Catechesi sui Defunti, il Purgatorio e i Suffragi

Quanto veniamo a proporvi di meditare lo abbiamo tratto da un Breviario, la Filotea del 1889 ad uso dei Laici, completato col Catechismo e il Magistero della Chiesa. Ricordiamo inoltre la nostra raccolta di video-catechesi qui, molte anche sullo stesso argomento e, cliccando qui, i riferimenti ad altri articoli sul medesimo tema.

Divozione per le Anime Defunte dette Purganti

Istruzione sul Purgatorio

Quando si riflette che il Buon Dio, come Santità per essenza, non può non aborrire qualunque più piccola macchia, e come bontà Sua, per natura, non può supporsi così severo da condannare ad eterna esclusione dal di Lui Regno chi, morendo, non ha sull’anima peccati mortali, li ha piccoli che non fece in tempo a detestarli per morte sopraggiunta, perciò ha residui di pena da scontare anche per peccati rimessi ma non del tutto soddisfatti, nulla può riconoscersi più giusto e più conveniente di un raccordo di mezzo tra il Paradiso e l’Inferno in cui, chiunque muore in tal stato ma pur sempre in grazia di Dio, possa scontare quei debiti rimasti in sospeso di cui l’anima trovansi aggravata, così da acquistare – sempre per i meriti infiniti di Gesù Cristo – la totale purificazione per poter accedere nella beatitudine eterna.

Di questa somma verità e somma Bontà Divina ci ricorda lo stesso Apostolo Giovanni quando, nell’Apocalisse, come vedremo.

Proprio perché si parla di espiazione e di purificazione che la Chiesa trasse da queste considerazioni di soprannominare tal luogo “Purgatorio”.

Per chi lo preferisse, cliccando qui, vi offriamo lo stesso articolo, più semplificato, in video-audio:

 


L’esistenza del Purgatorio è perciò un postulato della ragione stessa e di quella stessa domanda che alcuni si fanno circa la misericordia di Dio; imperciocché, se Dio infinitamente giusto punisce ogni colpa anche leggera perchè: “Nec intrabit in ea aliquid coinquinatum et faciens abominationem et mendacium, nisi qui scripti sunt in libro vitae Agni. / Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello” (Apoc.21,27), o bisogna ammettere uno stato di purgazione per i Defunti, o abbandonarsi al desolante pensiero, che basti ogni leggera colpa per essere condannati all’Inferno. E’ perciò che la esistenza di un luogo, dove le anime che si purgano delle loro colpe, si trova persino espressa nelle tradizioni di tutti i popoli. Maggiormente noi abbiamo la Rivelazione che ce ne parla con la Santa Tradizione.

  1. La Sacra Scrittura del Vecchio Testamento ci prepara a questa dottrina attraverso la storia di Giuda Maccabeo il quale mandò a Gerusalemme una somma di danaro, acciocché s’offrissero sacrifici espiatori per i peccati dei morti in battaglia, perché è santo e salutare il pensare di pregare per i Defunti, affinché siano sciolti dei loro peccati (cfr 2Maccab.12,43-46); nel Nuovo Testamento, Gesù Cristo dice che tutto potrà essere perdonato a chi bestemmierà persino al Figlio dell’Uomo, cioè a Lui medesimo, ma che ogni perversione contro lo Spirito Santo non sarà perdonato, né in questo secolo, né in quello futuro (Mt.12,32), ci sono così peccati che potranno essere perdonati e peccati che non potranno essere condonati. Per i peccati che si possono perdonare deve esserci una purificazione per quelle anime che vi muoiono e forse anche senza loro colpa, perché uccisi in un tranello, o perché hanno avuto un incidente, e se è vero che siamo ammoniti al vigilare perché la morte sopraggiunge come un ladro nella notte, è pur vero che la misericordia di Dio conosce chi si era avviato già sulla strada della perfezione, imperciocché come nulla di impuro può entrare nel Regno dei Cieli, è vero che se non abbiamo peccato contro lo Spirito Santo, possiamo avere modo di essere purificati per un certo tempo che solo Iddio conosce a noi necessario.
  2. La Santa Tradizione attraverso i Padri della Chiesa ci parlano della purificazione pelle anime nell’altro mondo. San Cipriano scrive: “Altra cosa è il ricevere tosto la mercede della fede e della virtù, altra il venir mondato dai peccati, afflitto da lungo dolore e lungamente venir purificato dal fuoco” (Ep.52), e Sant’Agostino, lagnandosi del fatto che taluni fanno poco affidamento al Purgatorio, scrive: “Quel fuoco sarà più grave di quanto nella vita presente l’uomo possa soffrire” (Om. Salm.37).

Tutte le Liturgie fin dal primo secolo hanno dei Suffragi pei Defunti, e la Santa Chiesa definì nel Concilio di Trento, che v’è il Purgatorio e che le anime che in esso vi si trovano, vengono sollevate dai Suffragi dei viventi, colle opere di misericordia, coi digiuni e colle penitenze, ma soprattutto e specialmente col Sacrificio dell’Altare, nel quale è Cristo stesso che viene offerto al Padre per la loro purificazione. (Conc. Trid. Sess.XXV. de Purgat.).

In certo qual modo, le pene del Purgatorio, consistono come quelle dell’Inferno: nella privazione della visione beatifica, e nei tormenti positivi (positivi perchè sofferti per un tempo e di espiazione; negativi per il dannato perché saranno eterni e di nessuna espiazione), solo che non sono pene eterne e l’anima è definita già “santa e beata” e per mezzo dei Suffragi offerti dalla Chiesa essa stessa è sollecitata a pregare per noi viventi, poiché per essa non può più fare nulla.

Con la Sacra Scrittura l’insegnamento della Chiesa ci conferma l’esistenza del fuoco purificatore “equiparandolo alle pene positive”, ma come al fuoco infernale. San Paolo scrive che il fuoco proverà quale sia il lavoro, e che quello, il lavoro del quale arderà, sarà salvo, così però come attraverso il fuoco (1Cor.3,14-15) e Sant’Ambrogio dice che: “Gesù preparò un fuoco ai suoi servi per mondarli dalle impurità che contrassero vivendo in mezzo ai peccatori” (S.Ambr. de laps. Virg. cap.8 n.32), “Nolite errare: Deus non irridetur. Quae enim seminaverit homo, haec et metet / Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato” (Gal.6,7). La dottrina sul Purgatorio è perciò vincolante per il Cattolico, così come fu affermato al concilio di Firenze prima e quello di Trento poi, due grandi Concili cui il primo pose fine alle dispute tra i Greci e i Latini, l’altro con Decreto sul Purgatorio al capo I sessione XXV, rispondendo definitivamente a Lutero e a tutti i suoi seguaci.

Quale nesso fra i vivi e i morti?

Non tutti i vivi né tutti i morti appartengono alla Comunione dei Santi; imperciocché, essendo la carità il vincolo che unisce le membra della Chiesa Cattolica, e che il primo vincolo che unisce è la carità che si esplica nell’Eucaristia, Sacramento di unità feconda; chi non ha questa carità, sia egli defunto o ancora vivo in questo mondo, non partecipa dei beni comuni. Perciò:

  1. non c’é alcun nesso fra i vivi, membra della Chiesa militante, e i dannati, questi non appartengono alla Città di Dio, ma al regno del demonio, o come un tralcio staccato dalla vite non riceve alcun succo dalla medesima, così i reprobi, segregati per sempre dalla società dei Santi, non possono partecipare dei frutti della vite, che è Cristo Signore (Gv.15,1);
  2. non appartengono al nesso della Comunione dei Santi coloro che, seppur battezzati, vivono e sono ostinati nel peccato mortale, perché rinunziando alla grazia santificante, né possono partecipare delle opere buone fatte dagli altri e del merito del Divino Sacrificio, né sono essi in grado di fare opere meritorie per la vita eterna. Tutto il vantaggio spirituale che possono ricavare dalle opere dei Santi, sia vivi che Defunti, è che la misericordia di Dio, sollecitata dalle loro suppliche, e dalle penitenze dei vivi, conceda ad essi la grazia, il tempo di convertirsi, e che l’opera ch’essi compiono, possa risultare gradita a Dio “nella persona o per commissione” di un altro, appunto, e concedere un merito che possa essere applicabile per la salvezza di qualche anima. In sostanza attenti al concetto della GRAZIA: noi abbiamo la Grazia attraverso il Battesimo e gli altri Sacramenti – vedi qui le altre catechesi – e siamo DIS-GRAZIATI quando perdiamo la Grazia a causa del Peccato…. e peccato grave, mortale.

Tale sarebbe, per esempio, il caso di un Sacerdote che in peccato mortale celebrasse la S. Messa, o facesse le Esequie per un Defunto, o d’un secolare che in peccato mortale facesse delle opere pie a cui è obbligato per volontà d’un vivente o di un Defunto (cfr. S. Thom. Summ. Suppl. P.III quest. 71 art.3), nel primo caso opererebbe il Sacerdote come ministro della Chiesa, nel secondo caso, il secolare, sarebbe uno strumento  del committente che la misericordia Divina non trascurerebbe. Il nesso della Comunione dei Santi non ha dunque luogo, che per quelli che godono in qualche modo della vita spirituale in Cristo, cioè per i viventi che si trovano in grazia di Dio: fra di loro; colle Anime sante del Purgatorio; coi Santi tutti che godono la vita eterna.

I viventi che si trovano in grazia di Dio – essi sono coloro che rifiutano di giacere nel peccato mortale, si confessano assiduamente e conducono una vita nel sacro timor di Dio, ascoltano la Santa Messa con somma devozione e ricevono spesso la santa Eucaristia nel medesimo stato di grazia  e, naturalmente, che compiono anche le opere di misericordia – partecipano non solo dei beni spirituali comuni a tutti, cioè delle orazioni della Chiesa, del frutto dei Sacramenti e specialmente di quello della Santa Messa, ma pur anche ognuno secondo la sua capacità partecipa del merito delle opere buone fatte dagli altri.

La ragione di questa grande opportunità è semplice: perché – spiega S. Tommaso d’Aquino – le opere buone hanno una radice comune, esse provengono dall’unico vero Bene e colui che le compie è in qualche modo innescato a questo Bene, imperciocché tutti quelli che per la carità vi si connettono, ossia che le compiono senza pensare a sé stessi o al guadagno che da queste potrebbero trarvi ma lo fanno gratuitamente in Nome del Sommo Bene, ricavano dalle mutue opere buone un qualche prezioso vantaggio, e questo vantaggio è maggiore quando l’operante ha l’intenzione di applicare ai più bisognosi l’opera sua, specialmente verso chi necessità di soccorso spirituale a salvamento dell’anima, in tal senso così scrive San Paolo: “Sed sicut in omnibus abundatis, fide et sermone et scientia et omni sollicitudine et caritate ex nobis in vobis, ut et in hac gratia abundetis. / E come vi segnalate in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella scienza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così distinguetevi anche in quest’opera generosa” (2Cor.8,7), e  ancora  “in praesenti tempore vestra abundantia illorum inopiam suppleat, ut et illorum abundantia vestram inopiam suppleat / Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza” (2Cor.8,14) e dove per indigenza, l’apostolo intende soprattutto l’indigenza spirituale.

Le Anime del Purgatorio, avendo la carità che le unisce come membra del Corpo mistico di Cristo, partecipano dei beni spirituali comuni a tutti quei che sono in grazia di Dio. La Chiesa stessa suffraga ogni giorno per i Defunti in generale, pei quali non conosciamo i nomi ma che di tutti auspichiamo la salvezza, ed anche per i Defunti in particolare sollecitando i fedeli a fare altrettanto attraverso il dono delle Sante Messe di Suffragio, quelle Messe da applicarsi per un Defunto familiare ad esempio o nello specifico quando la sia applica per le Anime del Purgatorio, e questi suffragi sono i più graditi a Dio, che li raccoglie per raddolcire le loro pene ed abbreviare il tempo del loro purgatorio. Tutte le opere buone concorrono a questo bene ma, spiega S. Tommaso d’Aquino, nate a suffragare i morti sono specialmente quelle opere che Dio ama di più: opere che concorrono alla comunione nella carità, e perciò prima opera fra tutte è la Comunione eucaristica da riceversi nello stato di grazia, Essa è vincolo d’unione ecclesiastica, l’elemosina data in nome di Cristo e guardando alla Divina Provvidenza con fiducia, questa elemosina è fondamentale per essere graditi a Dio, scrive l’Apostolo: “Beneficientiae autem et communionis nolite oblivisci; talibus enim hostiis oblectatur Deus. / Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace” (Ebr.13,16), ed infine le orazioni, come quella che manifesta la intenzione verso l’altro.

I suffragi dei viventi, scrive Sant’Agostino: “giovano a quei Defunti, i quali mentre vivevano hanno meritato ch’essi possano loro giovare”. Imperciocché v’é un modo di vivere così deciso nel bene da non aver bisogno di suffragi, ed avviene che altri siano stati così decisi nel male che, quando termina la loro vita, anche i suffragi non gli giovano, come ammonisce l’Apostolo: “Si quis videt fratrem suum peccare peccatum non ad mortem, petet, et dabit ei Deus vitam, peccantibus non ad mortem. Est peccatum ad mortem; non pro illo dico, ut roget. Omnis iniustitia peccatum est, et est peccatum non ad mortem. / Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita; s’intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte: c’è infatti un peccato che conduce alla morte; per questo dico di non pregare. Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte” (1Gv.5,16), e quali sono questi peccati per cui si va alla morte?

I destinatari della Lettera erano forse informati su questo peccato di una gravità eccezionale. Può essere il peccato contro lo Spirito Santo, contro la verità (Mt 12,31) o l’apostasia degli anticristi, perciò, che cosa significa non pregare per questo peccato? Quando San Giovanni dice di non pregare per questo peccato non intende dire che dobbiamo escludere qualcuno dalla preghiera. Gesù non ha escluso nessuno dalla sua preghiera. Quando in croce ha detto: “Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt / Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”(Lc.23,34) non ha inteso escludere i farisei, i sommi sacerdoti, Giuda, ecc… E non intendeva escludere neanche coloro che commettono un peccato contro lo Spirito Santo. San Giovanni non proibisce assolutamente di pregare per gli apostati e neppure dice che tali preghiere non saranno mai esaudite. Ma fa notare che la sua raccomandazione, che le preghiere fatte per questi ostinati più difficilmente saranno esaudite, a motivo senza dubbio dell’indurimento nel male che si verifica in coloro che abbandonano Gesù Cristo e la sua Chiesa. San Giovanni  intende affermare che per quanto riguarda i fratelli che si sono macchiati di particolari peccati mortali, peccati ostinati contro lo Spirito Santo, è opportuno abbandonarli al giusto giudizio di Dio, sospendendo ogni contatto con essi.

Questo giudizio di Dio imperciocché, non significa una condanna irrevocabile, ma implica un castigo che il Signore nella sua giustizia infligge a questi peccatori perché serva loro di salutare richiamo: in tal modo questi peccatori, tempestivamente puniti da Dio, se accoglieranno questa Grazia, eviteranno una condanna eterna (cfr. 1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20).

“Quando occorrono nella S. Scrittura o nei Padri sentenze che sembrano affermare che per alcuni peccati non c’è remissione, bisogna intenderle nel senso che il loro perdono è oltremodo difficile. Come una malattia vien detta insanabile quando il malato respinge l’uso della medicina, così c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona perché rifugge dalla grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio” (Catechismo Romano, c. 5,19). È questo il motivo per cui S. Tommaso affermava: “Questo non impedisce all’onnipotenza e alla misericordia di Dio di trovare la via del perdono e della guarigione che talora sana spiritualmente anche costoro in una maniera quasi prodigiosa” (Somma Teologica, II-II, 14, 3).

Perciò -risponde Sant’Agostino – quando per tutti i battezzati Defunti si offrono sacrifici, o di Sante Messe, o di elemosine, essi pei molti buoni sono rendimenti di grazie, pei non molto cattivi sono propiziazioni, ma pei molto cattivi e reprobi, benché nulla giovino ai morti (si intende i dannati, morti nell’anima), servono a consolare in qualche modo i viventi, e non ultimo, è lode che s’innalza a consolare il Divino Crocefisso che ha dato la Sua vita anche per coloro che hanno voluto dannarsi.

I Santi sono per tanto in un intimo nesso con noi, scrive San Cipriano: “Trovandosi a Dio famigliarmente vicini, sono consci dei divini secreti, e costantemente pregano la clemenza del Signore per i nostri travagli e per il conseguimento della beatitudine eterna”, imperciocché, osserva San Girolamo: “Se gli Apostoli e i Martiri possono pregare per altri trovandosi col corpo, quando devono ancora essere solleciti della propria salvezza, quanto più potranno in seguito alle corone, alle vittorie, ai trionfi?” Infine ci rammenta San Tommaso d’Aquino: “non già come se in Dio vedessero o sapessero ogni cosa, ma perché spettando alla loro beata condizione il poter soccorrere chi ne abbisogna, il Signore concede loro la cognizione che a ciò si riferisce, e così è chiaro ch’essi nel Divin Verbo conoscono i voti, e le devozioni, e le preghiere degli uomini che ricorrono al loro aiuto”.

– Le obiezioni

I Protestanti pur ammettendo che vi sia una specie di Comunione dei Santi che pregano “con noi”, di fatto sostengono ed insegnano che noi non possiamo invocarli, e che l’unico tramite fra noi e Dio è solo Gesù Cristo, l’unico che deve essere pregato e invocato in avvocatura, l’uno mediatore fra noi e Dio.

  1. Osserviamo in primo luogo che se i Santi intercedono per noi, non credono di offendere Gesù Cristo giacché sanno che ogni intercessione avviene tramite di Lui, se i Santi non vengono a noi infatti è perché è Gesù a non concederlo, e non v’é dunque alcuna ragione per pensare di offendere Nostro Signore poiché, quando ai Santi ricorriamo, sappiamo che ogni supplica, la stessa Santa Messa, tutto passa attraverso di Lui.
  2. Osserveremo in secondo luogo che la parola intercessione s’applica in modo differente da quello in cui si applica a Nostro Signore Gesù Cristo, Egli solo è infatti l’intercessore imperciocché se gli uomini ricevono grazie, e per grazia possono rivolgersi ai Santi in Cielo, questo avviene solo per tramite Suo, per i meriti infiniti del Suo Divino Sacrificio, Gesù è pertanto l’intercessore necessario ed indispensabile, e chi non invoca la sua intercessione, o pretende di essere ascoltato senza vivere dei Sacramenti, dei Comandamenti e della dottrina, non può conseguire alcuna grazia, ogni intercessione infatti è subordinata alla intercessione di Gesù Cristo, è Lui che decide a chi accordare le preghiere rivolte ai Santi, è Lui che decide come e quando i Santi possono rispondere ai fedeli che li invocano (es. il compiersi dei miracoli in nome di un santo: non è il santo a decidere, ma è Gesù ad accordare o meno la grazia), è Lui elargitore e distributore della grazia, i Santi sono il tramite dello spargimento dei misteri, delle grazie, dei favori divini, così come è il Sacerdote, Ministro Ordinato, il tramite attraverso il quale il Signore Gesù Cristo, e tutta la Santissima Trinità, vivificano il Sacrificio dell’Altare, o come quando assolvono i penitenti dai propri peccati: il penitente riceve questa assoluzione tramite il Sacerdote il quale non agisce in nome proprio ma “nel Nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo”. Il Concilio di Trento ha definito perciò: “essere cosa buona ed utile l’invocare supplichevolmente i Santi ed il ricorrere alle loro azioni, al loro soccorso e al loro aiuto, affine di impetrare da Dio dei benefici per mezzo del Suo Figliolo Gesù Cristo, nostro Signore, ch’é il solo nostro Redentore e Salvatore” (Conc. Trid. Sess. XXV).

Ricordiamo il racconto fatto da San Paolo per la nostra edificazione nella 2Cor.12,1-5, come negare perciò che i Santi che sono puri spiriti, chiamati a condividere l’opera e le meraviglie del Signore, non conoscano per Sua grazia le cose di questa terra? La stessa parabola di Lazzaro e del ricco Epulone ci rammentano che c’è conoscenza fra questi mondi, ma un abisso li separa: Et ait: “Rogo ergo te, Pater, ut mittas eum in domum patris mei — habeo enim quinque fratres — ut testetur illis, ne et ipsi veniant in locum hunc tormentorum”. / E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento” (Lc.16,19-31), l’abisso che separa il mondo dei dannati resta separato, mentre il Cielo che separa i Santi dai viventi santificanti è raggiungibile per mezzo di Cristo, questo proprio perché la nostra meta è il Cielo e non l’Inferno, e Gesù è venuto per portarci in Cielo dove già vivono e con Lui operano i Santi, coloro che sono morti in Cristo.

Il dogma Cattolico della Comunione dei Santi – e il vantaggio che possiamo e dobbiamo procurare ai Defunti per mezzo dei Suffragi – fa di tutti i figliuoli di Dio una sola famiglia, separata dal luogo ma unita col vincolo della carità, prima carità unitiva, come abbiamo spiegato, è proprio la Divina Eucaristia. Questo affetto unitivo corrisponde al bisogno del nostro cuore, ed il tributo di suffragi e preghiere, di elemosine e penitenze che diamo a quelli che ci lasciarono su questa terra, per mezzo di Nostro Signore Gesù Cristo fa sì che viviamo ancora con essi, perché essi sono vivi seppure in un modo a noi ancora incomprensibile.

Infine, si risponderà, come questo dogma proviene dalla Sacra Scrittura e che la Tradizione della Chiesa ha confermato e vincolato nella fede comune, ci solleva dagli interessi puramente materiali e ci trasporta nel modo corretto nel mondo soprannaturale:

  1. le Anime del Purgatorio pregano per noi e ci ricordano anche della nostra sorte;
  2. l’invocazione e il culto dei Santi ci parlano della gloria che è stata per noi preparata;
  3. e la memoria, i Suffragi eucaristici per coloro che ci hanno preceduto col segno della Croce e “dormono il sonno della pace”, è per noi causa di dolci emozioni e scuola di cristiane virtù.

Non esiste infatti alcuna specie di “comunione con i dannati”, anzi, ogni contatto con loro è espressamente vietato da Dio in tutta la Sacra Scrittura, un regno definito dei “morti”, morti alla grazia, morti alla partecipazione della divinità, morti alla beatitudine. Chiunque invochi od evochi questi Defunti, si mette contro Dio e mette in pericolo la propria anima lasciandola in balia di forze occulte e demoniache. Il dogma cattolico, infatti, distingue sapientemente dal culto dei Santi con il suffragio per i Defunti, da coloro che divinizzano i santi che sono Dèmoni e evocano gli spiriti dei morti. La Dottrina cattolica, invece, imparata sapientemente, aiuta a capire dove sono gli errori, le eresie e le gravi apostasie.

Concludiamo questa parte ricordando che, per aiutare davvero le Anime dei Defunti, le armi che il Buon Dio ci ha dato sono: la Santa Messa di Suffragio, a cui prendervi parte in stato di grazia, confessati e accostandosi alla santa Eucaristia; le Preghiere e le Novene, in particolare la pratica del Santo Rosario; e le opere di carità quali, per esempio, privarsi di qualcosa per suffragare l’anima di un Defunto, visitare gli ammalati, vestire gli ignudi, dar da mangiare agli affamati, e così via, queste opere fatte in suffragio per i Defunti, acquistano per essi un bene immenso, il sollievo delle pene e la definitiva purgazione permettendo il loro ingresso definitivo nella Beatitudine eterna.

Ricordiamo che – queste tre componenti – non vanno mai disgiunte tra loro, entrambe sono necessarie e per i Defunti, quanto per chi le compie specialmente in stato di grazia, come ammonisce lo stesso Signore Iddio in Ezechiele «Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l’avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te.  Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato»(cap.3,20-21)

Laudetur Jesus Christus

In questo video troverete il Dies irae letto e poi cantato liturgicamente:

 


È vero che le anime del purgatorio che hanno commesso colpe gravi possono beneficiare fino a un certo punto dei suffragi?

Quesito

Gentile Padre Angelo Bellon,
è vero che le anime del purgatorio che hanno commesso colpe gravi (anche se non mortali ovviamente) possono beneficiare fino a un certo punto dei suffragi di riparazione che i viventi fanno per loro, in quanto la Giustizia esige l’espiazione personale di certe colpe gravi?
Ringraziandola di cuore, le invio distinti saluti


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. non è facile rispondere alla domanda che mi hai fatto.
Dalla Sacra Scrittura emerge chiaramente che le anime del Purgatorio possono essere aiutare dai suffragi dei vivi.
La più preziosa testimonianza è quella che  ci viene dai libri dei Maccabei: “Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione.
Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti.
Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota.
Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12,43-45).

2. Nello stesso tempo comprendiamo anche che i suffragi fatti dagli altri non possono sostituire la purificazione dell’anima, o per meglio dire la purificazione dell’amore.
La purificazione dell’amore non può essere che un atto personale.

3. Di qui si comprende che i suffragi sono un aiuto, non una sostituzione.
In questo senso il Concilio di Trento dice: “Le anime tenute nel purgatorio possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo col santo sacrificio dell’altare” (DS 1820).

4. Più che parlare di esigenze di giustizia mi pare più giusto parlare di esigenze di purificazione, anzi, di purificazione dell’amore.

5. Devo infine fare due precisazioni su quanto mi hai scritto.
La prima riguarda queste parole: “le anime del purgatorio che hanno commesso colpe gravi (anche se non mortali ovviamente)”
Ora secondo il Magistero della Chiesa le colpe gravi si identificano con le mortali.
Per la Chiesa non c’è distinzione, come ha affermato Giovanni Paolo II in Reconciliatio et Paenitentia: “Durante l’assemblea sinodale è stata proposta da alcuni padri una distinzione tripartita fra i peccati, che sarebbero da classificare come venialigravi, e mortali.
La tripartizione potrebbe mettere in luce il fatto che fra i peccati gravi esiste una gradazione.
Ma resta sempre vero che la distinzione essenziale e decisiva è fra peccato che distrugge la carità e peccato che non uccide la vita soprannaturale: fra la vita e la morte non si dà via di mezzo…
Perciò, il peccato grave si identifica praticamente, nella dottrina e nell’azione pastorale della Chiesa, col peccato mortale” (RP 17).

6. La seconda precisazione: in Purgatorio ci si purifica anche dai peccati mortali rimessi, poiché nel soggetto anche dopo la confessione possono rimanere le inclinazioni disordinate.
Ora si legge nell’Apocalisse che nella Gerusalemme celeste “non entrerà nulla d’impuro” (Ap 21,27).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

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