San Cipriano origine delle eresie e degli scismi testo originale

Quanto segue è – se vogliamo – un inedito scansionato da noi, il capitolo integrale ed originale del testo di San Cipriano sull’unità della Chiesa, il dolore degli scismi e per gli scismatici, l’eresia i suoi danni, ma anche la certezza che la Chiesa vincerà sempre insieme a quanti, nel dolore e nella persecuzione, sapranno perseverare nella Verità, a costo della propria vita. Il testo non va estrapolato per fargli dire ciò che vogliamo noi, ma va tenuto in tutto il contesto sia storico quanto apologetico e dottrinale, in tutto il suo insieme.

INVITIAMO A LEGGERE ANCHE QUI su questo testo di san Cipriano

L’unità della Chiesa cattolica – De catholicae Ecclesiae unitate (*)

Prefazione dal testo originale e approvato dal beato Giacomo Alberione, nel 1941.

Questo trattato, che, a buon diritto, è giudicato il capolavoro di Cipriano, fu scritto sul finire del 251, quando, tornata la pace nella Chiesa per la morte di Decio, scoppiò in Cartagine, per opera del diacono Felicissimo, uno scisma contro Cipriano, e a Roma per opera di Novaziano contro S. Cornelio Papa.

Vi si sentono i migliori accenti del migliore Tertulliano. Idee chiare e semplici, vergate col fuoco del polemista e con la passione del Pastore; idee che a volta han lampi di maledizione e tal’altra sono spiragli nella nuvolaglia, che sanno di giudizio  inappellabile e di paternità accogliente, di invito e di repulsa. C’è qui tutta la personalità maschia e scalpellina di quest’africano che prelude ad Agostino, a cui per tanti titoli può stare a fianco nella difesa del domma e della disciplina cristiana.

«I tentativi di scindere l’unità ecclesiastica  sono stigmatizzati dal vescovo Cartaginese con severa e autorevole parola, la quale dai fatti particolari assurge alla formulazione dei concetti su cui sempre in seguito si fondò la dottrina dell’unità cattolica».

Romano in tutto, Cipriano non vede nella Chiesa altro che unità, unità che discende da Dio, che fu espressa dal Figlio, che è mantenuta dell’Unico Spirito di verità. «Non può avere Dio come padre chi non ha la Chiesa per madre», quella Chiesa che è fondata su un solo fondamento, Pietro. Chi tenta di scindere quest’unità è un pazzo, come è pazzo colui che vuol far vivere il ramo senza la radice, l’acqua senza la fonte, un membro staccato dal corpo.

Tutto nella Chiesa concorre a mostrare che fuori di lei non v’è salvezza e chi si separa da lei, non vive già, ma muore all’amore, perchè muore all’unità e non è degno del Regno.

Questo trattato di Cipriano sta alla base d’ogni costruzione teologica cattolica.

Origine delle eresie e degli scismi.

1 — Poiché il Signore ci ricorda che noi siamo il sale della terra (Mt.5,13) e ci comanda la semplicità nella innocenza e la prudenza nella semplicità (Mt.10,16), non c’è di meglio per noi, o dilettissimi fratelli, che prevedere e conoscere, con una vigilanza pronta e amorosa, le insidie dell’astuto nemico e star attenti affinchè noi, che abbiamo le sembianze del Cristo, sapienza del Padre, non sembriamo insipienti in ciò che riguarda la eterna salute. Perchè non è temibile soltanto la persecuzione e tutti gli altri mezzi di lotta aperta contro il cristianesimo — la difesa infatti è più facile allorquando il pericolo è più evidente, e l’animo si ferra meglio alla lotta se l’avversario si rivela apertamente — ma bisogna temere di più il nemico quando, con proposte di una pace amichevole, si avvicina silenziosamente, strisciando nel buio, come fa il serpente di cui porta il nome. Sta qui tutta la sua astuta, tenebrosa e ingannevole tattica di accerchiamento dell’uomo: tattica che fin dal principio del mondo trasse in inganno, con lusinghiere parole, le anime ingenue e credulone dei nostri progenitori (Gn.3,1-5) e con nuova astuzia ardì abbordare anche il Signore per tentarlo; ma fu da Lui riconosciuto, smascherato, messo in fuga (Mt.4,1-11).

2 — In questo modo Gesù ci ha dato l’esempio di come dobbiamo evitare la via del male e seguire invece le orme del Cristo vivente, affinchè non c’impigliamo di nuovo nella rete della morte ma, consci del pericolo, conquistiamo l’immortalità promessa. Ma come è possibile conquistare l’immortalità senza l’osservanza di quei comandamenti di Cristo, con cui la morte vien catturata con la forza e messa in catene? Gesù stesso l’ha detto: Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti (Mt.19,17); e ancora: Soltanto se osserverete i miei comandamenti, sarete chiamati miei amici e non già servi (Gv.15,14). Son questi quelli che Cristo chiama forti e incrollabili, saldati alla roccia, rafforzati da una inespugnabile e tetragona fermezza in mezzo a tutte le tempeste e gli sconvolgimenti del secolo.

Chi ascolta le mie parole e le mette in pratica, — dice Gesù — può paragonarsi a quell’uomo saggio che costruì la propria casa sulla pietra. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e s’abbatterono sulla casa ma la casa non crollò, che era fondata sulla roccia (Mt.7,24). Meditiamo dunque le parole di Gesù e impariamo a far tutto quello che Egli stesso ha insegnato ed operato.

Può mai dirsi credente in Cristo chi non osserva i comandamenti del Cristo? ovvero, come può conseguire il premio promesso alla fede chi non è fedele ai suoi precetti? Necessariamente costui barcollerà nella fede, ondeggerà fino a quando, rapito dal turbine dell’errore, non sarà disperso come la polvere sollevata dal vento. In questo modo egli si perderà, perchè andò troppo lontano dalla vera via della salvezza.

3 — Ma oltre a guardarvi, o fratelli carissimi, dai pericoli chiaramente evidenti, bisogna pure star in guardia da quelli che ci ingannano con tranelli escogitati dalla frode e dall’astuzia. Quale astuzia maggiore e qual sottigliezza più grande v’ha di quella che Satana escogitò quando fu smascherato e sconfitto dalla venuta del Cristo, quando la luce divina apparve sulle nazioni e l’eterno splendore della redenzione rifulse sugli uomini per dare ai sordi la comprensione della grazia spirituale, ai ciechi la visione di Dio, ai malati l’eterna salute, agli zoppi il potere di correre verso la Chiesa, ai muti la voce chiara della preghiera?

Vedendo allora Satana gli idoli abbandonati e i templi deserti per la troppo moltitudine dei nuovi credenti, inventò un nuovo inganno per accalappiare gli incauti e coprì l’inganno col nome di’cristiano. Inventò infatti le eresie e gli scismi (1) per corrompere la fede, annebbiare la verità, spezzare l’unità. Gabbò con l’insidia di un nuovo cammino quanti non potè arrestare nelle tenebre scure della vecchia via.

Strappò anime alla Chiesa, e quando a costoro sembrò che s’accostassero alla luce venendo fuori dalla notte del secolo, egli sparse altre tenebre tra gli ignoranti, in modo che pur non restandone la luce del Vangelo, nell’osservanza delle sue leggi, costoro si chiamassero cristiani, e pur camminando nelle tenebre, credessero di essere nella luce; mentre invece erano schiavi dell’inganno dell’angelo delle tenebre il quale, secondo l’Apostolo, si trasfigura in angelo di luce (2Cor.11,14) e acconcia i suoi ministri come i ministri della verità. Questi allora predicando l’errore come verità, la morte come vita, la disperazione sotto le apparenze di speranza, la perfidia sotto il pretesto della fede, l’anticristo sotto il nome di Cristo, mentre fingono cose verosimili rendono vana la verità con i loro sofismi.

E tutto questo, o dilettissimi fratelli, accade perchè ci si allontana dalle sorgenti della verità, perchè non si ricerca il Capo, non si osserva la dottrina del celeste Maestro.

L’unità cattolica della Chiesa.

4 — Chi medita attentamente tutto ciò non ha bisogno di prove e di lunghe trattazioni. E’ facile provarlo a chi ha fede, si che la verità ne emerga chiara. Il Signore infatti dice a Pietro: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le forze dell’Ade non prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del Regno dei cieli e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che avrai perdonato sulla terra sarà perdonato anche nei cieli (Mt.16,18 e ss).

E dopo la resurrezione così ancora gli parlò: Pasci le mie pecore (Gv.21,15).

Costruisce dunque la sua Chiesa il Signore su Pietro e a lui solo affida il gregge da pasturare ; e, quantunque dopo la sua resurrezione, dà una uguale potestà a tutti gli altri Apostoli con le parole: Come il Padre ha mandato me, cosi io mando voi; ricevete lo Spirito Santo; i peccati che rimetterete saranno rimessi e quelli che riterrete saranno ritenuti (Gv.20,21-23), tuttavia per rendere più evidente l’unità costituisce una sola cattedra di dottrina, autorevolmente stabilisce che solo l’origine di quell’unità derivi da uno solo.

Anche gli altri apostoli certamente erano investiti dello stesso onore, della stessa potestà di cui era rivestito Pietro, ma l’origine della Chiesa mette capo all’unità di Pietro a cui è stato conferito il primato, per dimostrare che una sola è la Chiesa di Cristo, una la cattedra di verità. Così pure tutti sono pastori ma il gregge è uno solo, guidato però al pascolo e governato concordemente da tutti (2). Di questa unità della Chiesa lo Spirito Santo parla così nel Cantico dei cantici: Unica è la mia colomba, la mia perfetta, unica alla madre sua, senza pari per la sua genitrice (Cant.6,8). Chi non è dunque vincolato a questa unità non s’illuda di possedere la fede. Chi oppone resistenza alla Chiesa ovvero abbandona la Cattedra di Pietro su cui è fondata la Chiesa, non creda di appartenere alla Chiesa. Ce l’insegna anche l’apostolo Paolo, il quale esprime il mistero dell’unità in questi termini: Un sol corpo, un solo spirito, in unica speranza siete stati chiamati; uno è il Signore, una la fede, uno il battesimo, uno solo Dio padre di tutti (Efes.4,4-6).

5 — Tale unità dev’essere affermata e difesa soprattutto da noi vescovi, posti al governo della Chiesa, se vogliamo provare come anche l’episcopato è uno e indiviso. Nessuno di noi tradisca i nostri fratelli con parole di menzogna; nessuno incrini la verità della fede con perfide macchinazioni. Uno è l’episcopato, di cui ogni vescovo partecipa pienamente (3). Anche la Chiesa è una e si moltiplica nello spazio in forza della sua fecondità. E come il sole ha molti raggi, ma una sola è la luce, come l’albero ha molti rami ma uno è il tronco solidamente radicato nel terreno, come molti ruscelli fluiscono da una sola polla, e conservano la loro unità d’origine anche se per abbondanza d’acqua si moltiplichino ancora, e se tu dividi un raggio dal sole, il raggio non darà più luce perchè l’unità della luce non sopporta divisione alcuna, e se tu scerpi un ramo dall’albero il ramo non germoglierà e se scindi il ruscello dalla polla, secca; così pure la Chiesa di Gesù Cristo. Piena di luce lancia i suoi raggi su tutto il mondo; ma una sola è la luce, che si diffonde dovunque, senza scindere la sua unità. La Chiesa infatti estende largamente i suoi rami su tutta la terra, spande in tutte le latitudini le sue scorrevoli acque; uno solo però è il tronco, una sola la sorgente, una sola la madre feconda dal cui seno tutti quanti noi siamo usciti, del suo latte siamo stati nutriti!, dalla sua anima siamo stati fatti vivi.

6 — La sposa di Cristo non può tradire il suo sposo, perchè è immacolata, è pura. Conosce un sola casa; custodisce nella sua purezza, la santità di un unico talamo. E’ lei che ci mantiene in unione con Dio, lei che destina al Regno di Dio quanti figliuoli nacquero da lei.

Chi s’allontana dalla Chiesa per unirsi a una setta eretica, non ha diritto alle promesse della Chiesa. Chi l’abbandona, non potrà avere il premio promesso da Cristo. Perchè diventa uno straniero, uno sconsacrato, un nemico di Cristo. Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre.

E come nessuno potè scampare al diluvio senza cercar ricovero nell’arca di Noè, così nessuno potrà salvarsi senza far parte della Chiesa. Suonano infatti come un rimprovero le parole del Signore: Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie meco, disperde. Chi disprezza la pace di Cristo, opera contro Cristo. Chi raccoglie fuori della Chiesa, sparpaglia la Chiesa di Cristo.

Il Signore dice ancora: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv.10,30), e sappiamo che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo «sono una cosa sola» (Gv.5,7). Chi è allora tanto stolto da credere che l’unità ecclesiastica che procede da Dio, amalgamata dai sacramenti, possa poi essere scissa, lacerata da contrasti di passioni?

Chi incrina l’unità della Chiesa è fuori della Legge divina, non è nella Fede del Padre e del Figlio, non ha vita nè salvezza.

La tunica inconsutile immagine della Chiesa.

7 — Questo mistero dell’unità, questo indivisibile vincolo di pace ha una sua figura nella tunica di Nostro Signore Gesù Cristo, la quale non fu divisa nè stracciata, ma tirata a sorte e data intera a uno solo. Ascolta la S. Scrittura che dice: Ora la tunica era senza cuciture, tessuta tutta di un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non la stracciamo, ma tiriamola a sorte a chi tocca (Gv.19,23). Cristo portava a noi l’unità procedente dall’alto, cioè dal Padre, unità che non poteva assolutamente essere scissa, perchè aveva in sè una ferma e inscindibile compattezza (4). Or se qualcuno scinde, divide la Chiesa di Cristo, non può possedere la veste di Cristo (Veste di Cristo è la grazia divina).

Quando in morte di Salomone il suo regno fu diviso, il profeta Achia si mosse incontro a Geroboamo che si trovava al campo e strappatasi la veste in dodici parti disse: Piglia, per te, dieci parti, perchè il Signore mi ha detto: Ecco che io divido il regno di Salomone a darò a te dieci parti; due sole saranno riservate a me per il mio servo Davide e per Gerusalemme che ho scelto come sede della mia potenza (III Re 11, 31). Il profeta Achia si stracciò la veste quando stavano per dividersi le dodici tribù d’Israele; ma la tunica di Cristo, senza cuciture, non fu stracciata dai soldati perchè il popolo di Cristo non può essere diviso. Indivisibile, contessuta, connessa la tunica di Cristo sta a dimostrare la perfetta concordia del popolo nostro. Col mistero, con l’immagine della veste, Gesù volle luminosamente insegnarci l’unità della Chiesa.

8 — Chi dunque è tanto empio e maligno, ossessionato dal demone della discordia, che osi scindere o credere che si possa scindere l’unità di Dio, la tunica del Signore, la Chiesa di Cristo? Gesù ci ricorda che vi sarà un solo gregge e un solo pastore (Gv.10,16). Chi è tanto pazzo da credere che vi possano essere in un medesimo luogo più pastori e più greggi? Anche Paolo inculcando questa medesima cosa ci scongiura così: Vi scongiuro, o fratelli, per il nome di N. S. Gesù Cristo, che diciate tutti la stessa cosa, ne vi siano scismi tra di voi, ma siate perfetti nello stesso pensiero e nello stesso sentimento (1Cor.1,10).

Tu credi che chi si taglia fuori della Chiesa e va in cerca di altre sedi e di altri domicili possa reggersi in piedi e vivere? Il Signore ha detto già a Rahab, figura della Chiesa: Presso di te nella tua casa tu raccoglierai tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli, tutta la tua famiglia; e chiunque si allontanerà dalla porta di casa tua, si renderà colpevole (Gios.2,18-19). E nello stesso rito pasquale non si prescrive altro che di mangiare in ogni singola casa, l’agnello, figura del Cristo ucciso. In ogni singola casa sarà consumato, e non getterete nulla delle sue carni (Esod.12,46). La carne di Cristo, l’Eucaristia, non può essere gettata ai cani, e non v’è per i credenti altra abitazione al di fuori dell’unica Chiesa. Anche nei Salmi lo Spirito Santo proclama questa casa, ospizio dell’unità: Dio che fa abitare nella sua casa uomini concordi (Sal.67,7). Nella casa di Dio, nella Chiesa di Cristo abitano i cuori che hanno uno stesso ideale, che sono perseveranti nella semplicità e nella concordia.

9 — Perciò anche lo Spirito Santo venne tra noi sotto forma di colomba, un animale lieto e senza malizia, senza fiele, senza rostro e senza artigli; un animale amante delle case degli uomini, legato a una sola famiglia, quando procrea, in buona compagnia con gli altri, alleva i nati, quando vola non va solo, passa la sua vita nella familiarità intima del proprio colombaio, dimostra agli altri la muta concordia con carezze in viso, osserva in ogni cosa la legge della fratellanza.

Anche nella Chiesa bisogna mantenere una tale semplicità; il nostro amore sia come quello della colomba, la nostra mansuetudine e dolcezza come quella degli agnelli e delle pecore.

Come è possibile Che in un animo cristiano alberghi la ferocia lupesca, la rabbia canina, il veleno dei serpenti, la sanguinaria crudeltà delle belve? Se esistono dei cristiani così e s’allontanano dalla Chiesa, bisogna allora rallegrarsi perchè le altre colombe e gli altri agnelli non saranno assalite da bestie feroci e velenosi.

L’amarezza non può stare con la dolcezza, la tenebra con la luce, la pioggia col sereno, la guerra con la pace, la sterilità con la fecondità, la siccità con l’acqua, l’uragano con la bonaccia.

Nessuno crederà mai che proprio i buoni s’allontanino dalla Chiesa. Il vento non porta via il grano; la tempesta non strappa gli alberi ben radicati; sono invece le pule, vuote e leggere, che vengono rapite dal vento e gli alberi poco fermi che sono sradicati dall’uragano. Son proprio costoro i maledetti dall’apostolo Giovanni: Si separarono dalla nostra famiglia, ma non erano dei nostri; chè se fossero stati dei nostri, sarebbero restati tra noi (1Gv.2,19).

Natura dell’eresia.

10 — Ond’è che le eresie son nate, e sorgono così frequentemente quando un’anima perversa non trova pace, quando un perfido ribelle non conserva l’unità. Esse le eresie sono permesse da Dio, senza che intaccano per nulla il libero arbitrio, anzi l’integrità della fede di quelli che furon messi alla prova rifulge di più chiara luce, dopo che i loro cuori e le loro intelligenze furono saggiate dalla lotta contro la verità.

Perciò l’Apostolo scrive: E’ necessario che vi siano le eresie, affinchè si conoscano tra voi quelli che sanno resistere (1Cor.11,19). Con l’eresia si saggiano i fedeli e si scoprono gli empi e così, prima ancora del giudizio finale, anche quaggiù i giusti vengono separati dai peccatori come la pula viene divisa dal grano.

Di questa razza di peccatori — eretici — sono quelli che senza alcun divino mandato, arbitrariamente si mettono alla testa di seguaci temerari e usurpano il nome di vescovo senza che alcuno abbia loro conferito l’episcopato (5); ad essi lo Spirito Santo dà il nome di titolari della cattedra di pestilenza (2Tim.2,17), peste e lue della fede, bugiardi altoparlanti del serpente, artefici della corruzione della verità, vomitatori di veleni, i cui discorsi strisciano come scorpioni (Sal.1,1), le cui conversazioni inoculano veleno nei cuori.

11 — Contro di essi leva la sua voce il Signore; lungi da essi il Signore vuol richiamare il suo popolo sbandato, quando dice: Non ascoltate i discorsi dei falsi profeti, che son tratti in inganno dalle fantasie del loro spirito. Parlano, ma non da parte di Dio. A quelli che rigettano’ la parola di Dio, dicono: Pace a voi, e a tutti quelli che seguono solo la loro volontà; a chi cammina sulla falsa strada delle proprie illusioni non accadranno mali. — Non ho parlato così ad essi eppure osano profetare. Ma se fossero, rimasti uniti a me, se avessero dato ascolto alle mie parole e così avessero ammaestrato il mio popolo, io lì avrei liberati dai loro malvagi pensieri (Gerem.23,16-21). E ancora: Abbandonarono me, sorgente d’acqua viva e scavarono pozzi secchi che non possono dare acqua (ivi 2,16).

Sapendo che non vi può essere se non un sol battesimo, s’arrogano la facoltà ‘di battezzare (6). Abbandonano la sorgente della vita e van promettendo la grazia dell’acqua viva e salutare. Essi col loro battesimo non lavano, ma insudiciano; non cancellano le colpe ma le accumulano. Il loro battesimo genera figliuoli non a Dio ma a Satana. Battezzati nella menzogna, sono indegni delle promesse fatte dalla verità; generati dalla perfidia, perdono il dono della fede; per essi non v’è il premio della eterna pace, chè violarono col furore della discordia la pace del Signore.

La malafede degli eretici e degli scismatici.

12 — E non si ingannino, interpretando stupidamente le parole del Signore che dice: Dovunque si aduneranno due o tre nel mio nome, sarò in mezzo ad essi (Mt.18,20).

I violatori del Vangelo fanno cosi: accettano ciò che è detto in ultimo e lasciano il resto del discorso; si ricordano di una parte ma l’altra la sopprimono con inganno; così come sono divisi dalla Chiesa, dividono pure le proposizioni di un capitolo. E’ vero che il Signore quando volle inculcare nei suoi la pace fraterna, disse: Se due di voi si accorderanno sopra la terra a domandare qualsiasi cosa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perchè dovunque sono due o tre persone congregate nel mio nome, sono io in mezzo a loro; ma con queste parole egli volle dimostrare che dava più ascolto non alla folla orante ma alla concordia unanime degli oranti. Dicendo: Se due di voi si accorderanno sopra la terra, afferma innanzitutto, l’unanimità, pone cioè come prima condizione la concordia e la pace, insegna a vivere fedelmente e a perseverare costantemente nella mutua intima unione.

Ma come può uno scismatico andar d’accordo con qualcuno, se è smembrato dal corpo della Chiesa e ha rinnegato la fratellanza universale? Come possono gli scismatici raccogliersi nel nome di Cristo, se sono separati dal Cristo e dal suo Evangelo?

Non fummo noi, no, a separarci da essi; furono loro a staccarsi da noi. E poiché le eresie e gli scismi son sorte dopo la fondazione della Chiesa, cioè quando si innalzarono qua e là dagli eretici le loro baracchelle, furono essi ad abbandonare la sorgente, il principio della verità. Il Signore quindi parla proprio della sua Chiesa — e conseguentemente, a quelli che sono  nella Chiesa — quando afferma che se essi vanno d’accordo tra loro e pregano in unione di anime, potranno ottenere dalla maestà di Dio ogni cosa. Dovunque si raccoglieranno due o tre nel mio nome — dice Gesù — io sarò tra loro, cioè con le anime semplici e pacifiche, timorate di Dio e osservanti della sua legge. Dice di trovarsi con esse anche se sono due o tre, cosi come fu nella fornace ardente con i tre fanciulli che ristorò con freschezza di rugiada, mentre le fiamme li avvolgevano (Dan.3), così come assistè i due apostoli (Att.16) carcerati, quando aprì le porte del carcere e impose loro di tornare in piazza a predicare al popolo il vangelo di cui erano essi i fedeli assertori. Dunque quando il Signore pone tra i suoi precetti anche questo: Dovunque saranno riuniti due o tre nel mio nome, sarò con loro, non separa gli uomini dalla Chiesa Egli che volle e costruì la Chiesa, ma rinfacciando la discordia ai ribelli e raccomandando ai suoi fedeli la concordia, dimostra che sta più volentieri con due o tre che pregano in unione con la Chiesa anziché con moltissimi separati dalla Chiesa, e che si ottiene da Dio più con la preghiera affratellata di pochi che con le discordi invocazioni di molti.

13 — Perciò quando dettò la legge della preghiera aggiunse pure: E quando starete pregando se avete qualche cosa contro di uno, perdonategli affinchè il Padre vostro ch’è nei cieli perdoni anche a voi i vostri peccati (Mc.11,25). E a chi in discordia col proprio fratello s’accosta all’altare per il sacrificio, comanda di tornare indietro a riabbracciare il fratello e dopo ritornare all’altare a fare a Dio l’offerta (Mt.5,24). Dio non degnò neanche di uno sguardo le primizie di Caino, poiché egli non poteva essere placato da chi odiava il fratello a causa del suo zelo (Gn.4,5).

Qual pace dunque possono ripromettersi quelli che odiano i propri fratelli? Che razza di sacrifici credono di celebrare quelli che sono soltanto dei rivali del sacerdozio? Credono forse che Cristo sia presente alle loro adunanze quando si raccolgono fuori e contro la Chiesa di Cristo?

14 — Questa macchia — lo scisma — non si lava neppure col sangue, anche se gli scismatici si facessero uccidere per la professione della fede cristiana. Neppure col martirio si può espiare l’inespiabile e grave peccato della discordia. Perchè non si può essere martire senza appartenere alla Chiesa; non si può coronare nei Cieli chi abbandona il Re dei Cieli e Colei — la Chiesa — che regnerà sul mondo. Cristo ci diede la pace, ci raccomandò l’unanimità e la concordia, ci comandò di non corrompere, di non violare il mutuo amore, la carità. Perciò chi non ha in cuore la fraterna carità, non può mostrarsi a noi come martire di Cristo. Lo insegna anche l’apostolo Paolo: Se avessi tanta fede da trasportar montagne e poi mancassi di amore, non sarei nulla. E se anche sbocconcellassi ai poveri tutto quel che ho e dessi il mio corpo arso e non avessi amore, non avrei alcun giovamento. L’amore è longanime, è benigno; l’amore non ha invidia, non è vantatore, non si ‘gonfia, non agisce indecorosamente, non è egoista, non s’irrita, non pensa il male, non si compiace dell’ingiustizia ma gode della carità: copre ogni cosa; ogni cosa crede, tutto spera, tutto sopporta. L’amore non viene mai meno (1Cor.18,2-8). L’amore non verrà mai meno. Infatti sarà sempre anche nel cielo, durerà in eterno nell’unione di tutti i fratelli. La discordia invece non toccherà la soglia del Regno e perciò a chi perfidamente si staccò dall’amore di Cristo, non potrà toccare il premio promesso da Cristo che proclamò: Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente com’io stesso vi ho amato (Gv.15,12).

Chi non ha l’amore non possiede Dio, perchè, come dice San Giovanni: Dio è amore, e chi possiede l’amore possiede Dio e Dio abita in lui (1Gv.4,16). Ma non possiedono Dio quelli che respinsero l’amore nella Chiesa di Dio. E allora anche se sono gettati a bruciare sul rogo, o dati in pasto alle belve, la loro morte non sarà una corona ma una pena alla loro perfidia; non già la fine trionfante dell’atleta cristiano ma la perdizione del disperato. Essi possono essere uccisi, non coronati. Si professano cristiani cosi come Satana spesso si maschera da Cristo, come ci premunisce lo stesso Signore, quando dice: Molti verranno a voi nel mio nome e vi diranno: — Io sono il Cristo — e inganneranno così molti (Mc.13,6). Come dunque Satana non è il Cristo, anche se nel nome dì Cristo vuole ingannare i cristiani, così non è cristiano chi non è nella luce del Vangelo e nella verità della fede cristiana.

15 — Infatti profetare, esorcizzare e operare grandi meraviglie in terra sono, è vero, virtù eccelse e ammirevoli, ma a chi le opera non danno il diritto di entrare nel regno dei cieli se egli non tiene la via retta e giusta. Il Signore ha detto chiaramente: In quel giorno molti mi diranno: — Signore, Signore non abbiamo noi profetato nel tuo nome, scacciati i demoni e operate grandi meraviglie? — Ma allora io dirò loro: Non vi ho mai conosciuti. Andatevene lontano da me, operatori di iniquità (Mt.7,22,23). E’ necessaria la santità per esser fatti degni del Cristo; bisogna aver osservati i suoi precetti e consigli se si vuol ricevere la mercede. Nel suo Vangelo il Signore ci insegna brevemente quale sia la via della fede e della speranza: Il tuo Signore Iddio è un solo Dio, e ancora: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue potenze. Questo è il primo comandamento; il secondo gli è simile. Ama il prossimo come te stesso. In questi due precetti si riassume tutta la legge e i profeti (Mc.12,29-31). Con la sua predicazione Gesù insegnò l’unità e l’amore, e in due comandamenti sintetizzò tutta la legge e tutti i profeti. Or dunque quale unità, quale amore possiede e medita chi, ossessionato dal cattivo genio della discordia, scinde la chiesa, distrugge la fede, perturba la pace, distrugge la carità, profana i sacramenti?

Il male delle eresie e la loro maledizione

16 — Già molto tempo avanti, o fedelissimi fratelli, il male delle eresie e degli scismi aveva avuto il suo inizio, ma ora esso infierisce e devasta più spaventosamente. Scoppia e pullula vieppiù maggiormente il morbo velenoso delle eresie e degli scismi, perchè era necessario che così accadesse alla fine del mondo (7), secondo la profezia dell’Apostolo: Negli ultimi giorni verranno tempi tristi, sorgeranno uomini ambiziosi, superbi, arroganti, avidi, bestemmiatori: uomini disobbedienti ai genitori, ingrati, scellerati, senza amore, senza pace, calunniatori, incontinenti, crudeli, senza pazienza; uomini nemici del bene, traditori, sfrontati, pieni di sè, amanti più dei piaceri che di Dio: essi avranno l’apparenza della pietà, ma ne negheranno la realtà. Di questa genia son quelli che entrano nelle case, ne traggono fuori donnicciuole cariche di peccati e schiave di mutevoli passioni sempre curiose di novità ma che non arrivano mai alla conoscenza della verità.

E come Giovanni e Mambres opposero resistenza a Mosè così essi pure s’oppongono alla verità, ma non faranno tanti progressi perchè si vedrà da tutti la loro stoltezza, come già accadde di quelli (2Tim.3,1-9). Ora s’adempiono queste profezie, la fine del mondo è vicina, abbiamo già le ultime prove degli uomini e dei tempi. Per questo Satana infuria sempre più, l’errore dilaga, gli uomini s’inebetiscono, il livore li consuma, la cupidigia acceca, l’empietà fuorvia, la superbia gonfia, la discordia esaspera le menti, l’ira porta a precipizio ogni cosa.

17 — Non ci facciamo incantare o turbare dalla troppo sfacciata perfidia di molti; piuttosto la realtà di ciò ch’era stato predetto serva a rafforzare la nostra fede. Anzi poiché già molti sono incorsi nell’errore — come era stato prean-nunziato — cerchino gli altri di non cadere, il che pure è stato predetto dal Signore: Voi poi state in guardia: ecco che io vi ho predetto ogni cosa (Mc.12,23). State perciò lontani, o fratelli, da uomini siffatti; non prestate orecchie ai loro discorsi dannosi; evitateli come si evita la peste, perchè sta scritto: Circonda di spine le tue orecchie e non ascoltare il malvagio (Eccl.28,28); e ancora: I colloqui cattivi corrompono i buoni costumi (1Cor.15,33). Anche il Signore ci ricorda di star lontano da costoro: Sono ciechi e guide di ciechi. Se un cieco guida un altro cieco, cadono tutti e due nella fossa (Mt.15,14). Bisogna tenersi a distanza, fuggire chi s’è separato dalla Chiesa, perchè è un perverso, un peccatore, un dannato volontario. Crede forse costui d’essere unito a Cristo se agisce contro i sacerdoti di Cristo e si separa dalla comunanza del clero e del popolo cristiano? Egli ha impugnato le armi contro la Chiesa, ha recalcitrato contro ogni divina disposizione. Nemico dell’altare, ribelle al sacrificio di Cristo, perfido, sacrilego, servo disubbidiente, figlio empio, fratello nemico, dopo di aver coperto di disprezzo i vescovi e abbandonati i sacerdoti, ha osato innalzare un nuovo altare, formulare nuove preghiere illecite, profanare l’Ostia santa con sacrifici posticci. E intanto egli dimentica che chi si leva contro Dio, per la sua audacia temeraria, sarà punito da Dio.

18 — Così Core, Datan e Abiron i quali contro il volere di Mosè ed Aronne s’erano attribuito il potere di sacrificare, subito espiarono la pena del loro empio tentativo (Num.16,27 e ss); la terra si aprì sotto i loro piedi e furono inghiottiti vivi nell’abisso. Ma Iddio sdegnato non punì soltanto essi che furono i caporioni ma anche altri duecentocinquanta che avevano preso parte a quella pazzia come complici dell’audace tentativo, furono subito consumati da un fuoco vendicatore. Così Iddio dava a vedere che tutto ciò che quei malvagi avevano tentato per distruggere l’ordine voluto da Dio, era contro Dio stesso. Anche il re Ozia, quando col turibolo in mano si volle assumere arrogantemente la potestà sacrificale contro ogni tentativo divino e contro il volere stesso del Sacerdote Azaria, non volle ubbidire e cedere, fu confuso da Dio, contrasse la lebbra in fronte, fu colpito proprio in quella parte del corpo dove son segnati quelli che son resi degni del Signore. Anche i figli di Aronne che misero sull’altare un fuoco diverso da quello che era stato comandato dal Signore, immediatamente morirono al cospetto del Dio vendicatore.

19 — Seguaci e imitatori di costoro son quelli che disprezzano la tradizione divina e se ne vanno in cerca di nuove dottrine e alzano cattedre di origine umana. Ad essi è rivolta la riprovazione e maledizione di Dio nel Vangelo: Voi rigettate i divini comandamenti per stabilire la vostra tradizione (Mc.7,9). Il loro delitto è peggiore di quello che sembra sia stato commesso dai lapsi, da coloro cioè che sacrificarono agli idoli ma che ora, disposti a far penitenza del delitto si rendono Dio propizio con ampia soddisfazione. E cosi, qui tra i lapsi si cerca e si invoca l’entrata nella Chiesa, là, tra gli eretici, si combatte la Chiesa; qui forse a far cadere un cristiano ci soccorse la necessità (8), là invece c’è la volontà dura di restare nel peccato; qui chi cadde nocque soltanto a sè, là invece chi lanciò l’eresia o lo scisma ingannò e trascinò molti con sè; qui il danno fu di uno solo, là c’è pericolo per molti. Il lapso comprende il suo peccato, lo detesta e piange; l’eretico invece, superbo e compiacente dei suoi stessi peccati, allontana i figli dalla madre, le pecore dal pastore, sconvolge i sacramenti; e mentre il lapso ha peccato una volta sola, l’eretico pecca ogni giorno. In ultimo, il lapso, se muore martire, può conseguire la promessa del Regno, ma l’eretico, se sarà ucciso mentre è ancora in dissidio con la Chiesa, non otterrà nulla.

Dei confessori che si volsero all’eresia

20 — E nessuno di voi, o dilettissimi fratelli, si meravigli se pur tra i confessori vi sono alcuni che giunsero a tal punto da separarsi dalla Chiesa, a commettere un così grave e innominabile peccato. Nessuno si meravigli, perchè la professione di fede non rende immuni dalle insidie di Satana e neppure — finché s’è nel tempo — con assoluta certezza libera dalle tentazioni, dai pericoli e dagli assalti del mondo. Che se fosse così, non dovremmo vedere dei confessori, fraudolenti, seduttori, adulteri così come ci è dato deplorare e piangere.

Chiunque egli sia, nessun confessore è più grande, nè migliore, nè più caro a Dio di quello che fu Salomone, il quale finché camminò per le vie del Signore, mantenne la sua grazia; ma quando abbandonò la retta via, perdette anche la grazia di Dio. Perciò sta scritto: Conserva ciò che hai affinchè un altro non pigli il tuo premio (Apoc.3,11). Orbene, il Signore non avrebbe minacciato di togliere il premio della giustizia, se col perdere la grazia non si perde fatalmente anche il premio.

21 — La professione aperta della fede è una introduzione alla gloria non già il conseguimento della gloria; non rende perfetta la lode, ma è il principio della dignità nell’uomo. Poiché sta scritto che si salverà solo chi avrà perseverato fino alla fine (Mt.10,42), è evidente che ogni azione fatta in vita è uno scalino per salire fin sul pinnacolo della salvezza, non è già il possesso dell’ultima cima. Hai confessato la fede? il pericolo per te è più grande perchè Satana è più provocato. Hai confessato la fede? Devi dunque essere più unito al Vangelo, perchè per esso puoi conseguire la gloria. A chi è stato donato assai — dice il Signore — sarà molto richiesto, e a chi avrà ricevuta una dignità maggiore, sarà domandato un servizio maggiore (Lc.12,48). Nessuno cada, volendo seguire un confessore caduto in errore, nessuno impari da lui l’ingiustizia, l’insolenza, la perfidia.

E’ confessore quel tizio? Sia dunque più umile e sottomesso, sia disciplinato in ogni sua azione, perchè chi si dice confessore di Cristo deve pure imitare il Cristo che professa. Infatti il Signore ha detto che chi s’esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato (Lc.18,14); ed egli stesso fu esaltato dal Padre perchè Lui che era il Verbo, la Potenza e la Sapienza di Dio Padre si era umiliato fino in terra. Or se è così, in che modo  egli potrebbe amare la superbia, se con la sua legge ci volle umili e ricevette dal Padre il più grande nome — Gesù — in premio della sua umiltà?

Si è confessori di Cristo, a patti che non si insulti dopo la maestà e dignità del Cristo. Per questo la lingua che confessò Cristo, non deve essere maledica, turbolenta; non levi clamore nei banchetti e nelle risse, non lanci il veleno contro i fratelli e i sacerdoti dopo che una volta li ha lodati. Che, se diventa colpevole e detestabile, se renderà nulla la sua confessione con conversazioni cattive e disonorerà la sua vita morale, se in ultimo abbandonando la Chiesa per la quale si fece confessore e spezzando la pace e l’unità, perfidamente rinnegherà la fede di prima, non può allora, no, illudersi d’essere ancora confessore di Cristo, come se per questo sia stato eletto per sempre alla gloria.

22 — Anche Giuda eletto dal Signore a far parte degli Apostoli tradì il suo Signore, ma non pertanto venne meno, in seguito alla sua defezione, la fermezza degli Apostoli tutti. Così anche qui, la santità e la dignità di tutti i confessori di Cristo, non può essere in alcun modo menomata dal fatto che alcuni tra loro hanno rinnegato la fede. L’Apostolo Paolo nella lettera ai Romani scrive: E che fa se alcuni vennero meno nella fede? forse che l’infedeltà di pochi, renderà vana e sterile la fede? No. Perchè Dio è verità e solo l’uomo è bugiardo (Rm.3,34). La parte migliore e maggiore dei confessori sta salda nella fede e nella verità della legge e della dottrina cristiana. Essi non s’allontanano dall’unione della Chiesa perchè sanno d’aver ottenuto dalla bontà di Dio la grazia di appartenere alla Chiesa. Alla loro fede va data una più ampia lode perchè non seguirono la perfidia di quelli a cui furono uniti dal vincolo della stessa fede e dalla cui peste non si lasciarono contagiare. Anzi, illuminati dalla luce evangelica, irradiati dalla pura e candida luce di Cristo, sono oggi tanto lodevoli nel conservare la pace della Chiesa per quanto furono vittoriosi nella zuffa con Satana.

Invito a fuggire gli eretici e a conservare l’unità

23 — Io desidero, o carissimi fratelli, e con tutto il cuore vi scongiuro che, per quanto sia possibile, nessuno tra noi cada, e la Madre Chiesa possa con gioia stringere fra le sue braccia, come un corpo solo, tutto il suo popolo fedele. Ma se ella non potrà richiamare a salvezza gli autori dello scisma e i capi della discordia perchè induriti e ciecamente ostinati nella loro illusione, voi altri almeno che foste ingannati nella vostra semplicità o illusi dalle furberie del nemico, spezzate le catene dell’inganno, allontanate i vostri passi dalla via falsa dell’errore, riconoscete il vero cammino del cielo. E’ la voce dell’Apostolo che vi scongiura così: Vi Domandiamo nel nome del Signore di ritirarvi da tutti i fratelli che vivono disordinatamente e non secondo la tradizione che hanno ricevuto da noi (2Tess.3,6). E ancora: Nessuno vi tragga in errore — aggiunge — con parole fallaci. Perchè dì qui venne l’ira di Dio sopra i figli contumaci. Non vogliate dunque associarvi a loro (Efes.5,6-7). Bisogna star decisamente lontani da quelli che son testardi nell’errore. Chè vivendo con essi e camminando con loro nella via del peccato, anche noi andremo lontano dalla verità e ci renderemo colpevoli del loro peccato.

Dio è uno, uno è il Cristo, una è la Chiesa, una è la fede, uno è il popolo cristiano cementato dalla concordia, uno e integro come il corpo dell’uomo. Orbene l’unità non si può spezzare perchè l’unità del corpo non si spezza con la rottura delle sue membra e invano vien fatto a brandelli; la sua unità non vien meno.

Ma tutto ciò che è separato dalla sorgente di vita, da sè non può vivere, respirare; perde la vita.

24 — Lo Spirito Santo ci avverte: Vuoi vivere i tuoi giorni pienamente felice? Trattieni la tua lingua, e le tue labbra non profferiscano parole di inganno. Rifuggi dal male e fa il bene, cerca la pace e seguila (Sal.32,13). Chi è figlio della pace, deve cercare e seguire la pace; chi imparò ad amare l’amore deve frenare la sua lingua.. Già vicino a morte, il Signore ai suoi salutari insegnamenti aggiunse anche questo: Vi lascio la mia pace, vi dò la mia pace (Gv.14,27). Ricevemmo dunque in eredità la pace; ci fu promesso ogni dono e qualunque premio a patto che conservassimo la pace nella Chiesa. Se vogliamo essere eredi con Cristo, dobbiamo restare nella pace di Cristo; se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici. Beati i pacifici — egli ha detto — perchè saranno chiamati figliuoli di Dio (Mt.5,9). Orbene è necessario che i figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici nel parlare, affettuosi, uniti tra loro con i vincoli della fratellanza.

25 — Una volta, al tempo degli Apostoli, questa fratellanza era una realtà e il nuovo popolo di credenti, custode geloso dei divini comandamenti, viveva nella carità. Lo prova la Scrittura che attesta: Pertanto la moltitudine di quelli che avevano aderito alla fede, viveva in intima unione di affetto e di pensiero. Ed erano perseveranti nell’orazione con le donne e Maria, Madre dì Gesù ed i suoi fratelli (Att.4,32; 1,13-14). Perciò essi potevano ottenere fiduciosamente da Dio tutto quello che domandavano.

26 — Ma tra noi questa fratellanza è scemata, e la generosità s’è come spezzata. Allora si vendevano le case e i fondi e, ponendo in cielo il proprio tesoro, i cristiani offrivamo il ricavato agli Apostoli chè lo distribuissero ai poveri (Att.4,34-35). Ora neppure le decime si danno alla Chiesa; compriamo e aumentiamo i beni invece di venderli come ci esorta il Signore.

Per questo la fede tra noi s’è svigorita e va illanguidendosi; perciò il Signore, guardando ai tempi nostri, dice nel Vangelo: Credi tu che il figlio dell’uomo troverà la fede in terra quando verrà? (Lc.18,5). Questa profezia s’è avverata.

Non v’è fede nè timor di Dio, nè giustizia, nè amore, nè bontà. Nessuno pensa più al dì che verrà, nessuno medita sul giorno dell’ira del Signore, sui castighi per gli increduli, sugli eterni tormenti per i perfidi. Temeremmo tutto questo, se credessimo davvero; ma poiché non ci si crede non se ne ha più paura. Se credessimo per davvero, staremmo in guardia; e se stessimo in guardia, sfuggiremmo ai tormenti.

Risvegliamoci, per quanto è possibile, o carissimi figliuoli, scotiamo il torpore dell’antica inerzia, siamo attenti nell’osservanza dei precetti del Signore.

Siamo quali egli ci vuole: I vostri fianchi siano stretti da cintura, le vostre mani portino lumi accesi; somigliate a quelli che aspettano il loro Signore di ritorno dalle nozze, affinchè appena giunge e bussa, siate pronti ad aprirgli. Beati quei servi che all’arrivo del loro padrone si fan trovare desti (Lc.12,25-27).

E’ necessario trovarci oggi pronti affinchè quando verrà il giorno della partenza, il Signore non ci sorprenda impacciarti, senza possibilità di movimento a causa del peccato.

Nelle buone opere splenda e rifulga la nostra luce interiore, che dalla notte oscura del secolo presente ci guiderà allo splendore dell’eterna luce.

Pronti sempre e in guardia, attendiamo l’improvviso avvento del Cristo. Così, quando egli picchierà alla porta, la nostra fede sarà trovata sveglia, pronta a ricevere il premio del Signore.

Se osserveremo e praticheremo questi precetti non saremo mai più schiavi del tentatore, ma regneremo, servi sempre agli ordini, nel regno di Colui che è Dominatore del mondo.

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Note

(*) il testo qui da noi riprodotto è un inedito dall’originale firmato dal Fondatore dell’allora più seria e cattolica “Pia Società San Paolo”, per la divulgazione della buona stampa, Sacerdote Giacomo Alberione, beatificato da san Giovanni Paolo II nel 2003. Il tascabile, della serie dedicata ai Padri della Chiesa è del 1941, con tanto di Imprimatur e prefazione dello stesso beato Alberione.

(1) Eresia, lat. haeresis, greco: àiresis (da airèo) significa propriamente: scelta e quindi nel linguaggio ecclesiastico significa una dottrina particolare, non cattolica, e inquinata da errori. Scisma gr. schisma, significa: fenditura e quindi separazione di una parte dei credenti e adesione a una setta, a un partito separato e ribelle all’unità del Capo.

(2) Quando Cipriano dice che anche gli apostoli furono rivestiti dello stesso onore e della stessa potestà di Pietro, egli intende alludere alla potestà d’ordine e alle prerogative dell’apostolato, della missione evangelizzatrice della Chiesa nell’unica dottrina cattolica, non già alla potestà di giurisdizione. Diversamente non avrebbe potuto e dovuto parlare, con tanta veemenza, dell’unità della Chiesa, come promanante dall’unità del Capo.

(3) Il senso di questa frase è che l’episcopato è uno solo        in quanto alla sua natura, alla sua origine, in quanto cioè corpo, perchè tutti hanno le stesse attribuzioni d’ordine e le stesse attribuzioni di potestà. Ma la potestà di ognuno di loro, rispetto a quella del Romano Pontefice, è limitata a una parte del gregge e dipendente sempre da quella del Papa, che è illimitata e indipendente.

(4) Cipriano paragona all’unità della tunica di Cristo, che non potè essere divisa, l’unità della Chiesa, la quale appunto perchè proviene da Dio non può essere in alcun modo divisa dagli uomini.

(5) Accenna agli usurpatori dell’episcopato, come Fortunato che s’era fatto creare vescovo dalla fazione di Felicissimo e Novato, e come Novaziano, che con l’appoggio di Novato a Cartagine, per la questione dei lapsi, teneva scisma a Roma contro papa Cornelio.

(6) Cipriano credeva che il battesimo dato dagli eretici fosse invalido e sostenne per questo una discussione incresciosa con Papa Stefano I, che avrebbe pure potuto degenerare in scisma. La dottrina cattolica ritenne in proposito che il battesimo dato da chiunque è valido, purché ci sia la materia (l’acqua), la forma (la formula Trinitaria) e il ministro che abbia l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Giacche la validità dei Sacramenti non dipende dallo stato di grazia del ministro ma unicamente dalla grazia del Sacramento, che agisce ex opere operato ossia: “per il fatto stesso di aver fatto la cosa”.

(7) Cipriano, come gran parte dei Padri della Chiesa, fondandosi sui Vangeli e sulla testimonianza dell’Apostolo i quali descrivono la fine del mondo come lo scoppio di tutti i mali e di tutti i tradimenti, ritenevano opportuno predicare costantemente la imminente fine di un mondo particolarmente perverso e corrotto: “fine dei tempi”. Era già venuto l’anticristo nella persona degli eretici ed in riferimento a tutti coloro che, in ogni tempo, si sarebbero opposti al Cristo. Questo monito alla fine del mondo lo trovi pure nel trattato “de habitu virginum„ e in quello “Ad Demetrianum„ a dimostrazione di moniti validi in ogni tempo, fino alla fine del mondo, fino al ritorno glorioso di Cristo.

(8) Intende dire che il lapso è più scusabile dell’eretico perchè per il lapso ci fu l’attenuante dei tormenti, la paura del giudizio, il terrore della morte, l’esasperazione nel difendere i figli e i cari che valsero a indebolire la sua volontà e a farlo cadere; ma per l’eretico tutto questo non c’è, non solo, ma in più c’è la volontà testarda di voler restare nell’errore. San Cipriano non conobbe naturalmente l’eresia luterana-protestante, i suoi discorsi ci appaiono oggi davvero come profetici e illuminanti.

Per arricchire l’argomento suggeriamo anche questo nostro articolo: Lettera di Sant’Agostino ai Pentecostali A.D. 2014

e 6 giugno 2007 Catechesi generale su San Cipriano, di Benedetto XVI, vedi qui.

ricorda che:

“NON LO FACCIAMO”. S. CIPRIANO E I “NO” CHE NON POSSIAMO TACERE

Galerio Massimo disse: «I santissimi imperatori ti ordinano di sacrificare». Il vescovo Cipriano disse: «Non lo faccio». Galerio Massimo … pronunziò questa sentenza: «Tu sei vissuto a lungo sacrilegamente e ti sei aggregato moltissimi della tua setta criminale, e ti sei costituito nemico degli dèi romani e dei loro sacri riti. I pii e santissimi imperatori Valeriano e Gallieno Augusti e Valeriano nobilissimo Cesare non riuscirono a ricondurti all’osservanza delle loro cerimonie religiose. E perciò, poiché sei risultato autore e istigatore dei peggiori reati, sarai tu stesso di esempio a coloro che hai associato alle tue scellerate azioni. Col tuo sangue sarà sancito il rispetto delle leggi». E dette queste parole, lesse ad alta voce da una tavoletta il decreto: «Ordino che Tascio Cipriano sia punito con la decapitazione». Il vescovo Cipriano disse: «Rendiamo grazie a Dio». Dopo questa sentenza la folla dei fratelli diceva: «Anche noi vogliamo essere decapitati insieme a lui». (Dagli «Atti proconsolari del martirio di san Cipriano, vescovo»)

Che Dio ci doni, pastori e fedeli, la fede di S. Cipriano, l’unica e incorruttibile fede della Chiesa. Perché di fronte alle élite al potere che scimmiottano Dio come già i “pii e santissimi imperatori”, possiamo dire senza paura: “non lo faccio”.

Non sacrifichiamo la nostra vita, la nostra fede, la nostra ragione, il nostro corpo e la nostra anima a chi usurpa il posto che solo a Dio compete. Sì, viviamo sacrilegamente e siamo nemici delle neo-religioni pagane fondate per conto del demonio da élite senza scrupoli.

Non partecipiamo alle vostre cerimonie religiose in onore dei vostri falsi dei ecologisti e animalisti.

Non alle orge, alla prostituzione, alla pornografia e alla pedofilia che, in mille modi, vorreste rendere sacre.

Non al sacrificio di bambini sugli altari dell’aborto, dell’utero in affitto, dell’eugeneutica, del traffico di persone e organi.

Non ai falsi matrimoni egalitari e alle inaccettabili adozioni che violentano i bambini privandoli di madre e padre.

Non ai riti omicidi con cui spingete e aiutate a suicidarsi le persone più fragili, inguaribili ma non incurabili, sottratte all’amore e alla cura in nome di una falsa e satanica pietà.

Non ai vostri sabba di droga e alcool di Stato, eventi, concerti, discoteche e rave dove evaporate cervello e anima delle nuove generazioni per renderle come bestie in balia degli istinti, pronte a obbedire al richiamo della foresta ideologica.

Non alle danze macabre delle false rappresentazioni di accoglienza e integrazione che, con tragica ipocrisia, cercano di mascherare, dissimulare e occultare le ragioni economiche e le origini malvagie di migrazioni forzate che strappano le persone dalla propria terra, con guerre, minacce, illusioni, sfruttamento e ricatti, spesso uccidendole sui tragici sentieri di terra e di mare.

Non ai rituali fondati sulla paura della morte, della malattia, della vecchiaia, della solitudine, officiati dai sacerdoti della scienza e della medicina che vorreste farci credere infallibili, della chirurgia estetica, del salutismo, del fitness e delle spa, delle diete e dei farmaci come pozioni miracolose, dei fiori e delle piante magiche.

Non alle liturgie nelle vostre cattedrali erette al denaro, dove le speculazioni e gli azzardi finanziari si consumano come incenso insieme alle vite di risparmiatori e lavoratori, tra le grida e i gesti di officianti sudati e rapiti in mistiche estasi da profitto.

Mai potrete ricondurci all’osservanza di questi e di tanti altri abomini con cui volete trasformare la società in un acquario globalizzato dove le persone trans-umanizzate vaghino in attesa del vostro cibo avvelenato.

“Non lo facciamo” per Cristo e per i nostri figli, come anche per voi che, proprio perché ingannati dal demonio, avete diritto alla speranza e alla salvezza. “Non lo facciamo” perché Cristo crocifisso unica speranza e unica salvezza per ogni uomo, possa apparire in noi anche in questa generazione.


Dal trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo
(Lib. 1, 10, 1-3; PG 7, 550-554)

La proclamazione della verità
La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell’unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (cfr. At 4, 24). La Chiesa accolse la fede nell’unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: e cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e la risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per «ricapitolare tutte le cose» (Ef 1, 10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e Salvatore e Re secondo il beneplacito del Padre invisibile «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua lo proclami» (Fil 2, 10) ed egli pronunzi su tutti il suo giudizio insindacabile.
Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un’unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all’unisono, come possedesse un’unica bocca.
Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l’universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.
Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il fecondo può arricchirla, né il balbuziente impoverirla.

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