Kasper conferma: la Chiesa cambia il paradigma

Anche se certe ammissioni possono e devono sempre scandalizzarci, memori delle parole di Gesù “gli scandali sono necessari, ma guai a colui per cui avviene lo scandalo”(Mt.18,7), possiamo ritenerci soddisfatti del fatto che, più questi cardinali fanno ammissioni chiare, più le tenebre si diradano e ci consentono di denunciare l’errore. Perché, diciamocelo onestamente, non è affatto vero che un prete, perché è vescovo o cardinale e in certi casi persino un papa, deve ritenersi infallibile a prescindere dalla dottrina! Essi sono infallibili solo quando non stravolgono il Vangelo dal quale abbiamo ricevuto certe dottrine che sono immutabili non per una scelta opzionale o per partito preso, ma perché sono “Parola di Dio”, punto!.

Il cardinale Kasper, in verità, non dice una novità quanto piuttosto chiarisce lo sradicamento dottrinale che vogliono imporre alla Chiesa. E’ Kasper stesso che racconta un poco l’evoluzione di questa apostasia che ci stanno imponendo attraverso la pastorale, di cui se ne compiace (contento lui!), ed è qui riportato da La nuova Bussola quotidiana che vi invitiamo a leggere per comprendere di cosa stiamo parlando.

Aiutiamo subito i nostri Lettori a chiarirci sull’uso dei termini come è nostra sollecitudine fraterna. Paradigma…. che appare come un termine difficile significa, assai più semplicemente “dimostrare chiaramente”, viene dal greco para-dèigma: esemplare, esempio, e para-deiknyo mostro, mostrare. Quindi possiamo sintetizzare che esso significa: «mostrare, presentare, confrontare». In altri casi può intendere una “proposta come modello di stile”. Nel suo essere  ha il respiro amplissimo del prototipo, del modello fondamentale e rappresentativo. Tanto per fare un esempio chiarificatore, nel linguaggio filosofico tale termine è usato da Platone per designare le realtà ideali concepite come eterni modelli delle transeunti realtà sensibili, e da Aristotele per indicare l’argomento, basato su un caso noto, a cui si ricorre per illustrare uno meno noto o del tutto ignoto.

Ora, quando il cardinale Kasper dice: non si tratta, di un cambiamento dottrinale, ma di un «cambio di paradigma», cioè si passerebbe da un punto di vista «legislativo» ad un altro che si riferisce «all’etica della virtù di San Tommaso d’Aquino»….

o davvero non sa quello che dice, oppure c’è proprio il dolo. Intanto è falso asserire che non vi sarà un cambiamento di dottrina perché, nel momento in cui  si va a modificare il paradigma, cioè la realtà concepita dai Padri e da tutto il Magistero bimillenario  che sta all’ origine della dottrina, è ovvio che alle nuove generazioni, al catechismo, si andrà ad insegnare, in questo caso, che l’Eucaristia può essere ricevuta da chiunque anche in stato di peccato consapevole.  E per arrivare a questo cita, erroneamente e stravolgendolo, San Tommaso d’Aquino sulla questione del “male minore”.

Il concetto moderno di questa “nuova etica” del “male minore” nasce da un rassegnato giudizio di realtà secondo cui: insomma, le cose ormai stanno così, bisogna accettarle, bisogna arrendersi alle “maggioranze”, ed è inutile pensare di vivere in una società ideale diversa da quella presente, perciò sfruttiamo tutto ciò che possiamo per il bene anche se ciò comporta dei sacrifici in termini di verità e di bene assoluti….. e si cita, a sproposito, San Tommaso: “Un artefice sapiente produce un male minore per evitarne uno maggiore: come il medico taglia un membro perché l’intero corpo non perisca” (S. Tommaso, Summ. th I, q. 48, art. 6).

A parte il fatto che qui San Tommaso porta come esempio un SACRIFICIO e non un premio, quale sarebbe  la Comunione ai risposati civilmente con in piedi il primo matrimonio sacramentale, porta l’esempio del medico che amputa una gamba per salvare il resto del corpo, a rigor di logica quale dovrebbe essere il concetto di “male minore” per i divorziati-risposati che volessero l’Eucaristia, se non  fare un sacrificio, imparare la continenza? Il male minore, in questo senso sarebbe proprio ciò che diceva Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio e così anche Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis: si deve rispondere ad UN ALTRO SACRIFICIO. E questo non tanto per una testardaggine da parte della Chiesa, ma perché, come è letteralmente riportato:

Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’Eucaristia.”(Sacramentum Caritatis n.29)

Qui è chiaro, non si può assolutamente modificare o cambiare alcun “paradigma”, senza andare ad intaccare ciò che Gesù ha voluto. La prassi, sottolinea Benedetto XVI, non è un paradigma inventato dalla Chiesa in una epoca passata e così, oggi, modificabile, ma è confermata FONDATA SULLA SCITTURA. Punto! Inutile suonare come un tam-tam che la dottrina non si tocca e non cambierebbe, è una menzogna! Tanto è vero che lo dice espressamente, anzi lo denuncia espressamente, l’appello del cardinale Caffarra nello spiegare gli equivoci e l’imbarazzo dottrinale contenuto nell’Amoris Laetitia, chiedendo e supplicando il Papa di chiarire, leggete qui: “Il cardinale Schönborn sbaglia, e questo è ciò che vorrei dire al Santo Padre“, e qui. Questi link servono a chi vuole conoscere la verità “tutta intera”.

Una cosa è, allora: “accompagnare, discernere ed integrare” ogni peccatore, ogni singola persona, altro è usare questo servizio all’uomo per lasciarlo tranquillamente nel suo peccato, come intende il cardinale Kasper e il suo degno compagno di merenda Schönborn. Non sarebbe affatto la scelta del “male minore” e, per restare sull’esempio di San Tommaso d’Aquino, amputare un’ arto per salvare il resto del corpo, la vita, ma un lasciare l’arto malato com’è e far dilagare il veleno mortifero del peccato nel resto del corpo.

Sempre secondo Kasper infatti, la «clausola vincolate» indicata da Giovanni Paolo II ai divorziati risposati per poter accedere ai sacramenti, ossia il vivere in continenza (Cfr. Familiaris consortio n. 84), in definitiva «non è una dichiarazione dottrinale vincolante», in quanto lascerebbe «un margine di manovra» collocato «sulla tradizionale distinzione tra il peccato oggettivamente grave e il grado soggettivo di colpa».

Non staremo qui ad affrontare ora il discorso dell’infallibilità, sfogliando il sito troverete molti argomenti a tal riguardo. Ma è necessario qui farci delle domande: se quella esortazione non “sarebbe” vincolante, perché lo sarebbe così insistentemente, e con prepotenza, l’Amoris laetitia? Se come afferma Benedetto XVI, sopra riportato, è la Scrittura che ha stabilito questa dottrina e la sua prassi, come fa Kasper a leggervi un “margine di manovra” fallibile nel primo caso e infallibile nel caso che piacerebbe a lui? A questo punto che cosa e chi ci vincolerebbe più alla VERITA’? E dove starebbe più questa Verità?

Quel che poi non vogliono chiarire è che – tali prassi insegnata dal Vangelo e dalla Tradizione dottrinale – prevede che solo chi è “sposato in Chiesa” può ricevere l’Eucaristia, e dunque,  ci dovrebbero spiegare: perché, questa battaglia, non la fanno anche a favore di tutti coloro  che sono sposati solo civilmente? In fondo, il divorziato-risposato, non è sposato solo civilmente? Dunque dovrebbe essere trattato come tutte le altre coppie sposate solo civilmente!

E’ verissima poi la questione della distinzione tra il “peccato oggettivo e soggettivo”, la volontà e la consapevolezza di peccare dal non esserne coscienti, ma a questo serve il Confessionale e quell’accompagnare, integrare e discernere: aiutare l’uomo a comprendere il suo stato di peccato e porvi rimedio, non premiarlo e lasciarlo nel suo stato di peccato! Non esiste un nuovo paradigma intercambiabile in questo senso: ciò che per la Bibbia, per il Vangelo, per il Catechismo era peccato ieri, è peccato anche oggi e domani! Se oggi l’uomo, stordito senza dubbio dalle false pastorali buoniste, intontito dalle nuove culture depravate e depravanti, non conosce e non comprende il suo stato di peccatore e cosa è il peccato, non è che si salva se per “male minore” gli si concederà di restare tranquillo nel suo peccare, al contrario, così lo si ucciderà definitivamente.

Il concetto di “male minore” espresso dall’Aquinate intende sempre un altro SACRIFICIO, magari minore (meglio avere un arto in meno che morire), ma sempre un sacrificio viene richiesto e che si fonda anch’esso sulle parole di Gesù: «Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.  E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.»(Mt.18,8-9) E’ ovvio che Gesù non ci sta chiedendo di deturparci o di suicidarci, sta chiedendo piuttosto atti di volontà, sacrifici per affrontare le nostre debolezze e debellarle. E’ il privarsi di quella cosa che ci porta a peccare, privarsi di ciò che alimenta le nostre debolezze.

Pertanto il vero concetto di “male minore” espresso dall’Aquinate intende sacrificare sempre qualcosa di se stessi e non la VERITA’. Non intende sacrificare la verità della dottrina. Del resto il vero concetto di Amore sta proprio nel sacrificare se stessi per l’altro, non si sacrifica la Verità per compiacere il proprio stato di peccato.

L’Eucaristia, infatti, non è un diritto dell’uomo, ma un dono che trasmette LA GRAZIA che alimenta come unguento medicinale i NOSTRI SACRIFICI…. è infatti il premio a chi, peccatore, farà di tutto per non vivere in stato di peccato e si confessa peccatore, pentendosi e cercando di non fare più ciò che è peccato. E’ il premio a chi, peccando, si rialza però pentito e contrito, ed offre a Gesù il suo sacrificio di ripresa, confessione, proponimento di non peccare più (con tutti e dieci  i Comandamenti), unendosi alla Messa, il Sacrificio perfetto.

E questa prassi vale per TUTTI i battezzati, non esistono “corsie preferenziali” o paradigmi intercambiabili per ricevere i Sacramenti. Infatti è Gesù che dice anche: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»(Lc.9,23) dove in quel “rinnegare se stessi” è proprio rinnegare il peccato di cui veniamo a conoscenza grazie alla Confessione e la croce non è altro che il sacrificio che ci attende, se vogliamo entrare davvero nella Vita Eterna e risorgere con Cristo, in Cristo e per Cristo.

Non ci sono scorciatoie o accomodamenti o paradigmi nuovi, c’è piuttosto la profezia di Isaia, inquietante: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro...»(Is.5,20), altro che “male minore” perversamente interpretato dal cardinale Kasper. Come non esiste la “magia bianca” attraverso la quale si vorrebbe rendere buono il diavolo Geppo o certa magia… così non esiste e non esisterà mai un “male” che Dio possa approvare come fosse un bene. Dio permette il “male”, ma perché da questo si conosca che cosa è il vero Bene e dunque abbandonare il male conosciuto e portarsi sulla via del bene: «Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro perché ragionassero..»(Sir.17,5) e dove San Paolo sottolinea: «E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento..»(Fil.1,9)

Siano lodati i Cuori di Gesù e Maria

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P.S. aggiornato al 29 novembre 2016. A conferma di quanto abbiamo riflettuto, ci fa piacere condividere una riflessione più quotata della nostra, quella di Padre Giovanni Scalese dal suo Blog Antiquo robore (già Senza peli sulla lingua) nel suo articolo: Il “cambio di paradigma”.

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e nei nostri Dossier


RICORDA CHE:

Testo tratto da Giuseppe Virgilio, Paolo VI dimenticato. «La Chiesa può dirsi conservatrice», pp.21-22 – da Il Timone

 Paolo VI il «rigido». Quando perse le staffe contro chi voleva sabotare la dottrina sul matrimonio

«Riportiamo una parte del verbale redatto dal Segretario generale Pericle Felici di una riunione tenutasi nello studio papale la mattina del 26 Novembre 1965 per discutere del ricorso fatto da Monsignor Luigi Carli, circa la mancata accoglienza, nei modi presentati in Aula Conciliare, della petizione, sottoscritta da numerosi padri. riguardante la condanna del comunismo. Alla fine della riunione il Papa coglie l’occasione per protestare contro la Commissione, che aveva opposto resistenza alla sua richiesta di citare gli insegnamenti di Pio XI e Pio XII circa il matrimonio. Il tono del Papa è fermo e ci rivela un inedito Paolo VI. Inoltre le parole da lui pronunciate, a nostro modesto avviso, ci mostrano un Papa che, riguardo al matrimonio e all’uso degli anticoncezionali, ha le idee ben chiare già prima della contestatissima Humanae Vitae del 1968. Questo sminuirebbe inoltre la vulgata di un Papa angosciato e indeciso nell’iter che ha preceduto la pubblicazione dell’Humanae Vitae. L’angoscia, se c’è stata, a nostro parere, è come quella del Getsemani: ha preceduto la crocifissione che avrebbe seguito la promulgazione della sua ultima enciclica.

Ex.mus PERICLES FELICI

Secretarius generalis Concilii

ANNOTATIO EX OFFICIO

26 Novembre 1965

Ore 9, nello studio del Santo Padre (III piano) sono presenti i Cardd. Tisserant e Cicognani, Monsignor Garrone, Monsignor Dell’Acqua ed io. Presiede il Santo Padre […].

Passando poi a parlare delle proposte fatte dal Papa sulle questioni del matrimonio, il Papa esprime il suo disappunto per la reazione provocata nella Commissione; comunque Egli accetta pure altre formulazioni, purché rispondano al suo pensiero: se gli altri hanno la coscienza, anch’egli ha la sua, e deve seguirla, per non compromettere la vera dottrina della Chiesa, che in tutto lo schema non è sempre esposta con la dovuta limpidezza. E, poi, cos’è tutto questo parlare di amore, amore, amore, senza dire che il fine primario del matrimonio è il bonum prolis? E perché non denunziare gli antifecondativi e i contraccettivi, quando si condanna l’aborto e l’infanticidio? […].[1]

+ Pericle Felici segr. gen

[1] Acta Synodalia Sacrosancti Concillii Oecumenici Vaticani II. Volumen V .Processus Verbales. Commissio de  concilii laboribus coordinandis ( Sessiones XVIII-XXIII: 15 octobris 1964-1 Decembris 1965). Moderatores ( 30 Octobris 1963-26 Octobris 1965 ), pp.609-610».

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