Due interviste del card. Ratzinger del 1992

Trascrizione di due interviste del 1992 al cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

(manca la parte iniziale, il video inizia con una risposta di Ratzinger)

«… è stato definito con queste due parole: promozione e difesa della fede è il nostro compito e abbiamo anche capito che la promozione è il miglior modo per difendere la fede, cioè, renderla presente nel nostro oggi e aprirlo per la comprensione del domani…. così anche i teologi, i pensatori, si vedono invitati di riflettere la fede fino in fondo e di dimostrare, di interpretare il suo presente. Noi abbiamo diversi organi per questa presentazione, per così dire promozione della fede, la Commissione teologica internazionale (CTI), con trenta diocesi presentate dalle Conferenze Episcopali del mondo, un grande punto di riferimento e di incontro tra le diverse culture teologiche, e la Commissione biblica in un momento in cui c’è un grande dibattito: “come leggere la Bibbia, come renderla presente”, ed essere nello stesso momento fedele al suo senso storico. Mi sembra essere un organo molto importante, facciamo anche dei simposi, eccetera… e con una parola siamo in servizio dell’unità, direi. L’elemento fondamentale della Chiesa non è la diplomazia della fede… la fede da identità, da unità e in questo modo dispersivo tra tante culture anche contraddittorie, sembra.. la fede è davvero un contributo notevole non solo per la vita della Chiesa ma anche del mondo: di aiutare che questo elemento costitutivo, nel quale la nostra vita si apre trascendente, verso un orizzonte più grande, sia di nuovo rappresentato, capito, e che reciprocamente – le Conferenze episcopali e noi, ci aiutiamo nel trovare nello stesso momento l’ampiezza di questa fede che ha sempre da dire una parola anche al domani, all’oggi e la sua profonda identità».

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Giovanni Paolo II firma il nuovo Codice di Diritto Canonico sotto lo sguardo del card. Ratzinger.

D. Eminenza però a volte alla CdF ed anche a lei a volte, si rimprovera quasi un’accanimento prudenziale – come i medici hanno l’accanimento terapeutico…. Ci sono vicende, esperienze nella Chiesa come quella del teologo De Lubac, di Lagrange, vogliamo ricordare lo stesso Rosmini… ed anche che sono stati poi riabilitati magari tra virgolette, dopo tante traversie. Ecco allora ci si può anche domandare: non si dovrebbe confidare più nel coraggio, nella lungimiranza di certe intuizioni, piuttosto appunto che in un eccesso di prudenza, di timore… cioè voglio dire, la dimensione profetica non dovrebbe essere più forte che, diciamo, dell’eccesso di prudenza?

«Sì! Non voglio negare che ci sono anche degli errori, e non voglio dire che facciamo tutto nel migliore modo possibile pensabile, forse è anche naturale che un Ufficio non è neanche un organo profetico, ma piuttosto proprio della prudenza della vita comune, nella strada della prudenza, ma dall’altra parte direi che facciamo il possibile per il discernimento degli spiriti, per non identificare i veri errori che minacciano, il fine della Chiesa è la sua unità… e da parole nuove ma che sono in fondo fedeli e danno una nuova dimensione alla teologia. Così direi: è vero che personalità così grandi come De Lubac, Lagrange e Rosmini hanno avuto delle difficoltà, ma dall’altra parte si deve anche dire che hanno potuto in fin dei conti creare una grande opera e quindi era un dibattito – forse doloroso in certi momenti – ma anche come, soprattutto De Lubac vi ha sempre detto, fecondo, perchè i problemi erano grandi. Lagrange ha avuto questa missione storica di tradurre l’esegesi critica che era nata dall’Illuminismo, ed era in fondo illuminista ed escludeva la fede… di tradurre questi metodi in un contesto di fede e di così farla applicabile nell’interno della fede… e che ci è nata una discussione per trovare la strada, mi sembra naturale e lo stesso, in altri termini naturalmente, si potrebbe dire per De Lubac. Con una parola io penso, anche se ci sono stati degli errori, una prudenza esagerata, c’era anche sempre il senso di responsabilità di discernere bene e di guidare, cercare con le persone il miglior modo di rispondere alle sfide del nostro tempo. E così facciamo più o meno anche oggi, non è così che ogni giorno va condannato un teologo, il modo normale è che entriamo in discussione con lui per cercare che ci dia maggiore chiarezza, che chiarisca il suo proprio pensiero perché diventi anche più fecondo per il bene stesso della Chiesa»

0011-due-interviste-ratzinger-3_56faed3a15d9bSull’antropologia moderna….

«… l’antropologia moderna è in parte opposta all’antropologia della visione dell’uomo tradotta dalla fede e questa cultura permissiva, pluralista del nostro tempo, non coincide con la grande visione dell’uomo a immagine di Dio e così “devono” nascere dei problemi. Per me è importante che non si può cominciare con dei precetti morali perché un puro moralismo non sana…. la prima parola deve essere quella della fede, di una nuova luce sulla vita di una nuova relazione con Dio, di un nuovo amore… e se riusciamo ad aiutare su questo cammino, cioè se cresce realmente una visione della fede in un uomo, il resto segue, perché così uno entra nella visione dell’uomo, di se stesso e dell’altro, realizzata nella fede. La conseguenza di vivere in questa prospettiva si impone dall’interno e non può essere più una imposizione esterna, intollerabile, quindi non cominciare a “moralizzare” e poi… segue il fallimento quasi inevitabilmente, ma la prima parola è questa nuova realtà dell’incontro tra Cristo e “me”, della comunione della Chiesa con Cristo, di questo cammino comune e poi se è nata la fede, cresce la fede, l’altro (il resto) diventa logico e coerente…».

Lei ha anche detto che: la Chiesa non annuncia un ammasso di dogmi e precetti che sarebbero un giogo pesante, ma un giogo soave e semplice… Ecco, questo vuol dire quindi una Chiesa che – più che condannare , più che, diciamo, inseguire l’uomo nel peccato – una Chiesa che propone invece questa via, quasi, di libertà..?

«Sì, sì… mi sembra importantissimo perché una impressione superficiale è che c’è “un sacco di dogmi”, tante cose da credere e da fare e sarebbe impossibile prendere tutto questo “pacchetto”… (ride) direi che dobbiamo tornare ad una visione organica che fede cristiana, in fondo, è una cosa molto semplice: un Sì a un Dio che mi chiama…. è solo questo. E’ l’aver incontrato Dio che è venuto da noi e se si realizza questo, si vede che tutto il resto sono delle esplicazioni, degli sviluppi di questo centro, si può dire. Fede cristiana, Cristianesimo, è più semplicemente “credere in Dio”, in Dio vivo e vero che si è mostrato e che è divenuto uno di noi, Gesù, e in questo nucleo di un “Sì” a Dio, che ha detto “Sì” a me, il resto è contenuto e si può, mi sembra, mostrare questa organicità, questa coerenza della fede. Perciò direi che la catechesi futura dovrebbe cominciare con questa semplicità, che non mi impone tante cose disparate, ma mi fa incontrare Dio e nell’interno di questo incontro comincio anche a capire il resto…».*

Lei ha detto anche – del riconoscimento – a proposito di questa semplicità, ecco, può anche portare a riconoscere la capacità di giudizio di coscienza nella cura del popolo cattolico?

«Sì, naturalmente non vorrei minimizzare la grandezza dell’avventura umana, anche se ho questa fede profonda deve essere rinnovata ogni giorno e solo così cresce anche il senso di fede, il senso pedagogico della fede e quindi l’avventura umana rimane sempre una cosa esigente, ma ecco avendo capito questo mi sembra si comincia a pensare non solo con un “io” superficiale o con un “io di massa”, di statistica, ma l'”io” va approfondito, entra in una comunione illuminante e comincia così a capire la coerenza del progetto uomo come è proposto dalla Bibbia. Vero è che l’ultimo organo di decisione morale è la coscienza, è proprio una proposta della Chiesa dire che abbiamo un contatto intimo con Dio tra noi, un ricordo di Dio lasciato in noi che ci da questa possibilità di vedere, di giudicare, di giudicare in questo momento “questa è la volontà di Dio per me”…. Ciò che non vogliamo e non possiamo accettare è una semplificazione, una superficialità del concetto di coscienza dove va identificato con l'”io” del momento, no?! Perché così si potrebbe giustificare tutto: “nel momento sono convinto che devo fare questo, e questo…”, ma la coscienza non è questo “io” superficiale, si apre nel momento del quale sono anche disposto a lasciarmi purificare per vedere al fondo del mio essere. Quindi “coscienza” è un nucleo dell’annuncio cristiano, ma coscienza è anche una pedagogia permanente per purificarsi, per trovare il vero “io”, la vera profondità del mio essere, e nella profondità del mio essere c’è anche il contatto con Dio che mi fa vedere tutto questo…».

Si dice che la Chiesa lotta contro la modernità, ecco, lei stesso una volta ha osservato che davanti all’etica della società liberal-radicale o liberista… o opulenta soprattutto dell’Europa, o dell’Occidente, lei ha detto che abbiamo di fronte una pesante alternativa: o la Chiesa trova una intesa, un compromesso con i valori accettati dalla società che vuole continuare a servire, oppure rimane fedele ai propri valori ma c’è il rischio che qui si trovi spiazzata di fronte la società…. Ecco, però, essendo (la Chiesa) portatrice di valori così grandi, possibile che il pegno da pagare per la Chiesa sia lo spiazzamento? C’è un difetto di comunicazione? Quali sono i problemi visto che lei, oggi, nel suo libro “Svolta per l’Europa”, appunto, il sistema comunista, capitalista, uno è crollato, l’altro è in grave crisi per cui, invece, si guarda alla Chiesa e la Chiesa ha il dovere di non lasciarsi spiazzare e di essere punto di riferimento…

«Questo ci da anche un grande ottimismo ma è una vera sfida… Io direi, per l’annuncio della Chiesa, c’è sempre in un certo senso anche una situazione conflittuale non solo oggi nella modernità, i Padri della Chiesa parlano in queste terminologie di lotta, di guerra della vita cristiana perchè c’è sempre la tendenza di lasciarsi andare e di perdere così l’altezza, la grandezza della nostra vocazione. Quindi una certa conflittualità profetica fa parte della missione della Chiesa, i Profeti erano sempre anche – in un certo sento – i grandi oppositori contro le comuni opinioni del loro periodo, ma non per opporsi alla grandezza umana ma proprio per impedire una pigrizia che si impone con uno spirito di un tempo che sembra pacificare la situazione mentre distrugge i fondamenti della nostra esistenza, in questo senso una conflittualità profetica fa parte della vita della Chiesa, ma sempre non per nutrire il conflitto, ma per ricreare l’unità… Io penso che oggi si vede, e lei lo ha detto, che proprio nella sua fermezza, la Chiesa, è divenuto un punto di riferimento… se vediamo adesso i Paese ex-marxisti e si incontrano queste personalità, si vede che anche per i non credenti – in questo mare di disumanizzazione – la Chiesa era sempre il punto di riferimento. Qui c’è una difesa dell’uomo, della sua dignità indistruttibile proprio come persona contro ogni sistema, e la Chiesa si è rivelato il punto di riferimento anche se pubblicamente era l’avversario dell’epoca moderna, eccetera… Lo stesso si osserva anche in America Latina, e anche in Africa dove… con tutti questi problemi di corruzione, di un sistema politico inadatto la Chiesa, la parola della Chiesa, il suo impegno per la dignità umana è un punto di riferimento. Con altre parole io direi – fermezza e aperture insieme – una fermezza che s’impegna non per affermare qualcun principio, ma per difendere la dignità umana e che trova contraddizione nella nostra pigrizia, ma nello stesso tempo da anche coraggio alla difesa di noi stessi e alla vera promozione e al vero progresso umano. Naturalmente non è facile trovare nel momento giusto il linguaggio giusto, qui dobbiamo collaborare molto… e penso che proprio i mezzi di comunicazione hanno qui una possibilità di tradurre un linguaggio piuttosto classico in un linguaggio più adatto ai nostri tempi…».

Lei ha affermato che la Chiesa spesso parla troppo di se stessa, preoccupandosi di spiegare la propria struttura a tal punto che, la predicazione del Dio vivente, non appare più sufficientemente chiara. Lei ha anche detto – ha fatto un paragone – l’occhio che vuol vedere se stesso diventa cieco…. la Chiesa non è stata creata per se stessa ma per essere l'”occhio” attraverso cui viene la Luce di Dio….

«Sì (sorride)! Io credo che c’è questo pericolo, questa tentazione, che dentro la chiesa facciamo tante discussioni, come possiamo organizzarci meglio per avere ancora una più completa partecipazione, come possiamo trovare questo o quest’altro organo, e così la chiesa è talmente “auto-occupata” di se stessa che dimentica la grande massa dei non credenti che non si interessano per le finezze interne della chiesa, ma che hanno il diritto di conoscere il grande Annuncio e… in tutte queste discussioni – che hanno anche una loro utilità, è innegabile – non dovremo dimenticare che il nostro primo compito non è di raffinare le nostre strutture, ma l’aspettativa del mondo… oggi ci sono forse il 20% nell’Occidente che partecipano alla vita della Chiesa, allora dobbiamo pensare a questo 80% che non vogliono introdursi in un conflitto interno delle strutture ecclesiastiche, ma vogliono conoscere una parola di speranza e la Parola di Dio. Quindi mi sembra questo un coraggio, anche questa auto-trascendenza di uscire fuori dal nostro dibattito interno e di parlare dei grandi temi umani della fede, è assolutamente un dovere, e qui non può mancare la speranza della vita eterna, l’uomo ha questa sete in se e una vita limitata a questo mondo ti viene una vita troppo ristretta, perché le dimensioni umane sono troppo grandi per essere ristretti in questi limiti e, rispondere a questo desiderio… rispondere a questo e far capire di nuovo la nostra grande chiamata a una vita eterna che comincia oggi, sarebbe (è) un dovere importantissimo, anche per trasformare il nostro oggi al nostro domani».


Altra intervista al cardinale Ratzinger di Claudio Mesoniat, probabilmente nel 1992 dato che si parla del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC).

0011-due-interviste-ratzinger-4_56faeec2eda0eVeniamo al Nuovo Catechismo della Chiesa Universale, in che cosa innova rispetto a quello precedente al Catechismo San Pio X.

«Ma è un Catechismo di un tipo diverso perché un Catechismo così detto “Mayor” cioè un Catechismo immediatamente per la catechesi, per la scuola, ma un catechismo in prima linea per i Catechisti e per tutti i laici che si interessano, quindi è più ampio, anche più argomentativo, ma la sostanza è naturalmente la stessa. Ma vogliamo offrire la fede nella sua semplicità ma anche nella sua bellezza e la sua ricchezza e mostrare anche un po’ la struttura organica della fede. Abbiamo costruito il Catechismo secondo il vecchio schema molto semplice, ma mi sembra anche molto profondo ciò che la Chiesa crede, ciò che celebra, ciò che fa e ciò che prega. E così si vede un po’ la diversità dei settori della fede, ma si vede anche l’unità di questa realtà, di questo comportamento umano che si chiama “fede”».

Eminenza, tutto il pettegolezzo anticipatorio sul nuovo Catechismo si è concentrato su questioni morali… “è peccato questo; questo non si può fare; le tangenti che portano diritti all’inferno; la frode fiscale; l’aborto, l’eutanasia, eccetera…” ma è questo il punto centrale del Catechismo, cioè, il cuore dell’insegnamento cristiano?

«No! Ha ragione e mi ha deluso anche un po’ questa scelta unilateralissima anche se io capisco che per il giornalista, per il lettore di un giornale immediatamente, questi problemi brucianti di ogni giorno sono i più interessanti, ed è meno accessibile il mistero cristologico Trinitario… ma il Cristianesimo non è un moralismo, il Cristianesimo è una vita comune nella comune storia di Dio e in questa comunione storica, con tutta la comunità credente, con questa compagnia dei secoli, si svolge anche la nostra decisione morale, ma è sempre da capire solo in questo grande contesto e perciò, pezzi isolati da due o tre pagine, o risposte isolate di due o tre parole, non possono dare una immagine corretta del Catechismo, sono sempre da vedere nel contesto grande di una storia della salvezza nella quale si svolge poi, anche, l’azione umana”».

Il contenuto della fede, dice poi il nuovo Catechismo, non è una teoria ma un fatto: “Dio fattosi Uomo e compagno dell’uomo”, allora a cosa serve un libro come il Catechismo se la fede si trasmette da esperienza a esperienza, da persona a persona?

«Sì, questa è una domanda molto importante, un libro di per se non può mai essere sufficiente per la trasmissione della fede, suppone, la persona vivente suppone la comunità che da vita a questo testo, quindi il libro è uno strumento per il Catechista, per offrire il contenuto comune della fede, è uno strumento di lavoro e porta in se, naturalmente, anche l’esperienza dei secoli perché – e va citato – il tesoro dei Padri della Chiesa, dei grandi credenti di tutti i tempi, di tutti i secoli (la Tradizione vivente della Chiesa)… così l’esperienza c’è nel Catechismo, ma deve essere mediata e concretizzata dal Catechista».


NOTE

* La risposta di Ratzinger, per una interpretazione corretta, deve tenere conto di due fatti rilevanti e determinanti: ricordiamo infatti che al momento in cui Ratzinger rilasciava questa intervista, era stato appena terminato il lungo lavoro del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica voluto da Giovanni Paolo II e affidato, appunto allo stesso cardinale Ratzinger il quale, poi, curò personalmente il Compendio che consegnò alla Chiesa e al mondo il 28 giugno 2005, dopo appena essere stato eletto Pontefice, Benedetto XVI, nel cui MP scrive: «Il Compendio, che ora presento alla Chiesa universale, è una sintesi fedele e sicura del Catechismo della Chiesa Cattolica. Esso contiene, in modo conciso, tutti gli elementi essenziali e fondamentali della fede della Chiesa, così da costituire, come era stato auspicato dal mio Predecessore, una sorta di vademecum, che consenta alle persone, credenti e non, di abbracciare, in uno sguardo d’insieme, l’intero panorama della fede cattolica. Rispecchia fedelmente nella struttura, nei contenuti e nel linguaggio il Catechismo della Chiesa Cattolica, che troverà in questa sintesi un aiuto e uno stimolo per essere maggiormente conosciuto ed approfondito. Affido pertanto con fiducia questo Compendio anzitutto alla Chiesa intera e ad ogni cristiano in particolare, perché grazie ad esso possa ritrovare, in questo terzo millennio, nuovo slancio nel rinnovato impegno di evangelizzazione e di educazione alla fede, che deve caratterizzare ogni comunità ecclesiale e ogni credente in Cristo a qualunque età e nazione appartenga. Ma questo Compendio, per la sua brevità, chiarezza e integrità, si rivolge a ogni persona, che, vivendo in un mondo dispersivo e dai molteplici messaggi, desidera conoscere la Via della Vita, la Verità, affidata da Dio alla Chiesa del Suo Figlio. Leggendo questo autorevole strumento che è il Compendio, possa ciascuno, grazie in particolare all’intercessione di Maria Santissima, la Madre di Cristo e della Chiesa, riconoscere e accogliere sempre di più l’inesauribile bellezza, unicità e attualità del Dono per eccellenza che Dio ha fatto all’umanità: il Suo unico Figlio, Gesù Cristo, che è «la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6)».