Divertirsi non è affatto il segreto per una vita felice

Dice sant’Agostino: «quando l’uomo vive secondo la verità, non vive secondo sé stesso ma secondo Dio»; «l’uomo è stato creato naturalmente per vivere non secondo sé stesso, ma secondo Colui che l’ha creato, cioè per fare la Sua volontà, anziché la propria». Oggi, dato che l’importante è divertirsi, non riusciamo nemmeno a trovare assessori. (Angela Pellicciari)

QUI L’AUDIO DEL TESTO:


«Vi auguro di superare gli ostacoli che la vita ci pone davanti (…) andate avanti a testa alta con forza e divertitevi, il segreto è divertirsi». Con queste parole il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha unito in matrimonio due omosessuali. Qui la riflessione intelligente di Angela Pellicciari che condividiamo totalmente.

Non ci soffermeremo sulla problematica delle unioni omosessuali, poiché è una forma aberrante, contro natura, una unione sterile, sterile in tutti i sensi, sterile dalle fondamenta, sterile culturalmente e materialmente. Nella pagina Dossier troverete comunque molto materiale interessante sul vero matrimonio. Ci soffermeremo invece sul concetto, altrettanto aberrante, di divertimento espresso, molto poveramente, da un sindaco non certo di un paesino sperduto, ma di una grande Città che era una volta Roma. Se una volta si poteva dire di Roma: la capitale che tutto il mondo ci invidiava, la Caput mundi, la Città eterna, oggi è diventata la caput della più infima ignoranza e bassezza, e non intendiamo solo l’aspetto esteriore di una Città decaduta, sporca, abbandonata o sfruttata dalle ambizioni corrotte dei politici di turno, ma soprattutto l’aspetto culturale, quell’aspetto che un sindaco dovrebbe curare, dovrebbe amare a tal punto da sacrificare un tantino della propria superbia, cupidigia, vanagloria, a vantaggio di una Città che dovrebbe insegnare al mondo ancora qualche cosa.

Veniamo subito al nocciolo: il segreto della vera felicità non è affatto il divertimento, non è divertirsi. Chi ragiona in questo modo è davvero pezzente dentro, è un miserabile. Vedete, la povertà ha una sua dignità. Il povero può essere tale, ma non essere miserabile o pezzente. Il povero è da aiutare, il miserabile è da commiserare; il povero si lascia aiutare, il miserabile vive e campa della sua miseria morale e spirituale, ed è felice di vivere così. Il vero povero è umile, il miserabile è vanitoso nella sua miseria.

E’ davvero da commiserare un sindaco che non conosce il significato dei termini che usa. Divertimento o il divertire, viene nella sua etimologia da divertere, diversus o deversus che, in sostanza, significa “volgere altrove in direzione opposta, DEVIARE…” Significa far prendere un’altra direzione, distogliere l’attenzione, ricreare, generare sollazzi, distraendo l’animo da pensieri che non si vogliono avere. Non a caso, il divertere, sta anche come derivazione del termine divorzio, e non è una coincidenza.

La cultura del divertimento, effettivamente, c’è sempre stata, basti pensare ai giochi delle civiltà passate, nel mondo greco o pagano, tuttavia è solo dal secolo scorso che – il divertimento – ha preso il sopravvento nel modo peggiore. Non abbiamo nulla contro il “sano divertimento”, quello che indica – ad esempio – il passatempo, la cura di un hobby, una escursione, una gita, rilassarsi ascoltando della buona musica, la festa di un compleanno, di un anniversario, una partita di calcio con gli amici, e così via, ed è certo che il divertimento in se stesso non è affatto un peccato, tutto sta all’uso che ne facciamo, al modo per cui lo impieghiamo, ma questo divertimento è solo – appunto – un passatempo, un momento della giornata, ma non è la vita, non è il vivere, non è il fondamento di una vita veramente felice, e non è dunque la felicità. E allora, un sindaco che augura a delle persone il divertimento quale segreto di una vita felice, è davvero ignorante, miserabile, pezzente dentro.

Ora, se etimologicamente parlando, il termine divertire ha un certo senso, la funzione di “volgere altrove” per esempio, una mente affaticata dal lavoro, invitando così la persona a “distrarsi”, riacquistare una certa serenità dallo stress lavorativo (si pensi anche a quel sano divertimento che si offre, ad esempio, ad una persona uscita da una lunga malattia, o stressata da cure faticose, o uscita da un grave lutto), non ha alcun senso rivolto nei termini espressi dal sindaco di Roma. Intanto perché gli ostacoli della vita non si superano affatto col divertimento. Il divertimento è una pausa, non la condizione di una vita. Poi c’è il divertimento sano, accennato sopra, e il divertimento sbagliato, l’eccesso, l’esagerazione come ad esempio l’uso di droghe, il sesso usato come quel “volgere altrove, deviare”, le orge i cui testi storici, classici o narrativi, ci hanno ben fornito le descrizioni, l’uso appunto della sessualità non per lo scopo scientifico e naturale di cui è strumento, ma per divertimento…

Il segreto di una vita felice, perciò, non è affatto il divertimento, il quale può diventare, semmai, l’espressione di come uno sta vivendo la propria vita. Un po’ come i test: dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Dimmi come ti diverti e capirò che vita stai vivendo. In migliaia, e da che mondo è mondo, hanno provato a dare ricette per una vita felice, ma una ricetta non esiste. La vera felicità è uno sviluppo che inizia da bambini e molto dipende dall’ambiente in cui si cresce, dalle nozioni che si ricevono, dalla forza di carattere e di volontà di ognuno, è una maturazione che dura tutta la vita, con alti e bassi, con momenti propizi e meno propizi, con momenti di vera felicità, alternati a lutti, malattie, sofferenze…

Certo, per noi credenti in Cristo Gesù, la vera felicità consiste nell’incontrarlo, accoglierlo e seguirne gli insegnamenti, diventare suoi discepoli per l’eternità. Non pretendiamo perciò che tutti comprendano le nostre riflessioni, ma alla base dell’insegnamento del Cristo non c’è una religione fra le tante, una dottrina fra le tante, delle ricette fra tante, piuttosto c’è una legge comune che si chiama “legge naturale”, e che è valida per tutti gli uomini e le donne di ogni razza, lingua, continente e valida per tutte le generazioni. Questa legge naturale ci insegna che la vera felicità ha delle regole del gioco da rispettare, e rispettando queste regole si fa esperienza della vera felicità. Ci insegna che una vita terrena che ha come conclusione l’invecchiare e il morire, non può essere la vera felicità. La vera felicità può essere solo quella che ti da prova che la vita è davvero eterna e, che se si rispettano le sue regole, si inizia ad assaporare questa felicità qui sulla terra, per vivere felici eternamente.

Certo, non pretendiamo che tutti possano comprendere le parole di Gesù in Matteo 19 quando parla del celibato e, sotto intendendo appunto una certa vera felicità, aggiunge pure che non tutti lo comprendono. Così come le parole della Vergine Immacolata a Lourdes alla piccola Bernadette: “Io non vi prometto la felicità in questo mondo”, vedi qui, ma è palese che per vivere una vita felice, veramente felice, ci sono delle regole del gioco da rispettare, da vivere. Non esiste alcun diritto alla felicità, questa la si raggiunge quando le regole che alimentano l’essere felici, sono rispettate e vissute. Allora anche il divertimento è un sano “volgere lo sguardo altrove” per distrarsi dallo stress del lavoro, o per recuperare serenità dopo una malattia, o un lutto….

Una cosa è certa: abbiamo un sindaco che promette la felicità a delle persone su questa terra, nel mentre si violano tutte le leggi naturali, insegnando che il segreto – di tale felicità – sarebbe il divertimento; e abbiamo la Madre di Dio, la Vergine Santissima che dice esattamente l’opposto e non nasconde alla piccola Bernadette che non potrà farla felice su questa terra. Il perché è palese: la felicità vera non appartiene a questo mondo, ma è la “vita eterna”, per questo non esiste alcun segreto che Cristo non ci abbia manifestato, rivelato, sulla vera felicità. Perciò, cara sindachessa, la vita non è un circo, e noi non siamo dei pagliacci! “Sia che mangiate o che beviate o che facciate qualsiasi altra cosa, fate ogni cosa per la gloria di Dio”(1Cor.10,31), la Sacra Scrittura insegna che il sano divertimento è dono di Dio, ma condanna ogni insano divertimento, compresa l’ubriachezza, la ghiottoneria e l’immoralità, e avverte che quelli che praticano queste cose “non erediteranno il regno di Dio”, che è la vera felicità per cui viviamo. (1Cor.6,9-10; Prov.23,20-21; 1Pt.4,1-4)

_018-divertimento-2La “vita felice piace a tutti”, dice sant’Agostino nel suo Discorso 306, vedi qui, con il quale concludiamo queste nostre riflessioni.

La vera vita è quella eterna e felice. Necessariamente eterna la vita felice.

  1. 7. Com’è fratelli? Quando io domandavo se era vostro desiderio vivere, davate tutti una risposta affermativa, se volevate star bene in salute, eravate tutti per la sanità. Però, se c’è il timore che vengano meno la salute e la vita, non si tratta più di vita. Non è infatti un vivere sempre, ma un temere sempre. Sempre temere è trovarsi sempre nell’afflizione. Se la sofferenza è perenne, dov’è la vita eterna? Teniamo per certo che è felice solo la vita eterna; anzi, non c’è felicità che nella vita: infatti, se non è eterna e se non è in pienezza perpetua, indubbiamente non è felice e non è vita. Abbiamo trovato la soluzione, tutti sono d’accordo. Abbiamo certo raggiunto la meta con il pensiero, non ancora nella realtà. La realtà tutti aspirano a possederla: non c’è alcuno che non lo desideri. Sia cattivo, sia buono, la ricerca; chi è buono, però, con fiducia; chi è cattivo, sfacciatamente. Perché cerchi il bene, o malvivente?

O non è la tua stessa richiesta a risponderti, quanto tu sia disonesto, pretendendo, cattivo, il bene? Non richiedi roba altrui? Allora, se cerchi il sommo bene, cioè la vita, sii buono per raggiungere il bene. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti (Mt.19,17). Ma, quando avremo raggiunto la vita, a che serve che io aggiunga “eterna”? A che serve che io aggiunga “felice? Vita una volta per sempre, perché è vita quella che è, insieme, eterna e felice. Quando saremo pervenuti alla vita, avremo la certezza di vivere in essa per sempre. Infatti, se ci troveremo là e non avremo la certezza di durarvi per sempre, anche là saremo nel timore. E se ci sarà timore, ci sarà sofferenza non del corpo, ma, quel che è peggio, dell’anima. Ma quale felicità dov’è sofferenza? Avremo, quindi, la sicurezza di trovarci sempre in quella vita e che non potremo vederne la fine, perché saremo nel regno di colui del quale è stato detto: E il suo regno non avrà fine (Lc.1,33).

  1. 7. La Sapienza, facendo conoscere la gloria dei santi di Dio, la cui morte è preziosa al suo cospetto, afferma – come avete ascoltato al termine della lettura -: E il Signore regnerà per sempre su di loro (Sap.3,8). Saremo dunque nel regno grande e di durata eterna e, appunto perché giusto, grande ed eterno. (…)

Aggiungi alla vita la verità, ed eccoti la vita felice. Giacché nessuno vuole essere ingannato così come nessuno vuole morire. Mostrami un uomo che voglia essere ingannato. Di coloro che sono intenzionati a ingannare se ne trovano ben molti: nessuno che voglia essere ingannato. Vedi di trarre le conclusioni per tuo conto. Non vuoi essere ingannato, non ingannare: non fare ciò che non vuoi subire. Tu che vuoi entrare nella vita dove non puoi essere ingannato, vivi in modo da escludere l’inganno. Vuoi entrare nella vita dove non puoi essere ingannato? Chi è che non lo voglia? La ricompensa procura piacere; non devi rifiutare l’opera che comporta la ricompensa. Vivi adesso la vita in cui non devi ingannare, ed entrerai in quella vita dove non puoi essere ingannato. A chi è veritiero sarà corrisposta quale mercede la verità e a chi vive rettamente nel tempo sarà corrisposta, quale mercede, l’eternità. (..)

Infine, fratelli, tutti vogliamo questo: la vita e la verità. Ma quale via percorriamo, lungo quale itinerario ci muoviamo? Infatti con il pensiero e il discernimento, siamo nondimeno già in grado di credere e vedere la meta cui tendiamo, sebbene non sia ancora in nostro possesso: siamo protesi verso la vita e la verità. È Cristo stesso. Che via vuoi percorrere? Egli dice: Io sono la via. Dove vuoi andare? Io sono e la verità e la vita (Gv.14,6).

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Ricorda che:

Il 5 gennaio 1870 san Giovanni Bosco ebbe un sogno profetico circa gli avvenimenti futuri della Chiesa e del mondo. Scrisse egli stesso ciò che vide e udì, e il 12 febbraio lo comunicò al Papa Pio IX. È una profezia che, come tutti i vaticini, ha i suoi punti oscuri. Don Bosco fece notare come fosse difficile comunicare ad altri con segni esterni e sensibili ciò che aveva veduto. Secondo lui quanto aveva narrato non era che « la Parola di Dio accomodata alla parola dell’uomo». Ma i molti punti chiari mostrano come realmente Iddio abbia svelato al suo Servo segreti ignoti a tutti, perché venissero palesati a bene della Chiesa e a conforto dei cristiani. L’esposizione comincia con una affermazione esplicita: «Mi trovai alla considerazione di cose soprannaturali », difficili da comunicare. La profezia è distinta in tre parti:

1 su Parigi: sarà punita perché non riconosce il suo Creatore;

2 sulla Chiesa: sarà afflitta da discordia e da divisioni interne;

3 sull’Italia e su Roma in particolare, che superbamente disprezza la legge del Signore. Per tale causa sarà vittima di grandi flagelli. Vedi qui.


Si legga anche:

Abolire il peccato non renderà più felici i peccatori

“Io non vi prometto la felicità in questo mondo”

La visione del Vangelo sulla carità e felicità non è quella della pastorale attuale

Ricreazione sì, divertimento no