Catechist’s mail: i Doni dello Spirito Santo e la Confessione

I sacramenti della Confermazione e della Penitenza.

…. mi chiamo Manuele, abito nella diocesi di Cosenza, e la prossima primavera riceverò, insieme ad altri ragazzi, la Cresima. Vorrei chiederti se hai qualche consiglio da darmi per ben prepararmi a ricevere questo sacramento. Grazie.

Manuele C.

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il testo in video catechesi:

01-prima-serie-risposte-3_54c800701eefaCarissimo Manuele,

il primo consiglio che sento di darti è la preghiera. Sembra un consiglio scontato e magari già preghi, ma la Preghiera che ti consiglio è proprio quella del “tu per Tu”, tu e Dio, magari sostando più frequentemente davanti al Tabernacolo, passare del tempo con Lui magari anche imparando il sacro silenzio. Gesù nei vangeli ci rammenta di non sprecare troppe parole, nel Getzemani parla di “vegliare” con Lui, insomma, restaurare un rapporto con Lui fatto di adorazione, affidamento, silenzio che non è un tacere, ma lasciare parlare il cuore, fare in modo che Gesù possa raggiungerci.

Anche la meditazione dei Misteri del Rosario davanti al Tabernacolo sono fonte di grandi ispirazioni, sono colloquio interiore con Dio attraverso il Cuore di Maria.

Puoi unire a questa Preghiera la meditazione sui Sette Doni che stai per ricevere, meditarli uno per ogni giorno della settimana fino al grande giorno. Pregare lo Spirito Santo affinchè ti aiuti a comprenderli imparando fin da adesso a farli entrare nella tua vita quotidiana:

1. la sapienza, riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà (Sap. 7,25-26); la sapienza vera viene donata agli umili;

2. L’intelletto è una luce soprannaturale, che illumina l’occhio dell’anima fortificandola e donandole una più estesa vista sulle cose divine. La condizione indispensabile per il dono dell’intelletto è la purezza di cuore : un cuore puro è un cuore sincero, limpido, leale, trasparente, libero da ogni male.

“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti ed agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.” (Mt.5,8).

3. Il dono del consiglio ci fa attuare il proposito di vivere secondo il Vangelo nelle situazioni concrete : ci ispira scelte conforme alla volontà di Dio, ci aiuta a risolvere i problemi della condotta personale. “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.”(Rm. 12,2). Ci consiglia nelle opere buone che dobbiamo fare per rendere credibile la fede che diciamo di professare.

4. La fortezza è dono della bontà di Dio e frutto della redenzione : Maria, la Madre di Dio, è donna forte nei disagi, nei pericoli, nel silenzioso servizio quotidiano nella famiglia, più ancora ai piedi della croce, ed è oggi modello di fortezza per tutti.

“Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.”(Gv. 14,23).

5. Il dono della scienza insegna a fare ringraziamento e offerta di ogni cosa creata perché ci è stata data per aiutarci nel cammino verso Dio. La scienza suggerisce un ordinato e illuminato distacco dalle creature per entrare in armonia e in profonda comunione con esse e assaporarne tutta la bellezza come riflesso della bellezza di Dio.

Nel Siracide leggiamo :”…pose lo sguardo nel cuore degli uomini per mostrare loro la grandezza delle sue opere”, “I loro occhi contemplarono la grandezza della sua gloria e i loro orecchi sentirono la magnificenza della sua voce”. Il dono della scienza è sorgente di lode, di canto ed è fonte di libertà interiore che porta alla contemplazione di Dio.

6. La pietà non è il “pietismo”, ma un vero dono dello Spirito Santo attraverso il quale siamo resi capace di corrispondere all’amore misericordioso che Dio ha riversato dalla Croce su di noi e, ancora oggi, riversa su di noi attraverso i Sacramenti, specialmente la Confessione e l’Eucaristia presa nello stato di grazia e attraverso la Sua Presenza reale nel Tabernacolo quando trascorriamo del tempo con Lui. Consapevole della propria povertà, la creatura si abbandona al suo Creatore per riceverne consolazione. Un esempio concreto di questa vera pietà la riscontriamo nella vita dei Dodici Apostoli scelti da Gesù, come hanno reagito, come si sono trasformati, cosa hanno imparato, come sono morti, specialmente nella storia di San Paolo vediamo applicata questa pietà, il dono della pietà che trasforma il nostro cuore e vi infonde gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù.

7. “Venite, figli, ascoltatemi; vi insegnerò il timore del Signore”(Sal. 34,12)

Mentre l’amore ci fa accelerare il passo, il vero e sacro timor di Dio ci induce a guardare dove posiamo il passo per non cadere. Il timore servile induce a fuggire il peccato per evitare le pene eterne dell’inferno: è un timore buono, che per molti uomini lontani da Dio rappresenta il primo passo verso la conversione e l’inizio dell’amore, è una grande difesa contro le tentazioni e le attrattive del male. Il cristiano è mosso dall’amore divino ed è chiamato ad amare: quando l’amore elimina ogni timore, questo si trasforma tutto in amore.

Dobbiamo imparare a coltivare il santo timore di Dio, per avere una percezione forte del senso del peccato, per non avere paura ” di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima” ma avere santo timore di “Colui che può far perire e l’anima e il corpo…”.

Il dono del timore è per eccellenza il dono della lotta contro il peccato.

Infine il Santo Padre ci ha ricordato diverse volte l’importanza di approfondire il giorno del nostro Battesimo, ricordarne la data come quando festeggiamo il compleanno perché, giustamente, anche il giorno del Battesimo è un compleanno, è il giorno in cui siamo stati rigenerati in Cristo. Altri facevano le promesse a Dio per noi, ora con la Cresima noi ci assumiamo la responsabilità e la cura di quelle Promesse. Sarebbe perciò bello riscoprire quel giorno in preparazione della Cresima che è appunto la confermazione di quel primo dono che ci ha tolto il Peccato originale e ci ha rivestiti di Cristo.

Nel farti gli auguri più fraterni per questo traguardo, preghiamo l’un per l’altro giorno dopo giorno (non dimenticarti della potente arma del Rosario), consapevoli di entrare sempre più addentro nella grande Famiglia della Chiesa in Cielo, nella Comunione dei Santi che invochiamo ogni volta quando pronunciamo la professione della nostra fede, il Credo.

Dio ti benedica.

+Sia lodato Gesù Cristo.

–  si ascolti anche qui: I 7 DONI dello SPIRITO SANTO con il Catechismo:


… ti dico subito che ho qualche perplessità sulla confessione. Se infatti sono pentito dei miei peccati, perché debbo andare a dirli ad un altro peccatore come me? Non posso chiedere perdono a Dio nella mia preghiera privata? Spero che potrai aiutarmi a capire.

Ettore M.

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01-prima-serie-risposte-4_54c801e0a62f3Carissimo Ettore,

il 25 ottobre 2013 così ha spiegato il Santo Padre Francesco proprio sul valore della Confessione: “Alcuni dicono: ‘Ah, io mi confesso con Dio’. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? Dio è là lontano, io dico le cose e non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi. Paolo confessa la sua debolezza ai fratelli faccia a faccia. Altri: ‘No, io vado a confessarmi’ ma si confessano di cose tanto eteree, tanto nell’aria, che non hanno nessuna concretezza. E quello è lo stesso che non farlo. Confessare i nostri peccati non è andare ad una seduta di psichiatria, neppure andare in una sala di tortura: è dire al Signore ‘Signore sono peccatore’, ma dirlo tramite il fratello, perché questo dire sia anche concreto. ‘E sono peccatore per questo, per questo e per questo’ (…) Ma c’è una cosa bella: quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia. E’ una grazia: Io mi vergogno ”.

Dunque, alla domanda che è una tentazione: e chi è il prete per perdonare i peccati? Solo Dio può perdonarli.

Dobbiamo rispondere che il Signore ha dato questo potere agli apostoli (Gv 20,23); questa argomentazione, tra l’altro, proprio nel Vangelo la usavano i farisei, indignati, quando Gesù perdonava i peccati (cfr. Mt 9, 1-8).

E c’è un “però” da considerare… come sai che Dio accetta il tuo pentimento e ti perdona solo per aver  confessato a Lui i tuoi peccati? Senti qualche voce celestiale che te lo conferma? Come sai che sei in condizione di essere perdonato?

E’ interessante vedere come questa argomentazione non è nuova: quasi 1600 anni fa infatti, Sant’Agostino replicava a chi diceva lo stesso: “Nessuno pensa: io opero privatamente, di fronte a Dio… È senza motivo che il Signore ha detto: ‘Ciò che legherete in terra sarà legato in cielo’? Alla Chiesa sono state date le chiavi del Regno dei Cieli senza necessità? Procedendo così frustriamo il Vangelo di Dio, rendiamo inutile la parola di Cristo”.

Non ti confessi perché il sacerdote è santo e immacolato, ma perché lui solo ti può dare l’assoluzione, un potere che ha per il Sacramento dell’Ordine, e non per la sua bontà. L’assoluzione non è nel nome del prete ma della Chiesa che ha ricevuto la gestione dei Sacramenti e lo fa nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Infine, con il peccato, si è interrotto non soltanto un rapporto con Dio, ma anche con la Chiesa perciò, per essere riammessi in questa “Comunione dei santi” è necessario che la Madre Chiesa riceva questa richiesta di perdono affinché possa a sua volta concederla al penitente.

All’angelus del 15.2.2009 così spiegava Benedetto XVI la Confessione:

Disse Gesù al lebbroso:  “Sii purificato!”. Secondo l’antica legge ebraica (cfr. Lv 13-14), la lebbra era considerata non solo una malattia, ma la più grave forma di “impurità” rituale. Spettava ai sacerdoti diagnosticarla e dichiarare immondo il malato, il quale doveva essere allontanato dalla comunità e stare fuori dall’abitato, fino all’eventuale e ben certificata guarigione.

La lebbra perciò costituiva una sorta di morte religiosa e civile, e la sua guarigione una specie di risurrezione. Nella lebbra è possibile intravedere un simbolo del peccato, che è la vera impurità del cuore, capace di allontanarci da Dio. Non è in effetti la malattia fisica della lebbra, come prevedevano le vecchie norme, a separarci da Lui, ma la colpa, il male spirituale e morale. Per questo il Salmista esclama:  “Beato l’uomo a cui è tolta la colpa / e coperto il peccato”. E poi, rivolto a Dio:  “Ti ho fatto conoscere il mio peccato, / non ho coperto la mia colpa. / Ho detto:  Confesserò al Signore le mie iniquità, / e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato” (Sal 31/32, 1.5).

I peccati che commettiamo ci allontanano da Dio, e, se non vengono confessati umilmente confidando nella misericordia divina, giungono sino a produrre la morte dell’anima. Questo miracolo riveste allora una forte valenza simbolica. Gesù, come aveva profetizzato Isaia, è il Servo del Signore che “si è caricato delle nostre sofferenze, / si è addossato i nostri dolori” (Is 53, 4). Nella sua passione, diventerà come un lebbroso, reso impuro dai nostri peccati, separato da Dio:  tutto questo farà per amore, al fine di ottenerci la riconciliazione, il perdono e la salvezza. Nel Sacramento della Penitenza Cristo crocifisso e risorto, mediante i suoi ministri, ci purifica con la sua misericordia infinita, ci restituisce alla comunione con il Padre celeste e con i fratelli, ci fa dono del suo amore, della sua gioia e della sua pace.

Cari fratelli e sorelle, invochiamo la Vergine Maria, che Dio ha preservato da ogni macchia di peccato, affinché ci aiuti ad evitare il peccato e a fare frequente ricorso al Sacramento della Confessione, il Sacramento del Perdono, che oggi va riscoperto ancor più nel suo valore e nella sua importanza per la nostra vita cristiana.

In Gesù e Maria, fraterni saluti e benedizioni.


Altri video sull’argomento da noi già trattati sono i seguenti:


Con l’aiuto di sant’Alfonso de Liguori, ecco le dieci caratteristiche  SCARICA QUI FILE IN PDF per capire se la persona che abbiamo davanti è malvagia ed iniqua e, naturalmente e principalmente, serve anche a NOI per capire in che situazione siamo messi davanti a Dio e al prossimo, nella Chiesa e nel mondo.. Ave Maria

Dieci frutti del male di santAlfonso de Liguori

Dieci caratteristiche per capire se la persona che abbiamo davanti è malvagia ed iniqua e, naturalmente e principalmente, serve anche a NOI per capire in che situazione siamo messi davanti a Dio e al prossimo, nella Chiesa e nel mondo..

San Paolo ci ha indicato i doni e i frutti del Bene, dello Spirito Santo: “Il frutto dello Spirito invece è carità, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, magnanimità, mitezza, fede, modestia, continenza, castità. Contro queste cose non c’è legge” (Gal.5,22-23).

Una curiosità: per la bibbia protestante essi sono 9, ma per la Vulgata cattolica, la Bibbia in latino tradotta dal padre della Chiesa san Girolamo, sono 12 perchè ci sono anche la “modestia e la castità” (CCC n.1832). Senza fare polemiche, il “numero” esatto dei frutti non è una cosa su cui ci si debba concentrare, allora, ci faremo aiutare da sant’Alfonso de Liguori dal quale prendiamo dai suoi scritti la seguente lista che è il contrario del Bene:

1. Dividere: l’iniquo porta la divisione in qualsiasi campo e discussione. Qui spesso si cita a sproposito la parola di Gesù: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione»(Lc.12,49-53). Gesù non sta dicendo la divisione nella o dalla Chiesa per questioni politiche, globaliste, sanitarie o economiche, al contrario, addirittura in famiglia “a causa della Fede in Lui” ossia, Gesù viene al primo posto, i Comandamenti di Dio vengono prima e insieme a quell’amare “noi stessi” ma dello stesso amore di Cristo, amare il prossimo e i familiari stessi, persino i figli che non sono proprietà dei genitori, con quell’amore che si immola, nella Verità in Cristo, sulla Croce. Questo unisce, il suo contrario, divide.

2. Visione distorta della realtà e l’ostinazione a salvaguardare le proprie opinioni errate;

3. Bugie e omissioni dalle cose piccole fino a quelle più importanti, tentando sempre di giustificare i propri errori e peccati;

4. Manipolazione dei fatti, soprattutto a riguardo degli eventi storici della Chiesa;

5. Assenza di rimorsi e, al contrario, avanzare con superbia nel proprio errore;

6. Manie di controllo del proprio modo di ragionare specialmente quando si è nell’errore e qualcuno lo fa notare, chiudendosi nel proprio ego;

7. Parole negative sugli altri, con quella ossessione attraverso la quale si giudicano le intenzioni e i cuori fino ad arrivare alla calunnia, alla menzogna;

8. Teatralità, ossia, mettere in scena le proprie opinioni sbagliate e soggettive contro i fatti oggettivi soprattutto nella Chiesa, giustificando ogni forma di disobbedienza;

9. Le mode del mondo: chiunque le insegue non porta i frutti dello Spirito Santo (2Tim.4,1-5);

10. Maldicenti, avari, rapaci ecc.. l’elenco di san Paolo è chiaro (1Cor.6,9-11 ed anche Rm.1,26-27), qui si risponde con l’apostolo: «la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina» (1Tim.1,9-10).

Come ha detto Gesù ai suoi discepoli, “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt. 7, 16).


NELL’ANNUNCIARE IL SUO DISTACCO SENSIBILE GESU’ PROMETTE AI SUOI DISCEPOLI L’INVIO DELLO SPIRITO CONSOLATORE (S.AGOSTINO)

Il Signore Gesù, dopo aver predetto ai suoi discepoli le persecuzioni che avrebbero dovuto soffrire dopo la sua partenza, soggiunse: Queste cose non ve le ho dette fin da principio perché ero con voi. Adesso, però, vado a colui che mi ha mandato (Gv 16, 5). La prima cosa da vedere qui è se precedentemente aveva o no già predetto le persecuzioni. Gli altri tre evangelisti dimostrano chiaramente che egli ne aveva parlato anche prima di venire alla cena (cf. Mt 24, 9; Mc 13, 9-13; Lc 21, 12-17); mentre, secondo Giovanni, egli ne parlò solo alla fine della cena, quando disse: Queste cose non ve le ho dette fin da principio perché ero con voi.

Si può risolvere la questione rispondendo che anche dagli altri evangelisti risulta che egli era prossimo alla passione quando diceva queste cose. Dunque non disse queste cose fin dal primo momento che era con loro, perché ormai stava per partire e andare al Padre e perciò anche presso gli altri evangelisti si trova la conferma che Gesù pronunciò queste parole: Queste cose non ve le ho dette fin dal principio. Ma come si salva la veracità del Vangelo secondo Matteo, il quale afferma che il Signore preannunziò queste cose non solo a Pasqua, poco prima della Cena e nell’imminenza della Passione, ma fin dal principio, quando i dodici Apostoli vengono presentati con il loro nome e inviati a compiere le opere di Dio (cf. Mt 10, 17)?

In che senso allora si devono intendere queste parole del Signore: Queste cose non ve le ho dette fin dal principio perché ero con voi? Non forse nel senso che egli parla dello Spirito Santo, che sarebbe sceso sui discepoli per rendere a lui testimonianza, quando essi avrebbero dovuto subire tutti questi patimenti e di cui non aveva parlato fin dal principio perché egli era con loro? Questo Consolatore o Avvocato (il greco Paracleto ha questi due significati) era necessario dopo la partenza di Cristo, e perciò egli non ne aveva parlato fin dal primo momento che era con loro e li confortava con la sua presenza. [Ma essendo ormai sul punto di partire, era necessario che annunciasse la venuta dello Spirito Santo, per mezzo del quale doveva essere riversata la carità nei loro cuori rendendoli capaci di proclamare con fiducia la parola di Dio; e così, mentre lo Spirito Santo avrebbe reso testimonianza a Cristo dentro di loro, essi stessi gli avrebbero reso testimonianza, senza scandalizzarsi quando i Giudei ostili li avessero cacciati dalle sinagoghe e li avessero uccisi credendo con ciò di rendere culto a Dio. Perché la carità, che doveva essere riversata nei loro cuori mediante il dono dello Spirito Santo (cf. Rm 5, 5), sopporta tutto (cf. 1 Cor. 13, 7). Ecco dunque il senso completo delle sue parole: egli voleva fare dei discepoli i suoi martiri, cioè i suoi testimoni, per mezzo dello Spirito Santo: sostenuti dalla sua forza operante in loro, essi sarebbero stati capaci di affrontare le più dure persecuzioni, e, infiammati da quel fuoco divino, non si sarebbe raffreddato in loro l’ardore della predicazione. Dunque: Vi ho detto queste cose affinché, quando verrà l’ora, ve ne ricordiate che io ve l’ho detto (Gv 16, 4). Cioè, vi ho detto queste cose, non soltanto perché dovrete subirle, ma anche perché, quando verrà il Paracleto e mi renderà testimonianza, non abbiate a tacere per paura, ma mi rendiate, anche voi, testimonianza. Queste cose non ve le ho dette fin dal principio perché ero con voi, e vi consolavo con la mia presenza corporale sensibile, quale si conveniva a voi ancora bambini].

IV Domenica di Pasqua

Gv. 16,5-14

S.AGOSTINO

Tractatus 94 in Joannem, initio

Breviario Romano, Mattutino Letture del III notturno