Il cardinale americano respinge le accuse di divisione: «Ciò che crea divisione è l’ambiguità e la confusione, la Verità, invece, unisce sempre».
di Lorenzo Bertocchi (11-01-2017)
La discussione sui dubia, dubbi, sottoposti al Papa da quattro cardinali su come interpretare l’esortazione Amoris laetitia continua a tenere banco. Il cardinale Gerhard Ludwig Muiller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il watchdog dell’ortodossia, in un’intervista a Tgcom24 ha detto che gli interrogativi non si dovevano porre pubblicamente (la lettera al Papa è di settembre e la divulgazione su La Verità di novembre), e che non ce bisogno di correggere il Papa poiché «non c’è pericolo per la fede».
«La confusione nella Chiesa sull’interpretazione di alcuni passaggi di Amoris laetitia è evidente», dice invece a La Verità il cardinale Raymond Leo Burke, il più esposto dei quattro porporati, «per questo non vedo come si possa dire che non c’è pericolo per la fede. Inoltre noi abbiamo comunicato in modo molto rispettoso i cinque dubia al Papa e quando non ci è stata data risposta abbiamo deciso, per il bene delle anime, di rendere pubblico che ci sono dei dubbi e che tutti i fedeli sono chiamati a prestare attenzione».
Burke, firmatario con Walter Brandmuller, Carlo Caffarra e Joachim Meisner, ha poi sollevato il tema di una possibile «correzione formale» del Papa. E secondo quanto riportato da diversi media italiani estrapolando un’intervista pubblicata negli USA, Burke avrebbe dato un ultimatum per questa «correzione formale» che sarebbe scaduto dopo le feste di Natale. In realtà non esiste «assolutamente nessuna scadenza», conferma il cardinale Burke. «Molti media hanno frainteso. In quell’intervista negli Stati Uniti mi avevano chiesto quali sarebbero stati i prossimi passi rispetto ai dubia presentati al Santo Padre, e io ho semplicemente detto che nulla poteva succedere in quel momento visto che stavamo per vivere il tempo liturgico di Natale e dell’Epifania. Solo dopo si sarebbe eventualmente pensato a come procedere, ma di certo non era un ultimatum per un confronto con il Papa».
I dubia ruotano intorno all’accesso all’Eucarestia per i divorziati risposati che convivono more uxorio, accesso che, in certi casi, l’Amoris laetitia permetterebbe. E che, invece, il magistero precedente aveva escluso in più occasioni, fatto salvo il caso di un impegno a vivere come fratello e sorella per quei divorziati-risposati che non possono separarsi per validi motivi. Brandmuller ha dichiarato che l’eventuale «correzione formale» del Papa potrebbe avvenire in camera caritatis. «Infatti», specifica Burke, «io non ho mai detto che sarebbe dovuto avvenire un confronto pubblico. Sono d’accordo con il cardinale Brandmuller, il primo passo potrebbe essere chiedere un incontro privato con il Santo Padre per indicargli le affermazioni inaccettabili di Amoris laetitia. mostrando come in un modo o nell’altro non sono adeguate a esprimere quello che la Chiesa ha sempre insegnato».
DOMANDA: C’è chi sostiene che nella disciplina della Chiesa non esista alcun istituto di «correzione formale» del Santo Padre. Ve lo siete inventato voi?
RISPOSTA: «Certo che no. San Tommaso d’Aquino, nei suoi scritti teologici, pone il problema dell’eventuale correzione formale del Papa e anche la disciplina della Chiesa ne tratta. È stato raramente utilizzato, ci sono degli esempi, e certamente si può ipotizzare il caso di un Papa che in qualche modo possa cadere in errore. In questo caso occorre provvedere a una correzione».
D. Sostenere che, in certi casi, i divorziati-risposati che convivono more uxorio possono accedere all’Eucaristia significa compiere un errore?
R. «Potremmo dire che l’affermazione è materialmente erronea, perché non è possibile ricevere i sacramenti per una persona che sta vivendo more uxorio con qualcuno che non è suo sposo o sua sposa. Invece, affermare che questo è possibile consiste in un errore formale che va contro quanto Gesù stesso ha insegnato ed è sempre stato l’insegnamento della Chiesa».
D. Quindi, sostenere questo, è un’eresia?
R. «No, mi sembra si possa qualificare come errore, ma si tratta di una situazione complessa. Eresia è ostinata negazione o dubbio ostinato, da parte di un battezzato, di una verità che si deve credere per fede divina e cattolica. Un’eresia potrebbe essere quella di chi sostiene che non esistono atti morali intrinsecamente cattivi, affermare questo sarebbe dire qualcosa di contrario alla dottrina della Chiesa e sarebbe chiaramente un’eresia. L’affermazione sull’accesso ai sacramenti di cui parlavo poco fa, invece, si riferisce a una prassi che contraddice due dottrine: quella sull’indissolubilità del matrimonio e quella sulla presenza reale di Gesù nell’eucaristia. In prima battuta possiamo dire che certamente è un errore».
D. Torniamo ai dubia. C’è stato chi ha insinuato che i quattro cardinali siano fra loro divisi. È vero?
R. «Questo è totalmente falso, siamo uniti e per questo io non voglio fare alcuna speculazione su eventuali prossimi passi da compiere in merito all’iniziativa che abbiamo preso. Se lo faremo, lo faremo dopo esserci confrontati».
D. Ma voi pensate ancora che il Papa risponderà ai vostri dubia?
R. «Noi stiamo sempre attendendo una risposta dal Papa come nostro supremo pastore. Non attenderci una risposta non sarebbe rispettoso del suo ufficio».
D. Per molti la risposta c’è già: i quattro cardinali sono soltanto «dottori della legge», duri e insensibili.
R. «A me pare che la legge morale non sia qualcosa che imprigiona una persona, è esattamente il contrario: la legge morale libera la persona e la orienta a compiere il bene. Infatti, quando non c’è rispetto per la legge morale si realizzano situazioni caotiche e moralmente si verifica una sorta di imprigionamento. Per le persone di fede noi dobbiamo dire che la legge divina libera, e non è una cosa negativa. E poi insegnare la legge morale è un grande atto di carità verso il prossimo perché indica la via alla libertà autentica e alla felicità. È impossibile affermare che una persona possa trovare una qualche forma di felicità peccando».
D. Il Papa ha detto di incontrare una resistenza «malevola» che «si presenta quando il demonio ispira intenzioni cattive». Vi siete sentiti chiamati in causa?
R. «Io non so a che cosa si stesse riferendo il Papa. Personalmente non mi sono certo sentito colpevole, perché non è la descrizione della mia posizione».
D. Con la vostra iniziativa pubblica non vi sembra di contribuire a dividere la Chiesa anziché unirla?
«Ciò che divide è la falsità e l’ambiguità, la verità unisce sempre. È assurdo dire che quattro cardinali che fanno cinque domande ragionevoli, e di fondamentale importanza per tutti i cristiani, si stiano comportando in modo da dividere la Chiesa. Stiamo servendo l’ufficio petrino dando al Papa l’occasione di confermarci nell’insegnamento della Chiesa, di fronte a una situazione che si sta mostrando ambigua nei fatti».
Altri cardinali o prelati condividono il merito delle domande che avete posto?
«Non siamo soltanto quattro. Personalmente conosco altri cardinali che condividono pienamente i dubia».
D. Perché tanto rumore per un problema che molti faticano a comprendere?
R. «Qui stiamo trattando una questione che riguarda profondamente la Chiesa: il matrimonio e la famiglia, che è il suo frutto, e costituiscono il fondamento della vita stessa della Chiesa. Il nostro non è un perderci dietro questioni ricercate o difficili, stiamo semplicemente dando il nostro contributo alla crescita della Chiesa nella sua più elementare cellula di vita».
D. In definitiva, l’unica colpa che vi resterebbe è quella di essere degli inguaribili tradizionalisti?
R. «Beh, tutte queste etichette sono molto comode per non affrontare il nucleo della nostra premura, che è la vita della Chiesa. I dubia, piaccia o non piaccia, sono indirizzati a questo».
(Fonte: laverita.info)