Cari Amici, poichè in tanti e spesso ci chiedete informazioni a riguardo della dottrina morale sulla questione ecco che, attraverso l’aiuto di Padre Angelo Bellon – qui scaricabile in comodo pdf – una pratica ed indispensabile raccolta di DOMANDE E RISPOSTE sulla questione omosessuale e la dottrina Cattolica….
Quanto segue è tratto da noi integralmente da AmiciDomenicani e risponde il domenicano Padre Angelo Bellon che condividiamo integralmente e di cuore ringraziamo, ricordandolo nella preghiera del santo Rosario per lui e per tutti i Sacerdoti che hanno il dovere di insegnare, guidare e santificare le anime, con carità nella verità, nella verità con la carità, la vera Misericordia….
Naturalmente non troverete qui tutta la raccolta delle risposte sull’argomento di Padre Bellon ma, chi volesse, potrà continuare le proprie ricerche sul sito o scrivere al Padre laddove non trovasse risposte alle proprie domande. Quanto da noi tratto è però una raccolta sufficientemente ampia a tutti i quesiti più attuali e fondamentali sul delicato tema.
Non dimentichiamo che abbiamo sempre davanti a noi PERSONE… e sia loro, come noi stessi e tutti, abbiamo difetti, fragilità, debolezze… e dunque quel prossimo che non solo è amato dal Signore Gesù, è quel prossimo, il fratello da amare, pur non tacendo sui temi scottanti che tanto fanno soffrire il Buon Dio e degradano l’uomo del nostro tempo.
Si chiede, con carità ed onestà, di non estrapolare singole frasi rischiando di disperdere la ricchezza insita in queste risposte che vanno meditate integralmente onde evitare, per altro, di far dire all’Autore o di attribuirgli cose non dette… grazie e Ave Maria.
Qui a seguire proponiamo solo alcuni passaggi salienti, per il resto consigliamo la lettura integrale dal pdf, come anche la Documentazione ufficiale che abbiamo riportato in questo articolo: Lettera ai Vescovi sulla cura delle persone omosessuali e documentazione integrale della Chiesa sulle unioni, scaricabile qui anche in pdf.
Grazie e buona meditazione.
«Sant’Agostino è un santo scomodo e non alla moda. Perchè predica l’amore eterno, in un mondo che cerca l’amore facile e veloce, e la sapienza, in un mondo assetato di prestigio, successo e carriera (..) lontano (dal Cuore di Dio a causa dei peccati) con tutte le libertà che ci permettono, ci promettono, alla fine anche noi siamo servi, schiavi del modo di fare, che le mode ci impongono, non siamo realmente liberi. E la vita, invece di essere ricca, è piena di ciò che a volte è deludente, siamo restii ad entrare. E se vediamo questo mercato di parole, questo mercato di divertimenti, di ideologie, non è vero forse che mangiamo le carrube dei porci?» (cardinale Joseph Ratzinger – Omelia in visita a Sant’Agostino a Pavia, 14.11.2004)
- “la Chiesa, che nell’interpretare la legge di Dio è assistita dall’alto, è convinta che l’omosessualità sia un disordine e che il peccato di omosessualità sia un peccato impuro contro natura.”
- La Chiesa distingue tra:
– persone omosessuali,
– inclinazione omosessuale,
– pratica omosessuale,
– convivenze omosessuali.
- le persone omosessuali.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica rileva che “un numero non trascurabile di uomini e di donne presentano tendenze omosessuali profondamente radicate” (CCC 2358).
Queste persone, indipendentemente dalla loro inclinazione, “devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza.
A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione.
Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione” (CCC 2358) - inclinazione omosessuale
“Occorre precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale.
Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata.
Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile” (HP 3).
“Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte una prova” (CCC 2358). - pratica omosessuale
– I rapporti omosessuali “sono intrinsecamente disordinati e che in nessun modo possono ricevere una qualche approvazione” (PH 8).
I motivi:
1- la palese difformità dalla legge di Dio espressa nella natura della persona: “Secondo l’ordine morale oggettivo le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile” (PH 8). Manca infatti ad essi la complementarità dei sessi e la connessa capacità di suscitare la vita.
“Solo nella relazione coniugale l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto. Pertanto una persona che si comporti in modo omosessuale agisce immoralmente” (HP 7).
2- “l’attività omosessuale rafforza un inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento” (HP 7).
- convivenze omosessuali
Se è già di suo grave il peccato di omosessualità, l’unione omosessuale introduce un disordine ancora più grave, perché genera una concezione della sessualità del tutto difforme dalla logica della natura (il piano di Dio) e induce a pensare che il comportamento omosessuale sia una forma differenziata rispetto al percorso del matrimonio tra un uomo e una donna.
Giovanni Paolo II ha detto che è “incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso.
Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano.
È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina” (Discorso al Tribunale della Rota romana, 21.1.1999).
“Molto meno si può attribuire a quest’unione il diritto di adottare bambini senza famiglia” (Ib.).
“Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato” (HP 15). - Massimo rispetto per le persone dunque e in particolare per la loro sofferenza.
Ma gli atti omosessuali “sono intrinsecamente disordinati e in nessun modo possono ricevere una qualche approvazione” (PH 8).
Sono contento di aver ribadito queste affermazioni del Magistero della Chiesa e ti ringrazio di avermene offerto l’occasione. - La castità nelle persone omosessuali comporta delle rinunce, come del resto le comporta a suo modo in ogni stato di vita.
Il documento Vaticano si domanda: “Che cosa deve fare dunque una persona omosessuale, che cerca di seguire il Signore?
Sostanzialmente, queste persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, unendo ogni sofferenza e difficoltà che possano sperimentare a motivo della loro condizione, al sacrificio della croce del Signore.
Per il credente, la croce è un sacrificio fruttuoso, poiché da quella morte provengono la vita e la redenzione.
Anche se ogni invito a portare la croce o a intendere in tal modo la sofferenza del cristiano sarà prevedibilmente deriso da qualcuno, si dovrebbe ricordare che questa è la via della salvezza per tutti coloro che sono seguaci di Cristo.
In realtà questo non è altro che l’insegnamento rivolto dall’apostolo Paolo ai Galati, quando egli dice che lo Spirito produce nella vita del fedele: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé” e più oltre:
“Non potete appartenere a Cristo senza crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri” (Gal 5, 22.24).
Tuttavia facilmente questo invito viene male interpretato, se è considerato solo come un inutile sforzo di autorinnegamento.
La croce è sì un rinnegamento di sé, ma nell’abbandono alla volontà di quel Dio che dalla morte trae fuori la vita e abilita coloro, che pongono in lui la loro fiducia, a praticare la virtù invece del vizio. Si celebra veramente il mistero pasquale solo se si lascia che esso permei il tessuto della vita quotidiana. Rifiutare il sacrificio della propria volontà nell’obbedienza alla volontà del Signore è di fatto porre ostacolo alla salvezza. Proprio come la croce è il centro della manifestazione dell’amore redentivo di Dio per noi in Gesù, così la conformità dell’autorinnegamento di uomini e donne omosessuali con il sacrificio del Signore costituirà per loro una fonte di autodonazione che li salverà da una forma di vita che minaccia continuamente di distruggerli” (HP 12). - Ecco, secondo me, i criteri generali della pastorale per le persone omosessuali.
Sarà una pastorale più personale che collettiva, proprio per non creare sette all’interno della comunità
Il documento Vaticano conclude così: “Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale.
Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato. Vanno incoraggiati quei programmi in cui questi pericoli sono evitati.
Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale.
Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale.
Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto. Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale” (HP 15).
A tutti la Chiesa deve aprire i tesori della santità.
A tutti deve proporre la pedagogia della santità.
Una pastorale che non favorisse la santificazione dei fedeli non sarebbe una vera pastorale.
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di presentare questi criteri di orientamento.
- Sotto il profilo morale viene sempre condannato l’atto omosessuale, perché è contro natura.
Ma non si condanna la persona, soprattutto se questa ha una condotta integerrima, e non la si condanna neanche se pecca, in particolare se si pente.
Il giudizio di responsabilità soggettiva in definitiva compete solo a Dio.
Come vedi, la mia risposta è sostanzialmente identica alla tua.
Non abbiamo espresso giudizi sui singoli. Abbiamo voluto solo vedere le cose come stanno sotto il profilo oggettivo e abbiamo inteso chiamare le cose con il loro giusto nome. - Per quanto riguarda il compito della Chiesa, che è su un piano diverso da quello della società civile, va ricordato che la Chiesa non è autrice della legge morale, ma la riceve da Dio.
E a proposito dell’omosessualità la Chiesa si trova di fronte a varie affermazioni tutte molte forti.
Una di queste è la seguente: “Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi…
Li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura.
Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento…
E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa” (Rm 1,24.26-27.32).
Se la Chiesa vuole portare agli uomini la Rivelazione di Dio circa l’omosessualità non può prescindere da questa pagina. - All’interno della società civile nessuno è costretto ad essere cristiano.
Ma nessuno può proibire ad un cristiano di pensare come la pensa Dio.
I cristiani non costringono nessuno a pensare come loro.
E hanno anch’essi il diritto di seguire Gesù Cristo. - Infine nella mail vien posta un’ultima domanda: perché l’amore tra omosessuali dovrebbe essere sbagliato dopo che il Signore li ha fatti nascere così?
Ho fatto delle distinzioni e ho detto che il loro volersi bene non è sbagliato.
E ho detto che secondo la Divina Rivelazione è sbagliato qualcosa d’altro.
Ma per dire che Dio li abbia fatti nascere così bisognerebbe portare qualche prova.
I nostri progenitori, Adamo ed Eva, Dio li ha voluti maschio e femmina.
Nella trasmissione della vita sono i genitori a donare quanto serve a formare un corpo.
Dio interviene creando l’anima.
L’inclinazione omosessuale non deriva dall’anima che è spirituale, ma dal corpo.
Pertanto l’affermazione che Dio li abbia fatti così non è corretta.
RICORDA DI LEGGERE ANCHE QUI: LETTERA XXI di santa Caterina da Siena ad una persona omosessuale
21 febbraio – San Pier Damiani Dottore della Chiesa
Pietro era nato a Ravenna nel 1007; già orfano di padre, ultimo di una numerosa nidiata di figli, venne tirato su dal fratello maggiore, Damiano, e ciò ne spiegherebbe l’appellativo di “Damiani”. Ultimo di sei figli, verrà riconosciuto come uno dei maggiori latinisti del tempo, nonché versatile scrittore, ma durante tutta la sua vita dimostrò di non avere a cuore la fama bensì la contemplazione di Dio. Era dedito al digiuno, alle mortificazioni corporali, alla preghiera, alle opere di carità, e meditando sulla Passione di Gesù diceva: «Non ama Cristo, chi non ama la croce di Cristo».
Dopo aver studiato a Ravenna, Faenza e Padova e insegnato all’università di Parma, entrò nel monastero camaldolese di Fonte Avellana, che divenne il centro della sua attività riformatrice. Ma la Chiesa dilaniata internamente da discordie e scismi, conseguenza di quel grave malanno che prende il nome di simonia, compravendita di cariche ecclesiastiche, e dalla leggerezza con cui il clero risolveva il problema del celibato, aveva bisogno di uomini integri e preparati come il colto e austero Pier Damiani. Nel 1057 il Papa lo chiamò a Roma per averlo accanto in un momento di crisi della Chiesa, dilaniata anche da gravi peccati del clero in campo morale. Fu in questo periodo che scrisse il Libro gomorriano (o Libro di Gomorra) sui peccati relativi alla morale sessuale, tra cui denunciò con grande fermezza la sodomia, senza far mancare il richiamo alla conversione per il bene dell’anima: «Se infatti il diavolo è tanto potente da farti sprofondare in questo vizio, Cristo è molto più potente e ti può riportare alla cima da cui sei caduto». Nominato vescovo di Ostia infatti e poi creato cardinale, aiutò i sei Papi che si succedettero al Soglio pontificio, a svolgere un’opera moralizzatrice. In quest’azione si avvalse particolarmente dell’abate benedettino di San Paolo Fuori le Mura, Ildebrando che nel 1073 fu eletto Papa con il nome di Gregorio VII.
Grande riformatore ed eremita, Pier Damiani denunciò, dunque, gravissime piaghe come la simonia e l’omosessualità nel clero. Ma il suo Liber Gomorrhianus risultò scomodo anche ai papi che erano d’accordo con lui, probabilmente perché sentivano la pressione dei chierici sodomiti.
Liber Gomorrhianus apparve attorno al 1049, in un’epoca in cui la corruzione era largamente diffusa, fino ai vertici del mondo ecclesiastico. In questo scritto, diretto al Papa Leone IX, Pier Damiani denuncia i vizi perversi del suo tempo con un linguaggio che non conosce falsa misericordia e compromessi.
Egli denuncia con grande vigore la rovina spirituale alla quale si condanna chi pratica tale vizio:
- Si va diffondendo dalle nostre parti un vizio così gravemente nefasto e ignominioso, che se non vi si opporrà al più presto uno zelante intervento punitore, di certo la spada dell’ira divina infierirà enormemente annientando molti. (…)
Questa turpitudine viene giustamente considerato il peggiore fra i crimini, poiché sta scritto che l’onnipotente Iddio l’ebbe in odio sempre ed allo stesso modo, tanto che mentre per gli altri vizi stabilì dei freni mediante il precetto legale, questo vizio volle condannarlo, con la punizione della più rigorosa vendetta. Non si può nascondere infatti che Egli distrusse le due famigerate città di Sodoma e Gomorra, e tutte le zone confinanti, inviando dal cielo la ,pioggia di fuoco e zolfo (…)
Ed è ben giusto che coloro che, contro la legge di natura e contro l’ordine dell’umana ragione, consegnano ai demoni la loro carne per godere di rapporti così schifosi, condividano con i demoni la cella della loro preghiera.
Poiché infatti l’umana natura resiste profondamente a questi mali, aborrendo la mancanza del sesso opposto, e più chiaro della luce del sole che essa non gusterebbe mai di cose tanto perverse ed estranee se i sodomiti, divenuti quasi vasi d’ira destinati alla rovina, non fossero totalmente posseduti dallo spirito d’iniquità; e difatti questo spirito, dal momento in cui s’impadronisce di loro, ne riempie gli animi così gravemente di tutta la sua infernale malvagità, che essi bramano a bocca spalancata non ciò che viene sollecitato dal naturale appetito carnale, ma solo ciò che egli propone loro nella sua diabolica sollecitudine. Quando dunque il meschino si slancia in questo peccato d’impurità con un altro maschio, non lo fa per il naturale stimolo della carne, ma solo lo fa per il naturale impulso. (…)
Questo vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario, perché supera per gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti uccide il corpo, rovina l’anima, contamina la carne, estingue la luce dell’intelletto, scaccia lo Spirito Santo dal tempio dell’anima, vi introduce il demonio istigatore della lussuria, induce nell’errore, svelle in radice la verità dalla mente ingannata, prepara insidie al viatore, lo getta in un abisso, ve lo chiude per non farlo più uscire, gli apre l’Inferno, gli serra la porta del Paradiso, lo trasforma da cittadino della celeste Gerusalemme in erede dell’infernale Babilonia, da stella del cielo in paglia destinata al fuoco eterno, lo separa dalla comunione della Chiesa e lo getta nel vorace e ribollente fuoco infernale. Questo vizio si sforza di scardinare le mura della Patria celeste e di riparare quella della combusta e rediviva Sodoma.
Esso infatti viola l’austerità, estingue il pudore, schiavizza la castità, uccide l’irrecuperabile verginità col pugnale di un impuro contagio, insozza tutto, macchia tutto, contamina tutto, e per quanto può non permette che sopravviva nulla di puro, di casto, di estraneo al sudiciume. (…).
Questa pestilenziale tirannia di Sodoma rende gli uomini turpi e spinge all’odio verso Dio; trama turpi guerre contro Dio; schiaccia i suoi schiavi sotto il peso dello spirito d’iniquità, recide il loro legame con gli angeli, sottrae l’infelice anima alla sua nobiltà sottomettendola al giogo del proprio dominio. Essa priva i suoi schiavi delle armi della virtù e li espone ad essere trapassati dalle saette di tutti i vizi. Essa li fa umiliare nella Chiesa, li fa condannare dalla giustizia, li contamina nel segreto, li rende ipocriti in pubblico, ne rode la coscienza come un verme, ne brucia le carni come un fuoco. (…) Questa peste scuote il fondamento della fede, snerva la forza della speranza, dissipa il vincolo della carità, elimina la giustizia, scalza la fortezza, sottrae la temperanza, smorza l’acume della prudenza; e una volta che ha espulso ogni cuneo delle virtù dalla curia del cuore umano, vi intromette ogni barbarie di vizi. (…) Non appena dunque uno cade in quest’abisso di estrema rovina, egli viene esiliato dalla Patria celeste, separato dal Corpo di Cristo, confutato dall’autorità della Chiesa universale, condannato dal giudizio dei santi Padri, disprezzato dagli uomini e respinto dalla comunione dei santi. (…)
Imparino dunque questi sciagurati a reprimere una così detestabile peste del vizio, o domare virilmente l’insidiosa lascivia della libidine, a trattenere i fastidiosi incentivi della carne, a temere visceralmente il terribile giudizio del divino rigore, tenendo sempre presente alla memoria quella minacciosa sentenza dell’Apostolo (Paolo) che esclama: “E’ terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Heb 10). (…) Come dice Mosè “Se c’è qualcuno che sta dalla parte di Dio, si unisca a me!” (Es. 32).
Se cioè qualcuno si riconosce come soldato di Dio, si accinga con fervore a confondere questo vizio, non trascuri di annientarlo con tutte le sue forze; e dovunque lo si sarà scoperto, si scagli contro di esso per trapassarlo ed eliminarlo con la acutissime frecce della parola. (San Pier Damiani O.S.B., Liber Gomorrhanus, in Patrologia Latina, vol. 145, coll. 159-190).
E PER CONCLUDERE….
vi ricordiamo di scaricare e meditare i testi integrali dal pdf, a Padre Angelo Bellon OP viene chiesto sulla:
- differenza tra volere il male e tollerarlo..
ecco la risposta che faremo bene a fare nostra, sempre…
la differenza è semplice: nel primo caso significa fare del male la scelta positiva di un proprio atto. E questo è sempre ingiurioso nei confronti di Dio.
Nel secondo caso si tratta di un male già presente, che non si vuole, e anzi si sta subendo. Ma lo si sopporta, lo si tollera, perché si prevede che la sua rimozione procurerebbe un male peggiore.
San Tommaso a proposito della tolleranza di un male che si sta subendo scrive: “Il governo dell’uomo deriva da quello di Dio, e deve imitarlo.
Ora, Dio, sebbene sia onnipotente e buono al sommo, permette tuttavia che avvengano nell’universo alcuni mali che egli potrebbe impedire, per non eliminare con la loro soppressione beni maggiori, oppure per impedire mali peggiori.
Parimenti, anche nel governo umano, chi comanda tollera giustamente certi mali, per non impedire dei beni, o anche per non andare incontro a mali peggiori” (Somma Teologica, II-II, 10, 11).
In realtà, nella tolleranza non si fa del male una scelta positiva delle proprie azioni, ma si cerca di salvare il bene che si può salvare per non correre il rischio di perdere tutto.
- vi sono dei principi inderogabili che devono regolare l’impegno politico e sociale non solo di un cattolico, ma di ogni uomo di buona volontà….
E SE TRA DUE MALI SE NE POSSA SCEGLIERE UNO PER UN BENE MAGGIORE
Carissimo,
- tra due mali non se ne deve scegliere neanche uno.
Se il male è offensivo di Dio, allora Dio non può essere offeso né tanto né poco.
E se il male impoverisce o degrada chi lo compie, non è lecito impoverirsi o degradarsi né tanto né poco. - Come avrai notato, sto dicendo che il male, neanche il minore, può essere oggetto di libera scelta da parte dell’uomo.
È sempre un peccato.
In questo senso Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae ha detto: “In verità, se è lecito talvolta tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali” (HV 14).
Pertanto alla domanda: o rubi o ti licenzio dal lavoro, devo astenermi dal rubare (il Signore poi ricompensa sempre largamente!). - Diverso invece è il caso in cui tra due mali che si devono assolutamente subire, si può far di tutto per tutelare il bene più grande.
- Così si comportavano i marinai inseguiti dai briganti quando per salvare la vita gettavano la merce in mare.
Qui cercavano di salvare il salvabile, con la speranza (se c’era) di poter un giorno ricuperare anche la merce.
La gettavano contrariamente alla loro volontà. Ma se non agivano così, perdevano merce e vita. - In questo caso rientra anche il consiglio dato da Ruben ai fratelli determinati a uccidere Giuseppe: “Non versate il sangue, ma gettatelo in questa cisterna che è nel deserto” (Gen 37,22). La Scrittura stessa commenta: “egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre” (Ib.) e anche quello dato da Gesù a Giuda “Quello che devi fare, fallo al più presto” (Gv 13,27).
- A proposito delle parole dette da Gesù San Tommaso commenta: “Queste parole del Signore non sono parole di uno che comanda, o che consiglia, poiché il peccato non può essere oggetto né di precetto né di consiglio divino. Sta scritto infatti: «Il precetto del Signore è limpido, dà luce agli occhi» (Sal 18,9). Esse sono parole di uno che permette. (…).
Ma sono anche parole di esecrazione per il crimine del traditore, volendo esse indicare che mentre lui offriva benefici, costui ne tramava la morte. «Ti redarguirò e metterò ogni cosa in faccia a te» (Sal 49,21).
Inoltre sono parole di uno che anelava compiere l’opera della redenzione, come dice Agostino (In Io. Ev., tr. 62, 4). Egli però non intese di comandare il delitto, ma di predirlo; non di infierire a danno di chi mancava di fede, ma di affrettare la salvezza dei fedeli. «Io devo essere ancora battezzato con un battesimo, e come sono angustiato fino a che esso non si sia compiuto» (Lc 12,50)”.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo
SCARICA QUI IL PDF CON TUTTA LA LETTURA INTEGRALE
RICORDIAMO ANCHE :
L’Idolatria all’epoca di San Paolo
“Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.”
Gesù Cristo afferma queste parole nel Vangelo di Matteo al Capitolo 5, 17-19 e in seguito approfondisce il discorso raggiungendo il vertice in questo passaggio:
“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.” (Mt 5, 43-45)
Un poco prima passa a commentare il Sesto Comandamento affermando in Mt 5, 27-28:
“Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.”
Dunque Gesù non collega assolutamente questo Comandamento agli Atti Impuri e infatti questo è il suo insegnamento sul Puro e sull’Impuro in Mt 15, 1-4; 10-12; 15-20:
“In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!». Ed egli rispose loro: «Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?“
Poi riunita la folla disse: «Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo!».
Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: «Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?».
Pietro allora gli disse: «Spiegaci questa parabola». Ed egli rispose: «Anche voi siete ancora senza intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l’uomo».
Ecco che non sono gli Atti presi di per sé a essere necessariamente impuri o malvagi bensì le Intenzioni del Cuore che portano a farci compiere i nostri Atti: le norme alimentari e sessuali condannano semplici alimenti e, a parte quelle azioni oggettivamente nefaste come l’Incesto, azioni sessuali di per sé né buone né cattive; ma Dio li condanna in quanto volti all’Idolatria, come affermato nel Levitico.
Questa premessa ci porta da San Paolo, che assieme all’episodio di Sodoma e Gomorra e al Levitico, è considerato il fustigatore dell’Omosessualità per eccellenza avendo egli scritto nella Lettera ai Romani nel Capitolo 1,26-27:
“Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento.”
E questo afferma nella Prima Lettera ai Corinti al Capitolo 6,9-10:
“O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.”
Ma questo non chiude la questione in modo definitivo?
Assolutamente no, infatti dovremmo chiederci che fenomeni avevano in comune l’Antica Grecia e l’Antica Roma: tra le tante vi erano l’esercizio di atti omosessuali e il paganesimo.
Riguardo il primo punto occorre ricordare che nell’un’antichità non esisteva il nostro concetto di Omosessualità, termine peraltro coniato alla fine del XIX secolo d.C.: sia in Grecia che per i Romani la sessualità per essere lecita doveva manifestarsi nell’ottica del dominio del Maschio Adulto Libero sulle categorie di persone considerate inferiori e quindi le Donne, gli Adolescenti e gli Schiavi; dunque un fenomeno totalmente diverso dal nostro.
Mentre il secondo implica l’Idolatria: ecco le chiavi di lettura per comprendere l’insegnamento di San Paolo.
Cominciamo dalla Lettera ai Romani dove solitamente coloro che condannano l’Omosessualità citano sempre e soltanto quei versetti che ho citato in precedenza; questo tuttavia non è l’inizio del paragrafo contenente quei versetti, infatti nel Capitolo 1,18-25 San Paolo scrive quanto segue:
“In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.”
Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.”
Cui seguono appunto i famosi versetti 26 e 27:
“Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento.”
Come si vede la causa dei rapporti cosiddetti contro natura è l’Idolatria: poiché all’epoca non si sapeva che l’Omosessualità è un Orientamento Sessuale del tutto naturale è ovvio che per gli antichi gli atti omosessuali fossero contro natura; e se applicassimo questo ragionamento ai nostri giorni ad esempio una persona omosessuale andrebbe contro la sua propria natura fingendosi eterosessuale.
Veniamo ora alla Prima Lettera ai Corinzi in cui compaiono i termini sodomiti ed effemminati, parole che chiuderebbero brutalmente la questione sennonché l’originale in lingua greca dischiude un altro significato: il versetto in italiano è “né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti” in greco invece è
“οὔτε πόρνοι οὔτε εἰδωλολάτραι οὔτε μοιχοὶ οὔτε μαλακοὶ οὔτε ἀρσενοκοῖται”
che traslitterato è:
“oute pornoi oute eidololatrai oute moichoi oute malakoi oute arsenokoitai”.
La seconda e la terza parola sono state tradotte giustamente come idolatri e adulteri: pornoi tuttavia non significa semplicemente immorali ma “prostitute” e, poiché Gesù Cristo ha detto che le prostitute in quanto persone oppresse ci precederanno nel regno dei cieli, non può che riferirsi a coloro che sfruttano le prostitute, in una parola fornicatori in quanto fornix nella lingua latina indica il bordello.
Malakoi può significare effemminati, ma come significati primari ha uomo codardo, libertino o licenzioso, persone mansuete: riguardo l’effemminatezza esistono persone che hanno atteggiamenti e modi di parlare femminei, e questo fenomeno è indipendente dall’Orientamento Sessuale e sarebbe assurdo che Dio condanni queste persone che non fanno nulla di male nell’essere effemminati.
Poiché San Paolo scrive categorie di peccato questo termine è traducibile come libertini e al massimo accidiosi il che è giustificato dal fatto che l’Accidia è uno sette Vizi Capitali.
Arsenokoitai è un termine greco che compare esclusivamente nel Nuovo Testamento ed è stato tradotto come “uomini che si relazionano sessualmente con altri uomini”: tuttavia essendo un termine inesistente nella letteratura greca antica questo significa che sia un termine coniato da San Paolo usando i termini arsen, aggettivo utilizzato da Omero, Euripide, Sofocle e Aristofane che significa mascolino, e koitai che deriva da koiti che significa letto.
Dunque il termine significherebbe “letti mascolini” che non ha senso: il fatto è che è una parola composta non può essere tradotta in base al significato delle singole parole, perché ad esempio la parola inglese butterfly significherebbe “burro mosca” invece di farfalla; per risolvere l’arcano ci viene in aiuto proprio il Libro del Levitico secondo la traduzione in greco della Bibbia cosiddetta dei LXX.
Il versetto 22 del Capitolo 19 (Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna) nella Bibbia dei Settanta è scritto in questo modo:
“καὶ μετὰ ἄρσενος οὐ κοιμηθήσῃ κοίτην γυναικός “ traslitterato come “kai meta arsenos ou koimethese koiten gunaikos”.
Ancora più esplicito è il versetto 13 del Capitolo 20 (“Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna,“) scritto:
“καὶ ὃς ἂν κοιμηθῇ μετὰ ἄρσενος κοίτην γυναικός” traslitterato come “kai hos an koimethe meta arsenos koiten gunaikos”.
San Paolo è ebreo di Tarso in Anatolia e cittadino romano che conosce il greco che era lingua universale dell’epoca e dunque doveva conoscere la Bibbia dei Settanta: è verosimile che egli coniò il termine arsenokoitai unendo assieme arsenos e koiten desunti dai due versetti sopraccitati: e, come abbiamo visto nella precedente lettera, non può che significare “uomini dediti alla prostituzione sacra”.
Questa spiegazione non è sufficiente per comprendere il messaggio di San Paolo relativamente agli arsenokoitai: nel Levitico è condannata la prostituzione sacra come mezzo per i riti idolatrici della fertilità e infatti questi riti erano parte delle religioni degli Egizi e dei Cananei; come possiamo dirci sicuri che l’Apostolo condanni le medesime pratiche idolatriche?
Questo è deducibile da 2 punti legati alla stessa Prima Lettera ai Corinzi: il primo è il riferimento agli idolotiti, argomenti discussi nei Capitoli dal 9 all’11, cioè la carne degli animali immolati alle divinità pagane, il che si ricollega alle norme alimentari del Levitico che vieta di nutrirsi degli animali impuri in quanto sacrificati agli dèi oppure in quanto loro rappresentazione.
Infatti non dobbiamo dimenticare che le divinità egizie sono rappresentate da animali, come ad esempio l’ibis, animale proibito dal Levitico poiché simbolo del dio Thot.
Riguardo il versetto dei Corinzi che condannerebbe l’Omosessualità, c’è da sottolineare che i termini idolatria, prostituzione sacra, adulterio, apostasia e infedeltà, nella lingua ebraica biblica sono fra loro sinonimi, il che mostra come l’idolatria rappresenti quell’atto dell’Essere Umano che tradisce l’Amore che Dio ha per ognuno di noi suoi Figli.
Sempre nell’ebraico biblico il termine prostituzione sacra significa anche “sacerdote/essa di Astarte”: questa è la dea della fertilità, fecondità e della guerra dei Fenici e dei Cananei: essa corrisponde alle dee egizie Iside, legata anche alla magia e agli incantesimi anch’essi condannati nella Bibbia, Hathor, dea dell’amore, fecondità etc. e Sekhmet, dea della guerra; infine Astarte per i Greci corrisponde ad Afrodite.
Qui si ritorna al secondo punto legato alla Prima Lettera ai Corinzi: nella città di Corinto a quel tempo esisteva il più importante tempio dedicato proprio ad Afrodite e lì si esercitava la prostituzione sacra femminile e maschile.
San Paolo è l’Apostolo delle Genti e vive in se stesso la Frontiera, a partire dalla unione tra il suo essere Ebreo e cittadino di Roma; egli varca la Frontiera convertendosi da Fariseo persecutore a Cristiano e Apostolo, e infine varca le Frontiere delle terre di Israele, delle città e province romane: il suo ministero consiste nel testimoniare l’unico Dio il cui Figlio si è Incarnato in Gesù Cristo, che abbatte definitivamente la Frontiera tra Dio e ogni Essere Umano, e, Risorto dalla morte di Croce, ha riaperto la Frontiera tra il Mondo e il Paradiso, che fu chiusa per il Peccato Originale.
Questo ministero è rivolto ai Popoli Pagani dediti dunque all’Idolatria che si manifestava attraverso il nutrirsi degli idolotiti e i culti della fertilità svolgendo rapporti sessuali con prostitute e prostituti sacri: poiché un maschio adulto nell’antichità poteva fare sesso attivo indifferentemente sia con uomini che con donne, ecco che San Paolo non condanna assolutamente l’Omosessualità.
Come si è visto San Paolo agisce seguendo fedelmente l’insegnamento di Dio e di suo Figlio Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo: come la Santissima Trinità non ha mai condannato l’Omosessualità, così nemmeno San Paolo l’ha mai condannata.
(qui la fonte originale)
in tutte le Lettere apostoliche leggiamo di queste lamentele da parte degli Apostoli tanto da arrivare a parlare già di “anticristi in mezzo a noi” lo stesso san Paolo non denuncia solo il caso dell’incestuoso accolto nella comunità… ma chiarisce anche come nessuno è obbligato ad essere cristiano e che, tuttavia, l’esserlo implica determinate scelte inderogabili… non può esserci un annuncio autentico se non c’è una conversione autentica ai comandamenti divini… è san Paolo a fare l’elenco di coloro che si illudono di guadagnare il regno dei cieli se non abbandoneranno IL PECCATO… ecco le sue parole:
“O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.” (1Cor.6,9-10); o come anche nella Lettera ai Romani nel Capitolo 1,26-27:
“Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento.”
così come nella Lettera agli Efesini – 5
1Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, 2e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
3Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – 4né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! 5Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio.
6Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono.
7Non abbiate quindi niente in comune con loro. 8Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; 9ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. 10Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. 11Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente.
12Di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare, 13mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. 14Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
15Fate dunque molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, 16facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. 17Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. 18E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, 19intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore,
20rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
VEDIAMO UN ALTRO CASO aggiornato oggi
Omosessualità, “Avvenire” rifiuta esplicitamente il Catechismo
di Tommaso Scandroglio vedi qui 14 agosto 2023
Nella risposta ai dubbi di una lettrice, il quotidiano dei vescovi falsifica i pronunciamenti definitivi della Chiesa sul tema dell’omosessualità e perfino Amoris laetitia. Obiettivo: legittimare omo e transessualità con il pretesto dell’accoglienza delle persone. Ecco le prove.
– DOSSIER: L’agenda Lgbt di “Avvenire”
– O con la Chiesa o con gli usurpatori, di Riccardo Cascioli
Una lettrice di Avvenire, la dottoressa Francesca Abbona, scrive al quotidiano dei vescovi appuntando un distinguo che pare che il giornale della CEI non faccia mai: bene accogliere le persone omosessuali e transessuali, ma non scordiamoci di richiamare la verità della Chiesa su omosessualità e transessualità. Così la lettrice: «In piena concordia sul fatto che ogni ragazzo e ogni persona vada ascoltata e accolta, non giudicata e trattata secondo carità, mi pare che parte di questa carità sia anche un atteggiamento di verità. Oltre alla difesa di ragazzi con orientamento sessuale omosessuale o ragazzi che esprimano di riconoscersi in un genere diverso da quello biologico, mi sembra che vadano difesi anche ragazzi sottoposti a una teoria sull’umano completamente nuova e con aspetti discutibili».
Risponde alla lettrice Luciano Moia, difensore d’ufficio delle tematiche LGBT in seno ad Avvenire. Sin dall’esordio il Nostro inciampa in un errore marchiano: «Si tratta di problema delicato e complesso che attende ancora, da parte della Chiesa, approfondimento più meditato e sereno». Falso. Non c’è da attendere alcuna risposta, perché la Chiesa si è pronunciata in modo definitivo più volte sulla tematica dell’omosessualità, come attestano i seguenti documenti: «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Persona humana, n. 8). «Sono contrari alla legge naturale. In nessun caso possono essere approvati» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357); «Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella Sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio. Questo giudizio […] attesta che gli atti di omosessualità […] in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione» (Persona humana, n. 8); «La particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 3); «La tendenza omosessuale è un disordine oggettivo […] e richiama una preoccupazione morale» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, n. 10); «Le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, n. 4).
Questi giudizi censori sull’omosessualità trovano il loro fondamento nella Parola di Dio. È di diritto divino positivo la condanna dell’omosessualità come peccato mortale, qualora sussistano la piena avvertenza e il deliberato consenso. Tra i molti luoghi citiamo San Paolo che dichiara esclusi dal Regno dei cieli anche gli effeminati (cfr. 1 Cor., 6, 10). Appoggiandosi a tale divieto divino il Concilio di Trento dichiara: «Difendiamo l’insegnamento della legge divina, che esclude dal Regno di Dio non soltanto gli infedeli, ma anche i fedeli impuri, adulteri, effeminati, sodomiti, ladri, avari, ubriaconi, maledici, rapaci e tutti gli altri che commettono peccati mortali, da cui con l’aiuto della grazia potrebbero astenersi e a causa dei quali vengono separati dalla grazia del Cristo» (Sess. VI, Decreto sulla giustificazione, cap. XV).
Parimenti Giovanni Paolo II, commentando il passo paolino, così scrive nella Veritatis splendor: «Tale condanna […] enumera come “peccati mortali”, o “pratiche infami”, alcuni comportamenti specifici la cui volontaria accettazione impedisce ai credenti di avere parte all’eredità promessa. […] Sono atti “irrimediabilmente cattivi”, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona» (nn. 49, 81).
In merito alla transessualità (qui i motivi per cui è condizione contraria a morale) il Catechismo così disciplina: «Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. […] Al di fuori di prescrizioni mediche di carattere strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o sterilizzazioni direttamente volontarie praticate a persone innocenti sono contrarie alla legge morale» (nn. 2333, 2297). Una contrarietà che trova la sua radice morale in Genesi: «maschio e femmina li creò» (1, 26). Poi rammentiamo Benedetto XVI: «Il sesso […] non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: ‘Maschio e femmina Egli li creò”’ (Gen 1,27). No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora è stata la società a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. […] Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale di forme della persona umana che si integrano a vicenda» (Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2012).
Inoltre ricordiamo il documento del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari: «Non si può violare l’integrità fisica di una persona per la cura di un male d’origine psichica o spirituale. Qui non si danno organi malati o malfunzionanti. Così che la loro manipolazione medico-chirurgica è un’alterazione arbitraria dell’integrità fisica della persona. È per questo che non si può correttamente assumere il principio di totalità a criterio di legittimazione […] della medicina e chirurgia transessuale» (Carta degli operati sanitari, n. 66, nota 148).
Quindi, al contrario di quanto scrive Moia, il Magistero è chiaro su omosessualità e transessualità. Moia poi afferma che, dopo che il Papa nell’ Amoris laetitia ha scritto che «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto» (250), si sono aperti «scenari inediti». Ma in realtà la Chiesa da sempre ha affermato che bisogna accogliere le persone omosessuali (ma non la loro omosessualità). Basta andare a leggersi il n. 2358 del Catechismo e il n. 8 del documento Persona humana.
Poi Moia passa dal piano descrittivo al piano valutativo di segno positivo senza che il lettore se ne accorga: «Quindi, come scrive il Papa, l’orientamento sessuale non è univoco, esistono – come ben sappiamo – diversi approcci alla sessualità che, seguendo il ragionamento di Amoris laetitia non determinano gerarchie di rispetto e di dignità». Moia costruisce questo ragionamento semplice semplice d’impronta fenomenologica storicista: dato che esistono diversi orientamenti sessuali (in realtà solo due) allora sono tutti moralmente validi. Ma l’esistenza di una condotta o di una condizione non si autolegittima sul piano etico. Anche il furto, la menzogna e la violenza sessuale esistono, ma non per questo sono condotte moralmente lecite. Nemmeno Amoris laetitia arriva a dire questo sull’omosessualità.
E in merito alla dignità personale, occorre ricordare che dignità significa “preziosità”. Tale preziosità deriva dalla natura razionale della nostra anima. Tutte quelle condotte e condizioni che sono contrarie a ragione, come l’omosessualità, sono contrarie alla dignità della persona, contrarie al suo vero bene. Dunque non vi è dignità nell’omosessualità. Vi è dignità nella persona omosessuale, nonostante la sua omosessualità, perché in lui la preziosità intrinseca della sua anima razionale è rimasta intatta.
Moia prosegue scrivendo che «l’orientamento sessuale, quando profondamente radicato, è parte costitutiva della personalità individuale». Da qui la critica di Moia alle «pratiche “riparative” o “affermative”». Risponde al giornalista di Avvenire la Congregazione per la Dottrina della Fede: «Ai nostri giorni, contro l’insegnamento costante del magistero e il senso morale del popolo cristiano, alcuni, fondandosi su osservazioni di ordine psicologico, hanno cominciato a giudicare con indulgenza, anzi a scusare del tutto, le relazioni omosessuali presso certi soggetti. Essi distinguono – e sembra non senza motivo – tra gli omosessuali la cui tendenza […] è transitoria o, almeno, non incurabile, e gli omosessuali che sono definitivamente tali per una specie di istinto innato o di costituzione patologica, giudicata incurabile. Ora, per ciò che riguarda i soggetti di questa seconda categoria, alcuni concludono che la loro tendenza è a tal punto naturale da dover ritenere che essa giustifichi, in loro, relazioni omosessuali in una sincera comunione di vita e di amore, analoga al matrimonio, in quanto essi si sentono incapaci di sopportare una vita solitaria». Detto ciò il giudizio della Congregazione è netto: «Non può essere usato nessun metodo pastorale che, ritenendo questi atti conformi alla condizione di quelle persone, accordi loro una giustificazione morale» (Persona humana, 8).
Conclusione: la posizione di Moia e quindi di Avvenire non è cattolica perché rifiutano consapevolmente l’insegnamento del Magistero. La dottrina cattolica insegna l’accoglimento della persona omosessuale e transessuale e la condanna dell’omosessualità e della transessualità. Avvenire vuole invece accogliere la persona omosessuale e transessuale perché accoglie l’omosessualità e la transessualità.
Si possono benedire le unioni omosessuali? 🤔
Due documenti recenti del Dicastero della Dottrina della Fede ci assicurano di sì purché la formula sia “extra-liturgica” (?) e la benedizione non duri più di 10-15 secondi (!).
La Sacra Scrittura, i Padri e i Dottori della Chiesa, i Santi e i Papi, in una parola la Tradizione della Chiesa ci dice invece che non si può benedire una relazione intrinsecamente peccaminosa.
Per approfondire questo argomento importante e attuale le Edizioni Fiducia vi propongono due libri:
Chiesa e omosessualità, le ragioni di un’intrinseca condanna (clicca qui: https://www.edizionifiducia.it/products/chiesa-e-omosessualita-le-ragioni-di-unimmutabile-condanna )
Una raccolta di documenti che dimostra come la condanna della sodomia o omosessualità da parte della Chiesa, sia costante e inappellabile.
Liber Ghomorranus scritto da san Pier Damiani (1007-1072), abate del monastero di Fonte Avellana e poi cardinale vescovo di Ostia, diretto al Papa Leone IX, per denunciare la sodomia del suo tempo con un linguaggio che non conosce falsa misericordia e compromessi (clicca qui: https://www.edizionifiducia.it/products/liber-gomorrhianus )
Potete richiedere i due libri direttamente alla nostra casa editrice per un prezzo complessivo di 15 euro👍
AGGIORNAMENTO aprile 2024 – da “cronicasdepapafrancisco”
Amore-omo? NO! caro Papa Francesco, Dio non lo benedice affatto!
«Sant’Agostino è un santo scomodo e non alla moda. Perchè predica l’amore eterno, in un mondo che cerca l’amore facile e veloce, e la sapienza, in un mondo assetato di prestigio, successo e carriera (..) lontano (dal Cuore di Dio a causa dei peccati) con tutte le libertà che ci permettono, ci promettono, alla fine anche noi siamo servi, schiavi del modo di fare, che le mode ci impongono, non siamo realmente liberi. E la vita, invece di essere ricca, è piena di ciò che a volte è deludente, siamo restii ad entrare. E se vediamo questo mercato di parole, questo mercato di divertimenti, di ideologie, non è vero forse che mangiamo le carrube dei porci?»
(cardinale Joseph Ratzinger – Omelia in visita a Sant’Agostino a Pavia, 14.11.2004)
Papa Francesco non ha mai fatto “mistero” delle sue aperture più inquietanti durante tutta la sua vita di sacerdote e Pastore, ma soprattutto da Pontefice!
Ha certamente sempre posto avanti il fatto che “la dottrina non si tocca“, un vero mantra fino alla presa in giro come è dimostrato dalla Fiducia supplicans: la dottrina è quella, non si tocca, ma noi inventiamo allora una benedizione per tutti a prescindere da cosa dice la dottrina! e tanto peggio per chi non si vuole adeguare a questa nuova dittatura.
Inoltre, Papa Francesco, ci ha abituati da tempo, che ciò che vuole non lo esprime come dottrina (lo ha spiegato il suo braccio destro cardinale Fernandez messo di proposito a Prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede…) ma pastoralmente attraverso le interviste, incontri informali, persino confidenziali che poi diventano una imposizione per tutta la Chiesa.
È il caso di ben due ultimi libri-interviste uscite come “regalo” di Pasqua, sorpresa nell’uovo di cioccolata… del qual contenuto ci sarebbe molto da dire e da riflettere, ma ci fermiamo qui solo a questa visione devastante, laddove il Papa afferma: il sostegno legale alle unioni civili tra persone dello stesso sesso “che sperimentano il dono dell’amore”…
E allora: è possibile che – l’amore tra persone dello stesso sesso – possa essere una benedizione divina, benedetto da Dio? Rispondiamo come “Cristo e la Chiesa insegna”, non con le nostre opinioni!
Ragionevolmente e giustamente l’articolo scritto da Eduardo J. Echeverria e pubblicato su The Catholic Thing si pone la questione in questi termini:
- Il pensiero della Chiesa è che certamente non può essere un dono di Dio, né naturale (creatore) né soprannaturale (sacramentale). Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, la fonte ultima dell’amore è Dio stesso. Citando l’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II del 1981, Familiaris Consortio, il Catechismo della Chiesa cattolica afferma:
– Dio è amore e in se stesso vive un mistero di comunione personale d’amore [eternamente unito nell’essere, nella relazione e nell’amore]. Creando il genere umano a sua immagine e somiglianza… Dio ha iscritto nell’umanità dell’uomo e della donna [Genesi 1, 27] la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità, dell’amore e della comunione.
Per Papa Francesco, invece, l’amore, gli affetti tra persone dello stesso sesso non sarebbe affatto una forma disordinata!! anche se ha espresso condanna agli atti intrinsecamente cattivi, disordinati indicati, per altro, nella stessa Fiducia supplicans… ma ciò che il Papa vuole che non si discuta è proprio sul come queste persone possano esprimere questo affetto, di questi atti non dovrebbe occuparsi neppure il confessore, lo ha spiegato il cardinale Fernandez a gennaio scorso.
Ma se un malato che va dal medico non gli spiega i sintomi del suo malessere, come potrebbe, il medico, fare una diagnosi della malattia e della cura?
Così è per il confessore: se è vero che egli non debba fare un interrogatorio al penitente, non deve procedere con curiosità morbosa, è anche vero che deve sapere di cosa si è pentito, di quali peccati.. cosa tormenta la sua anima, altrimenti non potrebbe dare a quell’anima alcuna medicina e in certi casi neppure l’assoluzione!!
Ora, ascoltando come già la Chiesa si è espressa in materia, VEDI QUI, se due persone dello stesso sesso provano affetto tra loro ma lo vivono nella castità offrendo alla comunità una testimonianza forte e di vero sacrificio, ben venga… tuttavia, ciò che è fondamentale rilevare ed insegnare è che Dio NON ha creato e neppure benedetto l’amore e gli affetti tra persone dello stesso sesso, perché la stessa castità implica che il combattimento nel praticarla, nel metterla in pratica, avvenga tra MASCHIO E FEMMINA, che vi è perciò una differenza sessuale tra l’uomo e la donna!
Ciò che Dio ha benedetto e benedice, al di là dell’Amore CONIUGALE, È LA CARITÀ, L’AGAPE FRATERNA… la quale si manifesta in tutte le vere e più sane comunità cristiane, tra le persone e non solo una categoria.
Volete un esempio? l’agape e la carità (amore sacro e fraterno) insegnata nei monasteri, spiegata e vissuta dai santi Fondatori come san Benedetto… santa Ildegarda, santa Chiara, san Francesco, san Domenico, ecc.. ambienti, come ben sappiamo, in cui convivono persone dello stesso sesso (ambienti maschili e femminili) la qual carità (amore) e l’agape non sono mai state confuse o associate AGLI AFFETTI o l’”ammmmore” oggi inteso…
Basta leggere Benedetto XVI in “Deus caritas est” e nella “Caritas in Veritate” dove, in entrambe le encicliche, spiega la differenza tra l’amore sacro (l’agape) e l’amor profano; tra la carità che è espressione dell’amore di Dio ai suoi nella verità, e l’uso indiscriminato di una carità “amorevole” per giustificare ogni forma di peccato.
La castità, perciò, è un atto di vero amore quando UNISCE due persone – maschio e femmina – in una RELAZIONE SANA a partire dal pensare l’altro/a così come Dio l’ha creato/a.
«Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore» – «Omnis, qui vidĕrit muliĕrem ad concupiscendum eam, iam moechātus est eam in corde suo» (Mt.5,27-32) il ché significa anche per la donna… Gesù nello specifico metteva in guardia contro il divorzio e il ripudio della moglie che all’epoca era per altro indifesa.
Nel Decalogo, l’adulterio era già condannato. Ora però, con il Vangelo, si passa dalla condanna dell’azione alla condanna dell’intenzione: basta anche solo guardare con desiderio insano, per avere già commesso adulterio nel proprio cuore… Gesù non va per il sottile!!
Si parte DAL DESIDERIO, dal modo di pensare… Gesù ci mette in guardia DALLE INTENZIONI malate, perverse e malvage...
L’adulterio è pertanto la condanna di atti sessuali al di fuori del matrimonio tra maschio e femmina, relazioni e rapporti NATURALI che tuttavia non corrispondono al progetto di Dio che vuole quella unione sponsale e per questo, praticare tale sessualità per quanto sia naturale è peccato al di fuori dell’unione sponsale; gli affetti (ai quali conseguono inevitabilmente gli atti) tra persone dello stesso sesso, invece, è “abominio” condannato dalla Scrittura perchè è contro natura, come spiega san Paolo:
- “Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno…. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.” (Rm.1,18-32)
Il termine Amore è perciò da usarsi esclusivamente nella relazione tra maschio e femmina attraverso la qual relazione, non poche volte, alcuni fidanzati hanno compreso piuttosto la propria VOCAZIONE religiosa o familiare… è nella differenza e nella diversità che si può cogliere la propria vocazione.. mentre, nelle relazioni tra persone dello stesso sesso si finisce in un vicolo cieco, a pensare esclusivamente a se stessi e ai propri appagamenti. Laddove è vero che esistono anche relazioni insane tra maschio e femmina, vi è da dire che il rapporto è del tutto NATURALE, per questo c’è il periodo del “fidanzamento”… durante il quale è sempre Dio che vieta ogni rapporto sessuale (il sesso è STRUMENTO che ha come fine la procreazione, non è lo scopo dell’amore) prima del Matrimonio, proprio per difendere l’autentico concetto di quale amore stiamo parlando che è DONARSI, un sacrificarsi per dare VITA ad altro, morire a se stessi per dare vita ad una nuova famiglia, divenire “una carne sola”… un divenire impossibile tra persone dello stesso sesso, per questo si parla di peccato “contro-natura”, la sessualità perciò è comprensibile solo tra maschio e femmina, così come il concetto di Amore mentre, tra le persone in generale si deve parlare di AGAPE E CARITA’…
Usare il termine “amore” tra persone dello stesso sesso è FALSIFICARE l’amore stesso!! e non è affatto un dono di Dio!
Infatti Eduardo J. Echeverria sopra citato, rileva:
- L’antropologia cristiana deve considerare la realtà della persona umana, dell’uomo e della donna, nell’ordine dell’amore. Perché? Perché, come afferma giustamente Karol Wojtyla nella sua opera magna filosofica, Amore e responsabilità, “la persona trova nell’amore la massima pienezza del suo essere, della sua esistenza oggettiva. L’amore è quell’azione, quell’atto, che sviluppa più pienamente l’esistenza della persona. Naturalmente, questo deve essere vero amore. Che cosa significa amore vero?”.
L’amore è un concetto analogico, il che significa che ci sono diversi tipi di amore: l’amore paterno, l’amore tra fratelli e sorelle, l’amicizia e, infine, l’amore tra un uomo e una donna (“L’amore tra un uomo e una donna è una relazione reciproca tra persone e possiede un carattere personale”).
In breve, l’amore comporta l’attrazione per i valori sensoriali-sessuali e per quelli spirituali o morali dell’altra persona, per esempio, dice Wojtyla, “per la sua intelligenza o per le sue virtù di carattere”. Esistono anche l’”amore di bisogno”, o amore come desiderio, e la “benevolenza”. L’”amore di bisogno” desidera “la persona come un bene per se stessi”. L’amore come benevolenza consiste nel desiderare il bene dell’altro. “La benevolenza è semplicemente il disinteresse nell’amore: ‘Non desidero te come bene’, ma ‘desidero il tuo bene’, ‘desidero ciò che è bene per te’”.
Questo VERO AMORE non significa altro che l’uomo vuole il bene della donna che le è posta al fianco, vuole la sua maternità… e la donna deve volere questa paternità per l’uomo che Dio gli pone al fianco … L’affetto omosessuale non è in grado di fare questo semplicemente perchè è un affetto contrario alla natura stessa e della relazione creatrice di Dio.
- Di conseguenza, quando il Catechismo afferma che gli atti sessuali omosessuali sono chiusi al dono della vita, è perché tali atti non hanno un’unione oggettiva nella differenziazione sessuale di un uomo e una donna. “In nessun caso possono essere approvati”, afferma. Tali atti sono “peccato gravemente contrario alla castità”. Quindi, l’amore omosessuale non è un dono.
Convivenze omosessuali in castità?
Se è già grave di suo il peccato di omosessualità che si chiama “sodomia”, non potrà mai intendersi come unione (anche la biologia lo attesta) perché introduce un disordine ancora più grave, perché genera una concezione della sessualità del tutto difforme dalla logica della natura (il piano di Dio) e induce a pensare che il comportamento omosessuale sia una forma differenziata, una opzione diversa ma accettabile, rispetto al percorso del matrimonio tra un uomo e una donna.
Giovanni Paolo II ha detto che è “incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso.
Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano.
È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina” (Discorso al Tribunale della Rota romana, 21.1.1999).
“Molto meno si può attribuire a quest’unione il diritto di adottare bambini senza famiglia” (Ib.).
“Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato” (HP 15).
Massimo rispetto per le persone dunque e in particolare per la loro sofferenza.
Ma gli atti omosessuali, così come il concetto di affetto, amore, “sono intrinsecamente disordinati e in nessun modo possono ricevere una qualche approvazione” (PH 8), così, sostenere certe unioni, è assolutamente inaccettabile.
Il peccato in sé – ci rammenta san Tommaso d’Aquino – in ogni sua forma, dal veniale al mortale, non può essere oggetto né di precetto né di consiglio divino…
E questo afferma nella Prima Lettera ai Corinti san Paolo 6,9-10:
“O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.”
– Fatta, perciò, la precisa differenza tra L’INCLINAZIONE omosessuale (che non è un peccato in sé se non vi è la volontà e l’intenzione) la quale determina una patologia, un malessere dell’uomo provocato da mille cause che andrebbero, appunto, esaminate e CORRETTE… tuttavia una tendenza tale, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata e non sostenuta o giustificata! Ecco come lo spiega la Dottrina Cattolica:
- “Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile.
– Tuttavia oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all’interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo. Essi manifestano, anche se non in modo del tutto cosciente, un’ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo.
– I ministri della Chiesa devono far in modo che le persone omosessuali affidate alle loro cure non siano fuorviate da queste opinioni, così profondamente opposte all’insegnamento della Chiesa. Tuttavia il rischio è grande e ci sono molti che cercano di creare confusione nei riguardi della posizione della Chiesa e di sfruttare questa confusione per i loro scopi.
Anche all’interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l’insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo. Si tenta di raccogliere sotto l’egida del Cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale. Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione.
– È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l’omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato.
La Chiesa non può non preoccuparsi di tutto questo e pertanto mantiene ferma la sua chiara posizione al riguardo, che non può essere modificata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento.”
(Lettera ai Vescovi sulla cura delle persone omosessuali)
Nella Caritas in veritate, l’enciclica sociale di Benedetto XVI del 2009, leggiamo:
- «Sono consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione. In ambito sociale, giuridico, culturale, politico, economico, ossia nei contesti più esposti a tale pericolo, ne viene dichiarata facilmente l’irrilevanza a interpretare e a dirigere le responsabilità morali. Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione, segnata da san Paolo, della “veritas in caritate” (Ef 4,15), ma anche in quella, inversa e complementare, della “caritas in veritate”.
La verità va cercata, trovata ed espressa nell’”economia” della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. In questo modo non avremo solo reso un servizio alla carità, illuminata dalla verità, ma avremo anche contribuito ad accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale. Cosa, questa, di non poco conto oggi, in un contesto sociale e culturale che relativizza la verità, diventando spesso di essa incurante e ad essa restio…
– Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta. La verità è luce che dà senso e valore alla carità. Questa luce è, a un tempo, quella della ragione e della fede, attraverso cui l’intelligenza perviene alla verità naturale e soprannaturale della carità: ne coglie il significato di donazione, di accoglienza e di comunione. Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente.
È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale.
Nella verità la carità riflette la dimensione personale e nello stesso tempo pubblica della fede nel Dio biblico, che è insieme “Agápe” e “Lógos”: Carità e Verità, Amore e Parola».
Infine, ricordiamo che ridurre il Cattolicesimo a mero sentimentalismo è il tipico distintivo del modernismo, come aveva mirabilmente spiegato il grande pontefice San Pio X nella monumentale enciclica “Pascendi” del 1907. La Fede, per il modernista, non è assenso dell’intelletto alla Verità, ma un “moto del cuore” che pone la coscienza dell’uomo al centro di tutto, spodestando il Vangelo con tutta la dottrina che esso comporta. Così il neomodernista separa, persino contrappone, la Verità e la Carità, cadendo in quell’eresia che Romano Amerio aveva magistralmente definito come «dislocazione della Divina Monotriade» (cfr. “Iota Unum”). Per questo il modernista e il neomodernista sono molto abili «nel predicare una carità senza fede, tenera assai per i miscredenti, che apre a tutti purtroppo la via alla eterna rovina» (San Pio X, allocuzione concistoriale del 17 aprile 1907).
UN CONSIGLIO….
LE TRE SCORCIATOIE CON CUI SATANA CI INVITA A FUGGIRE DALLA CROCE DI CRISTO.
LO SPIRITO DI SATANA È ANCHE NELLA CHIESA.
L’essenza del diabolico è l’odio per la Croce di Cristo. È questo il maligno da un punto di vista biblico. Il disprezzo per la croce. Il diabolico è l’anticroce.
1 – Sulla montagna Satana offre a nostro Signore tre scorciatoie per fuggire dalla Croce. Lo ripete anche con noi, si presenta come salvatore dal peccato per l’umanità. Ci spiega che non abbiamo bisogno della Croce e anche a noi presenta tre scorciatoie.
La prima. «Vedi quelle pietre laggiù? Sembrano piccole pagnotte di pane, no? Non mangi da 40 giorni, non senti l’istinto della fame?». Altri hanno altri istinti. L’istinto del potere. L’istinto del sesso. Lasciati andare, soddisfa i loro appetiti come ogni uomo, ma dimentica la Croce. Prima scorciatoia: la permissività. Fa’ qualsiasi cosa ti vada di fare.
2 – La seconda. La Croce non riuscirà mai a conquistare l’umanità, perché l’umanità ama i prodigi, le sorprese, gli splendori, tutto quello che fa sospirare: oh, che meraviglia! Poi, in una settimana, l’umanità dimentica quella meraviglia e ne cerca un’altra. Vola fino alla luna! Lanciati dal pinnacolo del tempio e resta illeso! Questa è una meraviglia. Fallo, e la folla ti seguirà. Tu non hai bisogno della croce.
3 – La tentazione finale sarà la stessa per la Chiesa dei prossimi cento anni, una tentazione di cui già scorgiamo gli albori. Satana dice che la teologia è politica. Perché preoccuparsi di Dio e del mistero della redenzione? L’unica cosa che conta è la politica! Con il globo scintillante del mondo nella sua mano, Satana dice: «Tutti questi regni sono miei e li darò a te se, prostrandoti, mi adorerai».
Forse che Satana per una volta nella sua vita abbia detto la verità? La terza tentazione di nostro Signore fu dunque di non interessarsi all’ordine divino, ma di interessarsi solo a un ordine sociale e politico.
Lo spirito di Satana è anche nella Chiesa.
Abbiamo smesso le mortificazioni, il rinnegamento di sé, la disciplina nelle scuole e nei seminari. Crescono di numero i tentativi di corruzione, circolano libri che descrivono solo il male, reale o immaginario, della gente: sono già in alcune delle nostre scuole, come ben sapete. Questo è l’elemento corruttivo del diabolico, ma il declino dello spirito di disciplina è odio della croce.
(Fulton J. Sheen, da una catechesi del 1975 circa)
Fonte Amici di Fulton J Sheen – pagina di Facebook
di don Ludovico Sentagne (La Tradizione Cattolica, n.120)
“Sai, figliola, chi sei tu e chi sono io? Se saprai queste due cose, sarai beata.” E’ con queste parole che Nostro Signore esordisce in una sua apparizione a santa Caterina da Siena. “Sarai beata“! Chi non anela a questa beatitudine in mezzo a mille contraddizioni, croci, di questa vita? Il nostro cuore spesso s’inganna cercando una falsa felicità nelle creature: è il peccato che lascia solamente amarezza in bocca. Qual é il segreto che Nostro Signore vuole rivelare alla nostra santa? “Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono“. (Beato Raimondo di Capua, Vita di Santa Caterina da Siena, , Capitolo X).
Parole che ci sembrano aride.
Eppure, tremila anni fa, già quando Mosè chiedeva il suo nome per poter annunciarlo agli ebrei schiavi in Egitto, l’apparizione del Roveto Ardente gli rispose: “Io sono colui che sono!” (Esodo III, 4). Gesù stesso dirà ai Farisei: “Prima che Abramo fosse, Io Sono.” (Giovanni 8, 58). “Se avrai nell’anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti e sfuggirai da tutte le insidie; non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti, e acquisterai senza difficoltà ogni grazia, ogni verità e ogni lume“. (Beato Raimondo di Capua, Vita di Santa Caterina da Siena, , Capitolo X).
caviamo un po’ questo tesoro.
“Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono“: questa verità ci ricorda la nostra dipendenza assoluta da Dio. In linguaggio filosofico si dice che noi siamo composti di atto e potenza: in altre parole, siamo imperfetti o, semplicemente, creature. Per esempio, la nostra intelligenza esiste, è in atto, ma è in potenza ad acquisire nuove conoscenze, a perfezionarsi. In Dio non c’è nessuna potenza: “Dio è l’Essere perfettissimo” recita il Catechismo di san Pio X (paragrafo 2). In altre parole, Dio è atto puro: non può cambiare, non può perfezionarsi. Invece, noi siamo creati imperfetti, defettibili. Partecipiamo all’esistenza di Dio non solo nel momento della nostra creazione ma partecipiamo ogni momento all’esistenza di Dio: “Tu sei quello che non è“.
L’Apostolo dice: “Che cosa hai che non hai ricevuto?” Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, è un dono di Dio che ci mantiene nell’esistenza e che ci dà, Lui stesso, di poter agire, in questo momento: “Tu sei quella che non è“. “Che cosa hai che non hai ricevuto?“. Sono grandi verità la cui meditazione ci manterrà nell’umiltà e nella dipendenza di Nostro Signore, il vero Dio. E’ il frutto che Gesù mette a santa Caterina da Siena.
Monsignor Marcel Lefebvre diceva in altre parole: “L’idea fondamentale, l’idea essenziale del cristiano, di colui che ha fede, ma anche semplicemente dell’uomo saggio, dell’uomo sensato, dell’uomo che ha la saggezza della filosofia e della teologia, questa idea direttrice è la dipendenza da Dio, vivere nella dipendenza da Dio. Credo che sia quello che ci separa da tutti quelli che, precisamente, non vogliono vivere nella dipendenza da Dio, vivere nella totale, completa, intera, perfetta dipendenza da Dio. Bisogna sempre ritornare a questo principio fondamentale, essenziale, nella luce della fede.” (Conferenza ai sacerdoti della Fraternità San Pio X a Saint-Nicolas-du-Chardonnet, Parigi, 13 dicembre 1984).
D’altronde Dio è l’oggetto del primo articolo del Credo, del primo comandamento, della prima domanda del Pater e il primo argomento della Somma Teologica di san Tommaso. La condizione che san Benedetto chiede per ammettere un novizio non è diversa: “Si revera Deum quaerit – Se il novizio cerchi davvero Dio” (Regola, capitolo 58, n.7). Sarà l’eterna scoperta del Paradiso: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.” (Giovanni 17,3).
Dipendenza e indipendenza da Dio sono stati l’oggetto del primo combattimento in Cielo: “Quis ut Deus? – Chi è come Dio?” è il nome dell’Arcangelo Michele. “Non serviam – Non servirò” risponde Lucifero. Vivere nella dipendenza da Dio, è vivere al ritmo della Provvidenza senza anticiparla “imponendo” a Dio il nostro giudizio, la nostra scelta naturale; e senza neanche ritardare, rifiutando la grazia che Dio ci offre.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza – Il Cammino dei Tre Sentieri
