Conferenza a Trento del prof. Roberto de Mattei sul Concilio di Trento

La nostra registrazione audio della conferenza del prof. Roberto de Mattei, storico della Chiesa, sul Concilio di Trento tenutasi proprio a Trento il 25 ottobre 2016, organizzato dalla fondazione lepanto.

Il Concilio di Trento: risposta cattolica all’eresia protestante


Professio Fidei Tridentina

Il 31 ottobre 1517 segnò l’inizio della rivoluzione protestante con l’affissione delle tesi di Martin Lutero a Wittenberg. Nel V centenario che si apre, ricordiamo la Professione di Fede antiluterana promulgata da papa Pio IV nel 1564 a conclusione del Concilio di Trento.

Cliccare qui per scaricare il pdf

Sulla drammatica citazione di Papa Adriano VI riportata dal professor de Mattei, vi mettiamo la parte intera, grazie al sito: www.pliniocorreadeoliveira.info/IT_Mea_culpa_di_AdrianoVI.htm#.Y8hyrnbMJhE

Dunque, di questa Istruzione rileviamo l’ultima e più notevole parte:

“Dirai ancora che noi apertamente confessiamo che Iddio permette avvenga questa persecuzione della sua Chiesa a causa dei peccati degli uomini e in particolare dei preti e prelati; è certo che la mano di Dio non s’è accorciata sì che egli non possa salvarci, ma è il peccato a distaccarci da lui sì che Egli non ci esaudisce. La Sacra Scrittura insegna chiaramente che i peccati del popolo hanno la loro origine nei peccati del clero e perciò, come rileva il (S. Giovanni) Crisostomo, il nostro Redentore, quando volle purgare l’inferma città di Gerusalemme, andò prima al tempio per punire innanzi tutto i peccati dei preti, a guisa d’un buon medico, che sana la malattia nella radice. Sappiamo bene che anche presso questa Santa Sede già da anni si sono manifestate molte cose detestabili: abusi in cose ecclesiastiche, lesioni dei precetti; anzi, che tutto s’è cambiato in male. Non è pertanto da far meraviglia se la malattia s’è trapiantata dal capo nelle membra, dai papi nei prelati.

Tutti noi, prelati e ecclesiastici, abbiamo deviato dalla strada del giusto e da lunga pezza non v’era alcuno che facesse bene. Dobbiamo quindi noi tutti dare onore a Dio e umiliarci innanzi a lui: ognuno mediti perché cadde e si raddrizzi piuttosto che venir giudicato da Dio nel giorno dell’ira sua. Perciò tu in nome nostro prometterai che noi vogliamo porre tutta la diligenza perché venga migliorata prima di tutto la Corte romana, dalla quale forse hanno preso il loro inizio tutti questi mali; allora, come di qui è partita la malattia, di qui anche comincerà il risanamento, a compiere il quale noi ci consideriamo tanto più obbligati perché tutti desiderano tale riforma. Noi non abbiamo mai agognato la dignità papale ed avremmo più volentieri chiuso i nostri occhi nella solitudine della vita privata: volentieri avremmo rinunciato alla tiara e solo il timore di Dio, la legittimità dell’elezione e il pericolo d’uno scisma ci hanno indotto ad assumere l’ufficio di sommo pastore, che non vogliamo esercitare per ambizione, né per arricchire i nostri congiunti, ma per ridare alla Chiesa santa, sposa di Dio, la sua primiera bellezza, per aiutare gli oppressi, per innalzare uomini dotti e virtuosi, in genere per fare tutto ciò che spetta a un buon pastore e a un vero successore di san Pietro.

“Però nessuno si meravigli se non eliminiamo d’un colpo solo tutti gli abusi, giacché la malattia ha profonde radici ed è molto ramificata: si farà quindi un passo dopo l’altro e dapprima si ovvierà con medicine appropriate ai mali gravi e più pericolosi affinché con un’affrettata riforma di tutte le cose non si ingarbugli ancor più il tutto. A ragione dice Aristotele che ogni improvviso cambiamento è pericoloso alla repubblica” (cfr. op. cit., vol. IV, Parte II, Roma, Desclée & C. Editori, 1923, pagg. 87-88).

I commenti sono chiusi.

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑