Settimana di preghiera unità dei Cristiani: origini e scopo

Tra il 18 e il 25 gennaio la Chiesa vive una Settimana di preghiera per  l’unità dei Cristiani, una tradizione iniziata sotto San Pio X. Una Preghiera che  non è un optional. Per l’autentico Cristiano è un “grido” d’amore il quale, unito alla Preghiera di Gesù “che tutti siano uno, affinché il mondo creda” (Gv 17,21), ci interpella singolarmente e comunitariamente. Tuttavia molti ignorano gli inizi e lo sviluppo di questa iniziativa finendo, molte volte, per cadere nel sincretismo religioso.

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Per esempio: che fine ha fatto la Preghiera originale che è stata cambiata contro i moniti stabiliti dallo stesso Benedetto XV? Vi offriamo, allora, un breve percorso storico che, inseritosi all’interno della Chiesa per volere di San Pio X, e a seguire tutti gli altri Pontefici fino ad oggi, è andato ad arricchire la Tradizione della Chiesa, cercando di comprendere, però, quale deve essere il giusto intendimento.

_01-settimana-preghiera-3“Da quando il movimento ecumenico moderno è nato, oltre un secolo fa – spiegava Benedetto XVI – vi è sempre stata una chiara consapevolezza del fatto che la mancanza di unità tra i cristiani impedisce un annuncio più efficace del Vangelo, perché mette in pericolo la nostra credibilità. Come possiamo dare una testimonianza convincente se siamo divisi? Certamente, per quanto riguarda le verità fondamentali della fede, ci unisce molto più di quanto ci divide. Ma le divisioni restano, e riguardano anche varie questioni pratiche ed etiche, suscitando confusione e diffidenza, indebolendo la nostra capacità di trasmettere la Parola salvifica di Cristo.” Così all’udienza generale del 18 gennaio 2012, Benedetto XVI, sintetizzava questo percorso storico.

Nella medesima udienza, diceva ancora: “La pratica della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani fu introdotta nel 1908 da Padre Paul Wattson, fondatore di una comunità religiosa anglicana che entrò in seguito nella Chiesa cattolica. L’iniziativa ricevette la benedizione del Papa san Pio X e fu poi promossa dal Papa Benedetto XV, che ne incoraggiò la celebrazione in tutta la Chiesa cattolica con il Breve Romanorum Pontificum, del 25 febbraio 1916.

Orbene, e cosa ha detto di preciso Benedetto XV, come per esortarci ad un sano ecumenismo? Altrimenti non avrebbe senso citare un predecessore se poi non lo si leggesse mettendone in pratica gli insegnamenti. In questo Breve “Romanorum Pontificum”, Benedetto XV scriveva:  “In ogni tempo i Romani Pontefici Nostri Predecessori ebbero a cuore – e anche a Noi preme moltissimo – che i Cristiani che si sono dolorosamente allontanati dalla Chiesa Cattolica siano invitati a tornare ad essa, come ad una madre da loro abbandonata.

Con grande gioia abbiamo appreso che la Società chiamata «della Espiazione», fondata a New York, ha proposto preghiere da recitarsi dal giorno della festa della Cattedra Romana di San Pietro fino alla festa della Conversione di San Paolo affinché si ottenga questo grande obiettivo dell’unità, e Ci siamo pure rallegrati per il fatto che queste preghiere, benedette dal Santo Padre Pio X di recente memoria e approvate dai Sacri Vescovi dell’America, si sono diffuse in lungo e in largo negli Stati Uniti.

Pertanto, affinché più facilmente si consegua l’obiettivo desiderato, e le suddette preghiere si recitino ovunque con grande vantaggio delle anime, Noi, udito anche il parere dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa… a tutti i fedeli dell’uno e dell’altro sesso che in qualunque parte della terra – dal giorno 18 del mese di gennaio, fino al giorno 25 dello stesso mese, nel quale si onora la Conversione di San Paolo – reciteranno ogni anno tali preghiere una volta al giorno,  e poi nell’ottavo giorno, veramente pentiti, confessati e nutriti della Santa Comunione, dopo aver visitato qualsiasi Chiesa o pubblico Oratorio abbiano innalzato a Dio pie preghiere per la concordia dei Governanti Cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione di Santa Madre Chiesa, Noi concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria di tutti i loro peccati.

Le presenti concessioni saranno valide anche in futuro, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le preghiere che dovranno essere recitate, negli otto giorni sopra stabiliti per l’unità della Chiesa, sono le seguenti, e affinché su di esse non venga operata alcuna variazione, abbiamo ordinato che una copia delle stesse sia messa alla custodia nell’Archivio dei Brevi Apostolici:

 « Antifona (Gv. 17, 21): Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.  — Io dico a te che tu sei Pietro.  — E su questa pietra io edificherò la mia Chiesa ».  Preghiera: « Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi Apostoli: Vi lascio la pace, vi dò la mia pace, non guardare ai miei peccati, ma alla fede della tua Chiesa; dégnati di pacificarla e riunirla secondo la tua volontà, tu che vivi e Regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen ».

_01-settimana-preghiera-2E’ chiaro, quindi, che la Settimana di Preghiera per l’unità dei Cristiani aveva – e dovrebbe ancora avere – lo scopo: “per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione di Santa Madre Chiesa…”  e che le “presenti concessioni saranno valide anche in futuro, nonostante il parere contrario di chicchessia.…”

Quanto segue, invece, è tratto “a perpetua memoria” dal Breve Cum Catholicae Ecclesiae  del 15 aprile 1916, di Benedetto XV: “Poiché la verità della Chiesa cattolica risplende principalmente per la sua unità, nulla è più auspicabile che gli uomini strappati infelicemente dalle braccia di questa Madre ritornino finalmente a Lei, con pensieri e propositi corretti.

I Romani Pontefici Nostri Predecessori, particolarmente per quanto riguarda lo scisma d’Oriente non hanno mai cessato, in ogni tempo, sia con l’autorità dei Concili, sia con paterne esortazioni, sia anche indicendo preghiere, di adoperarsi con tutte le forze affinché quelle popolazioni Cristiane, così numerose e nobili, potessero professare con un cuore solo e un’anima sola l’antica fede dalla quale si sono miseramente separati. Pertanto abbiamo approvato con tanto fervore la preghiera che qui presentiamo e che si propone lo scopo che i popoli Cristiani d’Oriente costituiscano nuovamente un unico ovile con la Chiesa Romana e siano diretti da un unico Pastore.

Infine – conclude il Pontefice -, affinché in futuro nessuna variazione od errore possano intervenire nella preghiera sotto pubblicata, ordiniamo che un esemplare della stessa venga conservato nell’archivio dei Brevi Apostolici”. Segue la Preghiera per l’unione dei Cristiani d’Oriente alla Chiesa Romana, arricchita da tante indulgenze:

«O Signore, che avete unito le diverse nazioni nella confessione del Vostro Nome, Vi preghiamo per i popoli Cristiani dell’Oriente. Memori del posto eminente che hanno tenuto nella Vostra Chiesa, Vi supplichiamo d’ispirar loro il desiderio di riprenderlo, per formare con noi un solo ovile sotto la guida di un medesimo Pastore. Fate che essi insieme con noi si compenetrino degl’insegnamenti dei loro santi Dottori, che sono anche nostri Padri nella Fede. Preservateci da ogni fallo che potrebbe allontanarli da noi. Che lo spirito di concordia e di carità, che è indizio della Vostra presenza tra i fedeli, affretti il giorno in cui le nostre si uniscano alle loro preghiere, affinché ogni popolo ed ogni lingua riconosca e glorifichi il nostro Signore Gesù Cristo, Vostro Figlio. Così sia ». 

Quale sia la situazione di oggi lo spiegava bene Benedetto XVI postato qui all’inizio: “… le divisioni restano, e riguardano anche varie questioni pratiche ed etiche, suscitando confusione e diffidenza…” Non bisogna dimenticare nell’ecumenismo che, l’unità visibile non c’è perché… c’è il peccato. Come diceva sant’Ireneo, dove ci sono i peccati e l’eresia c’è la moltitudine, non c’è l’unità. Senza entrare in polemica sterile vogliamo ricordare quanto segue, tratto da un articolo del domenicano Padre Riccardo Barile:

Ferma restando la necessità del dialogo ecumenico, è però importante rendersi conto che non è vero che tra cattolici e luterani ci unisce la fede e ci dividono solo delle interpretazioni teologiche. È vero invece che sui sacramenti, l’Eucarestia, l’approccio alle Scritture, il ministero sacerdotale, la Messa come sacrificio, la Madonna… è proprio la fede che ci divide.” (Fr. Riccardo Barile O.P. 8.11.2016 La Nuova Bussola Quotidiana)

Tornando alla Preghiera che ora ci interessa di più, dobbiamo assolutamente concretizzare di come: “la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, costituisce un elemento centrale nell’attività ecumenica della Chiesa. Il tempo che dedicheremo alla preghiera per la piena comunione dei discepoli di Cristo – spiegava Benedetto XVI nell’Angelus del 22.1.2012 – ci permetterà di comprendere più profondamente come saremo trasformati dalla sua vittoria, dalla potenza della sua risurrezione.”

Perché la Chiesa, oggi, ringrazia Dio per una unità di forma sincretista?? Si parla, addirittura, di “commemorare insieme” – cattolici e luterani, la Riforma (meglio chiamarla rivoluzione ereticale) di Lutero come fosse stata una vittoria. Forse che Dio ha espresso la sua approvazione? O invece non è crollata la Cattedrale di San Benedetto a Norcia? Una coincidenza? forse sì, ma anche che no, visto che la natura stessa obbedisce agli ordini di Dio, o lo abbiamo dimenticato?

Dunque il nulla – “quello che unisce” – non può essere “molto di più” del tutto – “quello che ci separa” -, come si ama affermare oggi. Siamo d’accordo sulle riforme dei cuori, ma quanto alle rivoluzioni no! La rivoluzione della tenerezza, per esempio, scardinata dall’obbedienza alle leggi e alle dottrine divine, è una bestialità linguistica e quindi, una solenne turlupinatura.

Siracide 5,6: Non dire: «La sua misericordia è grande; mi perdonerà i molti peccati», perché presso di lui ci sono misericordia e ira, il suo sdegno si riverserà sui peccatori (recidivi).

Siracide 16,13: Tanto grande la sua misericordia, quanto grande la sua severità; egli giudicherà l’uomo secondo le sue opere.

Isaia 55,7: L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona.

_01-settimana-preghiera-4Ecco allora che stiamo vivendo i giorni predetti da San Paolo, i giorni dell’iniquità: “Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole“. (2Tim 4, 3-4)

Così che per noi cattolici vale l’ingiunzione: “Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore” (2Tim 2, 19) e incombe il dovere di esclamare a imitazione di Gesù Cristo, alto e forte: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mt 16, 23; Mc. 8, 33)

O per non dimenticare l’altro monito paolino che non si legge più nella Chiesa: (Gal.1,6-12)

“Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo.  In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.  Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!  L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!  Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo! Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.” (Gal.1,6-12)

Così come ammonisce anche il profeta Ezechiele: «… Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato… Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l’avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te. Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato». (Ezech.3,16-21)

Vogliamo concludere sempre dalle parole di Benedetto XVI tratte dall’Omelia dei Vespri per la Conversione di San Paolo del 25 gennaio 2009: “Cari fratelli e sorelle… la conversione di san Paolo ci offre il modello e ci indica la via per andare verso la piena unità. L’unità infatti richiede una conversione: dalla divisione alla comunione, dall’unità ferita a quella risanata e piena. Questa conversione è dono di Cristo risorto, come avvenne per san Paolo.

Lo stesso Signore, che chiamò Saulo sulla via di Damasco, si rivolge ai membri della sua Chiesa – che è una e santa – e chiamando ciascuno per nome domanda: perché mi hai diviso? perché hai ferito l’unità del mio corpo? La conversione implica due dimensioni. Nel primo passo si conoscono e riconoscono nella luce di Cristo le colpe, e questo riconoscimento diventa dolore e pentimento, desiderio di un nuovo inizio. Nel secondo passo si riconosce che questo nuovo cammino non può venire da noi stessi.  Come dice san Paolo: ” … mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo” (Fil 3,12).

Rimane aperto davanti a noi l’orizzonte della piena unità. Si tratta di un compito arduo – concludeva il Papa – ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia con la preghiera del Signore: “che tutti siano uno, affinché il mondo creda” (Gv 17,21). Ci sproni e ci assista dal cielo l’apostolo Paolo, che tanto ha faticato e sofferto per l’unità del corpo mistico di Cristo; ci accompagni e ci sostenga la Beata Vergine Maria, Madre dell’unità della Chiesa. Amen”

cliccare qui per leggere cosa insegnava il beato cardinale Newman a riguardo della falsa ecumania.

Siano lodati i Cuori di Gesù e Maria

Lo stesso argomento in questo breve video:


RICORDA CHE:

“Le Chiese de’ Valdesi e de’ Protestanti e di tutti gli altri eretici non hanno i caratteri della vera Chiesa.
Non sono una, perchè non hanno la medesima fede, nè la medesima dottrina, nè uno stesso capo. Anzi è difficile trovar due ministri di una medesima setta eretica, i quali vadano d’accordo sopra i punti principali di loro credenza.
Quindi ne avvengono continue divisioni in cose di massima importanza. La sola Chiesa protestante, non molto dopo la sua fondazione, era già divisa in più di dugento sette.
Dove possono mai avere unità di fede?
Non sono sante, perchè rigettano tutti od in parte i Sacramenti, da cui solo deriva la vera santità; professano più cose contrarie al Vangelo, ripugnanti a Dio medesimo.
In tutte le vite degli eretici, degli increduli, degli apostati, non si può citare un Santo, neppure un miracolo. Che anzi i principali autori delle sette si deturparono con vizi e delitti.
Calvino e Lutero asserivano fin da’ loro tempi che i cattolici erano assai migliori dei riformati. Ed Erasmo, caldo promotore del protestantismo, ebbe a dire che tutti gli uomini illustri della Riforma, ben lungi dal far miracoli, non hanno nemmeno potuto guarire un sol cavallo zoppo.
Non sono cattoliche, perchè sono ristrette in alcuni luoghi, ed in questi luoghi medesimi cangiano la loro dottrina a seconda dei tempi. Neppure sono cattoliche riguardo al tempo, giacchè, paragonate alla Religione Cattolica, contano pochi secoli di esistenza, non oltrepassano l’epoca de’ loro fondatori, niuna si estende fino a Gesù Cristo.
Non sono apostoliche, perchè non professano, anzi rigettano molte cose dagli Apostoli credute ed insegnate. Niuna delle società eretiche può vantare i suoi antecessori fino agli Apostoli. Finalmente non sono unite al Romano Pontefice che è successore di S. Pietro, Capo e Principe degli Apostoli.”
San Giovanni Melchiorre Bosco.
 
 

RICAPITOLANDO

Le intenzioni, quelle autentiche, come erano state concepite nello spirito originario, sono le seguenti:

PRIMO GIORNO 18 gennaio, Cattedra di San Pietro (V.O. pre riforma 1960) in Roma. Pregare per la conversione di tutti coloro che sono nell’errore.
SECONDO GIORNO 19 gennaio, Pregare per la conversione di tutti gli scismatici
TERZO GIORNO 20 gennaio, Apparizione all’ebreo Ratisbonne. Pregare per la conversione dei Luterani e dei protestanti d’Europa in genere.
QUARTO GIORNO 21 gennaio, Sant’Agnese, Pregare per la conversione degli Anglicani
QUINTO GIORNO 22 gennaio, Pregare per la conversione dei protestanti d’America.
SESTO GIORNO 23 gennaio. Pregare per la conversione dei cattolici non piu’praticanti
SETTIMO GIORNO 24 gennaio. Pregare per la conversione degli Ebrei.
OTTAVO ed Ultimo giorno 25 gennaio Conversione di San Paolo. Pregare per la conversione degli islamici e di tutti i pagani.
Tra le preghiere tradizionalmente approvate per tale pratica, figura la seguente:

CORONCINA per l’Unita’
(Ci si serva di una comune corona del Rosario)

  • Deus, in auditorium intende,
    Domine ad adiuvandum me festina
  • Gloria Patri
  • Sui grani del Padre Nostro recitare:
    “Sacro Cuore di Gesu’. abbiate pieta’di noi e dei nostri fratelli avvolti nelle tenebre dell’errore”.
  • Sui 10 grani dell’Ave Maria recitare:
    “Venga, o Signore Gesu’, il tuo Regno, nell’unita’della Chiesa, per mezzo della tua Santa Madre”.
  • Si concluda con:
    “Vergine Immacolata, Voi che per singolare privilegio di grazia foste preservata dalla colpa originale, guardate pietosa ai nostri fratelli dissidenti, che sono pure figli vostri. Non pochi di loro, benchè separati, conservano un qualche culto per Voi.
    E Voi, generosa qual siete, ricompensateli, impetrando a loro la grazia della conversione. Vittoriosa qual siete, dell’infernale serpe, fin dal principio della vostra esistenza, rinnovate, ora che più stringe la necessità, gli antichi trionfi, glorificate il Figlio vostro, riconducendo le pecorelle smarrite all’unico ovile, sotto la guida del Pastore universale, e sia vostra gloria, o Vergine sterminatrice di tutti gli errori, aver riportato così la pace in tutto il mondo cristiano. Amen.
  • Salve Regina……
  • Oremus: Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare et infideles universos ad Evangelii lumen perducere digneris: te rogamus, Domine, audi nos.
  • (Perchè Ti degni chiamare tutti gli erranti all’unità della Chiesa e condurre alla luce del Vangelo tutti gli infedeli… Ti preghiamo, ascoltaci)
  • Regina Sacratissimi Rosarii, ora pro nobis

Il 19 gennaio 1565 muore a Roma padre Deigo Lainez, tra i primi compagni di Sant’Ignazio e suo successore alla guida della Compagnia di Gesù, membro di importanti legazioni pontificie.
Parlando a Caterina de Medici le disse:

Quanto al primo punto, se ben ricordo quello che ho letto, se mi consiglio coi documenti dell’esperienza, parmi cosa assai pericolosa il negoziare con coloro che sono fuori della Chiesa. Neppur si avrebbe da ascoltarli: imperocché, come ottimamente dice il Savio, nel libro dell’Ecclesiastico … Per insegnarne a tenerci in guardia da coloro che sonosi distaccati dalla Chiesa, la Scrittura li tratta da serpenti, e, certamente a cagione del perfidi loro artifici: chiamali anche lupi mascherati sotto la pelle di agnello … Tale per verità è stata sempre l’ordinaria condotta degli eretici“.


AGGIONAMENTO DI RIFLESSIONE

ECUMENISMO – L’unità dei cristiani è cattolica o non è

di mons. Nicola Bux – gennaio 2024 da la NBQ

Punti fermi sull’autentico dialogo ecumenico, al di là dei miti storici e delle illusioni teologiche che si rivelano inconcludenti poiché prescindono dalla verità. Un approfondimento dal n. 4 (gennaio) della nostra rivista di formazione apologetica “La Bussola mensile”.

In occasione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani riportiamo un approfondimento, a firma di don Nicola Bux, sacerdote e docente di liturgia orientale, ben noto ai nostri lettori, tratto dal numero in corso della nostra rivista di formazione apologetica La Bussola mensile (pp. 16-18).

Ai nostri tempi il relativismo è entrato in Europa e, penetrando nella Chiesa, è diventato la “scelta” nuova, o, in greco, l’eresia. Giovanni Paolo II ricordava che i cristiani non sono unanimi nel riconoscere e testimoniare che Egli è, anche oggi e domani, «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6); hanno paura di essere presi per arroganti, perciò talora abbandonano questa verità per la verità dell’altro. Malgrado in Lumen gentium (nn.13 e 16) si parli di ordinamento di tutti gli uomini all’unico popolo di Dio nell’unità cattolica, proprio da parte di ecumenisti cattolici si predica un’unità parallela o addirittura una chiesa diversa dalla cattolica. Eppure, l’unità che continua ad esistere nella Chiesa cattolica non è merito dei cattolici, consapevoli ogni giorno delle debolezze e dei peccati, ma è segno e mistero della fedeltà divina.

Dinanzi a questa verità fondamentale, risulta astratto l’ecumenismo odierno di tipo protestante, ma presente in casa cattolica, il quale, mentre professa nel Credo la fede nella Chiesa una e cattolica, sogna una chiesa ecumenica. A questo punto, i cristiani tutti, non solo cattolici, devono domandarsi se perseguono l’unità ecumenica o quella cattolica del Credo. Il vocabolo “ecumenico”, dal greco oikos – che sta ad indicare tutta la terra abitata e divenuta una casa comune –, rivela il medesimo desiderio d’unità universale del termine cattolico, anch’esso d’origine greca, che significa per tutta l’estensione di; solo che il primo sostiene l’ideale dell’unione, il secondo quello dell’unità, che sono tra loro inassimilabili e per certi aspetti contrari. È logico e necessario che si abbiano quindi due ecumenismi: «un ecumenismo unico è fatalmente bastardo – osserva Jean Guitton –, perché mescola insieme credenze che si oppongono, accreditando la falsa idea d’un loro accordo, e l’idea ancor più falsa ch’esse siano due espressioni diverse d’una verità superiore all’una e all’altra» (Il Cristo dilacerato, Cantagalli, Siena 2002, p. 220). Infatti, nel capitolo primo del decreto conciliare Unitatis redintegratio, si dice che «i fratelli da noi separati, sia essi individualmente, sia le loro comunità e Chiese, non godono di quella unità, che Gesù Cristo ha voluto elargire a tutti quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per formare un solo corpo in vista di una vita nuova, unità attestata dalle sacre Scritture e dalla veneranda tradizione della Chiesa» (n. 3). Segue l’esplicazione che solo la Chiesa cattolica, in cui c’è il collegio apostolico con a capo Pietro, è lo strumento generale di salvezza.

Per aiutare i cattolici a operare per la reintegrazione dell’unità tra i cristiani riannodando i legami spezzati “tra Pietro e Paolo”, il decreto conciliare sull’ecumenismo fissa alcuni punti (cfr. nn. 2-4):

1. Tutti quelli che sono validamente battezzati sono incorporati a Cristo e si trovano in una certa comunione con la Chiesa di Cristo.

2. Molti elementi dell’unica Chiesa si trovano nelle comunità separate dalla Chiesa cattolica (parola di Dio, azioni sacre, doni invisibili, virtù teologali, ecc.)

3. Queste comunità, sebbene imperfette e non in possesso pieno dei mezzi di salvezza, non sono prive di significato nel mistero di salvezza, perché lo Spirito se ne serve per spingere verso la pienezza che esiste nella Chiesa cattolica in quanto essa «è il mezzo universale di salvezza», poiché ha sempre conservato l’unità della Chiesa affidata al collegio apostolico unito a Pietro.

Il dialogo ecumenico non può andare oltre l’unità cattolica, ma deve recuperare al cattolicesimo quanti si sono separati; pertanto, va condotto senza smettere di essere cattolici. Invece, si è diffusa l’idea che l’unità della Chiesa, dopo il primo millennio, sarebbe andata in pezzi; la mitizzazione del primo millennio si deve alla supposizione che, in quel periodo, la Chiesa fosse indivisa. Eppure, il decreto ecumenico del Vaticano II ricordava che «in questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, condannate con gravi parole dall’Apostolo ma nei secoli posteriori sono nate dissensioni più ampie, e comunità considerevoli si staccarono dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora per colpa di uomini di entrambe le parti» (n. 3). Dunque, già dalle origini – nel primo millennio – nella Chiesa indivisa le comunità e i singoli cristiani si separavano dalla comunione cattolica. Paolo ebbe ad affermare: «è necessario che avvengano divisioni tra voi» (1 Cor 11,19). Le divisioni sono opera umana, ma sono anche provvidenziali, «per assumere nella divisione – rifletteva Joseph Ratzinger – ciò che è fecondo, disintossicare la divisione stessa e ricevere proprio dalla diversità quanto è positivo; naturalmente nella speranza che alla fine la rottura smetta d’essere rottura e sia invece solo una “polarità” senza contraddizione» (Chiesa, ecumenismo e politica, Edizioni Paoline, Cinisello B., 1987, p.135).

Questa verità sull’unità bisogna dirla tutta. Non si può prescindere, come scrive Hans Urs von Balthasar, dal presupposto capitale che è «la certezza di poter esibire nell’interno della Chiesa l’unità e la pienezza della verità e della realtà cattoliche. Chi lavora al recupero dell’identità cattolica, pone le basi di un dialogo ecumenico sensato» (Piccola guida per i cristiani, Jaca Book, Milano 1986, pp. 114-115)

Sebbene non pochi ortodossi abbiano giudicato “irrealistiche” le vie del ritorno alla situazione del primo millennio cristiano, e la considerazione delle rispettive visioni – cattolica e ortodossa – quali parallele o complementari, il termine ecumenico, verso la prima metà del secolo scorso, ha subito una “metatesi”, diventando sinonimo di riunificazione dei cristiani. Ma esso ha praticamente – anche in certa ecclesiologia insegnata nei seminari – eclissato e sostituito il termine “cattolico”. Poi, nell’indicare le diverse chiese e comunità cristiane, si è passati dall’uso del termine “confessione” a quello di “denominazione”. Questo ha favorito la confusione e il relativismo dottrinale che hanno minato l’obiettivo dell’ecumenismo, quello di giungere senza compromessi a recuperare l’unità della fede. Henri de Lubac aveva annotato che dal IV secolo catholicus equivale, in certi casi, a ortodosso, in opposizione all’eresia; ma non perde però il suo senso fondamentale. Quando Sant’Agostino, per esempio, parla delle vera catholica membra Christi, catholicus è già l’equivalente d’ortodosso, ma non è ancora usato che come epiteto, e mantiene dal contesto una referenza al senso di “universale”.

L’approfondimento di tutto questo fa parte dell’educazione alla fede. Di conseguenza si potrà comprendere il paradosso dell’identità nella diversità tra Cristo e la Chiesa, tra la pienezza della communio sanctorum e l’incompiutezza della communio terrena, tra l’unità della Chiesa e la molteplicità delle chiese.

Il problema ecumenico va considerato dal punto di vista del realismo cristiano prima che da quello idealistico; ripetiamo nella Messa: Credo la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica: cosa avevano in mente i padri conciliari di Nicea che formularono quella professione di fede? E cosa pensavano i padri del Vaticano II? «La Chiesa è come un Cristo dilacerato a causa della divisione dei cristiani. Ma tale smembramento, che è una sofferenza, non le toglie la sua unità, la sua vita, la sua pienezza, perché la Chiesa cattolica è la struttura unica della salvezza attorno alla quale, quando Dio giudicherà venuto il tempo, deve ricostituirsi l’unità visibile dei cristiani e degli uomini di buona volontà» (Guitton, op. cit., pp. 240-241). Queste parole del celebre pensatore laico, amico di Paolo VI, anche se scritte all’inizio del concilio nel 1963, non hanno perso alcun valore. Da cattolici non si può considerare diversamente l’ecumenismo: quello cattolico sarà attento a quei valori delle altre chiese non in opposizione con quelli che già sono patrimonio della Chiesa cattolica. Le divisioni dei cristiani sono di fatto inevitabili: in merito, Guitton aggiunge che «ogni “grande eresia” esiste in maniera latente nella struttura e nella profondità dello spirito umano»; da Ario a Bultmann si potrebbe individuare una linea costante. Ne consegue che «la storia totale del cristianesimo rassomiglierà molto all’evoluzione delle specie, come se la figurava Bergson: una spinta creatrice lungo un asse privilegiato e, separatisi da quest’asse, dei rami che non seguono la sua direzione, che si scindono, si moltiplicano, o smettono di crescere e di partecipare all’élan vital, ma rimangono tuttavia capaci di riunificazione e in certo modo sempre pronti a ripiegare verso l’asse a unirsi di nuovo ad esso, come è nelle speranze di ogni spirito ecumenico, e come delle circostanze imprevedibili possono proporre alle coscienze cristiane e la volontà divina realizzare» (Ibid., p. 24).

Vi sarà sempre un Atanasio, che con alcuni altri lucidi e coraggiosi, concorrerà col popolo fedele a salvare quanto la Chiesa cattolica ha di più caro: Gesù Cristo e la fede in lui, Verbo incarnato e Signore risuscitato. Così sarà fino alla fine del mondo. Il concilio dice qualcosa di simile quando parla degli elementa Ecclesiæ che si trovano sparsi nelle comunità separate e che rimandano all’unica Chiesa. L’ecumenismo vero, reale, non è quindi un movimento umano, ma divino, perché per la potenza di Cristo risorto – per lo Spirito Santo – può reintegrare sempre di nuovo l’unità. Guai a immaginare di raggiungerla una volta per tutte: sarebbe una superbia simile alla torre di Babele!

L’ecumenismo deve servire a che «tutti i cristiani» si trovino «riuniti in quella unità dell’unica Chiesa che Cristo fin dall’inizio donò alla sua Chiesa, e che crediamo sussistere, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica, e speriamo che crescerà ogni giorno più fino alla fine dei secoli» (UR 4).


RICORDA CHE:

La presenza reale, quante incertezze e divisioni tra i protestanti

I riformatori protestanti – da Lutero a Calvino, da Zwingli a Carlostadio – avevano in comune solo il rifiuto della dottrina cattolica. Ma su come tradurre l’idea della “sola Scriptura”, le divisioni erano enormi: basti pensare ai tentativi di sostituire la verità della transustanziazione.

(di Luisella Scrosati – 19 gennaio 2025)

Lutero non credeva alla presenza reale del Signore Gesù nell’Eucaristia. È più o meno questa l’idea che il cattolico medio – almeno di quello, raro, che si pone il problema – si è fatto della posizione dell’anima della “Riforma” protestante sull’Eucaristia come sacramento. Ma le cose non sono affatto così semplici: il mondo protestante ha conosciuto – e conosce ancora oggi – diverse posizioni relative al modo di presenza del Signore nell’Eucaristia, così che si può in tutta tranquillità affermare che se l’Eucaristia è stata un elemento di divisione tra Lutero e la Chiesa cattolica, lo è stato ancora di più tra i protestanti stessi.

Si deve infatti ricordare che Huldrych Zwingli (1484-1531) e Johannes Heussgen, conosciuto come Oecolampadius (1482-1531), ruppero con Lutero proprio sul punto della presenza reale, portando l’ex monaco a definirli persino eretici. I due riformatori svizzeri, ma anche amici di Lutero della prima ora, come Andreas Karlstadt (Carlostadio, 1480-1541), sostenevano infatti la presenza sacramentale di Gesù nell’Eucaristia, intesa nel senso che il pane e il vino erano rappresentazioni simboliche del corpo spezzato del Signore e del suo sangue immolato, ma non mediazioni della sua presenza reale. Il sacramentarismo (o sacramentismo) fu combattuto con tutte le forze da Lutero, il quale invece, come vedremo tra poco, riteneva una sovversione dei Vangeli la negazione della presenza reale del Signore nel pane e nel vino benedetti durante la Cena.

Jehan Cauvin (Calvino, 1509-1564) cercò di correggere la posizione sacramentarista, affermando che la presenza del Signore doveva essere “in qualche modo” reale nel pane e nel vino, sebbene in modo ineffabile, propendendo per una comunicazione sostanziale del Signore Gesù nella comunione. Come la presenza sacramentale di Zwingli, anche quella sostanziale di Calvino non deve trarre in inganno. Nel termine sostanza, Calvino non conserva alcuno “spessore” metafisico: presenza sostanziale significa per lui che nel sacramento si esprimono non solo il significato della morte e risurrezione del Signore e la certezza che il suo corpo è stato spezzato e il suo sangue versato (come per Zwingli), ma anche la loro virtù ed efficacia. La presenza del Signore si comunica veramente mediante i segni sacramentali, mantenendo così la promessa del Signore di dare il suo corpo e il suo sangue per noi, ma senza affermare che questa presenza fosse nel pane e nel vino e ancor meno per la conversione della loro sostanza.

Riguardo all’Eucaristia come sacramento (come sacrificio, rimandiamo all’articolo precedente), Martin Lutero risultava essere il più “tradizionalista” dei riformisti e per questo fu accusato di non rompere a sufficienza con la “superstizione” cattolica. Ai suoi occhi, le espressioni «questo è il mio corpo», «questo è il mio sangue», non potevano che significare la presenza reale del corpo e sangue del Signore nel pane e nel vino, dato a quanti si comunicano, e ogni altra spiegazione che negasse questa verità contraddiceva quanto scritto nei Vangeli. Alle interpretazioni diverse di Lutero, Calvino, Zwingli, Heussgen e Carlostadio, andrebbero aggiunte quelle di Martin Bucer (1491-1551), Wolfgang Fabricius Köpfel (Capitone, 1478-1541), nonché quelle del grande artefice del Book of Common Prayer, Thomas Cranmer (1489-1556). Non è intento di questo articolo presentarle tutte: a noi basta prendere atto che il principio fondamentale della Riforma della “sola Scriptura” come auto-evidenza delle affermazioni bibliche, sulle quali il cattolicesimo avrebbe riversato un enorme carico di spiegazioni che ne distorcevano il senso cristallino, era già deragliato al suo nascere. Sulle parole così fondamentali che il Signore Gesù aveva pronunciato prima della sua immolazione, la Riforma si trovava frammentata, con spiegazioni differenti non solo tra un autore e l’altro, ma anche negli scritti del medesimo autore.

A fungere da mastice di tutti questi riformatori era una cosa sola: il rifiuto della dottrina cattolica. Ma come sostituire la dottrina incriminata divenne un punto di divisione che perdura fino ad oggi. Anche la Chiesa cattolica sostiene la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, ma vincolando questa comprensione a quella verità che va sotto il nome di transustanziazione, i cui elementi fondamentali possiamo così riassumere: la presenza reale del corpo e del sangue vivi del Signore, da cui la presenza anche della sua anima e divinità, nel sacramento dell’Eucaristia avvengono per la conversione totale della sostanza del pane e del vino, di modo che non vi sono più pane e vino, ma solo le loro apparenze o accidenti, che “velano” la presenza del Signore.

All’epoca di Lutero, come d’altra parte anche oggi, le critiche che piovevano su questo insegnamento non riguardavano direttamente l’Eucaristia, ma una presunta invasione della filosofia nella fede: si obbediva ad Aristotele, non alla Bibbia, il cui insegnamento chiaro veniva così piegato alle esigenze di un sistema filosofico. Si è già accennato a come di fatto la rimozione di questa supposta sovrastruttura filosofica abbia tutt’altro che unificato i cristiani attorno al significato “evidente” delle Scritture; ma non si può tacere un altro errore di fondo di Lutero, non meno grave: la dottrina della transustanziazione non è stata una deduzione in ambito teologico del sistema aristotelico e nemmeno l’adozione di una particolare filosofia posta a servizio della Rivelazione. La transustanziazione non è né più né meno che la ragione umana qua talis che, illuminata dalla fede, ricerca l’intelligenza della verità rivelata; detto altrimenti: la transustanziazione è la spiegazione più conforme a quel “è” presente nelle parole della consacrazione. Dire del pane che esso “è il mio corpo”, significa, appunto, che esso è corpo e non (più) pane, perché l’essere si attribuisce in modo proprio alla sostanza. E questo non è Aristotele, ma la ragione umana a comprenderlo; tutti noi cogliamo, se vi riflettiamo anche solo per qualche secondo, la differenza del significato del verbo essere nell’affermazione “quest’uomo è giapponese” e “questo è un uomo”. L’essere giapponese è infatti qualità di qualcosa o qualcuno, di una sostanza appunto, mentre essere un uomo non è una qualità ma l’indicazione di ciò che uno sostanzialmente è. Nel contempo, è altrettanto evidente che i sensi umani non esperiscono il Signore, ma il pane e il vino. E dunque è chiaro che la conversione della loro sostanza lascia invece inalterati gli accidenti, quelle apparenze che effettivamente continuiamo ad esperire.

La pretesa luterana di liberare la teologia da Aristotele, oltre a rinnegare la storia della Chiesa fin dai primissimi secoli – risulta forse a Lutero che l’omoousios per esprimere la consustanzialità del Figlio con il Padre fosse presente nella Bibbia? – fu pertanto una finzione, ma una finzione devastante, perché insieme ad un presunto sistema filosofico venne spazzata via l’intelligenza stessa della Rivelazione. Lo stesso Lutero non poté sottrarsi dal rispondere all’ovvia domanda di come dev’essere dunque intesa la presenza reale del Signore nell’Eucaristia, dal momento che si doveva rifiutare la cosa più ovvia, ossia che il pane non fosse più pane ma il Signore. Nei suoi scritti si notano molte fluttuazioni espressive, che cercano di costruire quella dottrina che va sotto il nome di impanazione, o ancor meglio di consustanziazione: Cristo è realmente presente nel pane e nel vino o con il pane e con il vino, senza che avvenga la conversione della sostanza. Una dottrina che non emerge affatto più evidentemente dai Vangeli di quella della transustanziazione; semmai il contrario. Perché il Signore non ha detto “qui c’è il mio corpo”, che avrebbe certamente espresso una concomitanza, ma “questo è il mio corpo”, espressione che indica chiaramente una trasformazione.

La dottrina della consustanziazione venne semplicemente costruita in contrapposizione a quella cattolica, costringendo però Lutero e il suo seguito a ricorrere comunque al concetto di sostanza, sebbene per negarne la conversione. Segno che dalla ragione umana non ci si può liberare nel momento in cui si cerca di comprendere ciò che è rivelato, nemmeno in nome di una più diafana e impossibile purezza.


Carissimi amici e lettori,

ci sono documenti, approvati dai Papi, che condannano l’ecumenismo abbiamo Gregorio XVI che condanna l’ecumenismo di alcuni Chierici a Friburgo. Papa Leone XIII che nella Satis Cognitum afferma: Gesù Cristo istituì nella Chiesa un “vivo, autentico e perenne magistero”. Per noi cattolici sono precluse le vie dell’ecumenismo nel senso originario del termine, principalmente dopo che il papa Pio XI nella sua enciclica Mortalium animos (6 gennaio 1928) e Pio XII nella Orientalis Ecclesiae (1944) hanno ribadito il genuino concetto dell’unità della Chiesa, ed hanno tracciato il metodo da seguire per promuovere il ritorno dei dissidenti.

Scrive Pio XII (Orientalis Ecclesiae):«Non conduce al desideratissimo ritorno degli erranti figli alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata».

Ragioni di inconciliabilità 
 

1) L’ecumenismo nega che vi sia una sola vera Chiesa, dotata delle note che la distinguono: l’unità, la santità, la cattolicità (universalità) e l’apostolicità.

2) 
Negando che vi sia una sola Chiesa, nega anche l’autorità del Supremo Pastore, Cristo, e del suo legittimo Vicario, il Sovrano Pontefice.

3)
 Professando di voler superare le divisioni dottrinali, nega l’oggettiva verità dei dogmi e presume di poter fondare l’unità sull’errore e sull’eresia.

4)
 Riconoscendo pari dignità a tutte le “chiese”, pone di fatto la Chiesa di Cristo al livello delle sette; negando che essa sia istituzione divina, nega che sia governata e retta da Dio e che solo attraverso di essa gli uomini- ad eccezione di casi di ignoranza invincibile – possano conseguire la salvezza eterna.

 
5) Nelle sue forme più recenti, pone la Chiesa al livello delle religioni false ed idolatre, il Dio vero e santo al livello degli dei mendaci e delle forze della natura.
 
6) Implicitamente afferma che l’uomo può salvarsi al di fuori della vera Chiesa, aderendo ad una setta cristiana o alle superstizioni dei pagani e degli idolatri.
 
7) Nega la necessità dello zelo missionario della Chiesa e legittima gli omicidi e le stragi di missionari cattolici compiute dagli eretici e dai pagani in ogni parte del mondo.
 
8) Propugna la laicità dello stato, il relativismo e l’indifferentismo religioso, a danno della verità e a vantaggio dell’errore.
 

9) È causa di vizi e di corruzione, poiché dove Cristo non regna, si annida il peccato, l’omicidio, l’inganno e lo scandalo verso i giusti.

Come si vede, l’ecumenismo così inteso non solo legittima l’eresia, l’apostasia, l’idolatria e tutti i peccati che ne scaturiscono, ma distrugge dalle fondamenta la fede cattolica, vanificando l’esistenza stessa della Chiesa. Non stupisce che esso stia tanto a cuore alla massoneria, che della Religione rivelata è principale acerrima oppositrice.
Se infatti si ammette ─ per assurdo ─ che la Chiesa vera ed unica non è pienamente realizzata nella Chiesa Cattolica, e che di conseguenza l’insegnamento del Magistero non è che una versione opinabile di una delle tante realtà presenti in seno al cristianesimo e addirittura al di fuori di esso, non si può più distinguere l’eresia dalla verità di fede, lo scisma dalla comunione, il vizio dalla virtù, la setta dalla sola Arca di salvezza che Dio ha stabilito nella sua Provvidenza.

E se si afferma ciò, ne consegue che la Chiesa ha da sempre insegnato come verità di fede delle pure opinioni, se non degli errori, e che quindi essa è fallibile nelle questioni relative alla salvezza eterna; se poi la Chiesa è fallibile, lo è anche Colui che ad essa  ha promesso perpetua assistenza, cioè Dio ma semplice espressione di un modo di sentire il fenomeno religioso da parte degli uomini, né più né meno dei libri “sacri” delle altre religioni.
Da tutto ciò si comprende come l’ecumenismo altro non sia  se non il frutto dell’errore protestante e delle sue dirette infiltrazioni in seno al mondo cattolico, prima di tutte il modernismo, somma di tutte l’eresie, secondo la definizione di San Pio X (cfr. Enc. Pascendi).
 
Confutazione

La grave crisi che la Chiesa attraversa in questi ultimi decenni, in particolare ad opera di non pochi teologi, non poteva evitare  il manifestarsi dell’errore ecumenico, di cui questa crisi è insieme causa ed effetto.

Non fu così in passato: i Pontefici condannarono con impressionante lungimiranza questo fenomeno fin dall’inizio, mettendo in guardia i cattolici con numerosi documenti magisteriali.

È pur vero che mai i Papi poterono immaginare un tale proliferare di errori, da supporre che un giorno qualcuno avrebbe potuto affermare ─ in nome di una mal interpretata libertà di religione ─ che la Santa Chiesa di Dio non ha nulla che la renda  intrinsecamente e sostanzialmente superiore non solo alle sette cristiane, ma anche alle superstizioni pagane.

Appare inoltre evidente che, se è vero che i modernisti abbracciano con entusiasmo ogni novità e maggiormente la propugnano se legittima i loro errori, anche altri  si adoperano perché l’ecumenismo progredisca e trovi vasto spazio nel tempio di Dio: laicisti ed atei, razionalisti, irenisti, massoni e via dicendo. Tutti costoro hanno compreso che il mondo migliore per indebolire la Chiesa è quello di non combatterla apertamente e di favorire il proliferare delle eresie al suo interno. Come non vedere nei vaneggiamenti degli ecumenisti la realizzazione dei progetti massonici circa la religione universale?
 
Il Vero Ecumenismo

La Sacra Scrittura, la Tradizione e l’insegnamento del Magistero infallibile della Chiesa sono concordi nell’affermare  appello la condanna dell’ecumenismo così  inteso.

Fin dall’Antico Testamento il popolo di Israele aveva la consapevolezza di Dio a tutte le nazioni, e più volte ebbe prova della esclusività di questo suo rapporto  con Dio, sia venendo punito ogni volta che cedeva a tentazioni di connivenza con i pagani, sia custodendo le verità che il Signore gli aveva insegnato, sia infine preparando la nascita del Redentore, il Messia di Israele, Signore dei Signori, Re dei Re.
L’insegnamento di Cristo e degli Apostoli fu ancora più esplicito: si veda a tal proposito la parte riguardante la virtù della Fede. I Martiri della Chiesa furono condannati ad atroci supplizi ─ di cui resta ampia documentazione ─ proprio perché rifiutarono di adorare gli idoli.
L’autorità romana, infatti, accettava tutte le religioni, ma imponeva loro l’obbligo di riconoscere l’imperatore come un dio, bruciando incenso davanti alla sua statua. Ovviamente per un cristiano questo atto di adorazione era equivalente all’apostasia, ed il rifiutarsi di compierlo era considerato reato di lesa maestà.
Se l’ecumenismo fosse stato accettato, mai come allora si sarebbe mostrato utile; e le feroci persecuzioni anticattoliche da parte degli eretici di tutti i secoli si sarebbero potute evitare, nel nome della “complementarità” delle confessioni religiose e della pace tra i cristiani. Per grazia di Dio, i martiri erano testimoni della fede e non dell’ecumenismo . Ma la pace non è non belligeranza: è tranquillità dell’ordine. E dove non c’è la fede integra e pura, regna il caos.
 
La vera pace viene dal Regno di Cristo, in cui vige la Sua legge e Lo si adora con culto pubblico. Inutile dire che solo la Chiesa proclama questa verità, poiché é Cristo stesso che la guida.
Il vero ecumenismo è antico quanto la Chiesa: esso consiste nel moltiplicare gli sforzi per acquistare a Dio coloro che non credono, per riportare nell’unico ovile coloro che non credono, per riportare nell’unico ovile coloro che se ne sono allontanati e per fortificare i fedeli nella loro fede. Si chiama zelo apostolico, predicazione, missione. Si fonda sulla carità (per cui si ama Dio e il prossimo per amor Suo) illuminata dalla fede (per cui si crede a ciò che Dio  ha rivelato e che la Chiesa propone a credere, per l’autorità di Dio rivelatore) ed animata dalla speranza ( che assicura la grazia a coloro che la chiedono e che seguono la legge di Dio).
Poiché Dio è Verità suprema e Carità perfetta, amarLo senza credere in Lui non è possibile: negare la verità è negare Dio. Certo, difficili situazioni storiche ed altre ragioni contingenti possono far si che una divisione dottrinale sembri insanabile; ma la Chiesa non intende ammettere l’errore, ma convincere l’errante, come portare un uomo dalle tenebre alla luce non vuol dire negare l’esistenza delle tenebre o ammetterne la conciliabilità con la luce.

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