Dolce Cuor del mio Gesù, fa ch’io t’Ami sempre più:
Dolce Cuore di Maria, Siate la salvezza mia.
Indulgenza di 300 giorni accordati da Pio IX 30 settembre 1858.
Della preghiera – da Il Cattolico Provveduto del 1868 – scarica testo integrale
Che cosa voglia dire pregare.
Pregare vuol dire innalzare il proprio cuore a Dio, e intrattenersi con lui per mezzo di santi pensieri e divoti sentimenti. Perciò ogni pensiero di Dio e ogni sguardo a lui è preghiera, quando va congiunto ad un sentimento di pietà. Chi pertanto pensa al Signore o alle sue infinite perfezioni, e in questo pensiero prova un affetto di gioia, di venerazione, di amore, di ammirazione, costui prega. Chi considera i grandi benefizi ricevuti dal Creatore, Conservatore e Padre, e si sente da riconoscenza compreso, costui prega. Chiunque nei pericoli della sua innocenza e della virtù, conscio della propria debolezza supplica il Signore ad aiutarlo, costui prega. Chi finalmente nella contrizione del cuore si volge a Dio e ricorda che ha oltraggiato il proprio Padre, offeso il proprio Giudice, ed ha perduto il più gran bene, e implora perdono e propone di emendarsi, costui prega.
Il pregare è perciò cosa assai facile. Ognuno può in ogni luogo, in ogni momento sollevare il sua cuore a Dio per mezzo di pii sentimenti. Non sono necessarie parole ricercate e squisite, ma bastano semplici pensieri accompagnati da divoti interni affetti. Una preghiera che consista in soli pensieri, p. es. in una tranquilla ammirazione della grandezza ed onnipotenza divina, è una preghiera interna, o meditazione, oppure contemplazione. Se si esterna per mezzo di parole si appella preghiera vocale.
Si l’una che l’altra maniera di pregare deve essere cara al cristiano, che ama Iddio. Un buon figlio pensa volentieri al proprio padre, e sfoga con lui gli affetti del proprio cuore. Come mai dunque un cristiano potrebbe non pensar volentieri a Dio, suo amorosissimo Padre e a Gesù suo misericordioso Redentore, ed esternargli sentimenti di riverenza, di riconoscenza, di amore, e con soave confidenza pregarlo di aiuto e di grazia?
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La preghiera è un dovere.
Dalla natura stessa della preghiera conseguita, che il pregare frequente sia per tutti senza eccezione un dovere indispensabile. Tutti gli uomini in verità riconoscono in Dio un essere perfettissimo, e una maestà infinita, il principio e la causa di ogni cosa, nostro sommo bene ed ultimo fine. La ragione e la coscienza insegnano perciò a ciascuno, che siamo tenuti a riconoscere l’altissima Maestà divina, e il suo dominio sopra di noi; c’impongono di prostrarci nella polvere quali sue creature, e suoi sudditi e figli, a fine di tributargli il debito onore, amore ed ossequio, e di riferire a lui quale ultimo nostro fine tutti i nostri pensieri e tutte le nostre azioni. E poichè quanto abbiamo, tutto lo abbiamo da Dio ricevuto, dobbiamo riconoscere in lui il nostro sommo benefattore, e attestargli in tutti i modi una figliale riconoscenza. La coscienza dice ancora a chi ha offeso Iddio, trasgredendo la sua legge, che egli deve pregarlo con animo contrito a fine di ottenere perdono, e così per via della preghiera di riconciliarsi con lui. In fine siccome nulla possiamo senza Dio, e per mezzo di lui ogni cosa possiamo, così siamo in dovere di confessare questa nostra impotenza col ricorrere a lui in ogni nostro bisogno, e con tutto il cuore rivolgerci a lui, il quale, essendo sapientissimo, conosce tutte le nostre necessità; essendo potentissimo può somministrarci qualunque aiuto, ed essendo amorevolissimo è disposto a soccorrerci in tutti i modi. Voi non potete fare alcuna cosa senza di me. Chiedete, ci dice Gesù Cristo, e riceverete. In verità vi dico, qualunque cosa chiederete al Padre in nome mio vi sarà conceduta; pregate e otterrete, affinchè la vostra gioia resti compita.
Così dalla considerazione delle relazioni dell’uomo verso Dio nasce lo stretto dovere di pregare spesso. Perciò non dobbiamo maravigliarci se l’apostolo Paolo ci dice: pregate senza interruzione. Neppure è esagerato quanto insegna il vescovo Massillon: Il cristiano che non prega, è un uomo senza Dio, senza culto, senza religione e senza speranza. Imperciocchè vive come se non vi fosse Iddio. Aggiungi che la preghiera è una compagna inseparabile della vita cristiana, poichè la vita cristiana è essenzialmente una vita spirituale, e la preghiera è il primo alimento dello spirito, come il pane è il cibo del corpo. Quindi chi non prega non può perseverare nella virtù, come chi non dà nutrimento al suo corpo muore di fame. Chi ha imparato a ben pregare, dice s. Agostino, ha imparato a ben vivere. E siccome il vivere bene è un dovere per ogni uomo, così anche è un dovere il trattenersi di frequente con Dio.
Quanto sia necessaria, importante, salutare, e giovevole la preghiera, ce lo insegnò il divin Redentore non solo colle parole, ma eziandio col suo esempio, poichè egli pregava spesso e lungo il giorno e nel corso della notte; dalla preghiera incominciò la sua passione, e pregò fino alle agonie della sua morte. Sulle tracce del Salvatore camminarono tutti i suoi discepoli, tutti i santi e amici di Dio. Sebbene in ogni luogo noi possiamo elevare il cuore a Dio ed essere da lui ascoltati, tuttavia per quanto è possibile conviene pregare in chiesa. Imperocchè Iddio ha promesso in modo particolare di tenere i suoi orecchi aperti alle nostre preghiere nei luoghi consacrati al suo culto, e di concedere più facilmente quanto gli si domanda (2 parab. VII). Quindi le chiese sono chiamate da Dio case della preghiera. La mia casa è casa di orazione, dice il Signore. Tuttociò che noi incontriamo nelle chiese solleva i nostri pensieri a Dio, ed ivi la nostra preghiera acquista maggior efficacia perchè fatta in comune coi nostri fratelli nella fede, avendoci Gesù Cristo assicurati che dove sono due o tre persone raunate in suo nome, egli è in mezzo a loro. E certamente le nostre chiese a tutto rigor di parola sono la casa di Dio, perchè in esse Gesù Cristo nostro Signore, pei cui meriti solamente ci vien dato ogni bene, abita realmente sotto le specie del SS. Sacramento nel tabernacolo a fine di accettare gli ossequii e le suppliche di tutti noi, e di arricchirci delle sue grazie e benedizioni. Così che quando siamo in chiesa innanzi al SS. Sacramento, è come se noi fossimo in cielo innanzi al trono di Dio. Per questa ragione è cosa assai più vantaggiosa il pregare in chiesa che non in altri luoghi.
Come deve essere fatta la preghiera.
Affinchè la preghiera del cristiano sia pienamente accetta a Dio, e ottenga infallibilmente il suo effetto, deve avere alcune condizioni.
1. Chi prega deve essere nello stato di grazia santificante, cioè non avere sulla coscienza alcun peccato mortale, che non sia stato cancellato colla confessione sacramentale o con la contrizione. Perchè, come dice la Scrittura, il Signore si tiene lontano dall’empio, ed egli esaudisce la preghiera dei giusti (Proverb. XXVIII, 2). Ciò non ostante chi è in istato di peccato mortale, se ha almeno un qualche desiderio di correggersi e prega con l’intenzione di onorare Iddio, quantunque egli non abbia diritto di essere esaudito, perchè non è in amicizia con Dio, tuttavia la sua preghiera è sommamente utile, e per la infinita bontà divina non manca mai di ottenere delle grazie.
2. Deve pregare inspirato da viva fede, perchè senza la fede è impossibile piacere a Dio (Hebr. XI, 3), e dove manca la fede o non si prega di cuore, non si rende alla bontà, sapienza ed onnipotenza di Dio l’onore che egli da noi esige.
3. Deve pregare con umiltà e sentire per una parte il bisogno della grazia, per l’altra la totale mancanza in se stesso di qualunque merito o titolo atto ad ottenere quanto domanda. Imperocchè «Iddio resiste ai superbi e dà agli umili la sua grazia» (s. Giac. IV).
4. Inoltre il cristiano nella preghiera deve osservare un ordine riguardo alle cose che domanda. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato per giunta (Matth. VI), ci dice Gesù Cristo. Perciò dobbiamo cercare in primo luogo i beni spirituali, come sono il perdono dei peccati, i lumi per conoscere la divina volontà e i nostri errori, la forza, l’aumento e la perseveranza nella virtù. Dopo ciò possiamo anche chiedere i beni temporali, la sanità, i mezzi onde campar la vita, la benedizione celeste sulle nostre occupazioni, sui nostri negozi, sulle nostre campagne, e sulle nostre famiglie, l’allontanamento delle disgrazie, dei dolori e delle afflizioni in cui ci troviamo. Così c’insegna la quarta domanda del Pater noster e l’esempio di Gesù Cristo nell’orto degli Olivi. Ma questa domanda deve essere fatta colla condizione se è volontà di Dio, non dannosa all’anima nostra. Padre, non come voglio io, ma come vuoi tu (Matth. XXVI).
5. Bisogna pregare in nome di Gesù Cristo, conciossiachè nessuna grazia si possa ottenere da Dio, se non pei meriti del nostro divin Redentore.
6. Bisogna pregare con una illimitata speranza di essere esauditi. Chi prega dubitando di essere esaudito, fa ingiuria a Dio il quale assicura di esaudirci purchè lo preghiamo con fede viva, cioè con ferma speranza di essere da lui ascoltati ed esauditi. Perciò quando gli domandiamo un favore, abbandoniamoci in lui come un figlio si abbandonerebbe nelle mani della cara madre sicuro di essere da lei aiutato. La preghiera fatta in questo modo è onnipotente; e non si è mai udito al mondo, nè mai si udirà che alcuno il quale sia ricorso con fiducia a Dio, non sia stato esaudito.
Il nostro divin Redentore così ci assicura: Qualunque cosa domandiate nell’orazione abbiate fede di conseguirla, e l’otterrete. L’apostolo s. Giacomo avverte il cristiano di pregare senza esitare e senza dubitare se vuole ottenere quanto domanda.
7. Unire la nostra preghiera alle preghiere e ai meriti di Maria SS., degli Angeli e dei Santi che sono nel cielo, delle anime del Purgatorio, e di tutti i giusti che vivono sulla terra.
8. Finalmente bisogna perseverare nella preghiera secondo ciò che ci raccomanda Gesù Cristo. Egli dice: Bisogna pregar sempre e non mai cessare. E se si chiede fino a quando dobbiamo durarla nella preghiera, si risponde: fino al termine della vita.
Molti cristiani pensano che le loro preghiere siano inutili o perchè non ne veggono tosto l’effetto, o non ottengono quelle grazie determinate che essi domandano. Ma è necessario sapere che Iddio esaudisce le nostre preghiere in quel modo ed in quel tempo che egli vede più opportuno e conveniente per la santificazione delle nostre anime e per l’avanzamento del suo regno senza lasciarci sempre conoscere questo modo e questo tempo. Quando saremo nell’altro mondo, vedremo chiaro che neppure una parola delle nostre preghiere rimase senza effetto. Del resto tutte le volte che le nostre preghiere mancano di frutto, la colpa è nostra, chè non preghiamo colle dovute disposizioni.
Per compimento di questa breve istruzione devesi osservare che non si può pregar bene senza preparazione. Prima dell’orazione prepara l’anima tua e non sii qual uomo che tenta Iddio (Eccl. XXVIII, 23).
Rifletti quale onore sia presentarti al Signore re del cielo e della terra, rifletti anche a ciò che vuoi chiedere a Dio; scegliti una formola di preghiera che sia adattata alle tue circostanze, e a’ tuoi bisogni; mettiti alla presenza di Dio, e fa che quelle parole le quali tu pronunzi a memoria, o leggi sul libro, vengano dal cuore. In questo modo tu pregherai in ispirito e verità.
Sebbene tu possa pregare divotamente in qualunque posizione, tuttavia è bene che tu scelga quella più atta a dimostrare anche esteriormente l’interna tua fede e divozione. Così vediamo il divin Salvatore, l’apostolo Paolo, il pubblicano, Maria Maddalena, Mosè, Salomone, Daniele, Michea pregare a mani giunte, in ginocchio, collo sguardo verso il cielo come in segno di fede, o verso la terra come per sentimento d’umiltà. S’intende che pregando in chiesa dobbiamo tenere in modo particolare un contegno rispettoso e divoto, sia per rispetto al SS. Sacramento dell’altare, in cui sta presente Gesù Cristo, sia per non dare cattivo esempio agli altri, ai quali dobbiamo anzi essere di edificazione col nostro esteriore atteggiamento.
(…)
Che bel momento non è mai per un amante di Dio quello del suo svegliarsi al mattino! Che gioia soave non prova egli mai pensando che dopo aver passata la notte sotto le ali della divina provvidenza, dopo essersi riposato nella protezione del suo Signore, può ora prendere nuova lena nel cammino del Cielo! Che bel momento è mai quello, che ci apre le porte di una nuova giornata, ci mette nel campo di un nuovo combattimento, ci schiude la via a nuove vittorie e a nuove conquiste per la vita eterna! Ah! noi felici, se sapremo consacrare questo momento a Dio con un atto di adorazione, con un atto di amore. Quanto mai pertanto sono da compiangersi quei cristiani, i quali al loro svegliarsi al mattino rivolgono la mente a tutt’altro che a Dio. Quale sicurezza possono essi avere che quel nuovo giorno sia per essi felice, mentre non si volgono a colui che solo può loro renderlo tale?
Caro cristiano, guardati dall’essere nel numero di costoro; sibbene imita gli esempi dei santi, i quali appena aprono gli occhi alla luce del giorno, subito si alzano per contemplare cogli occhi della mente la luce di Dio, e a lui consacrano i primi affetti del loro cuore. Se tu farai così, puoi tenerti sicuro della protezione di Dio, puoi star sicuro che benedette saranno le tue fatiche, e quel giorno da te così ben cominciato ti procaccerà una gioia di paradiso nella vita presente, una grande tranquillità pel punto della morte, e pel cielo un aumento di gloria eterna. Io adunque di tutto cuore ti raccomando che ti scelga qualche breve ma ardente preghiera, ossia qualche giaculatoria da tenere sulle labbra al mattino quando ti svegli. Per es.: mio Dio, io vi offro tutto il mio cuore. – Gesù mio misericordia. – Sia lodato, e ringraziato ogni momento il SS. e divinissimo Sacramento. – Maria concepita senza peccato originale, pregate per me che ricorro a Voi.
Queste ed altre simili preghiere tu potrai recitare secondo che ti suggerirà la divozione del cuore. Dopo che avrai così dato principio al giorno, venuta l’ora, alzati di letto prontamente, e se ti costerà qualche pena, offrila a Dio. Vestiti poi con tutta modestia pensando che il tuo angelo custode ti è ai fianchi e ti vede, e che per ciò devi guardarti che non restino offesi i suoi occhi. Nel levarti poi e vestirti pensa che quel giorno può essere l’ultimo di tua vita; che molti con te si alzano di letto, ed alla sera non ci vanno più, perchè chiamati all’eternità. Pensa che Dio concedendoti quel giorno ti fa un grande benefizio, e che nel giorno del giudizio ti dimanderà strettissimo conto del modo che l’avrai passato. (..)
Preghiere del mattino.
Noi dobbiamo consacrare a Dio i primi momenti del giorno appena svegliati, per mezzo di brevi orazioni e di santi pensieri. Ma questo, come ognun vede, non basta per un buon cristiano; perciò noi dobbiamo offerire a Dio varie altre preghiere proposteci dalla santa Chiesa, nostra madre. Queste orazioni sono il Pater noster, l’Ave Maria, il Credo, la Salve Regina, l’Angele Dei, gli Alti di fede, di speranza, di carità e di contrizione, ed altre secondo i bisogni e la necessità di ciascheduno, e infine raccomandare a Dio le anime del Purgatorio. Conviene anche recitare i Comandamenti di Dio e della Chiesa, per non dimenticarci di osservarli nel corso della giornata. Queste sono le preghiere che soglionsi praticare in tutte le famiglie cristiane: e Iddio ha disposto che i nostri cari genitori ci facessero imparare queste eccellenti orazioni quando noi eravamo ancora fanciulli, affinchè {19 [27]} ci rimanessero ben fisse nella memoria, e così mai non avessimo a dimenticarcene od a tralasciarle in alcun giorno della nostra vita.
(..)
Del Pater noster.
Onde farti un’idea dell’eccellenza dell’orazione detta il Pater noster ti basti sapere che essa ci fu insegnata dallo stesso Figlio di Dio, Gesù Cristo. Questo nostro divin Maestro parlando un giorno della preghiera[1], e vedendo che gli uomini non avrebbero saputo pregare convenientemente, nè domandare quelle cose che loro sarebbero state necessarie, rivolto ai discepoli che lo accompagnavano, loro disse: Quando voi pregate dite così: Padre nostro che sei ne’ cieli, sia santificato il nome tuo ecc. Chi mai fra gli uomini avrebbe avuto l’ardire di chiamar Iddio col nome di padre se Gesù suo figliuolo non ce l’avesse insegnato? Perciò la Chiesa piena di maraviglia a tali parole, ogni giorno nella santa messa prima di recitare il Pater dice che essa non avrebbe mai l’ardire di parlare a Dio in tal modo, se non ne avesse ricevuto l’ammaestramento ed il comando dal suo divino sposo Gesù Cristo. Ma oh! come suona dolce all’orecchio di un cristiano quel nome benedetto! Che consolazione non si spande nel nostro cuore al pensare che Iddio Ottimo Massimo, il padrone del cielo e della terra, vuole che noi lo invochiamo nostro Padre! e perchè non temessimo di così chiamarlo, ci manifestò questo suo volere per mezzo dello stesso suo divin Figliuolo! Noi possiamo bene star sicuri di essere esauditi, se a lui ricorriamo con questa sua preghiera; imperciocchè avendocela egli stesso insegnata, è segno chiaro che egli vuole concederci quanto in essa domandiamo.
Quali sono le cose che in essa si contengono? Tali e tante, che maggiori non si possono pensare. Con questa preghiera noi domandiamo a Dio quanto vi può essere di più grato a lui e di più utile per noi. Noi dimandiamo, che quel Dio così grande e così buono sia glorificato in tutti gli angoli dell’universo, e che egli regni nel cuore di tutti gli uomini, come regna nei suoi santi in cielo. Noi dimandiamo tutto quello che ci è necessario e per l’anima e pel corpo su questa terra; dimandiamo che Dio ci perdoni tutte le offese che gli abbiamo fatte, che infonda nel nostro cuore il suo amor divino, e che dopo averci liberati dai veri mali di questa vita possiamo un giorno arrivare a goderlo in Cielo per tutti i secoli. Che si può desiderare di più?
Impara, o cristiano, a stimare questa divina preghiera; e non ti rincresca di recitarla più volte; chè così facendo tu farai piovere sul tuo capo ogni sorta di celesti benedizioni.
Dell’Ave Maria.
Dopo il Pater noster non si saprebbe trovare altra orazione più eccellente e più importante dell’Ave, Maria. Questa breve preghiera è composta in parte dalle parole pronunziate dall’Arcangelo Gabriele quando fu da Dio mandato alla Beata Vergine ad annunziarle il gran mistero dell’Incarnazione del suo divin Figliuolo. A lei presentatosi l’Angelo così le disse: Dio ti salvi, o piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra le donne. Queste sono le precise parole uscite dalla bocca di quel celeste messaggero.
Quelle poche che seguono, fino alle parole Santa Maria, furono proferite da santa Elisabetta nell’atto di salutare Maria SS., che spinta dalla sua carità era venuta a visitarla per portarle in casa il Redentore del mondo e con esso ogni sorta di grazie e doni celesti. Entrata che vi fu Maria, santa Elisabetta si sentì subito inspirata da Dio, e al cospetto della SS. Vergine esclamò, ripetendo essa pure le parole dell’Angelo: Tu sei benedetta fra le donne, e quindi soggiunse: e benedetto è il frutto del ventre tuo, intendendo il Figliuolo di Dio, che Maria portava in seno.
Quello poi che segue sino al fine fu aggiunto dalla santa Chiesa dopo che nell’anno 431 nel concilio, ossia nell’adunanza generale dei vescovi tenuta nella città di Efeso nell’Asia Minore, fu definito quale, articolo di fede che Maria SS. è realmente Madre di Dio. Imperocchè in quel tempo era sorto un eresiarca di nome Nestorio, il quale fra i molti suoi errori opposti alla fede diceva eziandio che Maria Vergine non era, nè si poteva chiamare Madre di Dio. Udita una tale bestemmia, i cristiani, che sempre avevano nudrito nel cuore una viva e profonda venerazione verso della Regina del Cielo, si sentirono sommamente inorriditi, ed avvertirono immantinenti il sommo Pontefice, e lo pregarono di convocare un concilio generale, ossia di comandare a tutti i vescovi di radunarsi in qualche luogo fine di condannare questo nuovo errore infernale, e di togliere dalla Chiesa questo scandalo. I vescovi in numero di 200 e più radunati, come dissi, in Efeso dichiararono, che la Beata Vergine era veramente e doveva chiamarsi Madre di Dio. Ed acciocchè questa verità fondamentale della fede cristiana rimanesse profondamente scolpita nel cuore dei fedeli, e non venisse a scancellarsi mai più, aggiunsero all’Ave Maria queste altre parole: Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della morte nostra. Così sia.
Questa decisione e questa preghiera fu da tutti i cristiani accolta con grande festa e giubilo, mentre Iddio per vendicare l’offesa fatta alla sua Madre, punì severamente l’empio Nestorio, il quale condannato come eretico dalla Chiesa fu dall’imperatore mandato in esilio, dove il misero in pena della sua ostinazione ebbe a patire una delle più schifose malattie, per cui la sua lingua, colpevole di aver bestemmiata la Madre di Dio, fu rosa e divorata dai vermi.
Vedi adunque quanta sia la eccellenza dell’Ave Maria, e con quanta divozione debba essere da noi recitata. Questa sua eccellenza si farà ancor più manifesta, se per un istante consideri le belle cose che in essa sono contenute.
Noi incominciamo quest’orazione col fare un grazioso saluto a Colei, che è sommamente amata da Dio sopra tutte le creature, a Colei, che è incoronata Regina del cielo e della terra, a Colei, che ebbe il privilegio di essere Madre del Salvatore del mondo. Quindi le rinnoviamo quel bello elogio che le fece l’Angelo, proclamandola piena di grazia e ricolma delle benedizioni del Signore fin dal primo istante della sua immacolata Concezione, benedetta perciò fra tutte le figlie di Eva, e fra tutte essa sola eletta alla dignità di Madre di Dio. Ma a che varrebbe per noi, che ella fosse sì grande, se questa sua grandezza a nulla ci giovasse? Ed ecco che noi la preghiamo affinchè colla sua potente intercessione ci ottenga dal suo divin Figliuolo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Le diciamo che preghi per noi nel tempo presente, mentre noi camminiamo in mezzo a tanti pericoli e dell’anima e del corpo; ma specialmente che non si dimentichi di noi nel punto spaventoso della nostra morte, quando il demonio farà tutti i suoi sforzi per rovinarci eternamente, quando saremo per passare all’eternità e presentarci innanzi al divin Giudice. Ah! noi felici, o caro cristiano, se ora che siamo in vita reciteremo questa preghiera sovente e di cuore!
(..)
Della Salve Regina.
In tutti i tempi della Chiesa vissero dei santi divotissimi della Beata Vergine. Uno di questi fu s. Bernardo. Questo gran santo, che fiorì nel secolo XII, nutriva una tenerissima divozione verso la gran Madre di Dio, perciò cercava ogni modo di onorarla e farla da tutti onorare; e a questo fine egli compose molte belle orazioni, fra le quali la Salve Regina.
Si vuole che egli l’abbia composta perchè fosse cantata nella chiesa del suo convento di Chiaravalle, e che poscia questa pia usanza si estendesse a tutti i religiosi del suo ordine, i quali presero l’uso di recitarla dopo aver terminata l’uffiziatura canonica. Ma essa fu trovata così bella che in breve tempo si sparse per tutta la cristianità, e cominciò in ogni luogo a recitarsi e cantarsi con trasporti di gioia e di pietà. La Chiesa poscia la addottò fra le sue preghiere, e ordinò che servisse come di conclusione all’uffizio canonico per tutto il tempo che scorre tra la Domenica della SS. Trinità e l’Avvento. Peraltro la Salve Regina da principio terminava con queste parole: nobis post hoc exilium ostende. Le parole che seguono immediatamente, cioè: o clemens, o pia, o dulcis virgo Maria, furono aggiunte di poi dallo stesso s. Bernardo (di Chiaravalle), ed ecco in quale occasione.
Sì grande era la fama della santità di questo insigne dottore della Chiesa, che tutti desideravano di vederlo. Perciò i paesi, le città anche più ragguardevoli spesso lo invitavano a recarsi fra di loro. Ora nell’anno 1146 egli dovette portarsi in Germania nella città di Spira, allora sede dell’impero, ove fu accolto dal popolo accorso a vederlo colle più onorevoli dimostrazioni. Il 28 dicembre dello stesso anno in giorno di domenica s. Bernardo accompagnato dallo stesso imperatore Corrado, dal clero, da una gran folla di popolo s’incamminò divotamente verso la chiesa maggiore di quella città, ove si venerava un’immagine prodigiosa della gran Madre di Dio. Entrato che fu s. Bernardo in quell’augusto tempio, e rivolti gli occhi a quella sacra immagine fece ad alta voce un cordiale saluto alla Santissima Vergine dicendo: O clemens. Quindi proseguendo lungo la chiesa, arrivato verso il mezzo di essa, si fermò, e ad alta voce proferì queste altre parole: O pia. Giunto finalmente all’altare, disse per la terza volta: O dulcis Virgo Maria.
Ed oh! commovente prodigio! In quell’istante dal medesimo Imperatore, dalla corte imperiale, da un immenso popolo fu udita distintamente la voce di Maria, che da quella miracolosa immagine risalutò il suo diletto servo con queste parole: Salve, Bernarde, Dio ti salvi, o Bernardo. Di un sì maraviglioso fatto si conservano i segni nella suddetta chiesa di Spira con tre lastre di bronzo nel pavimento, ciascuna delle quali porta intagliate in circolo le parole che il santo proferi in ciascuno dei tre luoghi. Da indi in poi la Santa Chiesa aggiunse alla Salve, Regina le suddette parole, che noi ancora recitiamo.
Ora tra le varie preghiere composte a onore e gloria di Maria SS. questa è certamente una delle più belle. Oh quanto Maria si compiace che noi la salutiamo col dolce nome di Madre della misericordia, e che la invochiamo coi titoli dolcissimi di vita, dolcezza e speranza nostra! Una madre non può fare a meno di correre in aiuto de’ suoi figliuoli, quando questi piangendo le espongono i loro mali e i loro bisogni. Ed ecco che noi per piegare questa tenera Madre a porgerci pronto soccorso le ricordiamo che siam figli di Eva, la quale disobbedendo a Dio ci ha ricolmi di miserie spirituali e temporali. Quindi pieni di fiducia nel suo materno amore la preghiamo che volga sopra di noi quegli occhi suoi misericordiosi, asciughi le nostre lagrime, ci consoli e ci conforti; e finalmente dopo l’esiglio di questa vita ci mostri il suo divin Figliuolo Gesù nel regno della gloria.
Caro cristiano, se tu desideri d’affezionarti questa Madre della misericordia, e di averla per tua protettrice in vita ed in morte, deh! procura di recitar sovente e con divozione questa bella preghiera. Seguendo il mio consiglio, io ti assicuro che Maria farà piovere sopra di te ogni celeste benedizione; e giunto alla fine de’ tuoi giorni ella farà anche a te quel grazioso saluto che fece a s. Bernardo, dicendoti: Salve, o mio caro figlio; vieni a godere quelle delizie, che Iddio ha preparato ai miei divoti.
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Ragionamenti di san Cipriano, ascoltiamoli bene perchè sono di grande attualità e riguardano l’argomento, sul quel “dove uno o due saranno uniti nel mio nome…”:
“I violatori del Vangelo fanno cosi: accettano ciò che è detto in ultimo e lasciano il resto del discorso; si ricordano di una parte ma l’altra la sopprimono con inganno; così come sono divisi dalla Chiesa, dividono pure le proposizioni di un capitolo. E’ vero che il Signore quando volle inculcare nei suoi la pace fraterna, disse: Se due di voi si accorderanno sopra la terra a domandare qualsiasi cosa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perchè dovunque sono due o tre persone congregate nel mio nome, sono io in mezzo a loro; ma con queste parole egli volle dimostrare che dava più ascolto non alla folla orante ma alla concordia unanime degli oranti. Dicendo: Se due di voi si accorderanno sopra la terra, afferma innanzitutto, l’unanimità, pone cioè come prima condizione la concordia e la pace, insegna a vivere fedelmente e a perseverare costantemente nella mutua intima unione della santa Dottrina, in unione con la Santa Chiesa.
Ma come può uno scismatico andar d’accordo con qualcuno, se è smembrato dal corpo della Chiesa…? Come possono gli scismatici raccogliersi nel nome di Cristo, se sono separati dal Cristo e dal suo Evangelo?
Non fummo noi, no, a separarci da essi; furono loro a staccarsi da noi – spiega il santo Padre della Chiesa. E poiché le eresie e gli scismi son sorte dopo la fondazione della Chiesa, cioè quando si innalzarono qua e là dagli eretici le loro baracchelle, furono essi ad abbandonare la sorgente, il principio della verità. Il Signore quindi parla proprio della sua Chiesa — e conseguentemente, a quelli che sono nella Chiesa — quando afferma che se essi vanno d’accordo tra loro e pregano in unione di anime, potranno ottenere dalla maestà di Dio ogni cosa. Dovunque si raccoglieranno due o tre nel mio nome — dice Gesù — io sarò tra loro, cioè con le anime semplici e pacifiche, timorate di Dio e osservanti della sua legge… (..) Dovunque saranno riuniti due o tre nel mio nome, sarò con loro, non separa gli uomini dalla Chiesa Egli che volle e costruì la Chiesa, ma rinfacciando la discordia ai ribelli e raccomandando ai suoi fedeli la concordia, dimostra che sta più volentieri con due o tre che pregano in unione con la Chiesa anziché con moltissimi separati dalla Chiesa, e che si ottiene da Dio più con la preghiera affratellata di pochi che con le discordi invocazioni di molti.”
Uniti perciò non ad una struttura o alle “messe domenicali di popolo dove si zompa e si banchetta con la porchetta”, ma al Cristo che vive ed abita nella Sua Chiesa e che Gesù stesso, spiega Cipriano, “preferisce” POCHI”, fossero anche “due o tre” ma saldi NELLA DOTTRINA, piuttosto che “molti” come accade oggi con la smania di riempire chiese e piazze…. Gesù preferisce il piccolo gregge FEDELE A LUI che alle masse “senza pastori” o governate da mercenari…. Or dunque – si domanda Cipriano – quale unità, quale amore possiede e medita chi, ossessionato dal cattivo genio della discordia, scinde la chiesa, distrugge la fede, perturba la pace, distrugge la carità, profana i sacramenti?
Per il testo integrale si legga qui: Santi Cipriano e Cirillo spiegano l’eresia, la vera unità nella Chiesa e la vera Fede nella sana Dottrina.


