Sesto Comandamento: ciò che era peccato ieri è peccato anche oggi

«Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi» (San Giovanni Crisostomo).

Vogliamo rispondere ad una email che ci hanno inviato con la foto del classico foglietto “della domenica” nel quale, in quarta pagina, nel tentativo di riflettere su Amoris laetitia (AL), si arriva ad attribuire a san Tommaso d’Aquino la più ridicola delle assurdità: contraddirsi e contraddire l’insegnamento del Vangelo e della Chiesa.

La riflessione del foglietto afferma: “E quindi il Papa, sulla scorta di san Tommaso, arriva a spiegare che anche in una situazione oggettiva di peccato, come nel caso di una seconda unione non sacramentale, “si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa…” (Al 305).

La contraddizione è palese e se il Papa stesso avesse voluto, intenzionalmente, affermare quanto presume la riflessione del foglietto, sarebbe – e lo è – gravissimo. L’autore della riflessione, Luciano Moia Direttore, niente meno che di “Noi Famiglia&Vita” su Avvenire, non nuovo effettivamente alla deriva dottrinale, si veda qui, fa molta confusione.

Il testo in video catechesi qui:

Innanzi tutto la Chiesa non ha mai negato il proprio aiuto a nessuno! Ma lo scopo dell’aiuto della Chiesa è atto ad accompagnare il peccatore fuori dal proprio peccare, e non di accompagnarlo nel peccato (si legga qui Familiaris Consortio n.84). Se poi ciò che si vuole sdoganare è l’adulterio e la convivenza al di fuori del matrimonio sacramentale, questo la Chiesa non può assolutamente accettarlo, tanto meno insegnarlo, sarebbe ed è l’apostasia.

Moia omette, poi, una precisazione alla frase del Papa che cambia molto. Nella citazione la frase completa è la seguente: “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa…”.

Non si sottovaluti quel: “– che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno –” perché mentre Moia tenta subdolamente di inserire nel contesto “qualsiasi situazione oggettiva di peccato”, il Papa specifica che chi è soggettivamente consapevole di peccare, o magari è stato artefice anche del divorzio, non può ricevere alcun beneficio.

Per comprendere però, come l’affermazione del testo papale conduca dall’ambiguità all’errore (si legga anche qui la radice dei problemi collegati al testo), come il Moia perversamente dimostra, è necessario capire che cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica sull’argomento che, guarda caso, AL omette completamente. Parliamo del n. 1650 del Catechismo che dice letteralmente:

“Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (« Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio »: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.”

Nessun Papa può affermare il contrario perché, lo si legge sopra: “La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo..“, quindi è parola di Gesù e non un capriccio della Chiesa, e nessun Papa può modificarla. Se dunque, la vita della GRAZIA conduce il credente verso quel: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt.5,48), come è possibile che possa esserci PERFEZIONE nell’adulterio? Forse che Gesù, Sposo della Chiesa, l’abbia in qualche modo tradita, ripudiata, abbia divorziato da lei, o conviva con un’altra chiesa?

A spiegarlo è san Paolo: «Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso…» (Ef.5,22-28).

Ciò che era peccato ieri, è peccato anche oggi, nulla è cambiato, chi afferma il contrario entra in piena apostasia. Si deve anche ricordare che “adulterio” significa FALSIFICARE. Può, dunque, un rapporto che FALSIFICA IL MATRIMONIO CRISTIANO essere un peccato “ieri”, mentre oggi sarebbe diventato quasi meritevole di GRAZIA?

Nella Summa Theologica san Tommaso d’Aquino, per spiegare la gravità dell’adulterio, proprio tra coniugi che divorziano o che si tradiscono, cita anche san Leone Papa, il quale: afferma che “si commette adulterio quando, o portati dalla libidine propria, o per il consenso di quella altrui, si ha il rapporto sessuale con un’altra persona contro la fedeltà coniugale“. E cosa dice, nello specifico, san Tommaso d’Aquino tirato in ballo dal Moia (ma anche da AL) in modo falso? Ecco le sue parole:

«E in esso si può peccare in due modi contro la castità e contro la prole: primo, unendosi con una donna a cui non si è legati mediante il matrimonio, il che è invece richiesto per l’educazione della prole propria; secondo, unendosi con la moglie di un altro, il che danneggia la prole altrui. E lo stesso si dica per la donna sposata che commette adulterio.

Da cui le parole [Sir 23, 22 s.]: “Ogni donna che lascia il proprio marito commette peccato”; primo, perché “disobbedisce alla legge dell’Altissimo”, nella quale sta scritto: “non commettere adulterio”; secondo, perché “commette un torto verso il proprio marito”, rendendone così dubbia la prole; terzo, perché “introduce in casa i figli di un estraneo”, contro il bene della prole propria.

Ora, il primo motivo è comune a tutti i peccati mortali, mentre gli altri due costituiscono la deformità speciale dell’adulterio. È quindi evidente che l’adulterio è una specie determinata della lussuria, implicando un disordine speciale nel campo degli atti venerei…» (Summa Theologica Parte II-II quest.154)

Non c’è alcuna giustificazione all’adulterio, alla falsificazione di un rapporto! Non almeno in ambito Cattolico! Del resto se Amoris laetitia dice: “Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo” (AL 299), a quale scandalo si sta riferendo se non alla “comunione ai divorziati-risposati”, che non hanno risolto la situazione del matrimonio sacramentale?

E’ evidente, quindi, che se marito e moglie sposati sacramentalmente, ora divorziati e risposati stanno “convivendo” e sono di scandalo a riguardo del sesto comandamento, vivendo in una situazione oggettiva e soggettiva di peccato mortale, non possono essere contemporaneamente in “stato di grazia” come pretenderebbe il Moia interpretando AL. A meno che non vivano da “fratello e sorella” come afferma, infatti la Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II:

La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio.

Ciò comporta, in concreto – conclude Giovanni Paolo II – che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi.. Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo.” (n.84)

Vogliamo concludere con la brillante risposta data dal domenicano Padre Angelo Bellon sul sito Amici Domenicani, affrontando lo stesso argomento:

Ebbene, allora quando ci si trova a scegliere tra male minore e male peggiore che cosa si deve fare? Ci si deve conformare alla legge di Dio. Perché anche se si sceglie il male minore, quel male non cessa di essere male e pertanto offensivo di Dio, oltre che causare qualche male alla persona che lo compie. Pertanto se due persone divorziate risposate si trovano ad avere relazioni sessuali, devono riconoscere umilmente che non sono marito e moglie. Sì, lo faranno per tenere in piedi la famiglia e la fedeltà, ma quel male non diventa un bene.

E pertanto il minimo che si possa fare è di astenersi dal fare la Santa Comunione. I pastori che hanno il compito di accompagnare, di discernere e di integrare la fragilità dovranno ricordare con mitezza che anche il male minore che hanno compiuto non cessa di offendere Dio e di essere peccato grave. E che la strada giusta è quella della conversione incessante di se stessi al Signore…” (vedi qui; anche qui; e pure qui)

“Accenni espliciti e immagini che preannunciano una crisi difficile nella Chiesa si ritrovano nei messaggi collegati alle apparizioni di Akita, in Giappone, avvenute nel 1973 e riconosciute come soprannaturali, con il consenso di Roma, dal vescovo Niigata, monsignor John Shojiro Ito. Il vescovo, prima di rendere pubblica l’approvazione, nel 1988 si era incontrato in Vaticano con il cardinal Ratzinger. La Madonna, il 13 ottobre 1973, anniversario del miracolo del sole avvenuto a Fatima, aveva detto a una religiosa, suor Agnese Sasagawa, che:

L’opera del diavolo si insinuerà persino nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli… la Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi” (fonte: Stilum Curiae)

“Fede, allegria, ottimismo. Però non la stoltezza di chiudere gli occhi di fronte alla realtà”. (San Josemaria Escrivà)

Laudetur Jesus Christus

si legga qui: Alle Legge di Dio si obbedisce in toto, non gradualmente

E liberaci dal Catechismo e dalla sana dottrina

Il Perdono e la vera giustizia nella Dottrina Cattolica

Ratzinger La Chiesa non dipende dalle maggioranze

Ratzinger aveva trovato la risposta per i divorziati risposati

Misericordia giustizia e perdono in che senso

Che cosa è la lussuria e perché è un peccato grave?

 Ricorda che:

_01 BXVI per 2017 21

DALLA RISPOSTA che abbiamo dato ad un nostro lettore, scoraggiato per la situazione di adulterio in cui vivono i suoi genitori oggi molto anziani, riportiamo qui il passaggio saliente che potrà aiutare tutti….

“Continuare ad incoraggiarti nella Preghiera… e a non perdere la speranza perché noi sappiamo bene che solo Dio giudica LE INTENZIONI DEI CUORI e in quello dei tuoi genitori potrebbe non esserci una colpa mortale per l’anima… Quando intendiamo DIFENDERE LA DOTTRINA e il principio della ragione divina che la sostiene, non significa che tutti gli altri saranno condannati all’inferno, quasi ci fosse un automatismo, eh! noi diciamo ciò che è il peccato e dobbiamo spingere tutti noi e il prossimo a NON GIUSTIFICARE il nostro peccare… se questi ascoltano, bene, se non ascoltano non dobbiamo condannarli automaticamente, ma pregare per loro e affidarli alla Misericordia di Dio.

Ricordiamo l’episodio dei Farisei che, tutti PERFETTINI nella dottrina… non si limitavano però ad affermarla, ma ad obbligarla a tal punto da finalizzarla alla condanna del reo… da qui la prostituta o l’adultera che veniva, appunto LAPIDATA… ma a questo atteggiamento e modo spropositato di aiutare il Prossimo in errore, Gesù rispose: In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. (Mt.21,28-32). Ora, se è vero che l’episodio riguardava il lavorare nella vigna del Signore è anche vero che la Sua Parola spazia all’infinito…

La fede non è un semplice sentimento interiore, non è un fatto personale, ma è assumere uno stile di vita, quello del Cristo. Se dici di essere credente devi diventare credibile attraverso l’adempimento delle Scritture, dei Comandamenti…. Gesù non vuole fare l’elogio della prostituzione è ovvio questo, ma l’elogio di chi ha il coraggio di cambiare vita. Non fa l’elogio della prostituta Maddalena, ma l’elogio del suo coraggio di cambiar vita e di ri-diventare davvero donna che ama ma in modo CASTO. Fa l’elogio del pubblicano Zaccheo che restituisce il quadruplo di quello che aveva rubato… come elogerà il pubblicano che prega la misericordia e il perdono di Dio, rispetto alla saccenteria del fariseo…. Gesù dunque, elogia chi ha il coraggio di passare da un “no” ad un “sì”. Gesù elogia chi, di fronte alle difficoltà o ad un problema, ha il coraggio di rimboccarsi le maniche e di fare qualcosa, mettendo in cattiva luce chiunque tenti di giustificare il proprio peccato…

Ci sono, purtroppo, oggi dei sacerdoti (e la stessa pastorale) che gettano confusione e dicono il falso come per esempio affermare che: ” Nessuno ci chiede di essere perfetti nemmeno Dio. Nessuno è perfetto…CIO’ E’ FALSO poiché Gesù ha detto: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,38-48)….. Egli conosce i nostri limiti e difetti, ma ci chiede una perfezione che appare impossibile, ma sono proprio i SANTI a ricordarci che possiamo farcela… Gesù ci chiede così tanto proprio perché non vuole che compiangiamo il nostro stato miserevole… e di raggiungere quella perfezione che è necessaria per andare in Paradiso e questa parte DAL CUORE, DALLA MENTE, DALLA NOSTRA VOLONTA’… Gesù è morto per noi tutti, specialmente per i peccatori, e che tali si riconoscono, e non per chi si sente giusto, o nel giusto.

Se dunque, la santità e la perfezione sono in “cima alla montagna”, non guardiamo la cima della montagna, perché altrimenti ci scoraggiamo, non ce la faremo mai, procediamo piuttosto a scalarla (la via sassosa e la porta stretta, LA MISTICA DELLA RIPARAZIONE, prendere su noi stessi il peccato altrui per sconfiggerlo nella preghiera e nei sacrifici), e prima o poi, con la grazia di Dio, la stessa intercessione della nostra MEDIATRICE, la Beata Vergine Maria, riusciremo a raggiungerla… Coraggio, a tutti!!


Che cosa possiamo fare noi divorziati risposati per tornare in grazia di Dio escludendo, però, di rompere il nuovo rapporto

Questo articolo è disponibile anche qui in originale

Quesito

Caro Padre Angelo,
secondo quesito:
Sempre Padre Livio parlando a quell’ascoltatrice ha detto: ” voi che siete fuori dalla grazia di Dio…ecc.” Mi vuole spiegare cosa significa questo?
Ho trovato molto “pesante” quest’ affermazione. Vuol dire che noi essendo fuori dalla grazia siamo tutti condannati? Ma Dio non legge nei cuori?
Sicuramente sa le condizioni di ognuno di noi, la vita che conduciamo, quello che soffriamo e abbiamo sofferto e tutte le altre cose che nessuno conoscerà mai, allora mi chiedo, nel nostro stato cosa possiamo fare per ritornare in grazia di Dio? (Escludendo a priori la rottura del rapporto, perchè tengo per scontato che ci sia l’amore.)
Quei teologi ci hanno detto che ci sono molte strade per arrivare a Dio, non solo attraverso quella principale, ci hanno confortato mettendoci la classica mano sulla spalla, insomma quando siamo usciti ci siamo sentiti un po’ più leggeri.
Nella Chiesa, (da quello che ho sperimentato dai colloqui avuti con tanti preti,) c’è parecchia confusione, perchè ognuno ha un opinione diversa? Non dovrebbe esserci una linea ben precisa per tutti? Come mai nei consacrati c’è questa spaccatura?
Caro Padre noi divorziati dobbiamo portarci sulle spalle tutti i giorni questo pesante fardello, ci sentiamo perennemente in colpa, vorremmo solo che voi “normali” lo capiste, invece sembra che siamo stati messi in una specie di “parcheggio” dove nessuno sa quale destino affibbiarci, indicateci una buona volta  quella benedetta strada che ci conduce verso CRISTO, fateci vivere una vita dove non ci sentiamo degli esclusi… ridateci il sorriso che abbiamo perso.
un grande abbraccio.
Alessandro


Risposta del sacerdote

Caro Alessandro,
1. è vero, solo Dio legge nelle profondità dei cuori.
Noi sappiamo, e con certezza, di tante situazioni che non sono conformi alla volontà di Dio perché oggettivamente disattendono i suoi comandamenti.
Ma la responsabilità soggettiva la conosce solo Dio.

2. Circa le parole di padre Livio: vanno contestualizzate. Certamente voleva dire: “Voi che sotto un profilo oggettivo vivete fuori della grazia di Dio…”.
Padre Livio, quando parla, non legge un testo preparato. Si infervora e per questo lo si ascolta volentieri. Tuttavia talvolta può capitare che tralasci una parola che aggiusterebbe meglio la sua affermazione.
Sono convinto che Padre Livio non abbia voluto pronunciare un giudizio sulle persone. Voleva solo parlare di quelli che vivono privi della grazia di Dio.

3. Ora chi è divorziato risposato o è in via di essere risposato perché ha “la fidanzata” vive oggettivamente in una situazione che è difforme dall’insegnamento di Cristo: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” (Mc 10,11-12).
Il minimo che si possa dire è che la situazione di adulterio non è conforme alla volontà del Signore.

4. La Chiesa usa molto tatto con queste persone, perché sa quali prove e quali sofferenze hanno passato. Non è un divertimento per nessuno vedere naufragare il proprio matrimonio. È come un fallimento.

5. Ciò non di meno non può approvare il tentativo di risistemarsi affiancandosi ad un compagno o ad una compagna di vita, di convolare a nuove nozze in forma civile e considerarsi sposi a tutti gli effetti.
La Chiesa ricorda ai separati e ai divorziati di tener fede a quanto davanti a Dio hanno promesso nel giorno del loro matrimonio: “prometto di esserti fedele nella buona e nella cattiva sorte, di amarti e di rispettarti per tutti i giorni della mia vita”.
E ricorda anche le parole di Cristo: “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mc 10,9).

6. Mi chiedi che cosa possono fare due persone divorziate e risposate per poter tornare oggettivamente in grazia di Dio.
Ma soggiungi subito: “Escludendo a priori la rottura del (nuovo) rapporto”.
E invece di per sé è proprio questo che si deve fare.
Solo a questa condizione – per quanto riguarda il problema che stiamo toccando – i due cessano di rivivere in una condizione che oggettivamente è in contraddizione con l’insegnamento del Signore.

7. Qualora per motivi seri non potessero rompere il nuovo rapporto l’unica soluzione sarebbe quella di comportarsi come due persone che non sono tra loro marito e moglie, e  cioè di escludere i segni esterni del tradimento coniugale. Questi segni sono appunto i rapporti sessuali.
Solo a questa condizione i due tornano in una situazione che non è in aperto contrasto con l’insegnamento del Signore.
Allora potrebbero ricevere i sacramenti della Chiesa, con la cautela di non  fare la S. Comunione dove sono conosciuti come conviventi o divorziati rispostati.

8. Quando la Chiesa parla di altre vie per potersi salvare ed essere in grazia sottintende le vie che Dio solo conosce, perché solo Lui conosce perfettamente i segreti dei cuori.
Per questo dice alle persone che vivono in aperto contrasto con l’insegnamento del Signore e che non si sentono di tornare indietro o di interrompere i rapporti coniugali: continuate a pregare, continuate a partecipare al Santo sacrificio della Messa (astendendovi però dalla S. Comunione), fate opere di carità fraterna, di elemosina e di penitenza, abbandonatevi alla misericordia del Signore, chiedetegli perdono dei vostri peccati, vivete in umiltà e chissà che un giorno non possiate giungere anche ad uno stato oggettivo di grazia, ad uno stile di vita che non sia in aperto contrasto con l’insegnamento del Signore.

9. Giovanni Paolo II dice che “la Chiesa con ferma fiducia crede che anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità” (Familiaris consortio 84).
Come avrai notato, il papa non dice che perseverando nella preghiera, nella penitenza e nella carità vivono in grazia per altre vie, ma che “potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza”.
La loro situazione rimane in contrasto con l’insegnamento del Signore.

10. Infine chiedi: “indicateci una buona volta quella benedetta strada che ci conduce verso CRISTO, fateci vivere una vita dove non ci sentiamo degli esclusi… ridateci il sorriso che abbiamo perso”.
La Chiesa soffre con voi per questo stato.
Non può restituirvi in pienezza il sorriso che avete perso finché permane la situazione irregolare.
La Chiesa vi dice: voi siete sempre nostri figli carissimi. Ma non c’è un’altra via ordinaria che sia parallela alla via ordinaria.
Rimane la strada della perseveranza nella preghiera, nella penitenza e nella carità (Familiaris consortio 84).

Ti ringrazio per averci partecipato il tuo dolore e il tuo desiderio di stare unito al Signore nella massima intensità possibile.
Anche questa è una bella testimonianza.
Ti saluto cordialmente, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo

I commenti sono chiusi.

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑