Ringraziando la Nuova Bussola Quotidiana per averne parlato, vedi qui, anche noi ci siamo preparati a dare il nostro piccolo contributo per ricordare non soltanto i dieci anni dalla pubblicazione dell’enciclica Spe Salvi di Benedetto XVI, 30 novembre 2007, ma soprattutto per entrare con voi dentro il cuore di questo magistero, la cui Speranza (in maiuscolo), non è semplicemente una parola, un ottimismo, una filosofia di vita, ma è molto di più. Qui troverete l’Enciclica integrale in audio con il testo.
Benedetto XVI nell’enciclica traccia sia la linea storico-filosofica del termine e del suo utilizzo, quanto la dimensione cristiana e teologica di quella “Speranza Incarnata” che diventa Persona, il Dio fatto carne, che si cala nella realtà dell’uomo per trarlo fuori dagli inganni, dal peccato, dalla disperazione che è, appunto, la non-speranza. Infatti, certa speranza umana, ideologica, è anche quell’aspetto illusorio che trae spesso in inganno l’uomo distogliendolo dalla vera meta, dallo scopo della propria vita, dal senso vero della sofferenza della quale però, la Speranza Cristiana, è la vera medicina. C’è quindi bisogno di riscoprire che cosa è la vera Speranza, dove ci conduce, perché “sperare” e soprattutto in Chi e in che cosa.
Sperare è mettere la nostra vita nelle mani di Qualcuno, in qualcosa che superi le nostre difficoltà nella vita, soprattutto laddove subentra la sofferenza, una croce, una disperazione. Lo dice il termine stesso: “de” che denota l’allontanamento da “spès”, quel “non sperare più” come accadde a Giuda il quale, non avendo più in se stesso i termini chiari della Speranza che Gesù Cristo gli offriva apertamente avendolo scelto come Discepolo, Apostolo, nonostante sapesse del suo tradimento, egli di-spera ponendo in se stesso una speranza svuotata del Cristo e rinchiusa nei suoi ragionamenti, che lo porteranno al suicidio.
La pedagogia di Dio, unico e vero grande Maestro, fa esprimere a san Paolo parole suggestive e chiarissime: “Una speranza che si vede non è più speranza: chi infatti spera ciò che vede? Ma se noi speriamo ciò che non vediamo, stiamo in attesa mediante la costanza” (Rm.8,24-25): è la fiduciosa costante attesa a nutrire la speranza, in quanto è fondata sull’opera salvifica realizzata dalla morte e dalla risurrezione di Cristo, che ci ha liberato dalla legge e dalla morte e per questo è Lui la nostra speranza (1Tim.1,1). In questo senso, come valore, la vera Speranza, insieme con la fede e la carità, costituisce l’essenza stessa del cristiano, è la nostra vera identità.
Non è un caso se l’enciclica Spe salvi (salvati nella speranza, Rm.8,24) termina con due lunghi paragrafi dedicati a Maria (nn. 49-50). «Con un inno dell’VIII/IX secolo, quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come stella del mare: Ave maris stella. La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza lei che con il suo sì aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cf Gv. 1,14)?»
Maria è Colei che non ha conservato “solo” una speranza qualsiasi, ma ha incarnato in sé per opera dello Spirito Santo unica vera Speranza, Dio fatto carne in Lei per il suo “fiat”, ha nutrito questa Speranza, l’ha cresciuta e coltivata, è diventata Lei stessa Sua Discepola fino ai piedi della Croce, senza mai perdere di vista come sarebbe dovuta andare a finire questa storia di cui Ella era stata fatta non solo partecipe (Lc.2,19), ma anche compartecipe e corredentrice (Lc.2,32-35).
Benedetto XVI aveva chiarito ulteriormente questa “speranza mariana in Cristo suo Figlio”, nel Discorso tenuto l’8 dicembre per l’Immacolata Concezione:
«Maria, nel cui grembo verginale Dio si è fatto uomo, è nostra Madre! Dall’alto della croce infatti, Gesù […], ce l’ha donata come madre e a Lei ci ha affidati come suoi figli. Mistero di misericordia e di amore, dono che arricchisce la Chiesa di una feconda maternità spirituale. Volgiamo il nostro sguardo verso di Lei e, implorando il suo aiuto, disponiamoci a far tesoro di ogni suo materno insegnamento. Questa nostra celeste Madre non ci invita forse a fuggire il male e a compiere il bene seguendo docilmente la legge divina iscritta nel cuore di ogni cristiano? Lei, che ha conservata la speranza pur nel sommo della prova, non ci chiede forse di non perderci d’animo quando la sofferenza e la morte bussano alla porta delle nostre case? non ci chiede di guardare fiduciosi al nostro futuro? Non ci esorta la Vergine Immacolata ad essere fratelli gli uni degli altri, tutti accomunati dall’impegno di costruire insieme un mondo più giusto, solidale e pacifico? Ancora una volta la Chiesa addita al mondo Maria come segno di sicura speranza e di definitiva vittoria del bene sul male…»
Per comprendere l’importanza di queste parole dobbiamo ritornare dentro l’enciclica Spe Salvi nella quale Benedetto XVI traccia lo sbandamento verso questa Speranza a causa delle eresie e delle false illusioni. Infatti dobbiamo interrogarci sul perché il Papa abbia fatto riferimento a Lutero per spiegarne gli errori dottrinali e per comprendere come egli illuse i suoi discepoli perseguendo una falsa speranza. Così spiega il passaggio la Nuova Bussola che vale la pena di riflettere:
“Con Lutero la speranza da “certezza”, “sostanza” della vita umana, si muta in convinzione, termine che rimanda ad una dimensione soggettivistica del problema. La convinzione personale è frutto di uno sforzo volontaristico mentre, sottolinea Benedetto XVI, nella lettera di san Paolo agli Efesini «il termine greco usato (elenchos) non ha il valore soggettivo di “convinzione”, ma quello oggettivo di “prova”» (S.S., n.7). Lutero priva la fede dell’apporto fondamentale della ragione e lo sostituisce con la volontà ma così facendo condanna la fede, e quindi la speranza, ad essere soggettive e a perdere la loro dimensione sociale, pubblica. Il fatto cristiano diventa un problema di “foro interno”, scrive il Papa «non è che la fede […] venga semplicemente negata» ma «viene piuttosto spostata su un altro livello – quello delle cose solamente private ed ultraterrene – e allo stesso tempo diventa in qualche modo irrilevante per il mondo» (S.S., n.17).”
La devastazione portata dalla dottrina di Lutero sarà le fondamenta della cultura liberale portata alle estreme conseguenze oggi, non a caso viviamo in una società che dispera, non sperando più in Colui verso cui volgere lo sguardo per sperare davvero.
Anche questo processo moderno è ben spiegato nell’enciclica, vale la pena di leggere questo passaggio integralmente:
«Al contempo, due categorie entrano sempre più al centro dell’idea di progresso: ragione e libertà. Il progresso è soprattutto un progresso nel crescente dominio della ragione e questa ragione viene considerata ovviamente un potere del bene e per il bene. Il progresso è il superamento di tutte le dipendenze – è progresso verso la libertà perfetta. Anche la libertà viene vista solo come promessa, nella quale l’uomo si realizza verso la sua pienezza. In ambedue i concetti – libertà e ragione – è presente un aspetto politico. Il regno della ragione, infatti, è atteso come la nuova condizione dell’umanità diventata totalmente libera. Le condizioni politiche di un tale regno della ragione e della libertà, tuttavia, in un primo momento appaiono poco definite. Ragione e libertà sembrano garantire da sé, in virtù della loro intrinseca bontà, una nuova comunità umana perfetta. In ambedue i concetti-chiave di « ragione » e « libertà », però, il pensiero tacitamente va sempre anche al contrasto con i vincoli della fede e della Chiesa, come pure con i vincoli degli ordinamenti statali di allora. Ambedue i concetti portano quindi in sé un potenziale rivoluzionario di un’enorme forza esplosiva.» (n.18)
Detto brevemente, la vera Fede nella Speranza che il Cristianesimo aveva profuso a piene mani, dando vita alla vera comunità Europea grazie anche al Monachesimo e all’opera di san Benedetto, viene così sostituita dalla fede nell’effimero, la fede nel progresso, la fede nelle scienze estrapolate però dal Donatore, Dio Creatore, la fede nelle proprie idee (nascono le ideologie di cui Karl Marx imporrà la propria dottrina con il suo comunismo), la fede nella politica con la Rivoluzione Francese e l’abbattimento delle Monarchie per creare strutture statali atte ad alimentare la fede nell’ateismo. Nell’enciclica Spe Salvi, Benedetto XVI, pur tracciando brevemente alcuni percorsi storici, intende riportarci dentro il cuore di questa Speranza, così brutalmente offuscata da tutte le moderne battaglie ideologiche dell’epoca moderna.
“Non continuate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza“, ci dice san Paolo (1Tess.4,13). Non a caso Benedetto XVI ricorre nella Spe salvi a questa citazione per ricordarci che è “elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro“. Al nostro Pontefice non interessano le dispute sul chi ha torto o ragione, ma interessa trasmettere semplicemente quella Verità che le ideologie stanno oscurando, portando l’uomo a disperare e a vivere come se Dio “non esistesse”.
Ratzinger sottolinea che la nostra vita “non finisce nel vuoto”; e questo è il messaggio che noi cristiani dobbiamo proclamare al mondo continuamente, dinanzi alla propaganda della disperazione che sembra essersi convertita in un “diritto” della nostra epoca. Una disperazione, mascherata dalle leggi suicide di oggi, che, in ultima analisi, nasce dalla sensazione che la vita non vale nulla, e che nessun uomo “deve rendere conto a Dio”, e se questa vita vale qualcosa la vale per un tornaconto personale, per soddisfare qualcosa del proprio “io”, questa realtà è fatalmente conseguente alla credenza che non esista un’altra vita, e se esiste, essa è soggetta alle nostre idee ed opinioni.
L’interrogativo che Benedetto XVI ci trasmette dall’enciclica è quel chiederci se noi cristiani non ci staremo lasciando trasportare dall’afflizione degli uomini senza speranza… se non stiamo forse abbandonando la Verità perché “non vediamo” questa Speranza, ripiegandoci così su ciò che è più facile perseguire oggi. Ma se il sale diventa insipido, con cosa si potrà salare il mondo? Chiede Benedetto XVI. Ecco così il paragrafo che riguarda i Martiri, coloro che hanno fatto della vera Speranza il testamento credibile della strada da percorrere.
“Di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti“, il dogma per eccellenza che conosciamo attraverso la stessa predicazione di Gesù contenuta nei Vangeli (Lc.17,20; Mt.24,23; Mc.13,21) e che troviamo ripetuto nelle lettere di Pietro e Paolo, come pure in quella grande profezia escatologica che è l’Apocalisse. Non è a caso che Vangelo vuol dire BUONA NOVELLA, tutto il Nuovo Testamento è quella Speranza che doveva venire e che l’Antico Testamento aveva annunciato nei Profeti e nelle avventure e disavventure del popolo ebraico. Dopo l’Incarnazione sappiamo che questa seconda venuta di Cristo sarà preceduta da una grande apostasia e da una grande sofferenza (CCC n.675); noi sappiamo e crediamo che il mondo non continuerà a evolversi eternamente o fino all’esaurimento delle risorse, né finirà per caso o per una catastrofe naturale, ma che ciò accadrà per un intervento diretto del suo Creatore il quale mantiene tutto sotto controllo (Mc.4,37-41). L’universo non è un processo naturale, da intendersi come sviluppo del caos o del puro caso, ma è piuttosto un poema drammatico, come ci trasmette la stessa Bibbia, del quale Dio si è riservato “in Principio”, l’intreccio con il Suo intervento e la conclusione, che si chiamano teologicamente Creazione, Redenzione e Parusìa.
Lungi dall’essere, tutto ciò, una apocalisse in senso negativo, Benedetto XVI ri-insegna la vera SPERANZA del Cristiano, e non solo “dei” cristiani ma anche quel perno sul quale possono sperare anche i non credenti, i non cattolici. Ci ricorda infatti Benedetto XVI, come in questo atto di giustizia finale interverrà la grazia, ma: “La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto. Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s’è fatto sulla terra finisca per avere sempre lo stesso valore” (n.44).
Proprio perché è grazia e giustizia allo stesso tempo, la speranza nel giudizio di Dio è sostanza della nostra fede: “Se fosse soltanto grazia che rende irrilevante tutto ciò che è terreno – spiega Benedetto XVI in uno dei passaggi più belli sul giudizio che ci attende – Dio resterebbe a noi debitore della risposta alla domanda circa la giustizia, domanda per noi decisiva davanti alla storia e a Dio stesso. Se fosse pura giustizia, potrebbe essere alla fine per tutti noi solo motivo di paura” (n.47). Giustizia e grazia sono già state unite mediante l’Incarnazione; e raggiungeranno la loro pienezza nella parusìa. Per questo procediamo pieni di fiducia verso l’incontro con il Giudice, che è anche il nostro avvocato, per mezzo della Madre che ci ha donato alla Croce, Lei la Madre di questa Speranza anche a riguardo del giudizio che ci attende. E questo procedere fiducioso, sostanza della nostra vita, è il miglior antidoto alla disperazione della nostra epoca. Bisogna predicare nuovamente la Parusìa, i Novissimi come pietra d’angolo della speranza cristiana; solo così noi cristiani vivremo la fede senza falsificazioni e saremo il sale che dà sapore al mondo.
Il miglior modo per ringraziare Benedetto XVI per il grande contenuto di questa enciclica, è di leggerla, meditarla, impararla a memoria e coerenti con la sua applicazione, diventare Cooperatori della Verità, ciò gioverà a noi stessi e a quel prossimo che dobbiamo amare, in Dio, come avremo amato noi stessi, nella Verità.
Laudetur Jesus Christus
– Indice agli Scritti di Ratzinger
– Lettura integrale in video, con testo, della enciclica Spe Salvi