Popule meus, quid feci tibi? aut in quo contristavi te? responde mihi!
Popolo mio, che ti ho fatto? in cosa ti ho contristato? rispondimi!
Molti conoscono questa prima frase di un testo antico che la Chiesa canta il Venerdì Santo, ma pochi ne conoscono la provenienza.
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Questa sequenza, litanica possiamo dire, si chiama “Improperia, Improperies” ossia “Lamento di Dio“, ed è plurale Improperium = rimprovero, cioè il rimprovero amorevole e misericordioso di Gesù non contro le persone che lo hanno messo a morte, ma contro la perspicace e superba resistenza a voler continuare a non rispondere a quelle domande scomode che Dio pone a chi ha deciso di metterlo a morte, di consegnarlo alla croce e così nel tempo, anche noi quando, restando reprobi nel peccare, torniamo a crocifiggere nuovamente Gesù.
Questo canto ha la forma di un canto mesto e meditato, di domande (responsoriale cantato) alle quali si risponde chinando la testa e riconoscendo la grandezza di Dio, davanti a tutta la nostra condizione miserevole e bisognosa di Lui, il nostro Salvatore.
La figura di Gesù lamenta il fatto che il suo popolo (“popule meus“) è stato ingrato ed ingiusto con il suo Dio, mentre Egli lo ha condotto fuori dall’Egitto liberandolo dalla schiavitù e l’ha nutrito con manna durante l’attraversamento nel deserto. Il coro allora, risponde con una lode a Dio, il Tre volte Santo.
Il canto è probabilmente di origine bizantina. Viene cantata dal coro, mentre i fedeli adorano la Croce. Dopo gli Improperia viene Crux fidelis cantato.
Inizialmente, gli Improperia erano unanimi con il Canto gregoriano, ma in seguito furono composte in polifonia, incluso il grande Palestrina (1525-1594).
Tuttavia è bene ricordare che, la parte iniziale, la riscontriamo nel Profeta Michea al cap. 6 “Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. Forse perché ti ho fatto uscire dall’Egitto, ti ho riscattato dalla casa di schiavitù e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria?” (vv.3-4 e ss)
Il rito, testimoniato a Gerusalemme già nel III sec. (descritto da Eteria) fu accolto anche in Occidente verso il VI secolo. Clicca qui il canto: Gesù mio con dure funi…
E dunque, si struttura in due sezioni, che possono essere lette e meditate:
La prima parte prevede tre improperia (destinate ai solisti del coro):
1] Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi! — Quia eduxi te de terra Aegypti: parasti Crucem Salvatori tuo.
Popolo mio, che ti ho fatto? In cosa ti ho contrariato? Rispondimi. — Ti ho liberato dall’Egitto e tu prepari la Croce per il tuo Salvatore?
2] Quia eduxi te per desertum quadraginta annis, et manna cibavi te, et introduxi in terram satis optimam: parasti Crucem Salvatori tuo.
Ti ho condotto quarant’anni attraverso il deserto, ti ho cibato con la manna, ti ho portato in una terra rigogliosa e tu prepari la Croce per il tuo Salvatore?
3] Quid ultra debui facere tibi, et non feci? Ego quidem plantavi te vineam meam speciosissimam: et tu facta es mihi nimis amara: aceto namque sitim meam potasti: et lancea perforasti latus Salvatori tuo.
Cos’altro dovrei fare che non ho fatto? Ho piantato per te la mia florida vigna e tu ti sei comportato in modo così amaro: hai dato aceto per dissetar la mia sete e hai aperto il fianco con una lancia al tuo Salvatore.
A cui ogni volta risponde il primo coro con il Trishagion greco (da hagios, santo, cioè “il Tre volte Santo”, onore e gloria al Dio Uno e Trino) a cui replica l’altro coro con la traduzione latina.
Hagios o Theos = Sanctus Deus……. Santo Dio
Hagios Ischyros = Sanctus Fortis….. Santo forte
Hagios Athanatos, eleison hymas = Sanctus Immortalis, miserere nobis……
Santo e immortale, abbi pietà di noi.
La seconda parte ribadisce gli stessi concetti sopra espressi ma suddivisi in nove improperia (cantati su modello salmodico) intercalati dal coro che ripete ogni volta i primi versi con cui aveva esordito nella prima parte: “Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi!“:
1] Ego propter te flagellavi Aegyptum cum primogenitis suis: et tu me flagellatum tradidisti.
— Io per te ho colpito l’Egitto attraverso i suoi primogeniti e tu mi ripaghi con il dolore.
2] Ego te eduxi de Aegypto, demerso Pharaone in Mare Rubrum: et tu me tradidisti principibus sacerdotum.
— Io ti ho liberato dall’Egitto, ho sommerso il faraone nel mar Rosso e tu mi ripaghi con le sentenze dei sacerdoti.
3] Ego ante te aperui mare: et tu aperuisti lancea latus meum.
— Io davanti a te ho aperto il mare e tu hai aperto con la lancia il mio fianco.
4] Ego ante te præivi in columna nubis: et tu me duxisti ad prætorium Pilati.
— Io ti ho condotto in paradiso e tu mi porti davanti alla corte di Pilato.
5] Ego te pavi manna per desertum: et tu me cecidisti alapis et flagellis.
— Io ti ho offerto la manna nel deserto e tu mi ferisci con spine e flagelli.
6] Ego te potavi aqua salutis de petra: et tu me potasti felle et aceto.
— Io ti ho dissetato con l’acqua santa della pietra e tu mi disseti con fiele e aceto.
7] Ego propter te Chananaeorum reges percussi: et tu percussisti arundine caput meum.
— Io per te ho colpito i re di Canan e tu percuoti la mia testi con un bastone.
8] Ego dedi tibi sceptrum regale: et tu dedisti capiti meo spineam coronam.
— Io ti ho dato lo scettro regale e tu mi circondi il capo con una corona di spine
9] Ego te exaltavi magna virtute: et tu me suspendisti in patibulo Crucis.
— Io ti ho elevato con la virtù e tu mi appendi al patibolo della croce.
Preghiamo e ringraziamo, siamo grati a Dio per tutto…. si canta anche il 14 settembre
Crux fidélis, inter omnes arbor una nóbilis!
Nulla talem silva profert fronde, flore, gérmine.
Dulce lignum, dulces clavo dulce pondus sústinens!
(Croce fedele, nobile albero, unico tra tutti! Nessun bosco ne offre uno simile per fiore, fogliame, germoglio. Dolce legno, dolci chiodi, che sostenete il dolce peso.)
– Pange lingua, gloriosi, proelium certaminis,
et super Crucis tropaeo dic triumphum nobilem,
qualiter Redemptor orbis immolatus vicerit.
(Esalti ogni lingua nel canto lo scontro e la grande vittoria, e sopra il trofeo della Croce proclami il suo grande trionfo, poichè il Redentore del mondo fu ucciso e fu poi vincitore.)
Crux fidélis, inter omnes arbor una nóbilis!
Nulla talem silva profert fronde, flore, gérmine.
(da qui una versione tipo)
– Quando venit ergo sacri plenitudo temporis,
missus est ab parce Patris, Natus orbis conditor,
atque ventre verginali, carne factus prodiit.
(E quando il momento fu giunto del tempo fissato da Dio,
ci venne qual dono del Padre il Figlio, creatore del mondo;
agli uomini venne incarnato nel grembo di Vergine Madre.)
Dulce lignum, dulces clavo dulce pondus sústinens!
Dolce legno, dolci chiodi, che sostenete il dolce peso.
– Vagit infans inter arta conditus praesaepia,
membra pannis involuta, Virgo Mater alligat,
et manus pedesque et crura stricta cingit fascia.
(Vagisce il Bambino, adagiato in umile, misera stalla,
le piccole membra ravvolge e copre la Vergine Madre,
ne cinge le mani ed i piedi, legati con candida fascia.)
Crux fidélis, inter omnes arbor una nóbilis!
Nulla silva talem profert fronde, flore, gérmine.
– Lustra sex qui iam peregit tempus implens corporis,
se volente, natus ad hoc, passioni deditus,
Agnus in crucis levatur immolandus stipite.
(Compiuti trent’anni e conclusa la vita mortale,
il Signore offriva se stesso alla morte, per noi,
in Croce è innalzato l’Agnello che viene immolato per noi).
Dulce lignum, dulces clavo dulce pondus sústinens!
Dolce legno, dolci chiodi, che sostenete il dolce peso.
– Aequa Patri Filioque, inclito Paraclito,
sempiterna sit beatae Trinitati gloria;
cuius alma nos redemit atque serva gratia
( Al Padre sia gloria ed al Figlio, e all’inclito Paraclito;
sia gloria alla sempre ed Eterna Trinità;
il Suo Amore l’anima ha redento, servo della grazia)
GALLERIA FOTO- Adorazione del Venerdì Santo













