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SOSTA – Perché Gesù si fa aiutare dal Cireneo?

La domanda ha un senso. Di fatto Gesù poteva benissimo portare da solo la Croce. E qui non ci riferiamo al fatto che Gesù, essendo Dio, poteva anche ribaltare completamente la Passione. Vi ricordate quando dice: “Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?” (Matteo 26,53). Piuttosto ci riferiamo alla sua natura perfettamente umana che con ogni probabilità avrebbe potuto gestire da sola la salita del Calvario. In realtà, i condannati a quel terribile supplizio portavano solo il patibulum, cioè la parte trasversale della croce, mentre lo stipes, la parte verticale, era già piantata a terra.
E allora come mai Gesù ha fatto sì che l’aiutasse qualcuno? La spiegazione ci sembra chiara. L’immagine di Simone il Cireneo che aiuta Gesù a sostenere la Croce richiama perfettamente ciò che san Paolo dice in Colossesi 1,24: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo”. In questo caso il “completare” non sta in un’oggettiva mancanza da parte della sofferenza di Cristo perché questa ha già di per sé un valore infinito essendo vissuta da un soggetto divino, bensì un partecipare a quella sofferenza per effettivamente corrispondere ad essa. D’altronde Gesù fa chiaramente capire che compito del cristiano non è quello di eliminare la croce dalla vita, bensì di conformarsi a Cristo sofferente: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso (via purgativa), prenda la sua croce (via illuminativa) e mi segua (via unitiva).” (Matteo 16,24).
Dunque, in Simone di Cirene ci siamo tutti noi. E la sua iniziale titubanza forse è anche la nostra istintiva titubanza. Una titubanza a cui seguì una grandissima grazia: la conversione. Il vangelo infatti indica Simone di Cirene come padre di Alessandro e Rufo (Marco 15,21), il che vuol dire che questi Alessandro e Rufo erano conosciuti nella comunità cristiana, quindi erano cristiani. Ma se erano cristiani loro, evidentemente anche il padre lo era diventato.
CHIARIAMO UNA VOLTA PER TUTTE perchè la canzone (e non il CANTO)
Verbum caro factum est
Verbum panis factum est.
Verbum caro factum est
Verbum panis…
E’ SBAGLIATO E CONDUCE ALL’ERRORE…..
C’è differenza tra la Fede e la Fiducia?
1.Non bisogna confondere la Fede con la Fiducia e la Fiducia con la Fede. Vediamo cosa si deve intendere per Fede e cosa si deve intendere per Fiducia.
2.La Fede è un assenso dell’intelletto alle verità rivelate, secondo la nota definizione. Dunque, nella Fede il ruolo fondamentale lo svolge l’intelligenza. Infatti, le verità rivelate, anche se non fossero dimostrabili (alcune lo sono), possono essere oltre la ragione, ma mai contro di essa. Se fossero contro la ragione, non potrebbero meritare l’assenso della Fede. Certamente nella Fede entra in gioco anche la volontà, tant’é che si parla di “assenso”, ma si tratta di un assenso che muove sempre da una priorità logica dell’intelligenza che ha il compito di valutare la ragionevolezza di ciò a cui si dovrebbe assentire.
3.La Fiducia, invece, scaturisce dalla Fede. Infatti, non si può avere Fiducia senza la Fede, mentre si potrebbe avere la Fede senza la Fiducia. In un certo qual modo la Fiducia è “figlia” della Fede. Possiamo anche dire che la Fiducia rende fattiva e completa la Fede. Insomma, la Fiducia conduce la Fede alle sue estreme, ma logiche e coerenti, conseguenze. La Fede fa capire che Dio è amore; la Fiducia spinge ad abbandonarsi a Dio, proprio perché Dio è amore.
4.Un esempio per capire: quando giunge la notizia che un proprio caro sta arrivando in aereo da molto lontano, si accetta la notizia (la Fede), ma poi, proprio perché si è ricevuta questa notizia, non si rimane ad attendere, bensì si corre contenti all’aeroporto per abbracciare quel proprio caro che non si vedeva tempo, dando così logico completamento a ciò che si è ascoltato (la Fiducia).
