Se vuoi la vera Vita disprezza te stesso nel peccato

“Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso” (Gal.6,3)

Può sembrare un paradosso, eppure è stato proprio Friedrich Nietzsche con il suo odio ai Santi e alla cultura cattolica, ad averci offerto – almeno negli ultimi due secoli – una maggior comprensione di questa “rinuncia” a sé stessi, fino al vero disprezzo di se stessi. Un concetto di “disprezzo” che deve essere inteso evangelicamente, biblicamente, come insegnano appunto i Santi che Nietzsche non negava affatto, al contrario, proprio perché riconosce in Essi uno status autentico, li disprezza e li rigetta.

Partiamo dall’etimologia del termine. Il disprezzo, purtroppo, è associato all’altro, all’uomo che non ci piace mentre, biblicamente, significa ben altra cosa. Nell’attuale vocabolario, il disprezzo, è ciò che si legge: “per qualunque cosa, per chiunque”, ma ciò che manca al vocabolario è il significato biblico, del Vangelo, dei Santi. Nel nostro piccolo cercheremo di capire, allora, il suo vero significato come lo insegnano le Scritture e i Santi.

Ciò che omette il vocabolario degli uomini è che, il disprezzo veramente inteso, non è affatto contro “le persone” quanto piuttosto verso se stessi, verso le proprie inclinazioni sbagliate, disprezzo al peccato che ci sovrasta e ci investe. Leggendo la storia dei nostri ultimi cento anni, come minimo, è onesto riflettere che mai come in questo tempo l’Uomo ha raggiunto un apice così alto di arroganza, desiderio di sé, gaiezza nei vizi, amor proprio, orgoglio, superbia che trovano in Nietzsche e nel suo, per esempio, Ecce Homo, il riassunto più macabro dell’Uomo “dio di se stesso”, il super’Uomo.

Potremo fare migliaia di esempi: dal movimento femminista con “l’utero è mio e lo gestisco io” per arrivare, con imposizione della legge di Cesare, o dell’Erode moderno, ad uccidere milioni di vittime innocenti con l’aborto; al divorzio attraverso il quale si è imposto per legge la cultura della separazione, della divisione per soddisfare se stessi; alla politica usata non per il bene del popolo, ma per sfruttare il popolo, usarlo a proprio piacimento con tutte le amare conseguenze che stiamo vivendo. Ma non vogliamo parlare qui di politiche giuste o sbagliate, perciò ci fermiamo con gli esempi utili per imbastire poi dei sani ragionamenti personali.

Se dunque, biblicamente parlando, il disprezzo non significa affatto “disprezzare l’uomo”, vediamo però come la cultura moderna è arrivata a disprezzare Dio, il Dio vivo e vero per mettere se stesso al suo posto. Laddove Nietzsche per “Ecce Homo” non intende affatto il Cristo Gesù ma il super Uomo, l’Uomo dio di se stesso, è naturale che alla fine il disprezzo per l’uomo, in difesa della propria presunta divinizzazione, è arrivato a toccare le peggiori sciagure e genocidi che la storia ricordi. Non è da sottovalutare che alle radici del pensiero di Nietzsche c’è lui, Carl Marx e il suo “comunismo”. Non è da sottovalutare, perciò, che in questo Centenario di Fatima vi ricordiamo come la Vergine Santa venne a metterci in guardia “dagli errori” che la Russia avrebbe seminato.

Ci dicono che “la Madonna a Fatima non parlò mai del comunismo…” è vero, ma in quel 1917 in cui la Vergine appariva a tre Pastorelli, si portava a compimento la rivoluzione comunista, la quale ideologia e dittatura, avrebbero seminato nel mondo morte e distruzione, disprezzo per l’uomo, disprezzo per il Cristiano, disprezzo per la vera religione ossia, disprezzo della vera cultura e dell’autentico sociale, disprezzo per la vita nascente, disprezzo per il matrimonio-sacramento. Emergono come diritti individualismo, nichilismo, edonismo che, come ogni “ismo” reca con sé la menzogna, la devastazione, la morte dell’uomo, il vero e brutale disprezzo per ciò che egli è davvero, fino ad arrivare ad una società mondiale, quella di oggi, in cui i SUICIDI VENGONO OCCULTATI, nascosti al pubblico, ridimensionati o, laddove ciò è reso per imposizione della legge, il suicidio viene fatto passare per legittima EUTANASIA, senza dimenticare la depressione degli animi.

La Madonna del Santo Rosario venne a metterci in guardia da tutto questo, ma la Chiesa nei suoi Pastori, e il popolo ubriacato, al termine delle due grandi guerre e di ben due bombe atomiche, dal boom economico degli anni Cinquanta, invece di riflettere e meditare, si diede ai bagordi sociali e culturali, sostenne il Movimento dei Figli dei Fiori, cambiò la domenica che significa “PRIMO giorno della settimana” con il più festaiolo e ateistico “wee-kend”, FINE settimana, inventando discoteche e intrattenimenti PER DISTRARRE l’Uomo dai suoi veri impegni e dalle sue responsabilità individuali, quanto collettive. La televisione che è in fondo un utile strumento delle comunicazioni create dall’uomo, se venisse usato davvero bene e per il Bene, ha finito invece per schiavizzare l’informazione e i cervelli….

La Vergine Santa a Fatima venne a chiedere a tre BAMBINI – in tutta libertà – di “sacrificarsi” per salvare noi peccatori, facendo vedere loro l’Inferno “dove vanno molte anime…” e noi pretendiamo di andare in Paradiso senza fare alcun sacrificio, senza fare alcuno sforzo, senza alcuna rinuncia, senza odiare il peccato che ci anima?

Penserete forse che stiamo esagerando, che “demonizziamo” innocenti divertimenti: “CHE MALE C’E’ a divertirsi senza far del male a se stessi o agli altri”? Sant’Agostino, del quale consigliamo di meditare sulle sue “Confessioni”, spiegava  già a suo tempo “il male” che si cela nell’elevare l’Uomo al di sopra di Dio, nell’Uomo DISTRATTO dalle cose del mondo. Non si condannano i divertimenti, badate bene, quelli sani e morigerati, ma intendiamo quel educare se stessi alla Verità del chi siamo: ” che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi…”(Sal.8,5-10).

Ebbene, Sant’Agostino ha parole forti quando spiega che cosa significa quell’Amare se stessi, vedi qui, laddove dice:

” Mi riferisco all’anima, ma potrei dire lo stesso quanto alla carne, che è la parte di minor valore dell’uomo: chi ama l’iniquità e odia la propria anima, tratta con turpitudine la propria carne. Se poi tu ami l’iniquità e mandi in rovina te stesso, non è possibile che tu pretenda ti sia affidato il prossimo da amare come te stesso, perché come perderesti te stesso con il tuo modo di amarti, così faresti perdere il tuo prossimo amandolo allo stesso modo. Ti proibisco dunque di amare alcuno, perché sia tu solo a perderti. Ti pongo l’alternativa: o correggere il tuo modo di amare o astenerti da ogni rapporto con altri…”

Torniamo ora a quel disprezzare se stessi secondo il Vangelo. Comprendendo bene le parole di Sant’Agostino capiamo bene, allora, che il disprezzo è nell’iniquità che abita in noi a causa del Peccato Originale. Ricordate la profezia di Isaia? Rinfreschiamoci la memoria: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro.  Guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti….” (Is.5,20-21)

Gesù Cristo, grazie al Suo Sacrificio, nel Battesimo ha sconfitto il potere di questo Peccato, ma non ha tolto le conseguenze perché, queste, devono essere annullate da noi con la volontà, il LIBERO ARBITRIO. Quando Gesù dice: “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi…” (Gv.13,15), Sant’Agostino spiega che se anche l’episodio riguardava la lavanda dei piedi, Gesù intendeva “tutto ciò che vi ho insegnato, tutto ciò che io ho fatto, dovrete fare anche voi” … “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni… insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.” (Mt.28,19-20); “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.“(Mc.16,16); e tuona San Paolo: “L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!“(Gal.1,6-10).

Santa Caterina da Siena – che non era monaca di clausura, ma Laica consacrata nel Terz’Ordine di San Domenico – Dottore della Chiesa, spiega che cosa è questo “morire a se stessi” attraverso il vero ed autentico “Cognoscimento di sé” perché: “se l’Uomo non comprende chi è, perché è nato e dove siamo destinati, perché un Dio si è fatto uomo ed è venuto a prenderci  non con la forza ma con l’Amore , non con la violenza, ma con la Sua morte di Croce, non con discorsi politici ma con la santa dottrina.. egli, l’Uomo non capirà mai perché è destinato e chiamato ALLA CONVERSIONE…” Santa Caterina spiega come bisogna che, la intuizione dell’amore che Lo ha tenuto confitto alla croce, attiri l’innato bisogno di amare che è nell’anima di ciascuno fin dal suo concepimento, proprio perché “creati da Dio e a Sua immagine”, e la muova a intraprendere il cammino segnato dai piedi forati e sanguinanti, e la sostenga, mediante l’orazione e l’esercizio delle virtù, nell’ascesa al costato aperto dalla lancia per scoprirvi il “segreto del Cuore” che è l’Amore che crea, redime e rende eterni, divinizzandoci.

Il vero “disprezzo di sé” è l’odio al peccato e l’esercizio delle virtù!

Un venerabile Sacerdote scrive: ” Lo Spirito Santo, che non può mentire ci, assicura, che ancora adesso noi siamo un nulla: e San Paolo senza comparazione migliore di tutti noi e più fornito di grazie e di veri beni, al riverbero del divino lume ingenuamente confessa di sé di essere un nulla: “sono un nulla” (2Cor.12,11); e non dovremo reputarci ancora noi per un niente? E che? Pretendiamo forse di superare nell’ essere e nell’eccellenza il grande Apostolo delle genti? Non sarebbe questa una diabolica arroganza? Con ciò non si vuol dire che non abbiamo ricevuto qualche sorta di bene da Dio, ma deve tenersi per fermo – e anche qui sottomettere il nostro intelletto alla divina verità rivelante, come lo assoggettiamo in tutti gli altri misteri della nostra santa Fede – che il nostro capitale, il nostro retaggio, quello che veramente è proprio nostro, è il nulla; ed il merito di ciascuno scaturisce appunto da quel che è suo proprio, e da quel che la creatura si trova di avere di sua attinenza dinanzi a Dio, il cui giudizio è infallibile. Confessiamo dunque anche noi con San Paolo, e con tutti i veri servi di Dio, che siamo un nulla, “sono un nulla”: e che perciò ben ci sta l’abiezione, ed è nostro dovere il tenerci adesso volontariamente in un contegno simile a questo, in una profonda bassezza e avvilimento, considerando l’onore come un bene che non è nostro e il disprezzo come del tutto confacente a noi. Questo è il primo fatto vero da cui deriva in noi il merito di essere vilipesi e confusi…”(1)

Già vediamo qualcuno storcere il naso…. ma scusate, cosa diciamo nel Pater Noster? Non chiediamo a Dio che “si compia la tua volontà”?; non riconosciamo forse di essere peccatori quando supplichiamo la Madre di Dio nell’Ave Maria “prega per noi peccatori”?; e non riconosciamo forse il vivere in questo mondo quale soggiorno di passaggio in una “valle di lacrime” quando invochiamo la Salve Regina? Quando diciamo “Ad majorem Dei gloriam”, alla maggior gloria di Dio, che cosa intendiamo? Non è uno slogan, ma che ogni nostra opera sia diretta a rendere testimonianza a Colui che solo merita ogni attenzione e sacrificio da parte nostra.

Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1Gv.1,8) Gesù travagliò per il corso di trentatrè anni continui con incomprensibile amore per ben servirci, impiegando e consumando per noi gli spiriti, i sudori, le lacrime, il sangue, la vita e tutto se stesso al fine di procurarci ogni bene. E noi come lo ripaghiamo? In qual pregio l’abbiamo tenuto? Come ci è rimasto impresso nella mente e nel cuore la Sua sosta nel Getzemani, la Sua passione, la Sua crocifissione? Ohimè, che le offese e gli strapazzi sì spesso da noi fattiGli, ci tolgono per confusione la parola di bocca – spiega il Servo di Dio Padre Giuseppe – Vuol dunque ragione, che gli uomini ci paghino con simile moneta, anzi, tutto ciò è poco in paragone del nostro merito. Chi non disprezza se stesso, rinunciando ai propri peccati, finisce per disprezzare il Crocefisso.

Gesù venne a salvare le nostre Anime e a risanare la frattura generata dal Peccato Originale che ci avrebbe impedito persino la resurrezione dai morti!

Questa Salvezza, redenzione, è la gratuità di Dio che “manda il Suo Figlio per noi”, ma quando in risposta a questa gratuità si insegna oggi che l’uomo in cambio non deve dare nulla, o che basterebbe qualche opera di carità per ripagare il dono della redenzione, siamo alla bestemmia totale, siamo all’eresia Protestante che pretenderebbe un “pecca quanto puoi, basta che credi in Gesù”. Nell’Atto di dolore insegnato per secoli dalla Chiesa, si diceva, e si dice: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati. Perché peccando ho meritato i Tuoi castighi, ma molto più perché ho offeso TE infinitamente buono, e degno di essere amato sopra ogni cosa….”, ma la chiesa di oggi ha tolto abusivamente quel “meritare i castighi” che hanno offeso Dio, degno di essere amato sopra ogni cosa, hanno eliminato questo Atto di dolore dai confessionali E’ come aver imposto ad un padre, ad una madre, di impedire loro il diritto di correggere i propri figli quando sbagliano, ed è infatti questa un’altra delle aberrazioni del nostro tempo. In tal modo i nostri figli vengono allevati nella menzogna e nell’impostura, nell’arroganza che tutto ciò che desiderano è un diritto, crescono impregnati di edonismo, nichilismo, superbia, amor di sé, individualismo, crescono avvolti negli “ismi” che li rende “dio di se stessi”.

Ricordiamo il dialogo, quello vero, tra Gesù e Nicodemo? (Gv.3,1-21) «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto….», questo è “morire a se stessi per “rinascere”, rinascere per non morire più. Nicodemo può rappresentare noi cristiani di oggi, che cerchiamo un’esperienza religiosa che ci scaldi il cuore, dopo periodi di delusione e stanchezza… ma per riuscire nell’intento è necessario che, come dice San Paolo “abbandoniamo l’uomo vecchio”, disprezziamo il peccato che ci rende schiavi e quindi stanchi, delusi e amareggiati. E’ questo il vero segreto della felicità: abbandonarsi al Cristo, rinascere in Lui e proseguire il cammino con Lui abbandonando ciò che eravamo. Oggi invece si predica che anche in grave stato di adulterio, o divorziati risposati quindi solo civilmente, si ha IL DIRITTO all’Eucaristia, basta il desiderio

Il disprezzo di se stessi, attenzione, non significa neppure rendere “miseri” se stessi. Una cosa è la povertà e il morire a se stessi, altra cosa è diventare MISERABILI. Come vi abbiamo provato significa disprezzo al peccato che, dominandoci (se lo lasciamo dominare con gli “ismi”) non fa altro che renderci davvero miseri, in miseria, in schiavitù, la quale non è affatto la povertà evangelica che è piuttosto ricca di virtù, di santità e soprattutto DI DIGNITA’. Sì, il vero disprezzo di sé, nella lotta contro le perverse inclinazioni, ci rende davvero una ricchezza di inestimabile valore, la nostra dignità di FIGLI DI DIO e dunque… veri eredi di Dio, della Sua divinità che Egli ha donato a noi dalla Croce. E’ così che – nella vera sequela al Cristo – nascono i Santi, i Martiri, i perseguitati descritti nelle famose Beatitudini. Queste Beatitudini sono la cartina tornasole per comprendere se nella nostra vita “siamo davvero morti a noi stessi”.

Laddove lottassimo per pretendere i nostri diritti del mondo, è inevitabile che Dio ci abbandoni a noi stessi, altro che il gridare la pretesa ai Sacramenti! L’autentico Discepolo di Cristo si affida a Lui, a Maria, ai Santi (credo la Comunione dei Santi, diciamo in ogni Messa). E’ davvero un peccato che oggi, quando si leggono le Beatitudini in Chiesa, si omette quel “A CAUSA MIA”: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.  Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.“(Mt.5,10-12)…. PER CAUSA MIA, E NON PER I PRESUNTI DIRITTI politici e ideologici….

Questo non significa vivere apaticamente o subire senza combattere contro le ingiustizie, ma la lotta che intraprende un Discepolo di Cristo, non è quella politica, non quella “del mondo” e le famose “Tentazioni di Gesù” nel deserto ce lo dicono chiaramente, cedere significa rimuovere Dio dalla nostra vita: “Gesù è il nuovo Adamo, rimasto fedele mentre il primo ha ceduto alla tentazione. Gesù compie perfettamente la vocazione d’Israele: contrariamente a coloro che in passato provocarono Dio durante i quaranta anni nel deserto (cfr. Sal 95[94],10), Cristo si rivela come il Servo di Dio obbediente in tutto alla divina volontà. Così Gesù è vincitore del diavolo: egli ha legato l’uomo forte per riprendergli il suo bottino (cfr. Mc 3,27). La vittoria di Gesù sul tentatore nel deserto anticipa la vittoria della passione, suprema obbedienza del suo amore filiale per il Padre.” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 539)

C’è dunque SPERANZA per l’uomo, ma non possiamo barare con Dio! Il peccato non è l’ultima parola sulla vicenda umana, Gesù è la garanzia. Il cuore di pietra può essere cambiato in cuore di carne (cf.Ez.36,36); un riscatto è sempre possibile fin quando siamo in vita, ma bisogna volerlo e non per metà, bisogna riconoscere questi peccati, chiamarli col loro nome e ODIARLI, ripudiarli dalla propria vita, morendo a se stessi, disprezzando “l’uomo vecchio”.

Così, volendo dare un riepilogo, dovrebbe esserci più chiaro di quale sia la nostra vera battaglia, la lotta contro le ingiustizie. In questo modo il vero Discepolo di Cristo impara a “morire a se stesso”, a disprezzare i propri peccati, i propri vizi, l’errate inclinazioni, pronto ad essere veramente “rivestito di Cristo”, ricordate San Paolo? “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me…”(Gal.2,20); “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa…” (Col 1,24), in questo link la bellissima spiegazione del domenicano Padre Angelo Bellon.

Come conclusione, ricordando oggi l’Anniversario a tre anni dalla morte dell’amico in Cristo, Mario Palmaro, vogliamo offrirvi alcune sue riflessioni che oseremo dire profetiche. Prima vi ricordiamo  una sua Lettera al Direttore de La Nuova Bussola Quotidiana del gennaio 2014, e già minato dalla malattia, Palmaro scriveva e denunciava: “Capisci, caro direttore? Fra poco prenderanno mio figlio di sette anni e a scuola lo metteranno a giocare con i preservativi e i suoi genitali, e la Chiesa di che cosa mi parla? Dei barconi che affondano a Lampedusa, di Gesù che era un profugo, di un oscuro gesuita del ‘600 appena beatificato. No, il mio problema non è Matteo Renzi. Il mio problema è la Chiesa Cattolica (la sua apostasia)…“, clicca qui testo integrale.

Infatti egli scriveva questi pensieri nel giugno 2006, cliccare qui, in tempi diremo “non sospetti” e non per la situazione in cui naufragava già il mondo, quanto piuttosto per la deriva di questi tempi apostati dentro la Chiesa…. Palmaro riepilogava in sette punti gli aspetti più devastanti dell’attuale apostasia che stiamo vivendo, li riassumiamo qui, poi per leggere le riflessioni cliccate nel link:

Ora, basta rileggere alcuni esempi di queste “voci fuori dal coro” del Magistero, per riconoscere che esse mettono a repentaglio la salvezza stessa delle anime. Ricordiamo che, per l’uomo, il rischio più grande è fare “naufragio nella fede”, e perdere così la vita eterna, come San Paolo ricorda con toni accorati a Timoteo. Ecco una sintesi dei principali errori che si ritrovano in queste sortite, compiute da cattolici in stato confusionale.

  1. L’importante è dialogare: meglio evitare divisioni che dire la verità.
  1. La verità forse esiste, ma l’uomo non può conoscerla.
  1. La verità è un prodotto del dialogo.
  1. Anche se sei ignorante, dialoga lo stesso.
  1. Bisogna inventare un “cattolicesimo sostenibile”.
  1. Il male non si combatte: si regolamenta.
  1. Chi compie il male va capito e giustificato.”

Laudetur Jesus Christus

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Note

1) “Dell’Amore al proprio disprezzo” del ven. sacerdote Servo di Dio Padre Giuseppe Ignazio Franchi

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