Può la Chiesa di Cristo permettere che vengano sovvertiti significato e fini del matrimonio, della sessualità e della vita umana, come Dio li aveva voluti? “Non possumus”, rispose papa Paolo VI nella sua ultima enciclica, l’Humanae Vitae. Il 262° Romano Pontefice questo lo sapeva fin dall’inizio, è falso sostenere che improvvisamente cambiò posizione sulla pillola anticoncezionale: ve lo dimostriamo in quest’articolo.
Paolo VI sarà canonizzato quest’anno da papa Francesco[1], proprio nel 50° della promulgazione di quella che fu la sua ultima enciclica, l’Humanae Vitae (25 luglio 1968). Ma tale enciclica è sotto attacco dall’entourage[2] più vicino all’attuale Vescovo di Roma.
Per esempio, un teologo à la page, il rahneriano don Maurizio Chiodi, parlando all’università Gregoriana, retta dai gesuiti, ha affermato addirittura che «ci sono circostanze, mi riferisco ad Amoris laetitia capitolo VIII, che proprio per responsabilità richiedono la “contraccezione”»[3]. Il quotidiano della CEI, Avvenire, ha intrapreso una campagna (dis)informativa[4] atta a dimostrare che l’enciclica – persino per volere dello stesso Paolo VI – non è infallibile, dunque per sua stessa natura riformabile[5]. E con questi esempi si potrebbe andare avanti all’infinito.
La domanda a papa Francesco sorge spontanea: a quale scopo canonizzare Paolo VI se poi si vuole affossarne il magistero, anche se indirettamente con sofismi teologici e sotterfugi pastorali? “Giochino”, per altro, già fatto con Giovanni Paolo II.
Da parte nostra, non siamo stupiti di questo attacco all’Humanae Vitae: lo avevamo previsto in tempi apparentemente non sospetti, durante il doppio-sinodo sulla famiglia, con un articolo[6] in cui abbiamo cercato di dimostrare quanto Paolo VI si sentisse responsabile nel custodire l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia. Anzi, egli si rivolse all’”esercito del papa”, la Compagnia di Gesù, per difendere la sua ultima e contestatissima enciclica dentro e fuori la Chiesa. Ma i gesuiti, per la prima volta nella storia, disobbedirono al Romano Pontefice[7].
Paolo VI non si aspettò una tale rivolta dentro la Chiesa. Anche perché, in fin dei conti, egli non fece altro che ribadire l’immutabile Dottrina cattolica sulla vita umana, che egli ha sempre difeso. Questo è provato storicamente. Ci auguriamo che risulti anche dal processo di canonizzazione, sperando sia stato fatto seguendo le regole canoniche e con onestà intellettuale.
La genesi dell’Humanae Vitae
Ma come si arrivò all’Humanae Vitae? Procediamo per gradi.
Tutto cominciò nel 1963, quando Giovanni XXIII istituì la Commissione pontificia per lo studio della popolazione, della famiglia e della natalità con il “mandato” di capire se la pillola fosse un mezzo lecito per regolare la normale fertilità della donna. Restiamo allibiti dal fatto che un uomo intelligente come il “papa buono” non abbia capito subito che si trattava di un mezzo disonesto! Ma questo è un altro discorso.
Paolo VI, comunque, confermò la detta commissione, ampliandone i membri, i cui lavori terminarono nel 1966. Fu consegnato al Papa una relazione con un risultato non omogeneo: la maggioranza si espresse a favore della pillola anticoncezionale, lasciando la scelta alla “coscienza morale” dei coniugi; mentre la minoranza ribadì l’assoluta immoralità, da parte degli sposi, di separare il fine procreativo (o primario) da quello unitivo (o secondario) nell’atto coniugale. La relazione avrebbe dovuto rimanere segreta[8], invece fu resa pubblica nel 1967, probabilmente con lo scopo di porre pressioni a Paolo VI, poiché chi lo conosceva bene, sapeva che non era affatto propenso a tradire l’insegnamento della Chiesa sulla vita umana.
Il 25 novembre 1965 Paolo VI comunicò ad una sottocommissione, che fungeva da tramite fra Commissione del 1963 e l’aula conciliare — benché il Papa proibì ai Padri conciliari di esprimersi sulla contraccezione –, che voleva fossero aggiunti quattro emendamenti nel testo finale[9]:
- si citi l’espressione “contraccettivi artificiali” e si dichiari che “avviliscono la dignità dell’amore coniugale e della vita familiare”. Al tempo stesso vuole che l’enciclica Casti Connubii di Pio XI sia citata come testo di riferimento. La commissione si adopererà per inserire l’espressione “contraccettivi artificiali”, adattando il resto con l’espressione “pratiche illecite contrarie alla generazione umana”. La commissione però non citò l’enciclica di Pio XI.
- la soppressione del termine “anche” nella frase: “la procreazione è anche uno scopo del matrimonio”. La commissione provvederà.
- il documento dichiari con chiarezza che il divieto dei contraccettivi deriva dal diritto naturale e dal diritto divino, vengano citati in proposito Pio XI e Pio XII. La Commissione si atterà alle indicazioni di Paolo VI, ma anche stavolta non citerà i papi precedenti.
- insistere nello spiegare il significato di carità coniugale.
Nel suo Diario conciliare, Pericle Felici (1911-1982) riporta ciò che Paolo VI gli disse durante un’udienza privata, il giorno seguente (26 novembre): «[…] il Papa esprime il suo disappunto – scrive l’allora mons. Felici – per la reazione provocata nella Commissione; comunque egli accetta pure altre formulazioni, purché rispondano al suo pensiero: se gli altri hanno la coscienza, anch’egli ha la sua, e deve seguirla, per non compromettere la vera Dottrina della Chiesa, che in tutto lo schema[10] non è sempre esposta con la dovuta limpidezza. E poi che cosa è tutto questo parlare di amore, amore, amore, senza dire che il fine primario del matrimonio è il bonum prolis? E perché non denunciare gli antifecondativi e i contraccettivi quando si condanna l’aborto e l’infanticidio? […]»[11].
Anche l’anno precedente Paolo VI dovette intervenire per frenare una spaventosa fuga in avanti sulla contraccezione, pronunciata nell’aula conciliare dal primate belga, il cardinale Leon-Joseph Suenens (1904-1996). «Io vi prego, Padri, non facciamo un nuovo processo a Galileo – disse il 29 ottobre 1964 – nei confronti della contraccezione»[12]. Che maldestro tentativo, quello di difendere la propria posizione, riferendosi al processo a Galileo! Evidentemente, il card. Suenens, oltre che la Dottrina cattolica, ignorava anche la storia del “caso Galileo”, come ha ironicamente supposto il card. Walter Brandmuller[13] durante un convegno tenutosi all’Angelicum in difesa dell’Humanae Vitae.
Naturalmente non mancarono le solenni voci, nell’aula conciliare, in difesa della Legge di Dio: i cardinali Ernesto Ruffini (1888-1967), Alfredo Ottaviani (1890-1979), Amleto Giovanni Cicognani (1883-1973) e David Michael Browne (1887-1971) si espressero contro i deliri del confratello belga e dei suoi sostenitori[14].
Paolo VI intervenne: convocò il card. Suenens ed ebbe con lui un lungo colloquio privato. Il Primate belga fu dunque costretto, il 9 novembre successo, ha fare una parziale marcia indietro, riprendendo la parola nell’aula conciliare, disse di non aver mai voluto mettere in dubbio la Dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, dichiarando che l’argomento contraccezione spettava alla sola autorità suprema del Romano Pontefice[15]. Ma Suenens smentì se stesso. Quando Paolo VI promulgò l’Humanae Vitae, fu il cardinale che più di tutti si oppose alla suprema autorità del Romano Pontefice[16]; la sua reazione fu così dura che fu definito da un settimanale belga come “il nuovo Lutero”.
La Chiesa non poteva – non doveva – piegarsi alla liberalizzazione sessuale. Paolo VI lo aveva capito, per questo insegnò agli sposi cristiani – e a tutti i battezzati – che dovevano pensare alla salvezza delle loro anime, anziché ad usare la sessualità senza responsabilità.
Conclusione
Ci auguriamo, pertanto, che la canonizzazione di Paolo VI non sia l’ennesimo gesto ideologico per dogmatizzare ancora di più lo “spirito del concilio”.
Paolo VI, infatti, pur essendo stato travolto in pieno dal vento delle novità, era ben consapevole e convinto che la Chiesa non poteva tradire la Divina Dottrina:
«Così è, Figli carissimi; e così affermando, la nostra dottrina – dichiarò solennemente il 19 gennaio del 1972 – si stacca da errori che hanno circolato e tuttora affiorano nella cultura del nostro tempo, e che potrebbero rovinare totalmente la nostra concezione cristiana della vita e della storia. Il modernismo rappresentò l’espressione caratteristica di questi errori, e sotto altri nomi è ancora d’attualità (Cfr. Decr. Lamentabili di S. Pio X, 1907, e la sua Enc. Pascendi; DENZ).
Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa cattolica, ieri ed oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica, e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede; l’ortodossia è la sua prima preoccupazione; il magistero pastorale la sua funzione primaria e provvidenziale; l’insegnamento apostolico fissa infatti i canoni della sua predicazione; e la consegna dell’Apostolo Paolo: Depositum custodi (1Tim 6, 20; 2Tim 1, 14) costituisce per essa un tale impegno, che sarebbe tradimento violare.
La Chiesa maestra non inventa la sua dottrina; ella è teste, è custode, è interprete, è tramite; e, per quanto riguarda le verità proprie del messaggio cristiano, essa si può dire conservatrice, intransigente; ed a chi la sollecita di rendere più facile, più relativa ai gusti della mutevole mentalità dei tempi la sua fede, risponde con gli Apostoli: “Non possumus, non possiamo” (At 4, 20)»[17].
NOTE
[1] Paolo VI e mons. Romero presto Santi: il Papa autorizza decreti (Vatican News, 07-03-2018).
[2] Il piano di “reinterpretazione” della Humanae vitae (Roberto de Mattei, Corrispondenza Romana, 14-07-2017)
[3] “Contraccezione? In certi casi un dovere”. Svolta in Vaticano (Lorenzo Bertocchi, La NBQ, 10-01-2018).
[4] Avvenire mente: il problema non sta nella contraccezione ma nel rifiuto alla vita (Cooperatores Veritatis, 23-10-2017)
[5] Contraccezione, ora anche Wojtyla è “rigido” e “dottrinario” (Renzo Puccetti, La NBQ, 07-03-2018)
[6] Riabilitiamo l’enciclica Humanae Vitae del neo beato Paolo VI (Cooperatores Veritatis, 20-09-2014).
[7] V. il nostro dossier sulla deriva dei gesuiti.
[8] Humanae Vitae. La vera storia della sua gestazione (Sandro Magister, http://www.chiesa, 09-07-2003)
[9] Il Concilio giorno per giorno. Quarta Sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (UnaVox)
[10] Lo schema a cui si riferisce mons. Felici è il De Ecclesia in mundo buius temporis, quello che poi divenne la costituzione pastorale Gaudium et Spes.
[11] Il “diario” conciliare di monsignor Pericle Felici (pag. 497; a cura di monsignor Agostino Marchetto, Libreria Editrice Vaticana, 2015)
[12] Il Concilio giorno per giorno. Terza Sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (UnaVox).
[13] Intervento del cardinale Walter Brandmüller al convegno Humanae Vitae 50 anni dopo: il suo significato ieri e oggi (Roma, 28 ottobre 2017)
[14] Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (pagg. 418-422; Roberto de Mattei, Lindau, 2010)
[15] Il Concilio giorno per giorno. Terza Sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (UnaVox).
[16] Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (pagg. 539-542; Roberto de Mattei, Lindau, 2010)
[17] Saldo e intangibile il depositum fidei (Paolo VI, Udienza generale del 19 gennaio 1972)
La Humanae Vitae è infallibile o no?
L’enciclica Humanae Vitae è infallibile o no? È questa la domanda affrontata da p. José Eduardo de Oliveira sulla sua rete sociale. e qui riportato tradotto da Aleteia.
“Ci sono molte confusioni generate gratuitamente”, scrive il sacerdote. “Tentativi di disinformazione, molti dei quali per alzare un polverone, quando non per legittimare rotture inaccettabili dal punto di vista della fede cattolica.
Da ieri, varie persone mi chiedono se Papa San Paolo VI considerasse l’enciclica Humanæ vitæ infallibile. Hanno addotto le memorie dell’arcivescovo Lambruschini, in cui consta il registro per cui Papa Montini gli avrebbe detto che non aveva intenzione di impegnare il carisma dell’infallibilità nella questione.
L’approccio mi sembra apertamente fallace. Mi spiego.
È del tutto manifesto che l’ultimo Papa a impiegare il carisma dell’infallibilità in una definizione dogmatica sia stato Pio XII, quando ha proclamato il dogma dell’Assunzione, nel 1950. Da allora, non lo ha fatto alcun altro Papa.
È ad ogni modo un sofisma piuttosto sofisticato per chi non ha abilità logica o teologica: non è perché il Papa non ha usato il carisma dell’infallibilità in una dottrina che non può insegnare una dottrina in sé infallibile, ancor più quando, per la propria natura, questa dottrina non richiede il potere supremo del Pontefice per essere definita, potere che se venisse usato sarebbe abusivo e perfino illecito”.
Il sacerdote aggiunge che il dogma dell’infallibilità non ha bisogno di essere “azionato” ogni volta che la Chiesa proclama una dottrina che è già infallibile in sé.
“Ci sono molte dottrine infallibili che non sono state definite infallibilmente. Quando San Giovanni Paolo II ha scritto l’enciclica Evangelium vitæ, i teologi moralisti che lo hanno consigliato – di grande rigore teologico e morale – riferiscono della cura che ha avuto la Chiesa nell’usare il massimo grado di autorità papale necessario senza impegnarlo al di là di questo limite, sia per non oltraggiare il supremo potere magisteriale pontificio che per non offendere la ragione.
Ad esempio, quando San Giovanni Paolo II afferma: ‘Con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi – che a varie riprese hanno condannato l’aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina – dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente’ (Evangelium vitæ, 62), non sta usando la formula dell’infallibilità pontificia, ma sta insegnando nitidamente una verità infallibile e definitiva.
Perché Giovanni Paolo II non ha usato l’infallibilità per promulgare un insegnamento infallibile? Per un semplice motivo: le verità morali sono verità accessibili con il retto uso della ragione. Impegnare l’infallibilità, in questo caso, sarebbe come ‘giurare su Dio’ come mezzo per sostenere che 2+2=4, mutatis mutandis”.
P. José Eduardo prosegue:
“C’è un altro caso piuttosto interessante. Nel 1994, Giovanni Paolo II ha dichiarato: ‘In virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa’ (Ordinatio Sacerdotalis, n. 4).
In questo caso, anche se non si tratta di una verità meramente razionale, San Giovanni Paolo II non ha impiegato il carisma dell’infallibilità, perché questo sarebbe un abuso. Visto che l’ordinazione delle donne è del tutto inesistente nella Sacra Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero, non è necessario dichiarare infallibile quella dottrina, anche se è definitiva e irriformabile. In questo modo, nessun Papa ha dichiarato ‘ex cathedra’ che Dio esiste o che esiste l’anima, verità del tutto infallibili”.
Circa il contenuto della Humanæ vitæ, il sacerdote ribadisce che è infallibile in sé:
“È ciò che si verifica con l’insegnamento della Humanæ vitæ. La sua infallibilità appartiene alla natura stessa dell’insegnamento, che è in piena consonanza con la dottrina cattolica di tutto i tempi, soprattutto con l’enciclica Casti conubii di Pio XI.
Quanto al nostro dovere di acconsentire fermamente a queste verità, la ‘Professione di fedee’ dice che dev’essere realizzata da tutti coloro che assumono uffici canonici: ‘Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o trasmessa’ (§ 2).
Commentando questo passo, San Giovanni Paolo II afferma: ‘È di massima importanza questo comma della Professione di fede, dal momento che indica le verità necessariamente connesse con la divina rivelazione. Queste verità, che nell’esplorazione della dottrina cattolica esprimono una particolare ispirazione dello Spirito di Dio per la comprensione più profonda della Chiesa di una qualche verità che riguarda la fede o i costumi, sono connesse sia per ragioni storiche sia come logica conseguenza’ (Ad Tuendam Fidem, n. 3).
Nella Nota, la Congregazione per la Dottrina della Fede aggiunge: ‘L’oggetto che viene insegnato con questa formula comprende tutte quelle dottrine attinenti al campo dogmatico o morale, che sono necessarie per custodire ed esporre fedelmente il deposito della fede, sebbene non siano state proposte dal magistero della Chiesa come formalmente rivelate. Tali dottrine possono essere definite in forma solenne dal Romano Pontefice quando parla « ex cathedra » o dal Collegio dei Vescovi radunato in concilio, oppure possono essere infallibilmente insegnate dal magistero ordinario e universale della Chiesa come “sententia definitive tenenda”. Ogni credente, pertanto, è tenuto a prestare a queste verità il suo assenso fermo e definitivo, fondato sulla fede nell’assistenza dello Spirito Santo al magistero della Chiesa, e sulla dottrina cattolica dell’infallibilità del magistero in queste materie. Chi le negasse, assumerebbe una posizione di rifiuto di verità della dottrina cattolica e pertanto non sarebbe più in piena comunione con la Chiesa cattolica’.
Siamo quindi in un campo sicuro e piuttosto chiaro. La dottrina cattolica sulla contraccezione è del tutto lucida e trasparente. Ed è ‘definitive tenenda‘”.
RICORDA CHE:

La stampa e talvolta i teologi hanno detto che il Santo Padre non avrebbe mai dovuto emanare l’enciclica “Humanae Vitae” perché divideva la Chiesa. Naturalmente ha diviso la Chiesa come Elia ha diviso coloro che hanno dovuto scegliere tra Baal e Dio; ha diviso la Chiesa come l’ha divisa il Signore: “Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde” (Lc 11, 23).
(Fulton Sheen)
N.B. La Humanae Vitae è l’ultima enciclica scritta da papa Paolo VI e pubblicata il 25 luglio 1968: è volta a specificare la dottrina sul matrimonio così come definita dal Concilio Vaticano II.
Il documento ribadisce la connessione inscindibile tra il significato unitivo e quello procreativo dell’atto coniugale; dichiara anche l’illiceità di alcuni metodi per la regolazione della natalità (aborto, sterilizzazione, contraccezione) e approva quelli basati sul riconoscimento della fertilità.
L’enciclica provocò un enorme dissenso sia a livello teologico sia a livello di conferenze episcopali.
(In foto Papa Paolo VI con Fulton Sheen)