.
La comunione spirituale, raccomandata dal santo Concilio di Trento è un’estensione vantaggiossima del Sacramento adorabile della Eucaristia, la quale produce ed aumenta la grazia secondo i gradi di amore e l’ardore dei desideri che l’accompagnano.
Anche accade alcuna volta che il frutto della comunione spirituale eguaglia quello della comunione sacramentale, questo ha luogo quando la fede è più viva e il desiderio più ardente. Nostro Signore può, anche senza venire corporalmente nei nostri cuori, comunicarci tutta l’abbondanza delle sue grazie.
Non rese forse la sanità al servo dell’umile centurione che gli diceva: Signore, io non son degno che entriate nella mia casa, ma dite solamente una parola, ed il mio servo sarà guarito?
Altrettanto avvenne alla figliuola del principe della Sinagoga ed alla figliuola della Cananea. Gesù Cristo le guarì senza né vederle toccarle, come soleva fare riguardo ai malati. Or quello che ha fatto allora per i mali del corpo, come dubitare che lo possa fare per le malattie dell’anima? Teniamo pure per fermo, che l’umile desiderio di un’anima che prega, può anche adesso altrettanto presso del nostro Salvatore; e se noi lo desidereremo con ardore e lo pregheremo con umiltà, egli verrà spiritualmente in noi, guarirà le nostre infermità, fortificherà la nostra debolezza e ci ricolmerà delle sue grazie.
Sta scritto nella bolla di canonizzazione di S. Bonaventura, che un giorno egli aveva un desiderio ardentissimo di fare la Comunione, ma che per umiltà non osava accostarsi all’altare: Gesù, il quale è venuto sulla terra per recarvi il fuoco del cielo, gradì questa disposizione del suo servo, e quando il sacerdote diceva l’Agnus Dei, si spiccò una parte dell’ostia e volò miracolosamente nella bocca del Santo. L’ardore dell’amor suo trasse nel suo cuore il divin fuoco che arde sui nostri per infiammarci. Or quello che succedette visibilmente a S. Bonaventura, succederà invisibilmente per noi se, come lui, avremo un grandissimo desiderio di ricevere il nostro Dio.
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi fin dalla sua più tenera età aveva un desiderio estremo di comunicarsi, ma non potendo farlo a cagione dell’età, s’avvicinava alla sua buona madre nel giorno in cui questa faceva la comunione, gustando così, la sue delizie vicino a quelli che avevano avuto la bella sorte di ricevere Gesù Cristo.
Per un’anima che ama Gesù non vi è cosa più facile, che il fare spesso la comunione spirituale; e comunicare spiritualmente vuol dire compiacersi delle perfezioni infinite di Gesù Cristo ed invitarlo a venire a fermare nel nostro cuore il suo regno.
Comunicare spiritualmente vuol dire desiderare notte e giorno di parlare, da cuore a cuore con Gesù, invidiare, per così dire, la sorte della piccola lampada che aree e si consuma alla sua presenza ed affrettare col desiderio il felice momento, in cui sciolti dai vicoli del corpo potremo amarlo senza mutamento e senza misura.
Siate dunque costante, o anima devota, a far soventi la comunione spirituale; fate allora un atto di fede, credendo fermamente nella presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucaristia; un atto di, amore pentendovi dei vostri peccati, dandogli il vostro cuore, e finalmente un atto di desiderio, invitando Gesù Cristo a discendere nella vostra anima. Innalzate il vostro cuore verso Dio dicendogli:
Signore, io non son degno di ricevervi, ma la mia stessa miseria e la mia indegnità mi fanno desiderare anche più ardentemente questo cibo celeste. La mia languidezza è estrema, perché, come dice lo Spirito Santo, una speranza differita affligge sempre l’animo. Oh! quanto è lunga una settimana, o mio Dio, quando altri viene desidera e vi ama. Ma poiché io non posso oggi partecipare d’ un bene così grande, datemi almeno le briciole preziose che cadono dalla vostra mensa. Basta che voi, o divino Gesù, mi volgiate uno sguardo; e per arricchirmi dei tesori della vostra grazia basta che lo vogliate: comandate, o Signore, ed io sarò giustificato. Se una volta bastava mirare il serpente di bronz per guarire dalla morsicatura dei serpenti, mi basterà pure guardarvi con pura e viva fede, e con una brama ardente di ricevervi per guarire da tutte le piaghe dell’anima mia Venite, mio Gesù, venite s prendere possesso del mio cuore, ed a renderlo degno d’unirsi al vostro; venite, perché senza di voi tutte le ore passano nella mestizia, voi solo siete la mia, gioia nel tempo e nella eternità.
Testo tratto da: R. P. Huguet, L’anima levata nella considerazione dell’Eucaristia, Torino: Speirani, 1988/2, pp. 203-208.
PRIMA PARTE: Fedeli senza Messa, spunto per meditare sull’Eucaristia
RISCOPRIAMO LA COMUNIONE SPIRITUALE
“Non posso ricevere la Santa Comunione così spesso come lo desidero, ma, Signore, tu non sei l‘Onnipotente? Rimani in me, come nel tabernacolo, non allontanarti mai dalla tua piccola ostia”.[1] Così scriveva santa Teresa di Gesù Bambino, in un suo tipico slancio che esprime, sì, il dispiacere per un’impossibilità ma allo stesso tempo l’abbandono alla volontà di Dio, che sa volgere ogni situazione in un’occasione per amare comunque il Signore e fa trovare mille stratagemmi per supplire ad una mancanza.
Sono decine i santi che ci hanno lasciato scritti e meditazioni sulla Comunione spirituale. Per loro questa era il mezzo per sopire, almeno un po’, il loro ardente desiderio di unione con Dio. Uno di loro è sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che ci ha lasciato una formula molto nota per fare la comunione spirituale:
“Gesù mio, credo che voi siete nel Santissimo Sacramento. Vi amo sopra ogni cosa. Vi desidero nell’anima mia. Giacché ora non posso ricevervi sacramentalmente, venite almeno spiritualmente nel mio cuore… (pausa). Come già venuto, Vi abbraccio e tutto mi unisco a Voi. Non permettete che io mi separi più da Voi”.
In questa formula è compendiata tutta la dinamica della Comunione spirituale: la fede nella Presenza reale, il desiderio della Comunione eucaristica, il ringraziamento a Dio per il dono ricevuto. Una formula ancora più sintetica è quella consegnata da Gesù alla beata Alexandrina Maria da Costa: “Gesù, ti adoro in ogni luogo dove abiti Sacramentato, ti faccio compagnia per coloro che ti disprezzano, ti amo per coloro che non ti amano, ti do sollievo per coloro che ti offendono. Gesù, vieni al mio cuore!”.
Una formula velocissima che può diventare una giaculatoria della quale intessere le nostre giornate: al lavoro, per strada, mentre sbrighiamo commissioni o faccende. Infatti, a differenza della Comunione sacramentale, la Comunione spirituale può essere fatta ogni volta che si vuole e in qualsiasi luogo, perfino quando ci capita di svegliarci la notte. San Francesco di Sales e san Massimiliano Maria Kolbe vivevano il proposito di farne una ogni quarto d’ora. San Leonardo da Porto Maurizio assicurava: “Se voi praticate parecchie volte al giorno il santo esercizio della Comunione spirituale, vi do un mese di tempo per vedere il vostro cuore tutto cambiato. Appena un mese: inteso?”.
I santi ci insegnano che la Comunione spirituale produce gli stessi effetti della Comunione sacramentale a seconda delle disposizioni con cui si fa, della maggiore o minore carica di affetto con cui si desidera Gesù, dell’amore più o meno intenso con cui si riceve Gesù e ci si intrattiene con Lui.
San Tommaso d’Aquino, pur asserendo la maggior perfezione della Comunione sacramentale, argomenta sull’importanza della Comunione spirituale: “L’effetto di un sacramento, come si è detto sopra, può essere ottenuto da uno che riceve il sacramento col desiderio, anche senza riceverlo di fatto. Come quindi alcuni ricevono il battesimo di desiderio per il desiderio di esso prima di essere battezzati con l’acqua, così pure alcuni si cibano spiritualmente dell’Eucaristia prima di riceverla sacramentalmente. [… ] E tuttavia la comunione sacramentale non è inutile, poiché produce l’effetto del sacramento più perfettamente del solo desiderio, come sopra si è notato a proposito del battesimo”.[2]
Di questo abbiamo una conferma da Gesù stesso, che a santa Caterina da Siena disse: “In questo calice d’oro metto le tue Comunioni sacramentali; in questo calice d’argento metto le tue Comunioni spirituali. Questi due calici mi sono tanto graditi”.
L’Imitazione di Cristo ammonisce di non tralasciare senza motivo la Comunione sacramentale ma assicura: “Se, invece, uno è trattenuto da ragioni valide, ma avrà la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi, costui non mancherà dei frutti del Sacramento. Giacché ognuno che abbia spirito di devozione può, in ogni giorno e in ogni ora, darsi salutarmente, senza che alcuno glielo impedisca, alla comunione spirituale con Cristo […]. Infatti questo invisibile ristoro dell’anima, che è la comunione spirituale, si ha ogni volta che uno medita con devozione il mistero dell’Incarnazione e della Passione di Cristo, accendendosi di amore per Lui”.[3]
Sia ben chiaro che, proprio per la sua prossimità alla Comunione sacramentale, la Comunione spirituale non può portare frutto se l’anima non è in Grazia di Dio. È quindi un errore pensare che la Comunione spirituale possa sostituire quella sacramentale per coloro che non possono accostarsi al Sacramento perché vivono in stato di peccato.
(2. fine)
* Fr. Giorgio Maria Farè – Sacerdote e Carmelitano Scalzo
[1] S. Teresa di Gesù Bambino, Atto d’offerta all’Amore Misericordioso.
[2] Summa Teologica, III, q. 80, art. 1, ad 3.
[3] L’Imitazione di Cristo, Libro IV, Capitolo X.
Se sia più conveniente fare la Comunione spirituale piuttosto che prendere la sacra particola sulla mano e altre domande affini
Quesito
Ecco alcune tra le ultime lettere che Padre Angelo ha ricevuto su tale argomento.
Buonasera Padre Angelo. Volevo chiederle: come ci dobbiamo accostare alla SS. Eucaristica? Oggi durante la confessione il Sacerdote mi ha detto che la comunione si prende alla mano e che durante l’ultima cena Gesù non dice come si deve assumere la comunione. Erano più di 3 mesi che non prendevo la comunione sacramentale e alla fine ho ceduto e l’ho presa alla mano perché ne sentivo il desiderio. Lei cosa mi consiglia? Come devo comportarmi? Grazie in anticipo per la sua attenzione.
Padre pace a voi
in questo momento difficile x tutti dove abbiamo sofferto per questa emergenza volevo chiedere: io sono un fedele praticante
Con questi protocolli sto soffrendo tantissimo ad andare in chiesa.
La cosa che più mi dà sofferenza è l’imposizione di prendere la comunione in mano.
Io non riesco, ho il diritto di lodare, servire e amare il Signore come coscienza mi dice.
Però alcuni sacerdoti dicono che è disobbedienza.
Io sto andando la domenica x onorare il precetto però da oggi sto facendo la comunione spirituale.
Vorrei una vostra parola da domenicano.
Santa Caterina da Siena prega x noi.
Caro don Angelo,
in questi tempi caratterizzati dal Coronavirus sembra che molti – dai politici agli ecclesiastici – considerino il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo come portatore di infezione e non come salvezza.
Ormai è praticamente impossibile trovare un sacerdote che distribuisca l’Eucaristia in bocca ma sempre e solo sulla mano, come se le mani del fedele, che magari sono state appoggiate sul banco della chiesa, possano essere più pulite di quelle del sacerdote che, prima di iniziare la celebrazione, se le è lavate.
Ad ogni modo volevo capire come ci dobbiamo comportare in questi casi, visto che il Corpo di Cristo dovrebbe essere toccato solo da un consacrato:
1) rinunciare a fare la Comunione
2) accettare di farla sulla mano
3) mettere un piccolo fazzolettino sul palmo della mano sinistra dove il sacerdote appoggia l’Ostia consacrata, dopodiché portare l’Ostia direttamente alla bocca (senza prenderla con la mano).
4) altre soluzioni?
Peraltro, dopo aver utilizzato il fazzolettino – da usare solo per la Comunione – come va trattato in caso di lavaggio?
La ringrazio e la saluto molto cordialmente.
Claudia
Buona Domenica padre Angelo,
volevo chiedere una cosa: c’è un mio conoscente cattolico fondamentalista, che dice che le messe che si fanno in italiano non sono valide. Soltanto la messa con rito in latino è valida (secondo la Tradizione). Ora, questo è il motivo per cui io non vado mai a messa…perché nella mia zona non ci sono sacerdoti che celebrano messe in latino. Dovrei spostarmi fuori zona… ma, non essendo automunita mi è un pò difficile.
Questo mio conoscente sostiene che nella liturgia in italiano vengono modificate alcune parole e quindi per questo non è valida, e che inoltre, prendere la comunione da un sacerdote che celebra la messa in italiano è un sacrilegio!
Sono realmente vere queste cose?
Risposta del sacerdote
Carissimi,
1. colgo l’occasione delle vostre per dare la risposta alle varie persone che mi chiedono consiglio su come comportarsi i questo tempo a motivo del coronavirus.
Alcuni i visitatori mi dicono che piuttosto di ricevere la santa Comunione sulla mano preferiscono fare la sola Comunione spirituale.
Altri dicono che ricevere la Santa Comunione sulla mano sarebbe sacrilegio e adducono la testimonianza di San Tommaso.
Altri ancora dicono che se si partecipa alla Messa celebrata nella lingua locale la Messa non sarebbe valida per cui non avendo la possibilità di partecipare alla Santa Messa in latino (nel cosiddetto vetus ordo) hanno deciso di non andare neanche a Messa.
Altri dicono infine che i sacerdoti che celebrano la Santa Messa secondo il rito antico (vetus ordo) piuttosto di dare la Santa Comunione in mano come sarebbe prescritto (ma questo non è vero, come dirò tra breve) chiedono ai fedeli di limitarsi a fare la Comunione spirituale.
2. Parto anzitutto da quello che prevede il protocollo governo – Cei dal quale non si evince che la Santa Comunione debba essere data sulla mano.
Ecco il testo: 3.4. La distribuzione della Comunione avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso; gli stessi – indossando la mascherina, avendo massima attenzione a coprirsi naso e bocca e mantenendo un’adeguata distanza di sicurezza – abbiano cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli.
3. Può darsi che in alcune diocesi i vescovi abbiano dato misure più restrittive. Hanno l’autorità di farlo. Ma di per sé non ci si può appellare al protocollo governo – Cei per dire che così è stato comandato.
Pertanto i fedeli, nel caso non vi siano le ulteriori limitazioni date dal loro vescovo, hanno il diritto di ricevere la Santa Comunione direttamente in bocca.
4. Sull’affermazione di altri che temono di fare un sacrilegio ricevendo la Santa Comunione sulla mano ci si può chiedere se i Vescovi mettano i fedeli nella condizione di fare dei sacrilegi.
È assurdo solo pensarlo.
Qui come minimo ci vorrebbe un po’ di umiltà.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che con il Battesimo siamo stati unti con il sacro crisma, segno della nostra consacrazione e che nei primi secoli della Chiesa, in un clima di persecuzioni, i cristiani portavano la Santa Comunione a quelli che ne erano impediti.
Si pensi al caso di San Tarcisio il quale, ancora adolescente e pertanto né prete né diacono, il 15 agosto del 257 subì il martirio mentre portava l’Eucaristia ai cristiani in carcere.
5. È vero che San Tommaso dice che compete al sacerdote la distribuzione della santa Comunione e porta tre motivi:
“Primo, perché egli consacra in persona di Cristo.
Ora, Cristo, come consacrò da sé il proprio corpo, così da sé lo distribuì agli altri. Quindi come al sacerdote appartiene la consacrazione del corpo di Cristo, così appartiene a lui distribuirlo.
Secondo, perché il sacerdote è costituito intermediario tra Dio e il popolo. Perciò come spetta a lui offrire a Dio i doni del popolo, così tocca a lui dare al popolo i doni santi di Dio.
Terzo, perché per rispetto verso questo sacramento esso non viene toccato da nessuna cosa che non sia consacrata: e quindi sono consacrati il corporale, il calice e così pure le mani del sacerdote per poter toccare questo sacramento” (Somma teologica, III, 82, 3).
6. Ma è anche vero che San Tommaso conclude con le seguenti parole: “ A nessun altro quindi è permesso toccarlo fuori di un caso di necessità: se, p. es., stesse per cadere a terra, o in altri casi simili” (Ib.).
Ciò significa che i motivi che ha portato sono di grande convenienza, ma non si tratta di verità di fede (dogma), perché nessuno in nessun caso può essere dispensato dalle verità di fede.
7. Sull’astenersi dalla comunione sacramentale preferendo fare solo quella spirituale piuttosto che prendere la santa particola sulla mano c’è da dire che si fanno male i conti perché “la comunione sacramentale produce l’effetto del sacramento più perfettamente del solo desiderio, come sopra abbiamo notato a proposito del battesimo”, come avverte San Tommaso (Somma teologica, III, 80, 1, ad 3).
A proposito delle battesimo spirituale o di solo desiderio ricorda quanto avvenne tra il battesimo di desiderio in Cornelio e quello sacramentale: “prima del battesimo Cornelio e altri in simili condizioni hanno conseguito la grazia e le virtù per mezzo della fede cristiana e del desiderio implicito o esplicito del battesimo; nel battesimo però essi hanno ottenuto maggiore quantità di grazia e di virtù” (III, 69,4,ad 2). In quest’ultima circostanza mentre Pietro, che in quel momento era il ministro del battesimo parlava, “lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola” (At 10,44).
8. La comunione spirituale è una comunione di desiderio: “ma un desiderio sarebbe vano se non venisse appagato quando l’opportunità lo consente.
Di conseguenza è chiaro che l’uomo è tenuto a ricevere questo sacramento non solo per la legge della Chiesa, ma anche per il precetto del Signore: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1 Cor 11,24).
La legge della Chiesa non fa che determinare i tempi in cui si deve eseguire il precetto di Cristo” (Somma teologica, III, 80, 11).
“”È vera umiltà” dice S. Gregorio “quella che non si ostina a respingere ciò che utilmente viene comandato“. Non sarebbe quindi umiltà lodevole, se uno contro il precetto di Cristo e della Chiesa si astenesse del tutto dalla comunione” (Ib., ad 1).
9. Il Concilio di Trento dice la stessa cosa: “Il santo concilio desidererebbe che ad ogni Messa i fedeli presenti si comunicassero non soltanto spiritualmente, con il desiderio interiore, ma anche sacramentalmente, attraverso il ricevimento dell’Eucaristia, che apporterebbe loro più abbondantemente i frutti di questo sacrificio” (DS 1747).
10. Infine la validità della celebrazione eucaristica non dipende dalla lingua in cui viene celebrata, perché allora neanche Cristo avrebbe istituito l’Eucaristia non avendo usato le parole latine.
A dire il vero non ha usato neanche quelle greche riportate nei Vangeli e in san Paolo, ma quelle aramaiche.
Anche quando la Messa veniva celebrata solo secondo il vetus ordo gli orientali cattolici continuavano a usare la lingua greca.
La validità della celebrazione della Messa dipende dalla presenza del pane e del vino e dalle parole consacratorie pronunciate dal sacerdote.
Astenersi dalla partecipazione all’Eucaristia semplicemente perché non si fa in latino o non si usa il vetus ordo è come dire che un’opera d’arte perde tutto il suo valore se non ha quella determinata cornice.
Ma qui c’è di mezzo una realtà infinitamente più grande e meritoria.
I sacerdoti che celebrano col vetus ordo e nell’impossibilità di dare la Santa Comunione in bocca chiedono di fare solo la Comunione spirituale privano i fedeli di un grande frutto.
Questa non è carità.
I riti sono nell’ordine dei mezzi. L’Eucaristia invece è il fine della vita cristiana perché contiene Cristo stesso.
11. Inoltre non mi sembra congruo l’uso del fazzolettino se le mani sono igienizzate sia da parte del sacerdote che da parte del fedele, senza dire della possibilità dei frammenti che sul palmo della mano sono visibili e consumabili, mentre nel fazzolettino sono più esposti alla profanazione, anche nel caso che il fazzolettino venga bruciato.
12. Infine non dobbiamo dimenticare le parole del Signore che non vanno intese solo spiritualmente: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,53-57).
Santa Caterina da Siena non si accontentava della Comunione spirituale, che certamente era sempre presente nella sua vita, ma accostandosi al suo confessore per chiedergli il permesso di fare la Comunione sacramentale (a quei tempi era necessario il permesso per farla spesso) gli diceva: “Padre, ho fame! Per amore di Dio date il cibo all’anima mia” (beato Raimondo da Capua, Santa Caterina da Siena, 315).
Con l’augurio che qualora non sia possibile riceverla in bocca nessuno si astenga dalla Santa Comunione piuttosto di riceverla sulla mano perché perderebbe molti beni assicuro la mia preghiera.
Padre Angelo
Ecco alcune tra le ultime lettere che Padre Angelo ha ricevuto su tale argomento.
Buonasera Padre Angelo. Volevo chiederle: come ci dobbiamo accostare alla SS. Eucaristica? Oggi durante la confessione il Sacerdote mi ha detto che la comunione si prende alla mano e che durante l’ultima cena Gesù non dice come si deve assumere la comunione. Erano più di 3 mesi che non prendevo la comunione sacramentale e alla fine ho ceduto e l’ho presa alla mano perché ne sentivo il desiderio. Lei cosa mi consiglia? Come devo comportarmi? Grazie in anticipo per la sua attenzione.
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Padre pace a voi
in questo momento difficile x tutti dove abbiamo sofferto per questa emergenza volevo chiedere: io sono un fedele praticante
Con questi protocolli sto soffrendo tantissimo ad andare in chiesa.
La cosa che più mi dà sofferenza è l’imposizione di prendere la comunione in mano.
Io non riesco, ho il diritto di lodare, servire e amare il Signore come coscienza mi dice.
Però alcuni sacerdoti dicono che è disobbedienza.
Io sto andando la domenica x onorare il precetto però da oggi sto facendo la comunione spirituale.
Vorrei una vostra parola da domenicano.
Santa Caterina da Siena prega x noi.
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Caro don Angelo,
in questi tempi caratterizzati dal Coronavirus sembra che molti – dai politici agli ecclesiastici – considerino il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo come portatore di infezione e non come salvezza.
Ormai è praticamente impossibile trovare un sacerdote che distribuisca l’Eucaristia in bocca ma sempre e solo sulla mano, come se le mani del fedele, che magari sono state appoggiate sul banco della chiesa, possano essere più pulite di quelle del sacerdote che, prima di iniziare la celebrazione, se le è lavate.
Ad ogni modo volevo capire come ci dobbiamo comportare in questi casi, visto che il Corpo di Cristo dovrebbe essere toccato solo da un consacrato:
1) rinunciare a fare la Comunione
2) accettare di farla sulla mano
3) mettere un piccolo fazzolettino sul palmo della mano sinistra dove il sacerdote appoggia l’Ostia consacrata, dopodiché portare l’Ostia direttamente alla bocca (senza prenderla con la mano).
4) altre soluzioni?
Peraltro, dopo aver utilizzato il fazzolettino – da usare solo per la Comunione – come va trattato in caso di lavaggio?
La ringrazio e la saluto molto cordialmente.
Claudia
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Buona Domenica padre Angelo,
volevo chiedere una cosa: c’è un mio conoscente cattolico fondamentalista, che dice che le messe che si fanno in italiano non sono valide. Soltanto la messa con rito in latino è valida (secondo la Tradizione). Ora, questo è il motivo per cui io non vado mai a messa…perché nella mia zona non ci sono sacerdoti che celebrano messe in latino. Dovrei spostarmi fuori zona… ma, non essendo automunita mi è un pò difficile.
Questo mio conoscente sostiene che nella liturgia in italiano vengono modificate alcune parole e quindi per questo non è valida, e che inoltre, prendere la comunione da un sacerdote che celebra la messa in italiano è un sacrilegio!
Sono realmente vere queste cose?
Risposta del sacerdote
Carissimi,
1. colgo l’occasione delle vostre per dare la risposta alle varie persone che mi chiedono consiglio su come comportarsi i questo tempo a motivo del coronavirus.
Alcuni i visitatori mi dicono che piuttosto di ricevere la santa Comunione sulla mano preferiscono fare la sola Comunione spirituale.
Altri dicono che ricevere la Santa Comunione sulla mano sarebbe sacrilegio e adducono la testimonianza di San Tommaso.
Altri ancora dicono che se si partecipa alla Messa celebrata nella lingua locale la Messa non sarebbe valida per cui non avendo la possibilità di partecipare alla Santa Messa in latino (nel cosiddetto vetus ordo) hanno deciso di non andare neanche a Messa.
Altri dicono infine che i sacerdoti che celebrano la Santa Messa secondo il rito antico (vetus ordo) piuttosto di dare la Santa Comunione in mano come sarebbe prescritto (ma questo non è vero, come dirò tra breve) chiedono ai fedeli di limitarsi a fare la Comunione spirituale.
2. Parto anzitutto da quello che prevede il protocollo governo – Cei dal quale non si evince che la Santa Comunione debba essere data sulla mano.
Ecco il testo: 3.4. La distribuzione della Comunione avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso; gli stessi – indossando la mascherina, avendo massima attenzione a coprirsi naso e bocca e mantenendo un’adeguata distanza di sicurezza – abbiano cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli.
3. Può darsi che in alcune diocesi i vescovi abbiano dato misure più restrittive. Hanno l’autorità di farlo. Ma di per sé non ci si può appellare al protocollo governo – Cei per dire che così è stato comandato.
Pertanto i fedeli, nel caso non vi siano le ulteriori limitazioni date dal loro vescovo, hanno il diritto di ricevere la Santa Comunione direttamente in bocca.
4. Sull’affermazione di altri che temono di fare un sacrilegio ricevendo la Santa Comunione sulla mano ci si può chiedere se i Vescovi mettano i fedeli nella condizione di fare dei sacrilegi.
È assurdo solo pensarlo.
Qui come minimo ci vorrebbe un po’ di umiltà.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che con il Battesimo siamo stati unti con il sacro crisma, segno della nostra consacrazione e che nei primi secoli della Chiesa, in un clima di persecuzioni, i cristiani portavano la Santa Comunione a quelli che ne erano impediti.
Si pensi al caso di San Tarcisio il quale, ancora adolescente e pertanto né prete né diacono, il 15 agosto del 257 subì il martirio mentre portava l’Eucaristia ai cristiani in carcere.
5. È vero che San Tommaso dice che compete al sacerdote la distribuzione della santa Comunione e porta tre motivi:
“Primo, perché egli consacra in persona di Cristo.
Ora, Cristo, come consacrò da sé il proprio corpo, così da sé lo distribuì agli altri. Quindi come al sacerdote appartiene la consacrazione del corpo di Cristo, così appartiene a lui distribuirlo.
Secondo, perché il sacerdote è costituito intermediario tra Dio e il popolo. Perciò come spetta a lui offrire a Dio i doni del popolo, così tocca a lui dare al popolo i doni santi di Dio.
Terzo, perché per rispetto verso questo sacramento esso non viene toccato da nessuna cosa che non sia consacrata: e quindi sono consacrati il corporale, il calice e così pure le mani del sacerdote per poter toccare questo sacramento” (Somma teologica, III, 82, 3).
6. Ma è anche vero che San Tommaso conclude con le seguenti parole: “ A nessun altro quindi è permesso toccarlo fuori di un caso di necessità: se, p. es., stesse per cadere a terra, o in altri casi simili” (Ib.).
Ciò significa che i motivi che ha portato sono di grande convenienza, ma non si tratta di verità di fede (dogma), perché nessuno in nessun caso può essere dispensato dalle verità di fede.
7. Sull’astenersi dalla comunione sacramentale preferendo fare solo quella spirituale piuttosto che prendere la santa particola sulla mano c’è da dire che si fanno male i conti perché “la comunione sacramentale produce l’effetto del sacramento più perfettamente del solo desiderio, come sopra abbiamo notato a proposito del battesimo”, come avverte San Tommaso (Somma teologica, III, 80, 1, ad 3).
A proposito delle battesimo spirituale o di solo desiderio ricorda quanto avvenne tra il battesimo di desiderio in Cornelio e quello sacramentale: “prima del battesimo Cornelio e altri in simili condizioni hanno conseguito la grazia e le virtù per mezzo della fede cristiana e del desiderio implicito o esplicito del battesimo; nel battesimo però essi hanno ottenuto maggiore quantità di grazia e di virtù” (III, 69,4,ad 2). In quest’ultima circostanza mentre Pietro, che in quel momento era il ministro del battesimo parlava, “lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola” (At 10,44).
8. La comunione spirituale è una comunione di desiderio: “ma un desiderio sarebbe vano se non venisse appagato quando l’opportunità lo consente.
Di conseguenza è chiaro che l’uomo è tenuto a ricevere questo sacramento non solo per la legge della Chiesa, ma anche per il precetto del Signore: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1 Cor 11,24).
La legge della Chiesa non fa che determinare i tempi in cui si deve eseguire il precetto di Cristo” (Somma teologica, III, 80, 11).
“”È vera umiltà” dice S. Gregorio “quella che non si ostina a respingere ciò che utilmente viene comandato“. Non sarebbe quindi umiltà lodevole, se uno contro il precetto di Cristo e della Chiesa si astenesse del tutto dalla comunione” (Ib., ad 1).
9. Il Concilio di Trento dice la stessa cosa: “Il santo concilio desidererebbe che ad ogni Messa i fedeli presenti si comunicassero non soltanto spiritualmente, con il desiderio interiore, ma anche sacramentalmente, attraverso il ricevimento dell’Eucaristia, che apporterebbe loro più abbondantemente i frutti di questo sacrificio” (DS 1747).
10. Infine la validità della celebrazione eucaristica non dipende dalla lingua in cui viene celebrata, perché allora neanche Cristo avrebbe istituito l’Eucaristia non avendo usato le parole latine.
A dire il vero non ha usato neanche quelle greche riportate nei Vangeli e in san Paolo, ma quelle aramaiche.
Anche quando la Messa veniva celebrata solo secondo il vetus ordo gli orientali cattolici continuavano a usare la lingua greca.
La validità della celebrazione della Messa dipende dalla presenza del pane e del vino e dalle parole consacratorie pronunciate dal sacerdote.
Astenersi dalla partecipazione all’Eucaristia semplicemente perché non si fa in latino o non si usa il vetus ordo è come dire che un’opera d’arte perde tutto il suo valore se non ha quella determinata cornice.
Ma qui c’è di mezzo una realtà infinitamente più grande e meritoria.
I sacerdoti che celebrano col vetus ordo e nell’impossibilità di dare la Santa Comunione in bocca chiedono di fare solo la Comunione spirituale privano i fedeli di un grande frutto.
Questa non è carità.
I riti sono nell’ordine dei mezzi. L’Eucaristia invece è il fine della vita cristiana perché contiene Cristo stesso.
11. Inoltre non mi sembra congruo l’uso del fazzolettino se le mani sono igienizzate sia da parte del sacerdote che da parte del fedele, senza dire della possibilità dei frammenti che sul palmo della mano sono visibili e consumabili, mentre nel fazzolettino sono più esposti alla profanazione, anche nel caso che il fazzolettino venga bruciato.
12. Infine non dobbiamo dimenticare le parole del Signore che non vanno intese solo spiritualmente: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,53-57).
Santa Caterina da Siena non si accontentava della Comunione spirituale, che certamente era sempre presente nella sua vita, ma accostandosi al suo confessore per chiedergli il permesso di fare la Comunione sacramentale (a quei tempi era necessario il permesso per farla spesso) gli diceva: “Padre, ho fame! Per amore di Dio date il cibo all’anima mia” (beato Raimondo da Capua, Santa Caterina da Siena, 315).
Con l’augurio che qualora non sia possibile riceverla in bocca nessuno si astenga dalla Santa Comunione piuttosto di riceverla sulla mano perché perderebbe molti beni assicuro la mia preghiera.
Padre Angelo