Gesuiti in prima fila. Sapevate che…

Ai gesuiti piace primeggiare. Lo hanno sempre fatto: nel bene e, purtroppo, anche nel male.

I gesuiti si sono sempre “vantati” di essere i primi ad obbedire. Qualcuno ha fatto notare che quest’affermazione nasconde il loro voler primeggiare. Effettivamente, nel bene e nel male, i gesuiti sono sempre in prima fila. Nel bene, in quanto al Concilio di Trento hanno primeggiato nella difesa della Fede. Anche nel male perché al Vaticano II hanno primeggiato nell’abbandono della vera Fede. Da allora sono sempre rimasti in prima fila.


RINGRAZIAMO L’AMICA ENZA PASQUALI per aver dato voce all’articolo con questo video che vi invitiamo ad ascoltare, grazie:


 

Quando diciamo “in prima fila” intendiamo anche letteralmente, come dimostra la fotografia che vi mostriamo, in cui vi sono ritratti quattro gesuiti che stanno manifestando per le strade di New York nel 1976. Di che manifestazione si tratta? È il primo “gay pride” svoltosi nella “Grande Mela”.

Chi sono questi quattro infedeli figli della Chiesa e di Sant’Ignazio di Loyola? Rispettivamente, da destra a sinistra: Robert Carter, John J. McNeill, Bernárd Lynch e Dan McCarthy.

Oltre che essere omosessuali, costoro fondarono l’associazione DignityUSA, il cui scopo era promuovere i “diritti” degli omosessuali nella società civile e dei “cattolici lgbt” nella Chiesa cattolica. Si riunirono la prima nel 1972 nella cappella dei gesuiti della 98a strada Ovest di Manhattan. La DignityUSA è stata ufficialmente condannata dalla Santa Sede.

Robert Carter († 2010), oltre che praticare la sodomia, nel corso degli anni ha più volte celebrato “nozze gay”. Sosteneva di farlo proprio – ha spiegato – in quanto gesuita: «Dato che Gesù stava dalla parte degli emarginati, quelli rifiutati dall’establishment religioso del suo tempo, mi considero un gesuita nel senso pieno della parola; un vero “compagno di Gesù” da quando ho dichiarato pubblicamente di essere omosessuale, cioè uno degli scarti sociali del mio tempo». Qualche volte fu timidamente rimproverato dal suo provinciale, ma non sono mai state prese misure disciplinari nei suoi confronti.

John J. McNeill († 2015) ha invece avuto l’ordine ufficiale dalla Santa Sede, nel 1977, di non parlare più in pubblico dell’omosessualità, né di scrivere sull’argomento. Nel 1986 attaccò duramente il Vaticano dopo la pubblicazione della Lettera sulla cura delle persone omosessuali, firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger e voluta da Giovanni Paolo II. Da allora non ha più taciuto. Poiché le sue uscite erano sempre più dure, su ordine irrevocabile del Vaticano, fu espulso dalla Compagnia nel 1987. «Ho sempre saputo che ero omosessuale», ha dichiarato più volte. «Il mio messaggio è che Dio ama e approva gli omosessuali».

Bernárd Lynch ha invece fatto ufficialmente coming out nel 1998, quando fece “benedire” la sua “unione” con il suo “compagno” da un monaco cistercense americano. Ovviamente fu ridotto allo stato laicale. Nel 2007 contrasse anche le “nozze civili”. In un’intervista del 2012 si è vantato di essere il primo prete cattolico ad aver “sposato” una persona dello stesso sesso. Ancora in quell’intervista conferma che nel suo ordine tutti erano a conoscenza della sua omosessualità.

Dan McCarthy, quanto a lui, iniziò una relazione sodomitica nel 1976, con un uomo che conobbe durante una funzione religiosa alla DignityUSA. Nel 2011 hanno contratto “nozze civili”. «Sono omosessuale da 75 anni e prete da 48,ha dichiarato nel 2014non è una novità per me. Tra l’altro, la missione della Chiesa non è dettare il comportamento delle persone, ma quella di proclamare il Regno di Dio». Non è interessato ad avere l’approvazione della Chiesa, o meglio, del Vaticano, perché ha, secondo lui, quella di Dio.

Se qualcuno, dunque, riteneva che l’attuale paladino degli omosessuali, l’altro gesuita James Martin, fosse “piovuto dal cielo” negli ultimi anni, era in grande errore. L’omoeresia è penetrata nella Chiesa dagli anni ’50-‘60, in particolar modo nella Compagnia di Gesù.

Quello che fu il glorioso ordine di Sant’Ignazio di Loyola fu infestato fin dagli anni ’30-‘40 dalla nouvelle theologie, che prese definitivamente il sopravento – approfittando del fatto che molti “nuovi teologi” gesuiti furono importanti periti conciliari – durante il generalato (1965-1983) di Pedro Arrupe (1907-1991), come vi abbiamo già raccontato in un nostro precedente studio sull’argomento.

La deriva dottrinale non può che portare a quella morale. Non è un caso che il deus ex machina del ‘68 americano è stata proprio la Compagnia di Gesù (o di Arrupe?), promuovendo – direttamente o indirettamente – iniziative come il movimento New Age, il rock ‘n roll “cattolico”, nonché il musical Jesus Christ Superstar, ecc. (cliccare qui, qui e qui). E adesso questi gesuiti sono riusciti ad impossessarsi del governo della Chiesa.

I peggiori nemici della Chiesa sono quelli interni, non quelli esterni. Giuda Iscariota rimase convintamente fra gli Apostolici.

IPSE DIXIT

«Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio [Fatima, ndr], vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo ri-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali. […]» (Papa Benedetto XVI, Conferenza stampa durante il volo diretto a Fatima, 11-05-2010).

«[…] Si discute se tutti i disordini che vediamo nel mondo non sono da attribuire ai preti. Ciò potrà scandalizzare qualcuno, ma il problema richiede che io mostri, con la grandezza del male, l’importanza del rimedio. Si sono fatte parecchie conferenze su tale questione e la si è dibattuta a fondo per scoprire le radici di tanti mali: il risultato è stato che la Chiesa non ha nemici peggiori dei preti. E da loro che sono venute le eresie […]» (San Vincenzo de’ Paoli, Entretiens spirituels, ed. Dodin, Seuil, Parigi 1960, pp. 501-502).


 

AGGIORNIAMO L’ARTICOLO SOPRA con quest’altra notizia:

Scismatici, eretici e figlie d’arte al gay pride di Cuba

Nei gay pride di tutto il mondo, appaiono spesso le caricature dei preti. Ma nel caso del gay pride di Cuba, tenuto a battesimo da Mariela Castro (figlia di Raul) il prete c’era davvero: Roger LaRade, sacerdote della Eucharistic Catholic Church. Che è il prodotto di una storia complessa di scismi e di manipolazione della dottrina.

 

Roger LaRade

(il falso vescovo -ex gesuitia – Roger Larade)

I Gay Pride vilipendono spesso l’abito di sacerdoti e suore, ma sabato 9 maggio, a Cuba, all’VIII Giornata contro la omofobia e la transfobia, il prete c’era davvero: Roger LaRade, un ex gesuita omosessuale che, con diversi altri, non perde occasione per usurpare il titolo di “cattolico”.

Reginetta del ballo è stata ovviamente Mariela Castro Espín, nipote del Líder máximo, Fidel, e figlia del fratello di questi, Raúl, l’attuale capo indiscusso dell’Isola; lo stesso che il giorno dopo la pagliacciata, domenica 10, ha incontrato Papa Francesco in Vaticano. Tutto è iniziato la sera di venerdì 8 con un gran gala contro l’omofobia ‒ nel Teatro Karl Marx de L’Avana ‒ e con l’assegnazione (alla memoria) del primo premio istituito dal Centro Nacional de Educación Sexual de Cuba, il “braccio armato” della rampolla Castro, a Vilma Espín Guillois (1930-2007), ingegnere chimico, femminista, rivoluzionaria, membro del Comitato centrale dell’Ufficio politico del Partico comunista cubano dal 1980 al 1991, moglie di Raúl e madre di Mariela. Poi sabato, sfidando la legislazione cubana che (nonostante le chiare aperture di papà Raúl) vieta ancora le “nozze” gay, Mariela e soci (in tutto un migliaio di persone) hanno preparato il set sul quale una ventina di coppie omosessuali si è “sposata” con “rito simbolico”.

Gettonato officiante della Wedding Ceremonies (un “tutto compreso” per ogni gusto e sensibilità), il citato LaRade si autodefinisce «ex sacerdote gesuita che attualmente esercita privatamente come analista jungiano» e si vanta di saper celebrare nozze con rito cattolico o «spirituale o non-confessionale», oltre che di «amare la lettura, le passeggiate, la bicicletta, i film e lo studio della chitarra». I suoi ricordi del seminario sono però un po’ diversi. All’epoca, infatti, «condivideva con i compagni di studi una vita contemplativa fatta di preghiera, Scritture e filosofia», e, nel tempo libero, «gite nei bar e nei club gay di San Francisco, o uscite per vedere film a tema gay come La cage aux folles. Alcuni dei suoi compagni di classe portavano anche leziosi soprannomi femminili».

Oggi è “arcivescovo” e primate di un gruppuscolo attivo in Canada con il nome di L’Église Catholique Eucharistique/The Eucharistic Catholic Church, votato alla «piena inclusione delle persone LGBTQ, che sono doni di Dio, nella vita della Chiesa, la quale comprende pure l’ordinazione sacerdotale e il sacramento del matrimonio». Tutto ebbe inizio negli anni 1940 quando, dopo voci e sospetti, il vescovo della Chiesa ortodossa greca John Augustine Kazantks (morto nel 1957), si dichiarò omossessuale, ruppe con i confratelli ed emigrò negli Stati Uniti. Il nucleo originario di quella che poi sarà l’ECC, orgogliosa prima Chiesa gay, nacque ad Atlanta, il 1° luglio 1946, allorché Kazantks ordinò sacerdote George Augustine Hyde (1923-2010), ex seminarista cattolico. Il loro primo luogo di culto fu una stanza in affitto al Winecoff Hotel di cui pagavano pigione al Cotton Blossom Room, il gay bar dell’albergo.

Il seguito è un intreccio complesso di nuove Chiese e di molti scismi, tutti orbitanti in quel piccolo ma agitato mondo dove s’intrecciano le sigle e le pulsioni dell’ortodossia autocefala di “rito occidentale” statunitense (avente il dichiarato scopo di azzerare l’identità etnico-culturale dei fedeli ortodossi oriundi orientali negli Stati Uniti onde rigenerarli in una nuova ortodossia esclusivamente nordamericana), di un certo “cattolicesimo americano” eterodosso e “nazionalista”, del “vetero-cattolicesimo” americano (la branca locale dello scisma nato da chi, tra 1869 e 1871, rifiutò il dogma dell’infallibilità pontificia, promulgato durante il Concilio Ecumenico Vaticano I), ma soprattutto della voglia di rifondare ereticamente il cattolicesimo in una “teologia LGBT”. O, come dicono spesso, LGBTQ, cioè lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e queer, cioè “bizzarri”, o questioning, quelli che ancora non han deciso di che sesso essere; oppure ancora ‒ così per esempio preferiscono a Cuba ‒ LGBTI, dove l’ultima lettera sta per “intrasessuali”, coloro che sono affetti da modificazioni patologiche del normale processo fisiologico di sviluppo degli apparati sessuali che però in questa logica surreale diventano l’ennesima possibilità di “scegliersi il sesso”.

Come che sia, alla fine di detto intreccio emerge, distinta dalla ECC originaria attiva negli stati Uniti, L’Église Catholique Eucharistique/The Eucharistic Catholic Church attiva in Canada con due parrocchie nell’Ontario, sette in Camerun e una missione a Güines, isola di Cuba. Arcivescovo e primate dal 2005 ne è appunto LaRade, il quale, dopo l’ordinazione tra i gesuiti, divenne cappellano dell’Università di Regina (Saskatchewan canadese), nel 1990 si è innamorato di un uomo, nel medesimo anno ha gettato alle ortiche l’abito sacerdotale, poi si è immerso nello studio di Carl Gustav Jung tanto da farne un mestiere, dopo 12 anni di convivenza ha “sposato” con rito civile il suo amato e alla fine è tornato prete in ambienti vetero-cattolici.

Carnevalate di chi si arrampica sugli specchi per cercare di definire da sé un cattolicesimo alternativo all’unica Chiesa Cattolica, certo; di ecclesiastici LGBT-friendly dalle carriere pirotecniche esiste del resto una enciclopedia intera. Ma c’è un punto che inquieta. Questo piccolo mondo sin troppo attivo rivendica a gran voce la piena successione apostolica delle proprie ordinazioni. Una pretesa tutta da verificare caso per caso, ma se fosse vera i suoi preti e i suoi vescovi sarebbero anche per la Chiesa Cattolica canonicamente validi benché illeciti. E dunque che fare delle benedizioni e dei sacramenti amministrati da quel clero illecito ma valido?  Peraltro Roger LaRade è al di sopra di ogni sospetto: esercita illecitamente l’autorità episcopale nell’ECC, ma la sua ordinazione sacerdotale nella Chiesa Cattolica fu valida.

(La risposta è chiara che, canonicamente parlando, questi sacramenti non sono validi e questi usurpatori del potere sacerdotale stanno commettendo sacrilegi e blasfemia)


 

Fonte lascuredielia.blogspot.it   27/10/2018 – riportato anche qui.

Autore don Elia

L’abuso di minori […] è un delitto, non è un peccato. Ma se una persona, laica, prete o suora, commette un peccato e poi si converte, il Signore perdona. E quando il Signore perdona, il Signore dimentica (Jorge Mario Bergoglio, 28 luglio 2013).

Era già tutto chiaro. Si era già rivelato in quelle poche battute. Alla luce degli sviluppi successivi, le dichiarazioni rilasciate da Bergoglio sul volo di ritorno da Rio de Janeiro non costituiscono soltanto la prima esplosione nel processo di demolizione controllata della Chiesa Cattolica (l’ammissione delle condotte omofile, purché si cerchi il Signore e si abbia buona volontà), ma rappresentano altresì un’autocertificazione di identità personale: non del fatto che sia egli stesso un sodomita, ma del fatto che è un sostenitore del pensiero omosessualista, proprio come lo sono quelle sinistre che l’hanno riconosciuto come indiscusso leader mondiale. La contraddittorietà dell’affermazione sopra citata è in realtà espressione di convinzioni precise: gli abusi sessuali di minori sarebbero un delitto, in quanto proibiti dalla vigente legislazione civile (che può peraltro essere modificata, come già si tenta di fare in diversi Paesi per legalizzare la pedofilia), ma non sarebbero un peccato; quand’anche lo fossero, basterebbe pentirsi perché Dio perdonasse e dimenticasse tutto, con buona pace delle vittime e delle terribili sequele irreversibili, come nevrosi acute e violente pulsioni al suicidio.

Chiunque abbia un po’ di buon senso e di fede insorge spontaneamente contro simili aberrazioni: un delitto, essendo una violazione del giusto ordine civile (che riposa su fondamenti stabiliti da Dio) è anche un peccato, soprattutto se, oltre alla legge umana, viola pure un precetto divino di legge sia naturale che positiva. Il perdono poi, riconciliando il peccatore con Dio, cancella sì il peccato (ossia l’offesa arrecatagli con la disobbedienza ad un Suo comandamento), ma non annulla la pena legata alla colpa morale, la quale, in virtù dell’ordine di giustizia inerente all’Essere, va necessariamente espiata in questa o nell’altra vita (mediante la pena temporale del Purgatorio), a meno che non si ricorra alle indulgenze, la cui efficacia dipende però da una perfetta disaffezione al peccato. Invece la dichiarazione riportata in apertura ignora grossolanamente questa verità di fede e di ragione, sottendendo una visione tipicamente protestante dell’agire umano, il quale non sarebbe libero e, di conseguenza, nemmeno imputabile.

Tassello indispensabile per comprendere la derubricazione della sodomia è la sfacciata esaltazione di Lutero. Il porcus Saxoniae, crapulone dominato dal demonio e ossessionato dal sesso che le fonti storiche ci restituiscono in modo inequivocabile, negò esplicitamente il libero arbitrio dell’uomo incolpando del male Dio stesso, che ne sarebbe la vera causa e il responsabile ultimo. L’uomo non può non peccare, ragion per cui Dio si limita a coprirlo con la giustizia di Cristo, il quale però, una volta identificatosi con i peccati umani, sarebbe stato rigettato dal Padre, che finisce con l’apparire come un mostro di crudeltà; la sua misericordia consisterebbe in un atteggiamento del tutto arbitrario che salverebbe gli uni e dannerebbe gli altri a prescindere dalle loro azioni, con i meriti o demeriti connessi. È alla luce di questa “teologia” satanica che si spiega il pensiero del nuovo “riformatore” argentino, il cui compito sembra quello di portare a termine, all’interno della Chiesa Cattolica, lo stravolgimento da cui cinque secoli fa, pur perdendo interi popoli, uscì miracolosamente indenne grazie al Concilio di Trento, ma da cui è stata riaggredita con il Concilio Vaticano II.

Sia pure attraverso un procedere apparentemente ondivago, dovuto alla necessità di rassicurare i settori meno liberali della Chiesa, il programma di Bergoglio è assolutamente univoco: alla base c’è un pensiero coerente, per quanto aberrante, attuato in uno svolgimento accuratamente pianificato. Secondo l’eresiarca tedesco (da lui ripreso quasi alla lettera in diverse omelie), Dio, per diventare se stesso, deve prima farsi diavolo; il cristianesimo è così sostituito da una gnosi evolutiva nella quale il divino, per “realizzarsi”, abbraccia in sé il male quale necessario momento di sviluppo. In queste farneticanti elucubrazioni si sente puzza di cabala ebraica, di cui fu attento studioso – guarda caso – Johannes Reuchlin, zio di Melantone, il “teologo” di Lutero; ma qui ci sono pure, in gestazione, Hegel, Marx, Nietzsche, Lenin, Heidegger e tutte le sciagure del XX secolo, nonché quelle ancora a venire. Proprio questa è la base del pensiero bergogliano, che del resto si è espresso in una serie di atti e discorsi che lo esprimono e confermano; l’ambiziosa mèta è una palingenesi universale che dovrebbe dare i natali a un mondo nuovo, libero dal peccato perché al di là del bene e del male.

L’aspetto più sintomatico ed evidente di tale superamento è la sovversione delle identità sessuali, elemento qualificante della creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Nei testi gnostici più antichi, come nei frammenti pervenutici del Vangelo degli Egiziani, la procreazione è considerata un male che andrebbe debellato mediante il ritorno a una presunta unità androgina originaria. Tali idee sono state fatte proprie dalla massoneria internazionale di alto livello, che giusto all’indomani dell’elezione di Bergoglio se ne è unanimemente felicitata dichiarando esplicitamente che con lui era giunto sul Soglio di Pietro non un membro delle logge, ma un uomo con le loro idee. Il peccato contro natura, in effetti, non solo è stato da lui approvato con gesti e parole che non necessitano di interpretazione, ma sembra da lui considerato un requisito essenziale per la promozione alle cariche più alte. Alla luce di documenti e testimonianze inoppugnabili, non è ragionevolmente pensabile che egli sia sistematicamente ingannato o tenuto all’oscuro delle “qualità” dei candidati, perché è lui stesso ad averli voluti nonostante i rapporti negativi.

Quanto sto per riportare non sono pettegolezzi, ma tutti fatti pubblici o accertati dagli inquirenti; è una piccola lista dei casi più eclatanti di sue promozioni, ma rappresenta solo la punta dell’iceberg, cioè di un sistema tentacolare saldamente strutturato e radicato nel cuore della Chiesa Cattolica da decenni. Il primo è colui che fu oggetto della domanda sulla lobby gay, la quale diede occasione alla devastante risposta in alta quota da cui siamo partiti: tale Battista Ricca, ben noto all’Arcivescovo di Buenos Aires per esser stato prima addetto alla nunziatura di Montevideo (sull’altra sponda del Rio de la Plata, dove pretese che l’amante svizzero fosse assunto e alloggiato), poi, una volta rispedito a Roma, direttore della casa del clero in cui Bergoglio scendeva regolarmente, e in seguito anche della Domus Sanctae Marthae; dal giugno del 2013 è nientemeno che prelato dello IOR. Il secondo è addirittura il suo segretario particolare, Fabián Pedacchio, di cui abbiamo di recente evocato gli interessi pedopornografici finiti nel mirino della magistratura italiana, ma non così gravi, a quanto pare, da fermarne la nomina. Il terzo è il presidente del neonato dicastero per laici, vita e famiglia, quel Kevin Farrell che ha convissuto per anni con il famigerato ex-cardinal Mac Carrick.

Recentissima, poi, è l’elevazione alla porpora dell’elemosiniere di Sua Santità, Konrad Krajewski, che la notte si aggira per le strade di Roma per distribuire ai senzatetto la carità del Papa. Fra loro c’è il giovane Kamil, cacciato dal Preseminario San Pio X per le sue condotte omosessuali. Le sue denunce di presunti abusi su minori, raccolte da un solerte giornalista che ci guadagna bene sopra, si riferiscono in realtà ad atti tra maggiorenni, ma il fatto che la Segreteria di Stato abbia rinunciato a procedere legalmente per diffamazione contro di lui, che sta ricattando il Vaticano con indebite richieste di risarcimento, la dice lunga su ciò che temono venga fuori in un’indagine giudiziaria. Per inciso: per piacere a chi si fanno la permanente, certi chierichetti del papa?

Altra nomina dell’ultim’ora, quella del Sostituto alla Segreteria di Stato, tale Edgar Peña Parra, un depravato in odore di sodomia fin dal seminario che ha intrattenuto multiple relazioni con persone di ambo i sessi ed è stato oggetto di durissime denunce, fra cui quella di monsignor Viganò. Ma – si sa – le vie della diplomazia sono infinite: il pervertito, che pur era stato segnalato al cardinal Parolin fin da quando era nunzio in Venezuela, ha servito per quattro anni alla nunziatura di Tegucigalpa, dove impera il braccio destro di Bergoglio (quella faccia di bronzo di Maradiaga), il cui vicario generale, per la cronaca, si è recentemente dovuto dimettere in seguito alla denuncia sporta da una quarantina di seminaristi che sono stati oggetto di morbose attenzioni. Nient’altro che affari privati e faccende amministrative, secondo il porporato.

In Italia potremmo citare il noto caso di don Mauro Inzoli, ridotto allo stato laicale da Benedetto XVI e sorprendentemente riabilitato dal successore, finché non è dovuto tornare in carcere dopo la condanna definitiva per abusi su minori. Incaricato da “Francesco” di esaminare gli appelli dei preti condannati a livello canonico, d’altronde, era proprio quel cardinal Coccopalmerio (figlio spirituale del cardinal Martini) che nel giugno del 2017 i gendarmi vaticani hanno beccato a un’orgia per soli uomini a casa del segretario. Tout se tient. Che dire, poi, della promozione alla sede di Milano di monsignor Mario Delpini, che ha pur dovuto ammettere, davanti agli inquirenti, di aver coperto don Mauro Galli, responsabile di un abuso su un quindicenne che da allora ha tentato il suicidio quattro volte? Sono tutte decisioni infelici dovute a cattivi consigli o a insufficienza di informazione? Vi pare possibile? La Segreteria di Stato vaticana funziona meglio del Mossad, che proprio da essa impara. A dileguare ogni dubbio, del resto, basta la vicenda della diocesi cilena di Osorno, dove neanche le proteste di piazza han fermato la nomina di monsignor Barros, poi costretto a dimettersi in modo clamoroso nonostante Bergoglio l’abbia appoggiato fino all’ultimo, definendo calunnie le accuse di copertura del pedofilo Karadima.

Al di là di ogni ragionevole dubbio, gli atti di governo confermano in modo del tutto univoco una volontà precisa fondata su un pensiero definito. L’abitudine di Bergoglio, ancora arcivescovo, di circondarsi di individui moralmente dubbi fa pensare a una strategia di potere mirante a tenere in pugno i propri collaboratori; ma, al di là di questo, è un fatto incontestabile che stia continuando a piazzare sistematicamente dei sodomiti – come se non ce ne fossero già troppi – in gangli vitali della struttura ecclesiastica. Tutto questo dopo aver dichiarato che non solo la sodomia, ma perfino gli abusi non sono più peccato: si tratta al massimo, a quanto pare, di fragilità che richiedono tutt’al più, come provvedimento gerarchico, la raccomandazione di un accompagnamento psicologico (ciò che fece appunto con l’attuale segretario, quando, da viceparroco a Buenos Aires, fu ripetutamente denunciato dai fedeli). Non stiamo dunque assistendo soltanto allo sdoganamento ideologico del peccato impuro contro natura, ma anche alla sua attiva promozione a livello politico, che incoraggia e premia le tendenze devianti accordando ai viziosi un potere sempre maggiore.

Qui non c’è solamente il bisogno del clero immorale di veder giustificato e ammesso il proprio vizio, ma un deliberato sforzo, da parte di qualcuno che pur non vi è personalmente coinvolto, di sovvertire la Chiesa nella sua dottrina e nella sua gerarchia onde poterne stravolgere la vita e la missione nella storia. In altre parole, in base alla visione gnostica e cabalistica di una divinità in continua evoluzione che comprende in sé il male e si confonde con il mondo, il suo scopo è – se possibile – trasformare il Corpo Mistico in modo tale che, per giungere al suo compimento ultimo, possa includere in sé anche i contrari. Ma fino a quando il Salvatore permetterà che la realtà nata dal Suo costato trafitto per la salvezza dell’umanità operi per il fine opposto?

P.S.: al di là di ogni ragionevole dubbio, questo personaggio non è cattolico e neppure cristiano; celebrando con una mazza da stregone in mano, del resto, si è pienamente rivelato per quello che è. Ognuno ne tragga le debite conclusioni (ma solo nel foro interno della coscienza; a farlo in pubblico si rischia di diventare scismatici, prima che lo faccia chi di dovere). Ora, per la vostra salute fisica e spirituale, prendete imperativamente la corona del Rosario o il santo Vangelo.

 

 

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