Defunti: sepoltura o cremazione? Ecco l’insegnamento della Chiesa

Dato l’aumento di quanti, battezzati e che si dicono “cattolici-praticanti”, preferiscono la cremazione dei propri defunti, ed anche per la propria, alimentando la grande confusione in materia, e date anche le tante domande di chiarimento che ci avete rivolto, rispondiamo con il Magistero della Chiesa premettendo, senza alcuna confusione che, la cremazione di per sè non è vietata e non è “peccato” a patto che… con essa non si intenda rinunciare, manipolare, strumentalizzare la sana dottrina sulla sepoltura dei Defunti che è principio fondamentale per un Cristiano:

«La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» (can. 1176, § 3).

Il giusto Tobia viene lodato per i meriti acquisiti davanti a Dio per aver seppellito i morti, e la Chiesa considera la sepoltura dei morti come un’opera di misericordia corporale.

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Conferenza stampa di presentazione dell’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Ad resurgendum cum Christo” circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, 25.10.2016

Intervento del Card. Gerhard Müller

Eminenze, Eccellenze, Signore e Signori,
Questa mattina viene presentato un nuovo Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si tratta dell’Istruzione Ad resurgendum cum Christo circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione. Il Documento è rivolto ai Vescovi della Chiesa cattolica, ma riguarda direttamente la vita di tutti i fedeli. Vorrei brevemente presentare la problematica di fondo e i contenuti fondamentali di questo testo.

La questione della cremazione ha registrato significativi sviluppi negli ultimi decenni. Questo sembra dovuto innanzi tutto all’inarrestabile incremento della scelta della cremazione nei confronti dell’inumazione in molti Paesi. Si può ragionevolmente ritenere che nel prossimo futuro in tanti Paesi la cremazione sarà considerata come la pratica ordinaria. A questo sviluppo si è accompagnato un altro fenomeno: la conservazione delle ceneri in ambienti domestici, la loro conservazione in ricordi commemorativi o la loro dispersione in natura.

La vigente normativa ecclesiastica in materia di cremazione dei cadaveri è regolata dal Codice di Diritto Canonico: «La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» (can. 1176, § 3). Occorre qui rilevare che, malgrado questa normativa, la pratica della cremazione si è notevolmente diffusa anche nell’ambito della Chiesa cattolica. Per quanto riguarda la pratica della conservazione delle ceneri, non esiste una specifica normativa canonica. Per tale ragione alcune Conferenze Episcopali si sono rivolte alla Congregazione per la Dottrina della Fede, sollevando interrogativi concernenti la prassi di conservare l’urna cineraria in casa o comunque in luoghi diversi dal cimitero, e soprattutto quella di spargere le ceneri in natura.

Dopo avere sentito la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e numerose Conferenze Episcopali e Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha quindi ritenuto opportuno pubblicare una nuova Istruzione con un duplice scopo: primo – ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi; e secondo – emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione (cf. n. 1).

La Chiesa, anzitutto, continua a raccomandare insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in un altro luogo sacro. Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, l’inumazione è la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale. Inoltre, la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti. Prendendosi cura dei corpi dei defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione e si separa da atteggiamenti e riti che vedono nella morte l’annullamento definitivo della persona, una tappa nel processo di re-incarnazione o come fusione dell’anima con l’universo (cf. n. 3).

Qualora per motivazioni legittime venga fatta la scelta della cremazione del cadavere, le ceneri dei fedeli devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo (cf. n. 5). La conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita. Soltanto in caso di circostanze gravi ed eccezionali l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica (cf. n. 6). Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non è permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo, o la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi (cf. n. 7).

Si spera che questa nuova Istruzione possa contribuire perché i fedeli cristiani prendano ulteriore coscienza della loro dignità di “figli di Dio” (Rom 8,16). Siamo di fronte ad una nuova sfida per l’evangelizzazione della morte. L’accettazione dell’essere creatura da parte della persona umana, non destinata all’evanescente scomparsa, domanda di riconoscere Dio come origine e destino dell’esistenza umana: dalla terra proveniamo e alla terra torniamo, in attesa della risurrezione. Occorre pertanto evangelizzare il senso della morte, alla luce della fede in Cristo Risorto, fornace ardente d’amore, che purifica e ricrea, in attesa della risurrezione dei morti e della vita del mondo che verrà (cf. n. 2). Come ha scritto Tertulliano: «La risurrezione dei morti, infatti, è la fede dei cristiani: credendo in essa, siamo tali» (De resurrectione carnis, 1,1).

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Intervento di P. Serge-Thomas Bonino, O.P.

La preoccupazione specifica dell’Istruzione Ad resurgendum cum Christo riguarda le norme sulla conservazione delle ceneri in caso di cremazione. Ma non si deve per questo trascurare la prima parte del titolo: «Circa la sepoltura dei defunti». Difatti, coll’Istruzione la CDF coglie l’opportunità di «ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi», che la Chiesa «raccomanda insistentemente» (n. 3). È il punto dottrinale sul quale vorrei attirare la vostra attenzione.

Difatti, la pratica della sepoltura, a causa del suo alto significato antropologico, simbolico, è in sintonia, da una parte, col mistero della risurrezione e, d’altra parte, coll’insegnamento del cristianesimo sulla dignità del corpo umano. Vediamo, in poche parole, questi due punti.

La Risurrezione di Gesù, che è «principio e sorgente della nostra risurrezione futura» (n. 2), viene presentata dall’Istruzione come «la verità culmine della fede cristiana» (n. 2). Nella risurrezione, Dio porta al suo compimento l’intera opera d’amore iniziata con la creazione. Ora, come attestato dai racconti evangelici, tra il Gesù pre-pasquale e il Gesù risorto, ci sono, contemporaneamente, discontinuità e continuità. Discontinuità, perché il corpo di Gesù dopo la risurrezione si trova in un stato nuovo e presenta delle proprietà che non sono più quelle del corpo nella sua condizione terrestre, a tal punto che né Maria Maddalena né i discepoli lo riconoscevano. Ma, allo stesso tempo, il corpo di Gesù risorto è quel corpo che è nato dalla Vergine Maria, è stato crocifisso e seppellito, e ne porta le tracce. «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate ; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho » (Lc 24, 39). Quindi, non si può negare la continuità reale tra il corpo seppellito ed il corpo risorto, segno che l’esistenza storica, tanto quella di Gesù quanto la nostra, non è un gioco, non viene abolita nell’escatologia, anzi viene trasfigurata.

La risurrezione cristiana non è per tanto né una reincarnazione dell’anima in un corpo indifferente né una ri-creazione ex nihilo. La Chiesa non ha mai smesso di affermare che è proprio il corpo in cui viviamo e moriamo che risusciterà nell’ultimo giorno. Del resto, è la ragione per la quale piace al popolo cristiano, guidato dal sensus fidei, venerare le reliquie dei santi. Esse non sono un semplice ricordo sullo scaffale, ma sono legate all’identità del santo, un tempo Tempio dello Spirito Santo, ed aspettano la risurrezione. Certo, sappiamo che, anche se la continuità materiale venisse ad essere interrotta, come è il caso nella cremazione, Dio è assai potente per ricostituire il nostro corpo proprio a partire dalla nostra sola anima immortale, che garantisce la continuità della nostra identità tra il momento della morte e quello della risurrezione. Ma resta che sul piano simbolico – e l’uomo è un animale simbolico – la continuità viene espressa in modo più adeguato per mezzo delle sepoltura – «il chicco di grano caduto in terra» (Gv 12, 24) – anziché per mezzo della cremazione che distrugge il corpo in modo brutale.

Passo al mio secondo punto. Il cristianesimo, da religione dell’Incarnazione e della Risurrezione, promuove ciò che l’Istruzione chiama «l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia» (n. 3). Ecco una buona notizia per l’uomo odierno. Difatti, le culture contemporanee oscillano tra, da una parte, ridurre la persona umana alla dimensione corporale, nella linea del materialismo, come se il corpo biologico fosse tutta la persona, e, d’altra parte, ridurre il corpo ad un semplice avere come se fosse una realtà straniera, esterna al vero «io» che si concentrerebbe nella sola soggettività; donde una doppia tentazione: o idolatrare il corpo, o ridurlo in schiavitù e ricrearlo per mezzo della tecnica a seconda dei desideri soggettivi di ciascuno. Per la fede cristiana, il corpo non è tutta la persona ma è una parte integrante, essenziale, della sua identità. Anzi, il corpo è come il sacramento dell’anima che si manifesta in lui e per mezzo di lui. Come tale, il corpo partecipa alla dignità intrinseca della persona umana ed al rispetto che le è dovuto. Ecco perché seppellire i defunti è, già nel Antico Testamento, una delle opere di misericordia rispetto al prossimo. L’ecologia integrale che brama il mondo contemporaneo dovrebbe dunque cominciare col rispettare il corpo, il quale non è un oggetto manipolabile a seconda della nostra volontà di potenza, ma il nostro umile compagno per l’eternità. È anche questo che vuole ribadire l’Istruzione.

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Intervento di Mons. Angel Rodríguez Luño

Oltre a raccomandare l’osservanza dell’antichissima tradizione cristiana di seppellire i corpi dei defunti nel cimitero o in altro luogo sacro, l’Istruzione che stiamo presentando oggi dà alcune indicazioni sulla conservazione delle ceneri in caso di cremazione. Il contesto nel quale vanno viste queste indicazioni è quello della sollecitudine della Chiesa affinché il trattamento dei cadaveri dei fedeli sia ispirato da rispetto e carità e possa esprimere adeguatamente il senso cristiano della morte e la speranza della risurrezione del corpo, tenendo come costante punto di riferimento la risurrezione corporale di Cristo, avvenuta dopo la sua passione, morte e sepoltura.

L’indicazione più importante dell’Istruzione è che “le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica” (n. 5). Questa indicazione comporta che “la conservazione delle ceneri nell’abita­zione domestica non è consentita” (n. 6), e solo in casi molto gravi ed eccezionali l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali, potrebbe dare il permesso per agire diversamente.

In ogni caso, e allo scopo di evitare ogni forma di confusione dottrinale, non è permessa “la di­spersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione” (n. 7).

Infatti, la scelta di disperdere le ceneri procede spesso dall’idea che con la morte l’uomo intero venga annientato, arrivando alla fusione con la natura, come se tale fosse il destino finale dell’essere umano. Talvolta può procedere anche da mera superficialità, dal desiderio di occultare o di privatizzare quanto si riferisce alla morte, oppure dal diffondersi di mode di gusto più che discutibile.

Si potrebbe obiettare che in qualche caso la scelta di conservare nella propria abitazione le ceneri di un caro parente (padre, moglie, marito, figlio) sia ispirato da un desiderio di vicinanza e pietà, che faciliti il ricordo e la preghiera. Non è la motivazione più frequente, ma in qualche caso può essere così. C’è tuttavia il rischio che si producano dimenticanze e mancanze di rispetto, soprattutto una volta passata la prima generazione (cf. n. 5), così come si può dar luogo a elaborazioni del lutto poco sane. Ma soprattutto si deve osservare che i fedeli defunti fanno parte della Chiesa, sono oggetto della preghiera e del ricordo dei vivi, ed è bene che i loro resti vengano ricevuti dalla Chiesa e custoditi con rispetto lungo i secoli nei luoghi che la Chiesa benedice a tale scopo, senza venir sottratti al ricordo e alla preghiera degli altri parenti e della comunità.


Istruzione Ad resurgendum cum Christo
circa la sepoltura dei defunti
e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione

1. Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna «andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore» (2 Cor 5,8). Con l’Istruzione Piam et constantem del 5 luglio 1963, l’allora Sant’Uffizio ha stabilito che «sia fedelmente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli», aggiungendo però che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana» e che non siano più negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta «come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa».[1] Questo cambiamento della disciplina ecclesiastica è stato poi recepito nel Codice di Diritto Canonico (1983) e nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (1990).

Nel frattempo la prassi della cremazione si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni, ma nel contempo si sono diffuse anche nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa. Dopo avere opportunamente sentito la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e numerose Conferenze Episcopali e Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto opportuno la pubblicazione di una nuova Istruzione, allo scopo di ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi e di emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione.

2. La risurrezione di Gesù è la verità culminante della fede cristiana, predicata come parte essenziale del Mistero pasquale fin dalle origini del cristianesimo: «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1 Cor 15,3–5).

Mediante la sua morte e risurrezione, Cristo ci ha liberato dal peccato e ci ha dato accesso a una nuova vita: «Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). Inoltre, il Cristo risorto è principio e sorgente della nostra risurrezione futura: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti…; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1 Cor 15,20–22).

Se è vero che Cristo ci risusciterà nell’ultimo giorno, è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Con il Battesimo, infatti, siamo immersi nella morte e risurrezione di Cristo e sacramentalmente assimilati a lui: «Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti» (Col 2,12). Uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipiamo già realmente alla vita di Cristo risorto (cf. Ef 2,6).

Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. La liturgia della Chiesa prega: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo».[2] Con la morte, l’anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Anche ai nostri giorni la Chiesa è chiamata ad annunciare la fede nella risurrezione: «La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali».[3]

3. Seguendo l’antichissima tradizione cristiana, la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro.[4]

Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, mistero alla luce del quale si manifesta il senso cristiano della morte,[5] l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale.[6]

La Chiesa, che come Madre ha accompagnato il cristiano durante il suo pellegrinaggio terreno, offre al Padre, in Cristo, il figlio della sua grazia e ne consegna alla terra le spoglie mortali nella speranza che risusciterà nella gloria.[7]

Seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne,[8] e intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia.[9] Non può permettere, quindi, atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo, sia come una tappa nel processo della re–incarnazione, sia come la liberazione definitiva della “prigione” del corpo.

Inoltre, la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti, che mediante il Battesimo sono diventati tempio dello Spirito Santo e dei quali, «come di strumenti e di vasi, si è santamente servito lo Spirito per compiere tante opere buone».[10]

Il giusto Tobia viene lodato per i meriti acquisiti davanti a Dio per aver seppellito i morti,[11] e la Chiesa considera la sepoltura dei morti come un’opera di misericordia corporale.[12]

Infine, la sepoltura dei corpi dei fedeli defunti nei cimiteri o in altri luoghi sacri favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana, nonché la venerazione dei martiri e dei santi.

Mediante la sepoltura dei corpi nei cimiteri, nelle chiese o nelle aree ad esse adibite, la tradizione cristiana ha custodito la comunione tra i vivi e i defunti e si è opposta alla tendenza a occultare o privatizzare l’evento della morte e il significato che esso ha per i cristiani.

4. Laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi.[13]

La Chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso i defunti; tuttavia la cremazione non è vietata, «a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana».[14]

In assenza di motivazioni contrarie alla dottrina cristiana, la Chiesa, dopo la celebrazione delle esequie, accompagna la scelta della cremazione con apposite indicazioni liturgiche e pastorali, avendo particolare cura di evitare ogni forma di scandalo o di indifferentismo religioso.

5. Qualora per motivazioni legittime venga fatta la scelta della cremazione del cadavere, le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica.

Sin dall’inizio i cristiani hanno desiderato che i loro defunti fossero oggetto delle preghiere e del ricordo della comunità cristiana. Le loro tombe divenivano luoghi di preghiera, della memoria e della riflessione. I fedeli defunti fanno parte della Chiesa, che crede alla comunione «di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa».[15]

La conservazione delle ceneri in un luogo sacro può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose.

6. Per i motivi sopra elencati, la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita. Soltanto in caso di circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale, l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica. Le ceneri, tuttavia, non possono essere divise tra i vari nuclei familiari e vanno sempre assicurati il rispetto e le adeguate condizioni di conservazione.

7. Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione.

8. Nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana, si devono negare le esequie, a norma del diritto.[16]

Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto in data 18 marzo 2016, ha approvato la presente Istruzione, decisa nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione in data 2 marzo 2016, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 15 agosto 2016, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Gerhard Card. Müller
Prefetto

+ Luis F. Ladaria, S.I.Arcivescovo titolare di Thibica
Segretario


[1] AAS 56 (1964), 822-823.

[2] Messale Romano, Prefazio dei defunti, I.

[3] Tertulliano, De resurrectione carnis, 1,1: CCL 2, 921.

[4] Cf. CIC, can. 1176, § 3; can. 1205; CCEO, can. 876, § 3; can. 868.

[5] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1681.

[6] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2300.

[7] Cf. 1 Cor 15,42-44; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1683.

[8] Cf. Sant’Agostino, De cura pro mortuis gerenda, 3, 5: CSEL 41, 628.

[9] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 14.

[10] Cf. Sant’Agostino, De cura pro mortuis gerenda, 3, 5: CSEL 41, 627.

[11] Cf. Tb 2, 9; 12, 12.

[12] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2300.

[13] Cf. Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Istruzione Piam et constantem, 5 luglio 1963: AAS 56 (1964), 822.

[14] CIC, can. 1176, § 3; cf. CCEO, can. 876, § 3.

[15] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 962.

[16] CIC, can. 1184; CCEO, can. 876, § 3.


AGGIORNAMENTO DICEMBRE 2023

DICASTERIUM PRO DOCTRINA FIDEI

Foglio di Udienza con il Santo Padre
(9 dicembre 2023)

Risposta a Sua Em.za, il Card. Matteo Maria Zuppi,
Arcivescovo di Bologna,
circa due quesiti relativi alla conservazione delle ceneri dei defunti,
sottoposti a cremazione.

Con lettera del 30 ottobre 2023 (Prot. n. 2537), il Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, ha rivolto al Dicastero per la Dottrina della Fede due quesiti relativi alla conservazione delle ceneri dei defunti, sottoposti a cremazione.

In particolare, riferiva di aver costituito in Diocesi di Bologna una Commissione, allo scopo di dare una risposta cristiana a vari problemi che derivano dal moltiplicarsi della scelta di cremare i defunti e disperdere le loro ceneri in natura. Lo scopo è anche quello di non far prevalere i motivi economici, suggeriti dal minor costo della dispersione, e dare indicazione per la destinazione delle ceneri, una volta scaduti i termini per la loro conservazione.

Per essere certi di corrispondere non solo alla richiesta dei familiari, ma soprattutto all’annuncio cristiano della risurrezione dei corpi e al rispetto loro dovuto, lo scrivente ha rivolto i seguenti quesiti:

1. Tenuto conto del divieto canonico di disperdere le ceneri di un defunto – analogamente a quanto accade negli ossari, ove si depositano e conservano cumulativamente i resti mineralizzati dei defunti – è possibile predisporre un luogo sacro, definito e permanente, per l’accumulo commisto e la conservazione delle ceneri dei battezzati defunti, indicando per ciascuno i dati anagrafici per non disperdere la memoria nominale?

2. Si può concedere ad una famiglia di conservare una parte delle ceneri di un familiare in un luogo significativo per la storia del defunto?

risposte

Dopo aver debitamente esaminato i contenuti di tali quesiti, si è deciso di rispondere nel modo seguente:

1) Il n. 5 dell’Istruzione Ad resurgendum cum Christo circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede in data 15 agosto 2016, per quanto riguarda la conservazione delle ceneri in apposite urne afferma che le ceneri devono essere conservate in un luogo sacro (cimitero), e anche in un’area appositamente dedicata allo scopo, a condizione che sia stata adibita a ciò dall’autorità ecclesiastica.

Vengono anche date le motivazioni pastorali di questa normativa: «La conservazione delle ceneri in un luogo sacro può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose» (n. 5). Questa normativa presente nella summenzionata Istruzione conserva tutta la sua validità.

2) La nostra fede ci dice che risusciteremo con la stessa identità corporea che è materiale, come ogni creatura su questa terra, anche se quella materia sarà trasfigurata, liberata dai limiti di questo mondo. In questo senso, la risurrezione sarà «in questa carne nella quale ora viviamo» (Formula Fides Damasi nuncupata). Così viene evitato un dannoso dualismo tra materiale e immateriale.

Ma questa trasformazione non implica il recupero delle identiche particelle di materia che formavano il corpo dell’essere umano. Perciò il corpo del risorto non necessariamente sarà costituito dagli stessi elementi che aveva prima di morire. Non essendo una semplice rivivificazione del cadavere, la risurrezione può avvenire anche se il corpo è stato totalmente distrutto o disperso. Ciò ci aiuta a capire perché in molti cinerari le ceneri dei defunti si conservano tutte insieme, senza mantenerle in posti separati.

3) Le ceneri dei defunti, inoltre, procedono da resti materiali che sono stati parte del percorso storico vissuto dalla persona, al punto che la Chiesa ha particolare cura e devozione circa le reliquie dei Santi. Questa attenzione e memoria ci porta anche a un atteggiamento di sacro rispetto verso le ceneri dei defunti, che conserviamo in un luogo sacro adatto alla preghiera e alle volte vicino alle chiese dove si recano le loro famiglie e vicini.

4) Perciò:

A) Per le motivazioni sopra riportate, è possibile predisporre un luogo sacro, definito e permanente, per l’accumulo commisto e la conservazione delle ceneri dei battezzati defunti, indicando per ciascuno i dati anagrafici per non disperdere la memoria nominale.

B) Inoltre, posto che venga escluso ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista e che le ceneri del defunto siano conservate in un luogo sacro, l’autorità ecclesiastica, nel rispetto delle vigenti norme civili, può prendere in considerazione e valutare la richiesta da parte di una famiglia di conservare debitamente una minima parte delle ceneri di un loro congiunto in un luogo significativo per la storia del defunto.

Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto

Ex Audientia Die 9.12.2023

Franciscus


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Preparato su iniziativa e sotto il regno del santo papa Pio X, e promulgato da papa Benedetto XV, il Codice di diritto canonico del 1917 dichiara molto chiaramente (al canone 1203):

  1. I corpi dei fedeli defunti devono essere sepolti, essendo disapprovata la loro cremazione.
     
  2. Se qualcuno ha disposto in qualsiasi modo che il proprio corpo venga cremato, è illecito eseguire tale volontà; e se essa è inserita in un contratto, un testamento o un qualsivoglia atto, essa deve essere considerata come non scritta.

E il canone1240, §1°, precisa ancora: “Siano privati di sepoltura ecclesiastica, a meno che prima della loro morte non abbiano dato segno di penitenza: […] coloro che abbiano disposto che il proprio corpo venga cremato”.

Il nuovo Codice di diritto canonico del 1983 “raccomanda vivamente che si conservi il pio costume della sepoltura del corpo dei defunti; tuttavia non vieta l’incinerazione, a meno  che essa non sia stata scelta per delle ragioni contrarie alla dottrina cristiana.” (canone 1176 §3)

La Chiesa era cosciente del pericolo per le anime

Nove anni dopo la promulgazione del Codice di diritto canonico del 1917, l’istruzione del Sant’Uffizio Cadaverum cremationis (19 giugno 1926), rivolta agli Ordinari dei luoghi del mondo intero, ricordava che sono i nemici del cristianesimo che vantano e propagano la cremazione dei cadaveri:

“[…] In questo costume barbaro, che ripugna non solo alla pietà cristiana, ma anche alla pietà naturale verso i corpi dei defunti e che la Chiesa, fin dalle origini, ha costantemente proscritto, ve ne sono molti, anche tra i cattolici, che non esitano a vedere i vantaggi più lodevoli dovuti ai cosiddetti  progressi  moderni ed alla pubblica igiene. Così, la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio esorta nel modo più vivo i pastori del gregge cristiano a mostrare ai fedeli, di cui hanno la cura, che in fondo i nemici del cristianesimo vantano e propagano la cremazione dei cadaveri solo allo scopo di distogliere poco per volta le menti dalla meditazione della morte, di togliere loro la speranza della resurrezione dei morti e di aprire in tal modo la via al materialismo.

“Di conseguenza, benché la cremazione dei corpi non sia in sé un male in assoluto e in certe congiunture straordinarie, per delle ragioni gravi e ben accertate di ordine pubblico, essa possa essere autorizzata, ed infatti lo sia, non per questo è meno evidente che la sua pratica usuale e in qualche modo sistematica, così come la propaganda in suo favore, costituiscono atti empi, scandalosi e perciò gravemente illeciti; è quindi a buon diritto che i Sommo Pontefici, a più riprese, e ultimamente ancora nel Codice di diritto canonico pubblicato recentemente, l’avevano disapprovata e continuano a disapprovarla”.

E questa istruzione concludeva chiedendo che “i preti  non cessino mai di esaltare l’eminenza, l’utilità ed il significato sublime della sepoltura ecclesiastica, sia privata che pubblica, affinché i fedeli, perfettamente istruiti sulle intenzioni della Chiesa, si distolgano con orrore dall’empia pratica della cremazione”.

La cremazione non è contraria a nessun dogma cattolico

La Chiesa può essere portata a tollerare la cremazione dei corpi in certe circostanze eccezionali, in casi di estrema necessità ed in vista di un bene superiore: in occasione di grandi epidemie contagiose o in caso di una guerra particolarmente mortifera.

La cremazione, considerata in se stessa, non è quindi direttamente contraria a nessun dogma cattolico nemmeno a quello della resurrezione dei corpi, tanto è vero che l’onnipotenza di Dio è assoluta, illimitata. Così il cardinale Billot scrive che “Dio potrebbe fare che un morto risusciti, senza possedere un solo atomo della materia di cui il suo corpo terreno era costituto”.

Tuttavia, l’uso corrente e diffuso della cremazione tra i fedeli  alla lunga non mancherebbe di scuotere profondamente in molte anime alcuni dogmi della fede, specialmente quello della resurrezione dei corpi e del giudizio generale alla fine del mondo, e quello della vita eterna, tutti enunciati nell’ultima parte del Credo.

La cremazione pregiudica l’integrità della fede

La massoneria d’altronde non si è sbagliata: aveva compreso perfettamente che la cremazione era un mezzo per pregiudicare l’integrità della fede “nel volgo”, come ammetteva, ad esempio, nella circolare rivolta ai suoi aderenti, alla fine del XIX secolo:

“La Chiesa romana ci ha lanciato una sfida condannando la cremazione dei corpi che la nostra società aveva finora propagato con i migliori risultati. I Fratelli dovrebbero usare ogni mezzo per diffondere l’uso della cremazione. La Chiesa, proibendo di bruciare i corpi, afferma i suoi diritti sui vivi e suoi morti, sulle coscienze e sui corpi, e cerca di conservare nel volgo le credenze, oggi dissipate alla luce della scienza, che toccano l’anima spirituale e la vita futura”.

Bruciare i corpi defunti dunque non è privo di conseguenze per la fede:

  • spingendo al massimo l’annientamento visibile dell’individuo, la cremazione conduce molte anime a negare più facilmente ogni vita futura dopo la morte fisica;
     
  • tale atto di distruzione violenta priva, per quanto è possibile, l’immaginazione umana della possibilità di figurarsi la resurrezione futura dei corpi, che la cremazione sembra rendere irrealizzabile e assurda, per la mente umana troppo superficiale.

Questo pericolo che intacca l’integrità della fede si verifica d’altra parte nella storia dei popoli: storicamente, la cremazione è sempre stata legata ad un simbolismo materialista e pagano che esisteva presso alcuni popoli in opposizione assoluta con il simbolismo spiritualista e cristiano dell’inumazione.

La Ragione della pietà naturale

Bruciare il corpo di un defunto equivale a fargli subire una violenza inaudita, a distruggerlo secondo un modo che è contrario all’ordine naturale come è stato enunciato dal Creatore ad Adamo dopo la caduta del peccato originale: “E mangerai il pane col sudore della fronte, fin quando tornerai alla terra perché è da essa che sei stato tratto; perché sei polvere ed in polvere ritornerai”.

Secondo l’espressione di Mons. Charles-Emile Freppel (1827-1891), violentare il corpo di un defunto bruciandolo, “è un atto di ferocia che ha lo scopo di fare scomparire il più in fretta e il più completamente possibile la spoglia mortale di coloro che ci sono più cari, e ciò il giorno stesso delle esequie, in mezzo alle lacrime di tutta la famiglia”.

Questa verità è pienamente confermata dalla testimonianza dell’accademico Henri Lavedan (1859-1940) che assistette, al forno crematorio di Milano, alla cremazione di un cadavere umano: “Certamente, è la più toccante impressione di orrore che io abbia mai provato, tale che non cercherò nemmeno di renderla. Al solo ricordo di quel corpo che si contorceva, di quelle braccia che battevano l’aria, chiedendo grazia, di quelle dita contratte e che si arrotolavano come trucioli, di quelle gambe nere che tiravano grandi calci con i piedi, avendo preso fuoco come fossero torce (un momento ho creduto di sentirlo urlare),mi vengono i brividi, ho il sudore freddo alla fronte e retrospettivamente  patisco anch’io il supplizio di quel morto sconosciuto di cui ho inteso la carne gridare e protestare”.

In definitiva, l’amore coniugale, la pietà filiale, l’amicizia non possono accettare di consegnare ad un’opera di distruzione così violenta e così contraria alla natura il corpo di una sposa, di un padre, di un figlio, di un amico che, da vivi, con dei gesti di affetto, hanno manifestato il loro amore per i loro cari. A questa ragione se ne aggiunge un’altra.

La Ragione della pietà cristiana

La realtà dei sacramenti esprime la larga partecipazione del corpo fisico all’opera di santificazione della persona tutta intera. I sacramenti infatti sono “dei segni visibili ed efficaci della grazia”, il che significa che la materia di ogni sacramento (acqua per il battesimo, sacro crisma per la cresima, ecc.) deve essere applicata dal celebrante (in genere un sacerdote o un vescovo) su una parte del corpo di colui che riceve il sacramento.

E’ quindi normale che la Santa Chiesa tratti col massimo rispetto i corpi dei fedeli defunti che sono stati il tempio dello Spirito Santo, santificati durante la loro vita dai vari sacramenti: l’aspersione dell’acqua benedetta e l’incensamento del corpo defunto da parte del ministro della Chiesa nel momento dell’assoluzione, dopo la messa del funerale. Questo onore reso al corpo del defunto deve quindi naturalmente prolungarsi dopo la sua “deposizione” in terra, in un cimitero, che significa “dormitorio” secondo il suo significato etimologico,  dove dormirà il suo ultimo sonno aspettando la resurrezione di tutti i corpi alla fine del mondo.

I cimiteri sono luoghi che portano molto spesso le persone che li visitano a ricordarsi dei propri doveri di preghiera verso i defunti, ed a meditare sui fini ultimi:la morte, il giudizio particolare, il Paradiso e l’Inferno, la resurrezione della carne ed il giudizio generale alla fine del mondo.

E’ una verità così vera che la Santa Chiesa, nostra Madre, nella sua grande saggezza, ha legato alla visita di un cimitero un’indulgenza plenaria, applicabile alle anime del purgatorio, indulgenza che si può lucrare ogni giorno tra il 1 e l’8 novembre, a condizione di pregare per i defunti nel corso di questa visita.

Sulla porta di alcuni cimiteri, talvolta leggiamo questa iscrizione: Fuimus quod estis.Eritis quod sumus (“Eravamo quello che siete. Sarete quello che siamo”) che ci invita a meditare sulla morte. Altre porte di cimiteri espongono questo invito: “Voi che passate, pregate per noi”, per ricordarci il nostro dovere verso quelli che ci hanno preceduto nell’eternità.

Don Claude Pellouchoud (fonte FSSPX italia)


Dal momento che sono solo e non ho nessuno che provvederà a fare dei suffragi per me, che cosa posso fare per entrare al più presto in Paradiso?

Questo articolo è disponibile qui nell’originale

Quesito

Gentile Padre Angelo Bellon,
sono Marco da …, ho scoperto recentemente il vostro sito Amici dei Domenicani e vorrei porre un quesito, se possibile, di utilità per la pratica cristiana.
Ho letto che le anime del Purgatorio che non ricevono preghiere non vanno subito in Paradiso e devono aspettare molto tempo. 
Nel mio caso non ho persone che possono pregare per me o chiedere Messe di suffragio.
In questo caso devo affidarmi a un istituto religioso di mia scelta per concordare questa pratica per la mia salvezza prima della dipartita? 
Grazie per la disponibilità.
Distinti Saluti


Risposta del sacerdote

Caro Marco,
1. è giusto pensare ai suffragi post mortem, soprattutto se si sa che non ci sono persone care che vi provvederanno spontaneamente.
Non è necessario riferirsi direttamente a istituti religiosi.
Piuttosto nelle disposizioni testamentarie lascia scritto in dettaglio tutti i suffragi che vuoi.
In tal modo indicherai anche le persone cui affiderai tale incombenza.

2. In passato ho avuto l’opportunità di ricordare le disposizioni testamentarie di San Giuseppe Cafasso, un santo che tra l’altro fu confessore e direttore spirituale di San Giovanni Bosco.
Diede disposizione di far celebrare per la propria anima e al più presto 400 Messe di suffragio.
Per ogni Messa aveva disposto una buona offerta da consegnare al sacerdote celebrante.

3. Dopo la Messa, hanno grande potere di suffragio le elemosine.
Dal momento che il Cafasso durante la sua vita era stato anche cappellano dei carcerati, dispose che dopo la sua morte venisse data una lira ad ogni carcerato in suo suffragio.
Era consapevole di quello che dice la Sacra Scrittura: “Come l’acqua spegne il fuoco, così l’elemosina espia i peccati” (Sir 3,29).

4. Anche oggi vi sono persone che lasciano buona parte o anche tutti i loro beni alla Chiesa per suffragare la propria anima.
Il beato Giuseppe Allamano, il fondatore dei missionari della Consolata, il 2 novembre diceva ai suoi seminaristi: “Andando in cimitero pregate anche sulla tomba dell’ingegner N.N.. Voleva darmi in eredità la sua villa per il nostro istituto. Al mio diniego disse: “Lasci che faccia un po’ di bene alla mia anima. Mi lasci morire in pace”.

5. Ecco, esamina da te stesso ciò che puoi fare alla luce degli esempi che ti ho presentato.
Nel frattempo vivi nella maniera più retta, più pura e più gradita a Dio che sia possibile.
Se puoi, vai a Messa tutti i giorni, recita il Santo Rosario quotidianamente, confessati in maniera regolare e frequente, procura di appropriarti delle indulgenze della Chiesa.
Soprattutto compi tanti atti di carità e di pazienza per amore di Dio.
Le occasioni di esercitare la pazienza per amore di Dio le hai sempre a portata di mano.
Ricorda che la carità (e la pazienza sopportata per amore di Dio è un atto di carità!) copre una moltitudine di peccati.
Così ha detto Dio per bocca di San Pietro: “La carità copre una quantità di peccati” (1 Pt 4,8).
Salomone, prima di lui e ancora nell’Antico Testamento, aveva detto che  “la carità copre tutti i peccati” (Pr 10,12).

Con l’augurio che così facendo tu possa entrare dritto in Paradiso, eliminando addirittura il purgatorio, ti benedico e ti ricordo volentieri nella preghiera.
Padre Angelo

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